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Autore: Rosalie97    16/02/2015    4 recensioni
Lui era un piromane, un incendiario. Non si era limitato ad accendere la brama tra loro, ma aveva continuato a buttare benzina tra le fiamme. E inesorabilmente, lei si era scottata.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Song: The Arsonist/Band: New Years Day



[You set me on fire, my only home. I let you inside and you watched me burn, you criminal, criminal. It started with a spark, and ended in flames.]
 
Nel silenzio di quella notte, il suono del lieve russare del ragazzo non la lasciava dormire, anche se sospettava che ci fosse sotto di più. Era distesa nel grande letto matrimoniale dell’unica camera, nella casa sulla spiaggia che i genitori avevano comprato molti anni addietro, ma che non avevano mai usato. Dopotutto, i due erano troppo occupati con il lavoro, il padre un importante uomo d’affari, e la madre un medico molto conosciuto.
Dalle finestre aperte, entrava un venticello fresco, che alzava le tende bianche e le faceva muovere come dotate di vita propria.
La ragazza, stesa sopra le lenzuola con addosso solamente un top nero ed un paio di jeans militari anche fin troppo corti, fissava il soffitto e respirava piano aprendo e chiudendo le labbra rosa. Accanto a sé sentiva la presenza del giovane addormentato, che dormiva in una posizione scomposta, il viso girato verso di lei, della saliva a colargli dal lato della bocca, le gambe divaricate, una oltre il bordo e l’altra avvolta nelle coperte. Teneva un braccio piegato verso su, e l’altro steso sul materasso, la mano penzoloni oltre il letto.
Avrebbe voluto poter correre lontano, non perché quello che era successo l’avesse schifata, ma proprio per la ragione contraria. Era stato bello, così come quel ragazzo ai suoi occhi era un incanto, anche se maleducato e completamente privo di una cultura. Ma dopotutto, al cuor non si comanda, e lei era caduta ai suoi piedi.
Courtney sospirò, mentre Scott continuava a russare, e sorrise lievemente, alzandosi dal letto dopo aver puntellato i gomiti sul materasso. Poggiò i piedi a terra, sul linoleum freddo, e nonostante avesse caldo, sentì l’improvviso istinto di ritirarli. Un brivido le percorse le gambe, ma finì lì, e lei si erse in tutta la sua statura.
Si guardò attorno, osservando con i suoi occhi color ossidiana la camera da letto. Alla sua sinistra, sulla parete, erano poste tre grandi finestre, una dopo l’altra, dotate di lunghe tende di lino bianco. Il letto matrimoniale era di mogano intarsiato e sullo schienale era rappresentata la scena di una vendemmia, con elementi tipici dell’autunno. Ai quattro lati si alzavano dei corti pali di legno, dalla forma intrecciata. Dal soffitto pendeva un lampadario a forma di fiore fatto di cristallo, pieno di gocce di vetro dalla funzione di decorazioni. Più avanti, sulla stessa parete contro cui era poggiato il grande mobile liscio ricavato da alberi di cedro che ospitava un grande televisore a schermo piatto e una marea di libri, era posta una porta, che conduceva alla cucina.
Tra la parete piena di finestre ed il letto, però, c’era anche un’altra porta, identica a quella che Courtney aveva sulla destra, che conduceva al bagno. La ragazza si guardò attorno, aveva voglia di scaricare l’adrenalina che ancora aveva in corpo ed allontanare il vortice oscuro che stava prendendo possesso della sua mente. I ricordi che quel mulinello portava erano gli stessi che lei tentava di tenere lontano da sé, lontano dal cuore, chiusi in un cassetto posto in un angolo della sua mente.
Si diresse verso la porta alla sua destra ed afferrò la maniglia tonda color oro. Aprì l’uscio e fece un passo verso l’esterno, superando la soglia e poggiando il piede sul legno delle canne di bambù color giallognolo che formavano il piccolo palchetto davanti l’entrata. Richiuse il battente e si affrettò. Con un salto atterrò sulla sabbia. I granelli erano freddi, contro la pelle, e l’aria fresca le alzava i capelli castani in ciocche. Era una sensazione piacevole, quella della brezza contro il viso.
Lì fuori si poteva udire lo sciabordio delle onde, un suono tipico delle zone costiere e che riusciva a calmare il suo spirito sempre irrequieto e pronto all’azione. Dopotutto, Courtney era fatta così, vedeva ogni cosa come una sfida da affrontare, decisa ad essere il numero uno in tutto. A volte, quando era sola e non aveva niente con cui passare il tempo se non i pensieri che le scorrevano nella mente, cominciava a rendersi conto di essere stanca di quel suo modo di essere. Ma dopotutto, non poteva farci nulla, era stata resa così dalle esperienze che aveva dovuto affrontare in passato, la solitudine, il senso d’essere una delusione, di dover affrontare il mondo senza nessuno al proprio fianco, senza l’affetto delle persone che più avrebbero dovuto tenere a lei. Erano stati quegli eventi a cambiarla radicalmente, a renderla una ragazza spocchiosa e a momenti davvero, davvero stronza. A volte le veniva da ridere, se ripensava a come aveva trattato gli altri partecipanti del reality, a come aveva assunto un tono di superiorità nei loro confronti, nello stesso modo in cui lo aveva fatto Heather.
Era proprio in quegli attimi che desiderava ardentemente tornare la bambina dolce e delicata che era stata un tempo, e non più quella tigre affamata di successo.
Ma il passato non si poteva cambiare, così come non poteva farlo lei, dopo gli ennesimi colpi bassi che aveva ricevuto, sempre da persone a cui era stata legata. Almeno, si rallegrava, con Gwen le cose si erano risolte. Avevano chiarito tutto, ed ora entrambe vedevano in malo modo Duncan, che ancora indugiava nella sua caratteristica stupidità. Quel ragazzo era veramente un idiota, e Courtney non capiva come aveva fatto ad innamorarsi di lui. Forse, era stata attirata da quel suo aspetto trasandato, da quella sua aria da galeotto, spinta ad affrontare un’ennesima sfida, quella di renderlo una persona seria e di classe. Di certo, se quello era stato il suo intento, non l’aveva dimostrato poi molto eccelsamente, lasciandosi convincere da lui, soprattutto nella prima stagione di Total Drama, a commettere atti che andavano contro la propria moralità.
Duncan era un imbecille, privo di serietà, ed ora se ne rendeva completamente conto, mentre osservava la bassa marea spingere onde contro la riva e mentre respirava a pieni polmoni quell’odore di sale che caratterizzava le zone in riva al mare. Sopra di lei, il cielo buio era pieno di stelle, e la grande luna, tonda e splendente, regnava sulla volta scura, come una regina che osserva il suo impero. Con il suo bagliore argenteo, il corpo celeste illuminava il grande oceano, che la rifletteva sulla sua superficie d’acqua fredda. Quel paesaggio riusciva a calmarla, in un qualche strano modo, e Courtney sorrise, anche se dentro al petto, il cuore le faceva male.
Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro, la sua mente aveva cominciato a sprofondare nei ricordi, a riportare indietro le immagini ed i fantasmi del passato, che sembravano ancora dannatamente presenti, aleggiando attorno a lei come anime in pena.
Se ci pensava su, si sentiva ancora andare a fuoco, ardere nell’amore che aveva provato per Duncan, quel vandalo privo di moralità che era stato il suo ragazzo e che ora lei detestava con tutta se stessa. Lui dopotutto era un piromane, un incendiario, che non si era limitato ad accendere la brama tra loro, ma che aveva continuato a buttare benzina tra le fiamme, con cui Courtney, inesorabilmente, si era scottata.
<< E non ti sei nemmeno degnato di offrirmi una mano per farmi uscire dalle mura di fuoco che mi imprigionavano >> disse ad alta voce, nel lieve silenzio di quella notte. << Sei invece rimasto a guardarmi bruciare, mentre tenevi la mano a Gwen. >> Fece una pausa, << Ma non ce l’ho con lei, no, ora siamo amiche, e l’ho perdonata. Non è stata colpa sua, sei stato tu, criminale, a rubare il cuore ad entrambe e a giocarci come un bimbo si svaga con le macchinine. >> Parlava, rivolgendosi al nulla, come se Duncan fosse stato presente, come se avesse potuto udirla.
Scott era ancora dentro la casa, steso sul letto, a dormire e russare, non accortosi di niente, e la ragazza si chiese perché sceglieva sempre degli imbecilli. Forse aveva un disturbo cronico che la portava a scegliere ragazzi completamente diversi da lei, privi di morale, di cultura, criminali che non si interessavano minimamente allo studio o a crearsi un futuro solido. Magari pensava di poterli “curare”, di renderli migliori, di riparare quel che si era spezzato in loro.
Ma in Duncan nulla si era spezzato. Era nato così, era venuto al mondo con un’indole criminale, e di conseguenza si era comportato.
<< Tutto è cominciato con una scintilla, una notte, su quella maledetta isola, ed è finito tra alte fiamme da cui sono rimasta scottata. >>
 
[I still can’t believe you could mean so much to me. Are you feeling guilty for throwing the match or for spilling the gasoline? And when the smoke had cleared how quickly you disappeared.]
 
Ancora non era convinta del perché Duncan fosse stato così importante per lei, allora, della ragione per la quale lei gli avesse dato il permesso di possedere il suo cuore, di tenerlo tra le mani e di farci quel che più desiderava. Forse, alla fin fine, nemmeno lei era così intelligente come credeva, dato che a conti fatti s’era lasciata intortare in quel modo da un tale povero imbecille.
<< Spero che in futuro, quando anche tu proverai un forte amore verso qualcuno, quando il tuo cuore esploderà di brama e i tuoi pensieri saranno condizionati da quella persona, colei che ami sarà una voltafaccia come lo sei stato tu >> nella fredda brezza notturna, all’ombra della luna e delle stelle, con il suono dello sciabordio delle onde ed il profumo di mare, quelle parole risuonarono forti e severe come un incantesimo, Courtney un’antica principessa potente e adirata. << Ma lasciami chiederti una cosa, creatura infima. Ti sei sentito in colpa, dopo aver lanciato il fiammifero che ha dato inizio a tutto e che in seguito lo ha distrutto? O magari per aver versato la benzina tutt’attorno a me, mentre ero legata ed impotente? >> la sua voce traboccava d’odio e disprezzo.
Con i piedi affondati nella sabbia fresca, Courtney alzò lo sguardo verso il corpo celeste che governava su tutto, e lo osservò con occhi profondi e feriti, di un’espressività tale da lasciare senza fiato. Lui mi ha lasciato mentre io ancora credevo il suo cuore mi appartenesse, è andato da un’altra mentre io ancora tenevo le braccia spalancate in attesa di abbracciarlo strettamente a me. E oh, come è scomparso velocemente, non appena il fumo delle fiamme aveva cominciato a dissiparsi.
 
[A tragedy that ends in never speaking your name. You’re nothing but a ghost to me.]
 
Per come la vedeva lei, quella era una tragedia degna d’essere rappresentata a teatro.
Sospirò, abbassando repentinamente il capo e chiudendo gli occhi. Si sentiva stanca, improvvisamente, le palpebre pesanti e la mente affaticata dai troppi pensieri, che vorticavano tutti sul suo ex.
Mentre stava per fare un passo verso la riva, bagnata dalla schiuma delle onde di bassa marea, fu interrotta dal suono di una voce. Era Scott. La stava chiamando. Courtney si voltò e lo vide in piedi sulla soglia, con la mano destra stretta attorno alla maniglia, il piede sinistro poggiato sulle canne di bambù e un’espressione assonnata in viso. << Courtney… Che ci fai lì? >> si passò una mano sul volto, per strofinarsi gli occhi, mentre faceva una smorfia.
<< Stavo… Osservando le stelle >> mentì lei.
<< Come mai? >> domandò lui, come se guardare le stelle fosse stato un passatempo di cui non aveva mai sentito parlare, privo di un qualunque senso logico.
<< Perché… Sono belle >> azzardò Courtney, e Scott annuì, facendo un debole sorriso. Il ragazzo indossava solamente un paio di pantaloni dai disegnini stupidi, il bordo elastico che si adattava perfettamente ai suoi fianchi, il petto nudo e scolpito ed i capelli rossi scompigliati con la piega da cuscino.
<< Torni a dormire? Mi sento solo senza di te >> nell’udire quelle parole il cuore di lei si sciolse come la cera di una candela troppo a lungo accesa.
<< Ma certo >> gli sorrise. << Vai pure, io ti raggiungo subito. >> Scott annuì e rientrò nella camera oltre la soglia, lasciando la porta aperta.
Courtney si voltò e riportò lo sguardo verso il cielo, sulla grande luna splendente. Scott era meglio di Duncan, questo non doveva dimenticarlo. Con lui si sentiva felice, la completava in un modo in cui quel punk non era mai stato in grado di fare, e la faceva sorridere, con i suoi atti di gentilezza improvvisi, oppure quando, come pochi secondi prima, sembrava un cucciolo sperduto senza di lei al proprio fianco. Ed inoltre, le perdonava qualsiasi errore, facendola commuovere ogni volta.
Sì, con Scott si sentiva finalmente bene, a casa, sentiva che poteva finalmente smettere di correre e fermarsi, mettersi a sedere e respirare per tranquillizzarsi. E ragionandoci su, Courtney si rese conto che grazie a quel ragazzo, avrebbe potuto tornare, almeno in parte, quella che era stata. Duncan non era più così importante, ora che aveva trovato qualcuno capace di far calmare il suo animo irrequieto, era solamente un fantasma, di cui fino ad allora non aveva osato pronunciare il nome.
Sorrise, voltando le spalle alla luna per tornare in casa, nel comprendere la verità. << Non sei nulla per me, Duncan >> disse con voce tranquilla. << Sei il passato, ma davanti a me ho solamente il futuro. >>
  
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