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Autore: Onaila    16/02/2015    1 recensioni
Si svegliò in un lungo corridoio, illuminato da alcune torce dalla fiamma immortale, appese ai muri di una pietra altrettanto nera, insieme a svariati specchi, di dimensione e forme differenti.
Dove si trovava?
Era dentro l'incantesimo?
Si alzò in piedi e cominciò a camminare, non sapendo dove andare ma volendo solo dimenticare tutto, dimenticarlo.
Quel posto non doveva portarle sollievo?
E allora perché si sentiva tormentata ancora più di prima?
Cominciò a correre, verso una direzione che in qualche modo le parve quella giusta.
Corse fino a prosciugare l'aria che aveva nei polmoni, voleva scappare, non sapeva da chi o da cosa, ma quel qualcosa la stava osservando.
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Henry Mills, Regina Mills
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Tutto in quel posto era diverso ai suoi occhi.
Non perché fosse realmente cambiato, era il suo modo di vedere che era divenuto differente.
Non riusciva a riconoscere i suoi vestiti, che solo lei poteva indossare, i trucchi dagli svariati colori, ma sopratutto il suo specchio.
Aveva sempre rispecchiato quello che lei vedeva o pensava di se stessa, ma adesso più si guardava e meno riconosceva chi fosse la copia di fronte a lei, era cambiata, in bene, almeno questo è quello che le dicevano. Però anche se aveva perso molto e aveva raggiunto quel traguardo, una cosa non l'aveva abbandonata, un sentimento che lei aveva sperato con tutta se stessa che scomparisse.
L'infelicità.
Anche se non era più sola, anche se poteva contare sul sostegno di quella che una volta aveva considerato sua nemica, si sentiva fredda e vuota.
Vuota perché il suo cuore era stracolmo di tristezza e dolore.
Quel dolore che aveva sperato non sfiorasse più il suo cuore e proprio per questo se lo era strappato dal petto, ma Biancaneve l'aveva convinta di riuscire a sopportare quella sofferenza, perché era la prova di quanto amava Henry. E per un momento ci aveva creduto, aveva creduto di riuscire a sopravvivere anche senza il suo piccolo principe, che le sarebbero bastati solo quei dolci ricordi, ma dopo che il suo petto si riscaldò ancora una volta, si rese conto, che mai, sarebbe riuscita a vivere senza di lui.
Senza il suo sorriso che schiariva le giornate più cupe.
Senza il suo modo di arricciare il naso quando disapprovava un suo comportamento ma sopratutto senza il suo calore che la riscaldava, quando si sentiva fredda come lo era ora.
Guardò l'ago che teneva tra due dita e prese la boccetta dal contenuto trasparente, la aprì e bagnò la punta dell'ago.
Gli aveva salvati dall'incantesimo di Peter Pan e ora aveva dato loro il suo castello. Si meritava la tranquillità che desiderava e se un giorno avrebbe riaperto gli occhi, sarebbero stati quelli nocciola di Henry, a ricambiarla.
Saldò la presa sull'ago e si tolse un guanto.
Una sola e semplice puntura. E alla fine tutto quel dolore sarebbe scomparso per sempre.
Chiuse gli occhi e fece un lungo respiro.
Il dolore che provò fu minimo rispetto a quello che straziava la sua anima.
L'ultima cosa che riuscì a sentire prima che il buio la avvolgesse, era la voce del Ladro che la chiamava.

 

Si svegliò in un lungo corridoio, illuminato da alcune torce dalla fiamma immortale, appese ai muri di una pietra altrettanto nera, insieme a svariati specchi, di dimensione e forme differenti.
Dove si trovava?
Era dentro l'incantesimo?
Si alzò in piedi e cominciò a camminare, non sapendo dove andare ma volendo solo dimenticare tutto, dimenticarlo.
Quel posto non doveva portarle sollievo?
E allora perché si sentiva tormentata ancora più di prima?
Cominciò a correre, verso una direzione che in qualche modo le parve quella giusta.
Corse fino a prosciugare l'aria che aveva nei polmoni, voleva scappare, non sapeva da chi o da cosa, ma quel qualcosa la stava osservando.
Dopo una corsa che sembrò infinita, raggiunse una porta anch’essa specchiata e solo allora si rese conto di essere Regina Mills e non la Regina Cattiva. Non sapeva se era per i capelli o per i vestiti che indossava, ma si sentiva lei, in qualche modo.
Si voltò percependo di nuovo quella strana sensazione e solo allora scorse un’ombra nell'oscurità. Qualcosa si stava avvicinando, qualcosa di cui lei aveva paura. Da cui sarebbe dovuta scappare.
Spinse la porta che sembrava pesare molto ma che in realtà si aprì con facilità, mostrando una stanza circolare, illuminata da piccole fiamme che galleggiavano nel nulla. Non c'erano muri ma solo colonne che sorreggevano quello che sembrava il soffitto, anch’esso ovale.
Quella non era una semplice stanza, quella era la sua vita.
Infatti, il pavimento, era pieno d’immagini dei suoi momenti più preziosi mentre se alzava lo sguardo, poteva vedere i suoi momenti più strazianti.
Si affrettò a chiudere la porta.
Nessuno doveva entrare. Nessuno doveva vedere. Nessuno.
S’incamminò ed era al centro della stanza, quando il ricordo di Daniel e del calore delle sue labbra la colpì, facendole sfuggire un grido che parve un sussurro. Non fece in tempo a riprendersi dallo shock, che il ricordo della sua morte la trafisse come fosse una spada affilata.
I suoi occhi s’inumidirono.
Che cosa stava succedendo?
Non riuscì a formulare una risposta che un altro ricordo, stavolta di suo padre. Di lui che la proteggeva da sua madre, le fece scappare un altro ansimo e come se fosse un parallelismo, il ricordo del cuore caldo di lui nelle sue mani la attraversò spezzando invece quello pulsante di lei, il dolore che ne seguì fu tanto violento da farla indietreggiare.
Le lacrime minacciarono di fuoriuscire.
Regina si sentì immersa completamente in un tormento senza fine ed era consapevole che non era finita lì.
Infatti, un altro ricordo la colpì. Un Henry piccolo, ancora in fasce, la guardava e sorrideva ma quella bellissima memoria venne stroncata da un Henry un poco più grande ma con gli occhi pieni di odio che la guardava, mentre teneva la mano di Swan. “TU NON SEI LA MIA VERA MADRE!”
La sua voce riecheggiò nella stanza, nel cuore e nelle orecchie di Regina.

Le guance si bagnarono.
A quel ricordo ne susseguirono molti altri, che non davano pace a Regina, prosciugandola a ogni passaggio e indebolendola a ogni sussurro.
Si trovava in ginocchio al centro della stanza, quando i ricordi smisero di risvegliarsi nella sua mente e lacrime incontrollate varcavano i suoi occhi.
“Perdono...perdono” era l'unica cosa che riusciva a sussurrare quasi fosse una supplica.
Si rannicchiò su se stessa, cercando di dimenticare quella stanza e la sofferenza del suo cuore.
Sobbalzò quando sentì aprirsi la porta ed entrare lei o meglio la Regina Cattiva o per lo meno quella che doveva sembrare, perché anche se aveva la sua forma, era completamente nera, composta di una massa oscura cui nemmeno le fiaccole riuscivano a dar luce.
Quasi fosse un automa, Regina ancora per terra, indietreggiò spaventata da quelle essere da cui era fuggita.
La massa oscura si avvicinò, inginocchiandosi, per poterla vedere e le sorrise, un sorriso, che Regina riconobbe come il Suo sorriso. Il sorriso che aveva la Regina Cattiva. Il sorriso che faceva quando otteneva ciò che voleva. Il sorriso che Henry aveva definito Male.
La Regina Cattiva le afferrò un braccio e una scossa le attraversò il cuore facendola ansimare “Chi sei tu?” domandò la strana figura piegando leggermente il capo, la sua voce fuoriusciva  metallica come se non fosse reale “Chi sei tu?!” gridò ancora “Regina Mills” rispose senza mostrare alcuna insicurezza, ma in qualche modo quella risposta fece ridere la Cattiva “Tu non sei Regina!” disse con sicurezza, una sicurezza che al momento a Regina mancava “Chi sei?!” un altra scossa attraversò il suo corpo “Regina...” la Cattiva lasciò la presa e si alzò senza perdere il contatto visivo “Regina e basta?” domandò ancora “No...” rispose ancora una volta Regina “Un tempo ero solo Regina” aggiunse alzandosi anche lei e guardandola adesso “Poi sono stata la Regina Cattiva e devo ammettere che mi piaceva” la Cattiva indietreggiò e Regina guadagnò il passo che li divideva “Sono stata anche il Sindaco, per un periodo veramente lungo ma altrettanto noioso, ero vuota e sola. Non avevo un obiettivo niente che potesse darmi sollievo” le lacrime scomparvero e furono sostituite dalla sicurezza che da sempre la componeva “Ma adesso sono Regina Mills, la madre di Henry e non solo” si lasciò sfuggire un sorriso, diverso da quello che aveva visto prima sulla se stessa di un tempo passato “Ma è la cosa di cui vado più fiera” come se quelle parole potessero essere magiche la Regina Cattiva si dissolse senza lasciar traccia del suo passaggio e nello stesso modo scomparve la stanza.
Trascinando Regina all'interno di un manto caldo e familiare.

 

Al suo risveglio c'erano degli occhi nocciola a ricambiarla, occhi che aveva desiderato poter vedere ancora. Occhi della persona che lei amava di più.

Anche se per poco era riuscita ad ottenere il suo lieto fine. Almeno per questo momento della storia poteva tornare a sorridere e a sperare. Sopratutto su quest'ultima perché tutti noi sappiamo che è una cosa rara per i Cattivi, la Speranza.

   
 
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