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Autore: air_amavna    15/02/2015    1 recensioni
Si avvicinò a lei, ispirando profondamente il suo profumo, in modo tale che gli sarebbe rimasto addosso, anche dopo che avesse preso quel treno. Le ricordava tanto le pesche, il suo profumo. E ci mise un po' a capirlo, ma era il bagnoschiuma che puntualmente lasciava aperto e che utilizzava per farsi il bagno. Segretamente, Nathan sapeva che lo avrebbe usato di nascosto, solo per sentirla più vicina.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago
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Never be

Nathan Jones era il più grande festaiolo che Evelyne avesse mai conosciuto, e tra tutti i suoi amici lui era il più esuberante e casinista. Aveva una ossessione per le camicie e le bretelle, che lo rendevano così tanto gay e stupido. Ma lui era tutto tranne che gay e stupido.
Nathan era il fratellastro di Evelyne, ma vivevano insieme da quando era morto il loro padre, un uomo coraggioso, ma non tanto forte da poter sopportare la malattia che ormai giaceva in lui da anni.
Era andato via, lasciando la casa ai suoi figli, a tutti i suoi figli.
Evelyne era la solita ragazza solitaria, strana, una di quelle che Nathan avrebbe semplicemente rimorchiato in discoteca. Non poteva dire di non provare attrazione per lei.
Evelyne era bella, una bellezza rara e particolare, con un taglio di occhi a mandorla e delle labbra carnose che avrebbero fatto sognare qualsiasi ragazzo, qualsiasi uomo. Il taglio di capelli era storto e disordinato, un caschetto con una frangetta spettinata, e le punte lisce. Amanda era l'unica che poteva toccarle i capelli, ma infondo non era neanche una parrucchiera. La donna era semplicemente una vecchia amica del signor Jones, e lei ci si era affezionata così tanto da considerarla quasi una madre.
Per Nathan non era lo stesso, quella donna era sempre stata solo la cameriera di suo padre.
Il letto sfatto era illuminato dai raggi solari e il viso di Evelyne era ricoperto da essi, illuminando il suo volto scuro e sporco di mascara. La sera si dimenticava sempre di struccarsi, ma la scorsa notte era arrivata fin troppo tardi e aveva passato il tempo chiusa in bagno a vomitare, con la testa nel water. Nathan non era neanche tornato, e la sorellastra intuì che fosse rimasto a casa della sua ragazza.
Evelyne restò ancora stesa, senza notare nessuna presenza sul suo letto bianco e innocente. Certe volte avrebbe voluto dare un taglio a tutto, ai suoi amici ubriaconi, alla droga e all'amore.
L'amore l'aveva spenta, l'aveva resa debole e indifesa. Non sapeva più cosa volesse dire divertirsi, per lei era quello il divertimento.
Si divertiva a bere, fumare qualche spinello durante la serata, ballare fino all'esaurimento e magari provare qualche tipo di droga nuovo. E in tutto quello, Nathan era simile a lei, solo ancora più stronzo ed egoista.
Lui aveva una fidanzata e la tradiva giorno e notte, Evelyne invece era stata tradita dall'unico ragazzo che avesse mai amato nella sua vita.
E al solo ricordo, una gran voglia di vomitare le si impossessava del suo fragile corpo.
Aveva sofferto, parecchio, ma si era ripresa, era riuscita ad uscire da quell'inferno che aveva dentro. O magari quelle fiamme erano ancora vive in lei, e bruciavano, più forte che mai.
“Evelyne!”
La ragazza odiava le voci al mattino, odiava la luce del sole e tutto ciò che riguardasse i colori. Ad esempio il nero era perfetto, lei lo amava e avrebbe dipinto la sua casa con un nero petrolio denso e forte.
“Eve, ci sei?”
Lei non si mosse, ma quando la porta della sua camera si aprì, Nathan sbuffò e lei lo ammirò nella sua camicia viola pastello.
Gli occhi di Nathan Jones riuscivano a calmarla e a farla sentire al sicuro. Non riusciva a spiegarlo nemmeno a se stessa, ma dopo aver passato quelle notti dolorose, quando neanche più suo padre poteva correre in suo aiuto, Nathan era lì a tenerla tra le sue grandi braccia. Non aveva tenuto il conto di quante camicie aveva sporcato con il suo trucco, di quante volte Nathan aveva lasciato la sua ragazza da sola per restare con lei. Lui era sempre stato lì, a sua disposizione.
“Non ti sei ancora ripresa?” sussurrò, avvicinandosi a passi lenti e decisi, restando in piedi di fronte al letto.
Evelyne non si curò tanto del suo aspetto, ormai era abituata alla sua presenza.
“Non tanto” ammise, stropicciandosi forte gli occhi.
Odiava la mattina, la odiava così tanto, e i suoi occhi erano fin troppo pigri per abituarsi a tutta quella luce. Se solo Nathan gli avesse chiuso la finestra, gli avrebbe fatto un gran favore.
“So che odi questa luce, e so anche che vuoi che ti chiuda la finestra”
Accennò un sorriso, per poi finalmente sedersi accanto a lei. Era sempre così, forse lo era sempre stato. Lui riusciva a capirla come nessuno aveva mai fatto, e questo la spaventata parecchio. Perché neanche il suo ultimo fidanzato, il quale aveva amato con tutta se stessa, ero riuscito a capirla come faceva Nathan.
“Per una volta fallo, ti prego. Sono troppo stanca”
Evelyne sentì le coperte spostarsi dal fianco, e subito dopo il peso del ragazzo sul materasso. Si distese, tenendosi su un lato con il braccio sinistro e con la mano premuta sulla guancia rasata da poco. Con gli occhi perlustrò il viso stanco della sua sorellastra, per poi far ricadere l'occhio lungo la scollatura ampia della sua canottiera, indossata senza neanche il reggiseno al di sotto.
Evelyne era sexy, e Nathan fin troppo preso da lei, sia emotivamente che fisicamente. Ma non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno a se stesso. Erano fratelli dopotutto,  fratellastri.
Eve si morse il labbro tra i denti, spostando lo sguardo dal soffitto al viso del ragazzo che, diversamente dal suo, era fin troppo sveglio.
“Sono stanca sul serio, in tutti i sensi” confessò.
Voleva da tempo dirglielo, confessargli quello che aveva dentro e subito dopo scappare.
“In che senso?” domandò, allungando un braccio sul suo fianco. Lo aveva sempre fatto, e ogni volta doveva essere un gesto naturale e semplice, tra puri fratelli. Eppure, con l'aumento dei giorni, quel gesto non era poi più così ingenuo, ma nascondeva un qualcosa, che Nathan aveva paura di governare.
Era per quel motivo che aveva smesso di farlo, ma in quel momento notava una grande preoccupazione nei suoi occhi nocciola, quindi non poteva non abbracciarla come faceva di solito.
“Me ne vado” sussurrò Evelyne, tenendo gli occhi fissi in quelli azzurri di lui.
Nathan Jones non seppe che dire, e per la prima volta nella sua vita rimase senza parole. Come poteva andarsene? Era dannatamente impossibile, lei viveva lì, con lui, nella casa del loro padre, avevano tutti quei beni a disposizione. Non poteva andarsene così, senza neanche una ragione.
Ma una ragione c'era, e Nathan lo sapeva fin troppo bene.
“Sono stanca di questa vita” iniziò lei, sentendo la sua voce incrinarsi. Non voleva piangere, non di nuovo. “Non voglio più vivere così, voglio avere degli amici normali e non essere scambiata dalle altre persone per una drogata.”
Anche Nathan era stanco, ma non poteva lasciare tutto così. Aveva un lavoro, e anche se non tanto decente, non poteva abbandonarlo da un momento all'altro. Lei invece poteva farlo, poteva lasciare quella vita che non le apparteneva per niente. Era soltanto una adolescente cresciuta troppo in fretta e con una serie di rimorsi e tragedie che sarebbero restate con lei per tutta la sua esistenza.
“Tu mi capisci, vero Nathan?” singhiozzò, aggrovigliandosi tra le lenzuola e aggrappandosi al suo braccio, come se da un momento all'altro potesse fuggire.
“Sì, ti capisco” affermò, fissandole il viso triste.
Il quel momento Nathan avrebbe voluto baciarla, ma tenne quel piccolo desiderio per sé. Quel desiderio per quella piccola donna che ne aveva vissute di tutti i colori, che voleva semplicemente vivere una vita normale.
“Con chi partirai? Dove andrai?”
“Starò da David”
David era uno studente universitario che aveva conosciuto durante una festa. Era biondo e le sue iridi erano così azzurre che Evelyne ne rimase subito incantata. Le aveva offerto da bere, dopodiché l'aveva baciata e si erano raccontati di loro. La ragazza stava bene con lui, forse fin troppo, la sua gentilezza l'aveva resa partecipe del suo piano di andarsene di lì. Così si erano organizzati, tutto alle spalle del suo fratellastro, naturalmente, e avevano stabilito un giorno.
Quel giorno sarebbe stato il sabato seguente.
“Parto sabato” disse infine, alzando la testa, per poter incrociare lo sguardo di lui.
Gli sarebbero mancati i suoi occhi, gli sarebbe mancato un po' tutto di lui in realtà.
“Perché non me l'hai detto prima?”
Un motivo c'era, ma Evelyne non voleva dirglielo. Per lui era stato davvero importante, e non voleva perderlo così.
“Non lo so perché. Tu per me sei importante Nathan, non voglio perdere ogni contatto con te. Ma devo farlo, per forza. Quindi, quello che ti voglio chiedere è...”
“Se voglio venire con te?” domandò sicuro il ragazzo.
Lei annuì, stringendo ancora forte il suo braccio, e aspettò con ansia una risposta.
Rimasero stesi, aspettando ancora quella decisione, che Nathan non avrebbe sicuramente preso. Però lei ci sperava lo stesso, sperava che avesse abbandonato quella merda di città e sarebbe corso con lei.
Evelyne avrebbe ricordato il suo caffè mattutino, il suo dolce profumo che occupava tutta la casa, e che le sarebbe rimasto addosso una volta uscita da lì. Avrebbe ricordato le sue parole rassicuranti, il modo in cui la chiamava 'piccolina', le pizze che comprava di sera, perché nessuno dei due era capace di preparare qualcosa di commestibile.
Con lui non era mai sola, solo il fatto di saperlo al suo fianco o di trovarlo a casa, le riempiva il cuore di speranze, e di certo non sapeva come avrebbe affrontato il suo futuro senza di lui.
“Non posso” sussurrò Nathan, inserendo una mano tra i suoi capelli.
Nathan ci aveva pensato, ma la sua risposta era sempre quella.



Non conosceva il perché, ma da quando Evelyne le aveva detto la verità, Nathan sentiva il bisogno di fermare il tempo e di passarlo con lei, quel poco tempo che avevano a disposizione. Così, per tutta la settimana, si era comportato normalmente, ma l'aveva seguita ovunque, accompagnata dove lei voleva, e dentro di sé sperava cambiasse idea.
Gli sarebbero mancate le sue curve, il suo sorriso, le sue labbra doppie che puntualmente colorava di rosso, il suo profumo, le notti che finivano in quello squallido bagno, vomitando l'anima che avevano dentro.
Lei era la sua 'sorellina', come l'aveva presentata suo padre la prima volta che si conobbero, circa tre anni prima. Purtroppo, però, la sua sorellina era fin troppo bella, sorridente, e così tanto uguale a lui che finiva sempre per pensarla.
Il colore dei loro occhi erano l'uno l'opposto dell'altro, ma quando Nathan li aveva visti, fin dalla prima volta, aveva trovato se stesso.
Eppure, dopo tutto, stava per lasciarla andare, e non poteva neanche crederci. Stava per lasciarla, lei, la sua sorellina.


“Nord della città” aveva detto Evelyne, poggiando la pesante valigia davanti ai suoi piedi. Si trovavano di fronte alla stazione, davanti a loro i binari consumati rendevano la situazione ancora più triste di quello che sarebbe dovuta essere, ma Nathan era così preso dai suoi occhi che non si era neanche accorto di David, il quale li fissava curiosi, non tanto lontani da loro.
“E' lì che starò” continuò, sapendo che Nathan non aveva capito cosa intendesse. Per tutto il viaggio non si erano rivolti la parola, avevano lasciato solo le loro mani intrecciate, mentre David guidava la sua Fiat abhart 595, cercando di raggiungere il più velocemente lo stazionamento.
“Fa' attenzione” disse, tenendole le mani.
David non si mosse, tenendo gli occhi puntati sulla loro stretta, fin troppo forte, e quando incontrò lo sguardo glaciale di Nathan cambiò espressione.
“Puoi lasciarci un attimo soli?”
Lui annuì ed Evelyne ne fu felice.
Quando lo vide allontanarsi, il tanto da non poter sentire quello che avevano da dirsi, si avvicinò a lei, ispirando profondamente il suo profumo, in modo tale che gli sarebbe rimasto addosso, anche dopo che avesse preso quel treno. Le ricordava tanto le pesche, il suo profumo. E ci mise un po' a capirlo, ma era il bagnoschiuma che puntualmente lasciava aperto e che utilizzava per farsi il bagno. Segretamente, Nathan sapeva che lo avrebbe usato di nascosto, solo per sentirla più vicina.
“Mi mancherai” sussurrò lei, mordendosi le labbra. “Non so come farò”
Resta” era tutto quello che Nathan Jones avrebbe voluto dire.
“Anche tu” sussurrò, e si trattenne. Avrebbe voluto dirgli tante di quelle cose, che infondo lei era importante, come nessun'altra. Ma non ci riuscì.
Si sentiva uno stupido e si stava comportando in un modo fin troppo freddo.
Entrambi si voltarono di scatto, sentendo il treno in arrivo, e la gente cominciò a correre, trascinandosi con loro le valigie, altri che invece se la prendevano comoda e finivano di salutarsi per bene.
Nathan era sicuro che nessuno di loro stava soffrendo dentro quanto lo stava facendo lui.
“Evelyne” sussurrò. “Mi mancherai così tanto”
E di slancio la abbracciò. Era vero, lo aveva già detto, ma non sapeva sul serio in che altro modo dimostrarle il bene che voleva. O magari dimostrarle che quello che provava per lei andava al di là del loro rapporto tra fratellastri.
Ma non poteva, loro non sarebbero mai stati un 'noi', loro non sarebbero mai stati niente.
Strinse il suo corpo esile, rivestito dalla giacca verde militare, e la strinse a sé, sentendo il calore che lo aveva accompagnato per tutti e tre gli anni.
Poi lasciò la presa e si allontanò di un po', ritornando a fissarle il viso. La fissò, lasciando comparire sulle sue sottili labbra un lieve sorriso, e la baciò, facendo in modo che tutto quello che stesse provando in quel preciso istante entrasse in lei. Chiuse gli occhi, ed Evelyne lo assecondò, anche se completamente scioccata da quel gesto.
Nathan la baciò, davanti a tutti, davanti a David e anche davanti a suo padre, che in quel momento li stava guardando dall'alto.
Perché nonostante fosse stato con tutte quelle ragazze, con Evelyne, in quel momento, si era sentito vivo, ed era così felice di stare lì, avrebbe potuto urlarlo in mezzo a tutte quelle persone.
Quando le loro labbra si lasciarono, Evelyne chiuse gli occhi, e sentì la fronte di lui poggiarsi delicatamente sulla sua. E tutto quello la rendeva così emotiva, così stranamente folle, che dire addio a Nathan Jones sarebbero stato ancora più difficile di quanto avesse immaginato.
“Evelyne” Lei si voltò di scatto, mentre Nathan rimase fermo dov'era, infastidito dalla voce di David.
“Dobbiamo andare”
“Sì, hai ragione” sussurrò, e poi finalmente ritornò a guardare il ragazzo che l'aveva baciata e l'aveva fatta sentire amata. Ma come poteva? Era una pazzia, pensò a suo padre e probabilmente ne sarebbe rimasto scandalizzato.
“Addio Nathan” annunciò, prendendo tra le mani il manico della valigia. Strinse le labbra e si voltò, lasciando che le lacrime le rigassero le guance. Lui non ci sarebbe stato, non più, e quando sarebbe arrivata a destinazione, non avrebbe trovato il suo petto caldo, la sua voce acuta e tranquillizzante a tenerla al sicuro. No, non ci sarebbe stato.
Nathan abbassò il capo, vedendola lentamente avanzare, lontano da lei. Prima di salire girò la testa nella sua direzione, e stringendosi forte le labbra, accennò un sorriso.
Lui lo ricambiò, non riuscendo a muoversi.
Perché infondo, era giusto così.
Era giusto che lei se ne stesse andando, non avrebbe funzionato, non sarebbero mai stati una qualsiasi coppia che si dice 'Ti amo' e che si regala cioccolatini a San Valentino. Loro erano diversi, e in qualche modo, durante quei tre anni, si erano davvero amati, ma se ne erano resi conto troppo tardi.
Solo quando uno dei due se ne era andato.

 

   
 
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