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Autore: Dreamer_19    16/02/2015    0 recensioni
Io nasco come scrittore di prose, non di storie comiche... parlo di cavalieri, tempi remoti, soprattutto mi sono messo intesta di rappresentare nella sua infinita interezza il sentimento in sé: odio, amore, tristezza... Ultimamente attraverso una fase di calo, quindi scusatemi se non rispetterò le vostre aspettative.
Il mio stile in prosa? difficile da capire, bello, ma difficile, non perché non so scrivere, ma perché scrivo di getto e d'istinto.
Detto questo, qui troverete una serie di prose che scriverò e ho scritto. Spero vi piacciano.
Genere: Poesia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Dopo la malattia c’è la convalescenza .
I dottori sono esseri scrupolosi, quasi robotici, che predispongono una cura di riabilitazione, e costantemente dicono “la convalescenza è il punto più delicato, perché si può avere una ricaduta!”.
Come dopo un’operazione quando ti mettono i punti ti chiedono di non muoverti troppo, o ancora peggio di non stressare troppo la parte operata.
Le ferite dell’amore sono le più subdole, ti distruggono l’anima, te la riducono in brandelli, ti succhiano ogni visione di futuro. Pensi a lei e senti un punto strapparsi, continui a ricadere sullo stesso pensiero promettendoti che quella sarebbe stata l’ultima volta, e così finisce veloce la tua ultima sigaretta, consumata fra i gelidi aliti invernali.
Essi trapassano il tuo corpo causandoti dolori lancinanti, una fitta senza tempo e senza età, che ancora giace sul tuo addome, penetrandolo, a mano a mano, frustando i reni.
Sei a pezzi , un reietto, dai tempo alla ferita di rimarginarsi, ma le tue paranoie verso le cicatrici ti portano a grattarla nuovamente via, così sangue nuovo e copioso si riversa all’esterno delle vene.  Nuovamente ti prometti di fermare quel calvario, ma l’indomani sei già pronto ripatir per lei le medesime sofferenze.
Passano poi giorni, magari ti illudi che la testa, distratta, si sia lasciata sfuggire quel pensiero, ma eccolo che ritorna a martoriar una carcassa che rantola ancora.
La vedi davanti ai tuoi occhi, morbo malefico. Cerchi disperatamente in tutte le farmacie specializzate in ferite di dardi infuocati, ma non vi trovi nulla che curi la febbre d’amore, che muove le tue membra come un dominatore di marionette fa con i suoi pupazzi.
Lei è lì, chiedi al primo volto amico “VI prego sto morendo, scomparendo, non resisterò a lungo, sento solo dolore” aggiungi facendo da portavoce alle lamentele del tuo corpo dolorante.
“Signore c’è un solo rimedio…” “NO!” ululi madido di sudore “Non il tempo, io non ho tempo… non voglio aspettare; la prego se ha simpatia dell’uomo, come spero e oro (= prego), non mi prescriva il tempo! Mi dia una botta in testa, voglio dimenticare!” “Non mi è possibile, più si è malati, e più solo il tempo potrà necare i bacilli di tale morbo! Si rilassi, ricordi sempre che deve passare la nottata!”
“ Ma lei è qui, è lì davanti, sto impazzendo: la voglio, la bramo, la desidero, desidero lei e la passione che metteva su di me. Il suo sorriso mi manca come l’aria, l’esser  speciale per lei era il motore del mio cuore. 
Impazzisco, sento fitte, ma non muoio, sento di perder la ragione, di voler urlare, eppure sono stranamente calmo. Sento mille serpenti stringermi, e avvinghiarsi prima alle caviglie, poi scorrono veloci sullo sterno e serrare le loro spire sulla mia gola. Sospetto di lasciarmi dar il fatal  bacio, quando ritorna la ragione, interviene e mi fa declinar l’offerta della morte. Non mi tolgo quel sorriso che mi brucia le cornee, stride le mi orecchie, fa sanguinare il cuore. La voglio, non c’è nessun’altra che io desideri quanto lei. Provo a parlarle ma non mi risponde, farei di tutto per riaverla un solo attimo, che come placebo mi accompagnasse al fatal giudicio. Voglio ancora quegli occhi, cerco quello sguardo, imploro il suo viso. Non c’è fibra del mio corpo che non ululi dal dolore silenziosamente, ribellandosi quanto può.”
Ma tutto questo finisce, pensi ora che è giorno è fatta. È solo tutto già un futile ricordo, però attende la nuova sera per morderti l’organo del primaio affetto.
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Lettori cari, io scrivo così: d'impulso, di getto, senza pensare né a cosa, né al perché
   
 
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