Serie TV > The Mentalist
Ricorda la storia  |       
Autore: ilovebooks3    15/02/2015    2 recensioni
SPOILER 7X06.
Una doppia one-shot (con doppio punto di vista) dedicata alla romanticissima scena finale dell'episodio *_*
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Patrick Jane, Teresa Lisbon | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“The one and only, from the CBI” (T. Lisbon)
 



Ho preparato tutto.
L’airstream addobbato con le luci colorate sembra addirittura accogliente; il tavolino è traballante ma romantico; lo spumante sembra ottimo visto che il suo profumo mi sta già facendo girare la testa (o forse è colpa del profumo di un certo mentalista che oggi compie gli anni?); il cupcake con la candelina è la cosa più simile a una torta che ho avuto il tempo di preparare e che lui potrà accettare senza ombre; il pacchetto regalo con i cuoricini è sdolcinato, lo so, ma per una volta voglio essere sdolcinata. Ho tutto il diritto di esserlo.
Una sdolcinata donna innamorata.
Ho preparato tutto, ma senza esagerare.
Lo so che da quel maledetto giorno Jane odia le ricorrenze e tutto ciò che scandisce il tempo che passa; lo so che non ha voglia di festeggiare il suo compleanno, ma io ne ho, e molta.
Sorride. Forse anche lui, quest’anno, ne ha un po’. O forse lo fa per compiacermi. Non importa.
Di una cosa sono sicura, anzi di due.
Voglio stare con lui: non penso sia un reato e non me ne vergogno.
E voglio anche che questa serata sia speciale. Ma senza esagerare.
Patrick sembra sereno, quasi contento della mia iniziativa.
Contento, forse, è una parola grossa.
È inevitabile che i suoi pensieri, e i miei, stiano silenziosamente correndo ai suoi compleanni trascorsi con Angela e Charlotte: che sono stati troppo pochi.
Ma vorrei tanto che questo fosse un po’ meno triste dei suoi ultimi dodici.
Sempre senza esagerare. Non sarebbe giusto.
Durante la cena ci siamo detti molte cose, abbiamo scherzato, siamo stati in silenzio a sfiorarci e sorriderci.
Io ho sempre odiato i silenzi, mi mettono a disagio.
Con Patrick è diverso, noi ci parliamo anche se stiamo zitti. È un silenzio confortevole e incredibilmente naturale, il nostro. È sempre stato così, anche prima.
Il mio affascinante vecchietto ha appena soffiato sulla candelina.
Sarei curiosa di sapere quale desiderio ha espresso, ma non glielo chiederò. Per delicatezza, ma soprattutto perché se lo dici ad alta voce non si avvera.
Tiene gli occhi bassi, sembra emozionato. Probabilmente è un desiderio importante.
Una strana e piacevole atmosfera ci avvolge.
Vorrei abbracciarlo e tenerlo stretto a me. Non lo faccio perché non so se gli farebbe piacere, ma anche perché mi devo ancora abituare alle mie insolite esternazioni di affetto. Ci sarà tempo per farlo.
Sta per aprire il pacchetto. Immagino che abbia già indovinato da ore di che cosa si tratta. Anzi, ne sono sicura.
Sorride, imbarazzato. Come me.
Lo studia con attenzione e, forse, un po’ di paura.
Anch’io, in realtà, ne ho.
Temo la sua reazione, e temo anche la mia. In quella scatola rossa c’è qualcosa che sta per mettere a nudo la mia anima, ma, proprio per questo, sono elettrizzata come non mai.
Impavida, lo incito ad aprirla.
Finalmente si arrende, e, mentre lo fa, diventa serio.
Poi riconosco un lampo di sorpresa nei suoi occhi.
Forse no, non aveva indovinato.
Prende in mano la tazza azzurra che per sei anni è stata sua inseparabile compagna.
«Lisbon», si limita a dire. La sua voce è carica di emozioni, non serve essere un mentalista per accorgersene (anche se, ultimamente, sono diventata piuttosto esperta in materia).
«L’unica e sola. Dal CBI», rispondo alla sua implicita domanda.
«Hai tenuto i pezzi». E questa no, non è una domanda.
Già. È il motivo per cui sono imbarazzata. È questa la dichiarazione che, a parole, non sono riuscita ancora a pronunciare.
Una dichiarazione retroattiva. Perché sì, ho tenuto i pezzi. O meglio, li avevo tenuti due anni fa; cioè prima.
E non l’avevo fatto solo per lui. L’avevo fatto anche per me.
Quando la squadra di Abbot aveva distrutto il CBI e quella tazza, anche il mio cuore era andato in frantumi. Quel piccolo oggetto di ceramica significava molto per entrambi. Non potevo lasciarlo lì, per terra, in mille pezzi. Era la tazza preferita di Jane. E si sa quanto Jane è attaccato alle sue abitudini. È stata la routine a farlo andare avanti.
Tutte le mattine, cascasse il mondo, lo trovavo nel cucinino del CBI a bere tè. Le altre tazze non andavano bene, lui voleva la sua, quella che nessun altro a parte lui poteva toccare. Mi sono chiesta spesso perché avesse scelto proprio quella, ma i gusti di Jane sono strani e imprevedibili. E ho sempre pensato che è anche un po’ merito di quella tazza azzurra, sempre uguale a se stessa, se non è impazzito nel suo vortice di dolore.
Anche io vivevo di abitudini, senza rendermene conto. E la più piacevole era quando, tra un omicidio e l’altro, io e Jane ci sedevamo vicini sul divano in pelle, lui a sorseggiare il suo tè, io il mio caffè: erano degli speciali momenti di evasione e condivisione a cui non avrei mai rinunciato.  Nonostante, spesso, ne uscissi irritata e con una voglia matta di tirare pugni sul naso; ma, incredibilmente, più leggera.
Mentre giaceva a terra senza vita, avevo la sensazione che quella tazza rappresentasse la nostra amicizia, o qualunque strana cosa all’epoca fosse.
No, non potevo permettere che finisse nella spazzatura.
Non vista, avevo raccolto i frammenti ad uno ad uno; poi a casa, tutte le sere per una settimana, li avevo incollati con pazienza certosina e super attack; mi ero incollata anche le dita più volte, ma era stato divertente.
Una volta portata a termine la missione avrei voluto restituirgli la tazza rammendata, ma qualcosa me lo impediva; mi sembrava di essere andata oltre.
Oltre a che cosa non avrei saputo dirlo.
Poi non ho più avuto l’occasione di farlo. Compiuta la sua vendetta, se n’era andato. Credevo per sempre.
Avrei voluto romperla di nuovo, stavolta definitivamente, quella cerulea tazza sfregiata che non serviva più a nessuno.
Ma non potevo. La guardavo e mi sembrava che Jane dovesse sbucare da un momento all’altro, con un sorriso da mascalzone e la richiesta di un buon tè.
Da vigliacca non mi ero mai chiesta il motivo profondo delle mie inconfessate emozioni; poi, invece, è stato tutto chiaro. Chiaro come il paio di occhi che non pensavo di poter rivedere mai più.
E ora, finalmente, è giunto il momento di restituirgliela. È un po’ ammaccata, come noi due, ma intera. Salva.
«Sì», ammetto facilmente, dopotutto l’intento del mio gesto è proprio questo; «sembra a posto vero?», chiedo, tutta fiera delle mie abilità manuali.
Lui non risponde e si gira il mio regalo riciclato tra le mani.
Non capisco la sua reazione. Dovrei preoccuparmi? La mia brillantissima idea potrebbe aver riportato alla luce ricordi dolorosi; dopotutto quella tazza è il simbolo della nostra vita al CBI; CBI uguale California, e per Jane California uguale dolore.
Forse la mia è stata una scelta azzardata. Ma era quello che sentivo di dover fare. Per aprirgli il mio cuore, in silenzio.
Patrick guarda la tazza, incredulo.
Poi guarda me.
«È perfetta», mi dice. La voce gli trema impercettibilmente, e anche le mani. «Sono senza parole», aggiunge.
Anch’io lo sono.
Sembra felice. Intenerito. Emozionato.
Ma io di più.
Wow.
Ho lasciato senza parole Patrick Jane.
Non è roba di tutti i giorni.
Mi sembra incredibile. Perfino troppo.
Davvero non lo aveva previsto? Proprio lui che si da arie di sapere sempre tutto?
Per allontanare ogni mio dubbio mi suggerisce di guardare il foglietto che stamattina mi aveva infilato nel taschino della giacca. In tutta la giornata non ho mai sbirciato, non mi è neanche balenata l’idea; ma immagino che vi abbia scritto esattamente l’oggetto che ho deciso di regalargli. Impossibile tenere un segreto col signor mentalista.
Invece, evidentemente, è possibile.
“Non ne ho idea”, c’è scritto.
Wow.
Ho sorpreso Patrick Jane.
Wow.
Ma non è che sta fingendo?
«Sono sinceramente sorpreso», mi conferma, guardando la tazza come se fosse la cosa più preziosa del mondo. «È un bellissimo regalo. Grazie mille».
Punta gli occhi nei miei. Ora sta guardando me come se fossi la cosa più preziosa del mondo.
Il mio cuore accelera mentre mi sfiora la guancia con le dita e mi bacia dolcemente.
Vorrei che questo bacio non finisse mai, e invece finisce troppo presto. Una brevissima carezza di labbra.
Mi fa i complimenti per essere riuscita a fregarlo così bene.
Io non demordo e insisto. Siamo sicuri che non stia bluffando per farmi contenta?
Lo so, sono paranoica.
È evidente che il suo sguardo e la sua voce non stanno bluffando.
È davvero sorpreso. E felice.
Ma io di più. Sono riuscita a dirgli quello che non gli ho mai detto.
Che lo amo.
E che, mio malgrado e a mia insaputa, l’ho amato sempre, anche quanto non avrei potuto né voluto né dovuto.
Vabbè, non l’ho detto ad alta voce, ma con una tazza. È la stessa cosa. E lui ha capito.
Brindiamo, sorridenti.
Poi mi bacia di nuovo.
Quando ci separiamo, lui si guarda intorno per un attimo, mentre io non riesco a staccare gli occhi dal suo viso.
E stavolta ho la certezza che no, non sono le bollicine a farmi girare la testa.
 
 
 






********** 
 

Angolo dell'autrice: Colpa di San Valentino (e dell’influenza) ;)
Se vi va fatemi sapere cosa ne pensate. Spero presto arriverà quella dal punto di vista di Jane.
Ciao a tutti!
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Mentalist / Vai alla pagina dell'autore: ilovebooks3