29.
Azzerare
Si alzò in piedi e,
la prima cosa su cui posò il suo sguardo, furono le sue mani.
Le sottili linee di
sangue dei tagli seguivano il profilo delle nocche, le dita stavano già
iniziando ad annerirsi e i punti in cui la pelle era lacerata bruciavano.
Serrò i pugni,
incrementando il dolore. Aveva perso il conto dei colpi che aveva sferrato alla
parete rocciosa, delle volte in cui aveva graffiato fino a rompersi le unghie,
colpendolo fino a quando non aveva avuto più la forza per continuare a
muoversi.
Subito dopo si era
accasciata a terra e aveva solo continuato a piangere, fino a smettere di
sentire l’angoscia e la sofferenza così, quando era arrivata al punto di non
provare più nulla, aveva trovato la forza per ritornare sui suoi passi.
In quel momento,
tutto ciò che le faceva ricordare di essere viva era il dolore che avvertiva
alle mani martoriate.
Si passò e palmi
sulle guance per liberarle dalle lacrime residue, respirò a fondo l’aria della
grotta ed iniziò a camminare. Ad ogni passo i ricordi svanivano, i pensieri si
allontanavano fino a perdere consistenza, tutto veniva sepolto da uno spesso
manto di ghiaccio e indifferenza.
Negli anni aveva
imperato che, se non era in grado di affrontare qualcosa, l’unica cosa che le
restava da fare era chiudere fuori ogni sentimento, ogni emozione, e proseguire
come se nulla fosse accaduto.
Nel corso degli
anni, merito anche delle avversità che aveva incontrato fin da bambina, era
diventata piuttosto brava ad azzerare se stessa.
Salì due rampe di
scale e seguì lo stretto corridoio che portava fino al centro di controllo,
chiedendosi come era possibile che si fosse allontanata così tanto. Non sapeva
quanto fosse rimasta via, preda del suo tormento, ma non le importava cosa
avrebbero detto gli altri o cosa le avrebbero ordinato.
Giunta in prossimità
della porta blindata, intravide un ragazzo correrle in contro, ma non sollevò
lo sguardo, né si prese il disturbo di prestargli attenzione nonostante avesse
colto la sua agitazione.
Si fermò e voltò
appena il capo verso di lui solo quando questo l’afferrò da un braccio.
-Cosa è successo?
Devo preoccuparmi?- Le chiese Peter, piuttosto adirato.
Aria fece scorrere
il suo sguardo su di lui con sufficienza, senza vederlo realmente, incurvò
appena le sopracciglia per il fastidio e sottrasse il proprio braccio al tocco
di Peter.
-Aria!- le gridò
dietro, quando lo superò.
Qualcosa scattò per
un solo istante dentro di lei, quel tanto che la spinse a voltarsi ancora verso
il ragazzo, così rimase per un attimo a guardarlo in silenzio.
Osservò la sua
espressione sconvolta che a stento nascondeva la sua rabbia, il disgusto che
provava verso di lei, ma non le importò. Penso che per Peter era di vitale
importanza sapere come procedevano le cose al quartiere degli Abneganti, ma
solo perché aveva a cuore sé stesso.
Gli lanciò un’
occhiata profonda ma priva di alcun sentimento, respirò a fondo e poi si voltò
lasciandolo lì ancora interdetto.
-Dimmi se è successo
qualcosa!- gridò ancora Peter.
Aria lo ignorò.
Arrivata alla porta
blindata, trovò le due guardie che parlavano con Robert, che appariva piuttosto
agitato. Quando la videro si zittirono all’istante e la studiarono per un
attimo, ma non ebbero il tempo di dirle nulla, poiché la porta si aprì e Amber
uscì seguita da un uomo Erudito.
-Jeanine ci ha
mandato una comunicazione.- Esordì schietta la bionda. -Sta arrivando qui e si
occuperà lei della simulazione. Dopo quello che è successo, vuole assicurarsi
che tutto proceda per il verso giusto.-
Quando finì di
parlare, l’altro Erudito si avvicinò alle guardie ed iniziò a parlare con
Robert, comunicandogli chissà quale informazione riservata.
Aria vide Robert
spalancare gli occhi e scuotere la testa.
-Jeanine ha detto
che dovresti scortarmi a casa, la situazione ha preso una piega inaspettata. Il
mio aiuto qui non è più indispensabile e, dato il rischio di complicazioni, è meglio
che torni al quartier generale degli Eruditi dove sarò al sicuro.-
Sentendo che sua
sorella si stava rivolgendo direttamente a lei, Aria dissolse lo sguardo da
Robert e lo spostò su di lei, senza emettere alcun suono e senza cambiare
espressione.
-Inoltre da lì potrò
continuare a seguire le direttiva di Jeanine.- Proseguì Amber, decisa.
In silenzio, mentre
si metteva le mani nelle tasche della giacca che indossava, Aria si voltò e
fece strada ad Amber, che la seguì all’istante.
-Dobbiamo prendere
il treno, ce n’è già uno che ci aspetta fermo al vostro punto di partenza.-
Mentre camminavano,
probabilmente qualcosa nel suo procedere con freddezza, nella sua espressione
vuota, dovette fare scattare in Amber un campanello d’allarme. E, consapevole
del suo malessere, la sorella accelerò il passo per esserle più vicina.
-Mi dispiace davvero
per Will, ma è stato il computer a selezionarlo e a mandarlo lì. Se avessi
potuto impedirlo, io…-
-Non osare parlare
di Will!- sibilò minacciosa Aria, dopo essersi fermata di colpo per voltarsi ad
incenerire con un’occhiata furibonda sua sorella. –Non venire da me cercando di
liberarti dei tuoi sensi di colpa!-
Amber serrò le
labbra.
Scuotendo la testa e
studiandola con amarezza, Aria si voltò lentamente, si risistemò il colletto
della sua giacca di pelle e tornò a camminare.
Proseguirono in
silenzio e, passo dopo passo, qualcosa si risvegliava in lei, ma non era la
migliore delle emozioni a tornarle in circolo e a ridarle consapevolezza del
suo corpo.
La rabbia si impossessò
di lei, portandola a stringere i pugni. Fece scattare i muscoli mentre, con fin
troppa foga, si mordeva il labbro inferiore.
Sentiva un peso
sulle spalle e avrebbe tanto voluto liberarsene ma non sapeva come, dato che
l’unica cosa a cui riusciva a pensare era la fronte del suo migliore amico di
infanzia perforata da un proiettile. Tuttavia, l’immagine del suo sguardo che
si spegnava mentre la vita lo abbandonava, veniva fortunatamente sostituita dal
volto di Tris.
Vedeva quella che
aveva creduto un’amica puntare l’arma contro un compagno innocente, contro un
amico privato della sua volontà di agire, e poi vedeva le sue mani serrarsi
attorno all’arma e aprire il fuoco. Rivedeva il suo sguardo terrorizzato, ma
anche la determinazione dei suoi muscoli mentre tenevano salda l’arma anche
dopo il colpo sparato.
Codarda,
pensò.
Una vera intrepida
non si sarebbe lasciata guidare dalla paura di morire, avrebbe trovato la
maniera migliore di agire senza causare la morte di persone innocenti. Gli
Intrepidi avrebbero dovuto proteggerle le persona, non ucciderle per salvarsi
la vita.
Assassina,
pensò ancora, mordendosi con più forza il labro.
Non era stata solo
la paura a spingere Tris a sparare contro Will. Una parte di lei doveva averle
suggerito che quella era l’unica soluzione che aveva per salvarsi la vita, e
aveva scelto quella strada consapevolmente.
Ma, con un crescendo
d’ira dentro, Aria pensò che avrebbe sacrificato sé stessa piuttosto che
uccidere un suo amico, vittima di una simulazione.
Arrivati alla stazione
di partenza dei treni, all’interno della residenza degli Intrepidi, pensò che
fosse un bene che Tris non fosse lì con lei.
Sperò di non
incontrarla mai, altrimenti non avrebbe potuto garantire che l’avrebbe lasciata
tutta intera. In un attimo, aveva azzerato ogni forma di amicizia che credeva
di provare per quella dannata Tris.
Amber si aggrappò al
corrimano fuori da una carrozza per issarsi sul treno, e andò subito a sedersi.
Aria si prese qualche secondo per analizzare l’immobilità dei vagoni, e si
chiese come sarebbe stato vedere gli Intrepidi salirci tranquillamente sopra
senza dovergli correre dietro tutte le volte. Scosse la testa e seguì la
sorella, andando a sedersi vicino a lei. E, proprio nel momento in cui si
furono accomodate, il treno iniziò a muoversi e partì lentamente per poi
iniziare la sua corsa fra i quartieri della città.
Viaggiarono in
silenzio ma, ogni secondo di quel tragitto, riportava nella mente di Aria mille
ricordi e paure.
Si rivedeva bambina,
ad adorare quei treni che sembravano volare sopra la citta, sperando di poterci
salire sopra anche lei, un giorno. Non poteva fare a meno di pensare, quando
passarono sopra all’edificio più importante della citta dove si era tenuta la
cerimonia della Scelta, al primo giorno in cui aveva davvero potuto correre
dietro quei vagoni e sentirsi una vera Intrepida.
Anche se si sforzava
di non pensarci, ricordò il viaggio con Eric quando lui le aveva mostrato il
luogo dell’esercitazione a ruba bandiera. Quel giorno il loro rapporto era iniziato
e non si era più fermato, libero e ribelle, proprio come i treni della città
che correvano senza che si sapesse chi li guidasse o dove avesse intenzione di
portarli.
Poi ritornò alla
sera dell’esercitazione, a quando era scattata la mezza notte sul giorno del
suo compleanno e Will le si era avvicinato e le aveva augurato un felice giorno
fra sorrisi e battute, e non riuscì a trattenere un fremito.
Dovette serrare gli
occhi per non rimettersi a piangere.
Si abbracciò le ginocchia
contro il petto, e Amber se ne accorse, ma in realtà sua sorella non si era
persa un suo solo respiro.
La stava osservando
da quando erano partite dalla stazione degli Intrepidi. Senza alcun preavviso,
le braccia di Amber, quelle stesse braccia che da bambina erano l’unica cosa
che le dava conforto nei suoi momenti bui, l’avvolsero in silenzio.
Avrebbe voluto
opporsi, ma non ne era capace, non in quel momento, così sospirò e si lasciò
scivolare fra le braccia di sua sorella, appoggiandole la fronte sulla
clavicola.
-Riuscirai mai a
perdonarmi?- Chiese Amber.
Aria inarcò le
sopracciglia. Amber era stata la sorella peggiore del mondo, le faceva i
dispetti, era la preferita dei loro genitori e non faceva che vantarsi, divertendosi
sempre a deriderla a rimproverarla.
Eppure, l’immagine
di una bambina bionda che apriva la porta della sua camera, intrufolandosi
dentro a piedi nudi per andare a dormire con lei nel suo letto, le era tornata
alla mente. Quando i loro genitori avevano deciso di sistemarle in due camerette
separate, portando Amber nella stanza accanto, le due gemelle avevano solo sei
anni ed erano molto legate. Non avevano affatto
preso come un regalo quella divisione. In particolare, Aria odiava la
solitudine, così Amber sgattaiolava tutte le sere da lei per dormire insieme,
tenendole compagnia.
-Per cosa?-
Amber sollevò le
spalle. -Per qualunque sia il motivo che ti spinge ad odiarmi tanto…-
Sua sorella, dopo un
tempo sostanzialmente lungo, le stava chiedendo di cancellare tutto e di ripartire
da zero.
-Io ti ho sempre
voluto bene, devi credermi.- Disse Amber, come se le avesse letto nel pensiero.
Aria sospirò,
crescendo si erano sempre più divise.
E così, poco tempo
dopo, Aria aveva iniziato a chiudere a chiave la porta della sua camera per
impedire che sua sorella la raggiungesse durante la notte. Si sentiva tradita, Amber
non giocava più con lei, aveva iniziato a studiare ad ogni momento libero a
fare tutto quello che le dicevano i loro genitori.
Fino a quando non
erano iniziati gli attacchi di panico e, a quel punto, Aria aveva rivisto Amber
correre nella sua camera le notti e
starle vicino.
Sorrise senza essere
vista, quella paura si era inaspettatamente presentata anche nel suo scenario
della paura. Così come la sua paura per la solitudine, che si era manifestata
con le sembianze di un’urna funeraria che non rivelava di chi erano i resti al
suo interno.
E, purtroppo, quella
paura si era avverata con la morte di una delle persone che non avrebbe mai
voluto perdere. Ma ormai Will se ne era andato per sempre.
Per porre fine alle
sue paure, la soluzione non era di certo rimanere sola e chiudersi in sé stessa
come faceva spesso. Le persone che amava erano la cura, e non poteva più
permettersi di perdere nessuno. Non dopo la scomparsa del suo migliore amico.
-Può darsi…-
Concesse alla sorella, sciogliendo il loro abbraccio per rimettersi in piedi.
Erano ormai arrivate
in prossimità del quartiere degli Eruditi, e dovevano prepararsi per scendere
alla fermata giusta.
-Vieni, credo che il
treno non si fermerà e dovremo saltare!- Disse per avvisare Amber, mentre si
appoggiava ad un’apertura per guardare fuori in cerca del punto giusto in cui
scendere.
-Che cosa?-
Sentendola parlare,
Aria si voltò verso di lei e sentì un fitta di dolere fermarle il cuore.
Non poteva odiarla,
non ci sarebbe mai riuscita.
Nella suo test
finale di ammissione fra gli Intrepidi, quando aveva dovuto affrontare la paura
che le incuteva quell’urna misteriosa, aveva temuto per la morte di Eric, di
Will e di Sasha.
Ma anche per quella
di Amber.
Se durante la sua
allucinazione della paura si era spaventata per la morte di sua sorella,
probabilmente il suo subconscio le suggeriva che il legame con lei non era del
tutto perduto.
Sorrise appena e
tese una mano verso di lei. -Ci sono, non ti farò cadere!-
Amber avanzò con
passi incerti, aggrappandosi ad un maniglione per non cadere a causa del
movimento del treno, ma accennò a sua volta un sorriso.
-Cosa c’è, adesso
vuoi occuparti di me?-
-L’ho sempre fatto!-
sottolineò Aria, inarcando le sopracciglia.
-Bè!- fece Amber,
accettando la sua mano. –Anche io mi sono presa cura di te, a mio modo!-
Alzando gli occhi al
cielo, Aria scosse la testa, non aveva voglia di iniziare quel tipo di conversazione.
Poco distante,
intravide una piccola collina, fortunatamente il treno passava da delle
posizioni strategiche che permettevano agli Intrepidi di saltare giù dal treno
in corsa senza correre grossi pericoli.
-Vedi quella
collina? Salteremo sull’erba, cerca di rotolare quando atterri, così non ti
farai male!- Urlò Aria, per farsi sentire da Amber nonostante il trambusto del
vento che si sentiva prepotentemente a causa della loro posizione sul bordo di
un’apertura.
-Tieniti pronta!-
Quando furono vicini
al punto giusto, Aria fece un segnale ad Amber e saltò decisa, trascinandosela
dietro. Dovette tuttavia lasciarla la mano mentre rotolavano in discesa lungo
la piccola collina verde, per evitare di farsi del male.
Quando si fermarono,
Aria si mise subito a sedere per accettarsi che anche Amber fosse tutta intera,
e la vide poco distante che si scrollava i vestiti, ancora sconvolta.
Senza sapere perché,
forse a causa di tutta la tensione e di tutta l’ansia accumulata, Aria si
concesse una risata liberatoria.
Amber se ne accorse
e prima si imbronciò, ma dopo rise anche lei, in maniera decisamente più
elegante.
Era proprio vero, la
morte del suo migliore amico doveva aver sconvolto Aria profondamente, perché
altrimenti, in nessun altra circostanza, si sarebbe mai ritrovata a ridere con
sua sorella.
-Amber!-
Sentendo una voce
femminile chiamare il nome di sua sorella, Aria si voltò e vide un uomo e una
donna avvicinarsi e, riconoscendo i propri genitori, avverti una fitta
lancinante al petto che le fece capire che non le sarebbe stato così facile perdonare
tutto.
Le era bastato
sentire la voce di sua madre per sentire la gola secca e le mani tremanti, e si
trovò a pensare che non avrebbe mai voluto essere lì, ma non poteva certo
scappare.
Aria si alzò
sbrigativamente in piedi e si avvicinò a sua sorella, aiutandola a rialzarsi.
Si scambiarono un breve sguardo d’intesa, poiché Amber aveva colto
immediatamente il suo irrigidimento, e poi si avviarono verso i loro genitori.
Raggiuntasi a metà
strada, sua madre, una donna con folti capelli neri, gettò subito le braccia
verso Amber.
-Per fortuna che stai
bene!- Sopirò contro la guancia della figlia.
Aria guardò sua
madre e dovette trattenere una smorfia, studiò il suo volto annebbiato da
qualche segno dell’età ma pur sempre fiero ed elegante.
Non era mai stata
una madre affettuosa, forse anche per quel motivo lei stessa era molto
introversa. Ma, ad ogni modo, le assomigliava molto. Avevano lo stesso modo di
incurvare le sopracciglia quando erano arrabbiate, anche se i lineamenti della
donna erano leggermente più raffinati come quelli di Amber, e aveva anche i
suoi stessi occhi azzurri.
-Grazie per avercela
riportata sana a salva!- Disse ancora sua madre, ma sta volta si rivolse
direttamente a lei, mettendole addirittura una mano sulla spalla.
Aria si sentì
raggelare da quel contatto e abbassò gli occhi sulla propria spalla, guardando
la mano della madre appoggiata vicino alla treccia in cui aveva raccolto i suoi
capelli, senza sapere cosa fare.
-Tu stai bene?-
Quando sentì per la
prima volta la voce di suo padre, Aria alzò gli occhi e li incrociò con quelli
dell’uomo attraverso gli occhiali da vista che indossava.
Anche lui aveva una
folta chioma di capelli neri ordinatamente pettinati all’indietro, ed i suoi
occhi azzurri avevano una tonalità più scura, come quelli di Aria.
In silenziò, la
ragazza si prese qualche secondo per osservare la camicia blu dell’uomo e il
suo sguardo serio e leggermente in allarme, per poi offrirgli un cenno con la
testa.
-Sarebbe meglio che
tu non tornassi nella residenza degli Intrepidi.- Le disse.
Aria rimase in
silenzio, ad ascoltare.
-I tuoi capifazione
sono tutti qui, radunati all’ospedale perché hanno sparato ad uno di loro. Dovresti
raggiungerli, così potranno spiegarti cosa è successo e dirti cosa fare.-
Non ebbe il tempo di
analizzare quelle parole, il pensiero di poter correre dai suoi capifazione la
tranquillizzava, poiché rimanere ferma in quell’insolita riunione di famiglia
la stava tormentando e non vedeva l’ora di allontanarsi da lì.
Ma Amber fu più
furba e, guardando suo padre, chiese: -A chi hanno sparato?-
Per un attimo lui
rimase a guardare la figlia bionda senza comprendere la sua curiosità, ma poi
le rispose senza problemi. -A quello giovane, Eric.-
Mentre il suo cuore
mancava di un battito, Aria si trovò a ringraziare mentalmente sua sorella. Lei
non aveva pensato a quella possibilità ma, scoprendola, si sentì mancare.
-Ma sta bene?-
chiese sempre Amber.
-Sì, lo hanno colpito
ad una gamba, o ad un piede, non ricordo!-
Tirando un sospirò
di sollievo, Aria guardò Amber e capì che, senza sapere perché, la stava
aiutando. Forse sapeva che non avrebbe avuto il coraggio di fare quelle domande
a loro padre, oppure la stava aiutando a non esporsi troppo.
-Credo sia maglio
che accompagni Ariana all’ospedale, magari vedendo me la faranno entrare senza
troppi problemi!-
Suo padre parve
riflettere, guardò la moglie e poi parlò. -Sì hai ragione, credo sia meglio. Ma
state attente!-
Amber face un cenno,
baciò sbrigativamente una guancia della madre e fece segno ad Aria di seguirla,
e lei lo fece rifiutandosi di incrociare lo sguardo con i suoi genitori.
Quando si furono
allontanate a sufficienza, imboccando la via principale del quartiere, Aria si
avvicinò alla sorella e la guardò intensamente.
-Perché hai parlato
al posto mio, mio stavi aiutando?-
Amber la guardò e
sorrise. -Sembrava che ti avesse morso una tarantola, temevo che non fossi in
grado di aprire bocca!-
La ignorò. -Perché
mi stai accompagnando?-
-Che rapporto c’è
tra te e quel capofazione pieno di tatuaggi, che sembra sempre sul punto di
voler uccidere qualcuno da un momento all’altro?-
Strabuzzando gli
occhi, Aria si voltò verso sua sorella e la fece fermare. -Che hai detto?-
-Jeanine pensa che
state insieme, e vero? Secondo me sì, ho visto come ti guardava quella volta
nei sotterranei della vostra residenza!- Amber fece un sorriso strano.
Non sapendo cosa
risponderle, riprese a camminare. -Tu e Jeanine sapete sempre tutto, vero?-
Amber rise.
Arrivati davanti
l’imponente struttura di vetro che ospitava il più grande ospedale della città,
Aria si fermò e la sorella le mise una mano sulla spalla.
-Stai tranquilla.-
Le disse piano. -Sta bene, gli hanno solo sparato ad una gamba e i nostri
dottori lo avranno già rimesso in sesto!-
-Non sono
preoccupata!- Rispose, ed era vero.
Come subito dopo la
morte di Will, Aria si ritrovava paralizzata in una sorta di apatia che la
teneva lontana da ogni angoscia ogni timore.
Forse era la sua mente
che reagiva per proteggerla dal dolore ma, inspiegabilmente, si sentì
travolgere dalla rabbia. Ultimamente il suo corpo reagiva in modi curiosi e,
quando pensò ad Eric ferito, capì che doveva essersi trovato in una situazione
pericolosa. Sentì una fitta al petto e lacrime che minacciavano di rigarle le
guance, ma riuscì a spegnere tutto e a concentrarsi unicamente sui suoi passi.
Eric era forte, fin
troppo forte.
Salirono la
scalinata che precedeva l’ingresso e, una volta entrate, Amber si fermò per scambiare
qualche parola con una donna seduta dietro ad una scrivania. Subito dopo guidò
Aria lungo il corridoio principale, fino ad arrivare ad una grande porta
sorvegliata da due guardie Intrepide.
Alla destra della
porta, c’era una dottoressa che sollevò la testa dai moduli che stava
compilando quando le vide arrivare.
-Lei ha
l’autorizzazione per vedere il capo Intrepido che è in questa stanza!- Esordì
freddamente Amber, con l’autorevolezza che ogni Erudito avrebbe dovuto avere.
La dottoressa fece
un cenno alle due guardie Intrepide che, riconoscendo in Aria una loro compagna
di fazione, le fecero un cenno di saluto ed uno di loro fece scattare
l’interruttore che face aprire la porta automatica.
Ma, quando avanzò
pronta a rivedere finalmente Eric, sentì il suo cuore battere all’impazzata. Tutta
la paura e tutto il dolore che era riuscita a tenere a freno fino a quel
momento, presero il sopravvento, fino a distruggerla.
Con le emozioni
azzerate, entrò in silenzio.
Continua…
Scusate
il ritardo, forse è meglio che non dica più che aggiornerò presto perché, ogni
volta che lo dico, ritardo!!
Secondo
capitolo senza Eric, ma si prepara per riapparire per il gran finale!!!
Se
sarà grande lo deciderete voi!
Il
prossimo aggiornamento, come ho già detto, sarà l’ultimo di questa storia… E
poi il seguito!!!!
Fatemi
sapere cosa ne pensate, per favore : ) !!!!
Baci
a tutti e grazie mille!