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Autore: eli_s    17/02/2015    3 recensioni
Un pomeriggio qualunque tra uno scatto e un altro Elena immortala ciò che potrebbe cambiarle la vita. Perché l'amore arriva sempre quando non te lo aspetti...piccola one shot delena, hope you enjoy!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alaric, Saltzman, Damon, Salvatore, Elena, Gilbert, Jenna, Sommers | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“…We keep this love in a photograph

We made these memories for ourselves

Where our eyes are never closing

Hearts are never broken

And time's forever frozen still

 

So you can keep me

Inside the pocket of your ripped jeans

Holding me closer 'til our eyes meet

You won't ever be alone, wait for me to come home

 

Loving can heal, loving can mend your soul

And it's the only thing that I know, know

I swear it will get easier,

Remember that with every piece of you

Hm, and it's the only thing we take with us when we die…”

Ed Sheeran - Photograph

 

 

 

 

 

La giornata splendida di quel mercoledì di fine novembre era l’ideale per poter realizzare gli scatti che le servivano per la lezione di fotografia.

 

Frequentava un corso amatoriale a cui Caroline l’aveva trascinata a forza a inizio settembre e che, proverbialmente, aveva poi mollato dopo due settimane.

Un classico, Caroline aveva le sue tattiche per affrontare le crisi d’amore/lavorative ed era buttarsi a caso in mille hobby improvvisati perché "hey, leggevo questo su Vogue” e "ho sentito quest’altro su Discovery channel" e in perfetto stile uragano Forbes trascinava nella corrente le vittime intorno a lei tra cui, appunto, Elena.

Stranamente a questo giro quest'ultima era rimasta e non aveva mollato nel momento esatto in cui Caroline iniziava a stufarsi.

 

La fotografia si era rivelata divertente e soprattutto le dava un motivo per uscire dall’ufficio in pausa pranzo invece di vegetare con le sue colleghe.

L’ultimo compito che le aveva affidato Ric, il suo insegnante, consisteva in un solo scatto che raffigurasse il rapporto tra luce naturale e superfici.

 

Dunque il vetro.

 

Così si era trovata a vagare per la piazza in assoluto più fitta di vetrate di tutta New York: la United Nation Plaza, dove la sede centrale dell’Onu si prestava a scenario perfetto.

Il sole di novembre che riscaldava il volto infreddolito era estremamente collaborativo battendo sulla limpida superficie sopra la testa di Elena, naso per aria, intenta a riflettere sulle prossime mosse. Visto il poco tempo, di luce e anche di orario per gli scatti, decise di farne la maggior parte in serie e solo su alcuni soffermarsi per studiarli meglio; individuò un angolo strategico della piazza su cui collocarsi per inquadrare le vetrate riflettenti il cielo azzurro.

 

Clic clic clic a ripetizione muovendosi da una parte all’altra, d’un tratto fu attirata dal luccichio delle porte scorrevoli del palazzo che ad ogni apertura rimandavano il riflesso del sole sul metallo delle bordature. Scattò qualche foto più in basso finendo però per incastrare nell’inquadratura anche i vari personaggi che si alternavano, tutta gente seria e ben vestita.

In quel via vai generale non era possibile evitare volti che finivano accidentalmente immortalati dal suo obiettivo, così si avvicinò un po' e puntò la macchina fotografica iniziando a scattare a partire dall’ingresso per poi zoomare via via verso i punti della porta.

 

Ma qualcosa la costrinse, dopo uno scatto, a fermarsi per rivedere la foto.

 

Era passato un volto davanti al suo obiettivo; scattando veloce ed essendo stata la persona in movimento era stata una frazione di secondo quella in cui il suo cervello aveva registrato un colore che l’aveva colpita.

Un tratto che d’istinto le aveva fatto indietreggiare l’occhio dalla macchina per riesaminare la foto.

Elena osservò l’immagine sul display: un uomo di tre quarti che fumava una sigaretta, testa leggermente reclinata, lineamenti decisi marcati da una barba incolta appena accennata, le sopracciglia nere e folte aggrottate per difendersi dal sole e due iridi cerulee nelle quali affogava la luce come rapita da quegli occhi azzurri.

 

Alzò di scatto la testa verso l’ingresso frugando tra la folla, ma lui non c'era già più.

 

Fece uno zoom sul suo sguardo e poté giurare di cogliervi il cielo riflettersi dentro; deglutì e spense la fotocamera come intimorita che il volto impresso prendesse vita e si voltasse a guardarla, pronto a coglierla in castagna che lo spiava.

Si sentiva con un piede nella camera di uno sconosciuto, quasi avesse violato la sua intimità e sospirò guardandosi attorno.

 

Che diavolo fai? Ti imbarazzi per una foto?

Beh, quel tipo sicuramente era fotogenico oltre che incredibilmente bello.

 

Una ventata fredda la riscosse e guardando l’orologio si accorse dell’ora.

Doveva rientrare.

 

***

 

Quella sera, nell’appartamento che divideva con Caroline e Matt, suoi migliori amici storici, caricò le foto sul laptop per vedere cosa aveva prodotto; data la dimensione dei file il computer ci mise un po' di tempo e tamburellò nervosa le dita sul tavolo rettangolare di legno anticato che lei e Bonnie, sua collega, avevano scovato in un negozietto vicino a Brooklyn.

 

Non sapeva perché le stesse salendo l’ansia, forse perché un po’ stupidamente la emozionava il pensiero di rivedere quel volto che le aveva allietato la giornata.

 

-Che cosa stupida Elena-

-Di che parli?-

 

Sobbalzò quando Matt le sbucò alle spalle, quel ragazzo era così silenzioso che avrebbe potuto lavorare per i servizi segreti oltre che farla morire d’infarto.

 

-Niente-

-Nuove foto?-

 

Posò il sacchetto con la spesa sulla piccola isola della cucina in legno e pietra naturale per poi iniziare a svuotarla. Quella sera il turno in cucina era il suo.

 

Caroline sarebbe rientrata entro un'ora per presentargli il "tizio odioso, ma dall’accento europeo che lo salva" con il quale stava lavorando e aveva dovuto invitarlo a cena perché "lui aveva bisogno di un ambiente familiare per pensare al giusto arredamento del ristorante che stava per aprire” e aveva insisto per vedere come Caroline, interior designer, avesse arredato casa propria.

Un allucinante fine settimana passato a rassettare ogni angolo del mini appartamento al quarto piano di una palazzina vittoriana, e ricolmato di fiori ed essenze per la casa, nemmeno si stessero preparando per un servizio di Marie Claire Maison.

 

-Si ho fatto qualche scatto per il corso-

-Grande dopo le vediamo?-

-No Matt…-

-Ok, ok aspetteremo questa famosa esposizione-

 

Il ragazzo la sfottè un po’ per questa sua ansia nel mostrare loro i suoi lavori, l’accordo a cui era dovuta scendere era niente foto fino alla conclusione del corso- la settimana prima di Natale- dove tutti gli studenti avrebbero esposto la selezione di foto, una per lezione a tema.

Mancava poco alla fine, quello era il penultimo compito e lei era indietro perché per quello precedente-volti nell’obiettivo- non aveva scattato nulla che le piacesse.

 

Quando Ric aveva spiegato il senso di quel compito aveva detto alla classe di immedesimarsi nel turista che vuole immortalare la moglie spalmata su qualche opera d‘arte e finisce per incastrare nell’inquadratura un gruppo di adolescenti a spasso.

Ecco, il punto era cogliere quello che vivevano nell’istante le quindicenni. E lei per ora aveva collezionato scatti finto-casuali, con piccioni, turisti giapponesi o artisti di strada.

Tutti molto belli ma, come aveva detto Ric, non coglievano "l’intrusione" nella foto.

 

Mentre l’upload proseguiva si alzò spostando il pc sul tavolino da caffè davanti al divano per poi accingersi a preparare la tavola secondo le istruzioni che Caroline aveva appeso al frigo quella mattina.

 

-Come se non sapessi farlo-

 

Bofonchiò, staccando il foglio dalla calamita a forma di pila di libri, perché non si era decisa a buttarla? Forse perché era il suo promemoria di pessime scelte sentimentali - simpatico pensierino di quello scemo del suo ex, Markos- e anche lavorative. Gestire gli ordini dell’azienda per cui lavorava non era il massimo.

 

-Bè, dobbiamo essere collaborativi, insomma arredare un ristorante è un colpo grosso-

 

Fece una smorfia al pensiero ragionevole di Matt che intanto si destreggiava ai fornelli, come se non bastasse che già lo facesse nel ristorante a Soho in cui lavorava.

Così, chiacchierando con l’amico si accinse a seguire il protocollo di Emily Post e allestire per la cena.

 

 

Il giorno dopo, sabato, andò alla sede dove si teneva il corso per usare la stampante per le foto. Dopo troppi bicchieri del vino rosso portato gentilmente dal cliente dall’accento europeo sfacciatamente sexy come il suo nome- Lorenzo- ma, ehi, Enzo era più old style a suo dire, aveva dimenticato il suo laptop e le foto scaricate così, insieme al mal di testa, si era limitata a portarsi dietro la memory card per lavorarci direttamente in studio.

 

Ed eccola lì che spuntò, d’un tratto, tra le stampe e quasi con timore l’afferrò.

 

Più intenso di quanto si ricordasse, si perse un attimo sui lineamenti fino a segnargli tutto il volto, scendendo giù al colletto della camicia bianca e l’inizio della cravatta blu scuro che metteva in risalto quegli occhi chiari.

 

Volti nell’obiettivo.

 

Le ritornò in mente il compito che mancava all’appello.

Raccolse le foto e tornò a casa, non senza prima fare un salto in quella stessa piazza come una casuale passante che non stava cercando qualcuno.

 

***

 

L’ultima lezione era intitolata: fine di un inizio.

 

Ric aveva sempre idee tutte sue per i temi e a questo giro non aveva dato nessuna dritta, solo che immortalassero ciò che poteva rappresentare la fine di un inizio.

Bene, altre avventure in pausa pranzo che, in quella settimana, avrebbe speso molto più del previsto a telefono con Caroline e le sue lamentele “Enzo ha osato contraddirmi qui, ha detto questo, ha fatto quello...gli ho lanciato la mia agenda, stamani mi ha portato un muffin alla vaniglia, come sapeva che sono i miei preferiti?”.

Nell’appartamento 3B non si parlava d’altro da giorni ormai, anche Rebeka, la nuova cliente fissa del ristorante in cui lavorava Matt -quella che citando testualmente Care "vorrebbe essere impastata dalle tue mani sapienti" battuta infelice con cui aveva fatto imbarazzare anche Matt- era passata in secondo piano da quando la bionda aveva monopolizzato ogni dialogo snervando gli amici con Enzo.

 

 

Un pomeriggio di Domenica, i primi di Dicembre e i "compiti in classe" arretrati, si ritrovarono tutti e tre a sgranocchiare biscotti sul divano guardando il primo della lunga serie di film che anticipavano l’arrivo del Natale; Elena afferrò la macchina fotografia e iniziò a scattare momenti insieme alla sua stramba famiglia con la quale, alla fine, aveva poche occasioni così da condividere.

 

Anche perché tra qualche giorno ci sarebbe stata quell’esposizione e poco dopo sarebbero giunti suo fratello, sua zia e la mamma di Caroline per passare il Natale con loro.

 

Jeremy andava al college e quando poteva si vedevano, era stato lui il primo soggetto fotografato seriamente, così nella quotidianità delle loro pause caffè al campus mentre lui lei raccontava di quella ragazza, Anna, che gli aveva chiesto gli appunti e lui ci aveva scritto il suo numero, ma lei non lo aveva chiamato.

 

-Vedrai che chiamerà-

 

Gli aveva detto lei.

 

-Perché dovrebbe, mi ha solo chiesto gli appunti-

-Perché sei mio fratello, il ragazzo più bello del mondo-

 

Lui aveva riso.

 

-Ti piacerebbe, si arriccia i capelli come faceva la mamma quando era nervosa-

 

Elena strozzava sempre il respiro in gola quando venivano fuori i suoi genitori e a fatica celava la tristezza che prontamente bruciava i suoi grandi occhi, eredità di suo padre.

E scattò lì la foto, quando il volto di Jeremy era perso nel ricordare sua madre che si torturava una ciocca, nervosa per qualcosa che aveva combinato lui a scuola; era stato il primo compito: un ricordo per iniziare.

 

Così era il tema, e il volto di Jeremy per lei era stato eloquente, anche se non era stato capito subito e Ric le aveva detto di fare un altro scatto perché “chi guarda non sa tutta la storia, ma deve poterla vivere in uno scatto”.

 

E così Elena aveva spostato l’attenzione della foto da suo fratello, che aveva preso a mezzo busto chino sul tavolino, sulle mani incrociate accanto al bicchiere di vetro quasi finito.

Era bastato zoomare sul quel particolare, anche se aveva dovuto tagliare via il volto di suo fratello, ma le mani un po’ vissute di Jeremy, troppo per la sua età, sbucciate dai pomeriggi passati a sistemare gli steccati del vicinato perché “si doveva aiutare quei poveri ragazzi a metter su qualche soldo” e il bicchiere quasi vuoto, avevano evidentemente colpito Ric.

 

Scatto dopo l’altro, totalmente a caso, si alzò per prendere altri biscotti mentre i due amici attendevano lo scorrere dei titoli di coda di un vecchio film in bianco e nero che sarebbe stato sostituito tra qualche istante da Il Grinch.

Non aveva proprio voglia di vederlo; posò la macchina fotografica sul tavolo e afferrò il vassoio di biscotti fatti da Matt, perché nessuna di loro se lo sposava?

 

Poi alzò la testa e d’istinto prese la fotocamera e scattò.

 

Le teste di Care e Matt erano vicine ma non troppo per creare lo spazio visivo dei titoli di coda, il cui font d’epoca era indicativo del tipo di film.

Era una cazzata di foto, ma quelle due teste erano l’inizio di tutto, sempre, ogni volta che cadeva e beh, sicuramente a Ric avrebbe fatto schifo perché avrebbe dovuto spiegargli.

Infondo era una principiante non di certo Margaret White, e il corso era per amatori non professionisti del mestiere, sarebbe andata più che bene.

 

Soddisfatta raggiunse i suoi amici sul divano.

 

 

***

 

 

Una grande stanza luminosa ricavata dall’edificio in mattoni, probabilmente l’ala dell’inceneritore di una vecchia fabbrica di fine ottocento, faceva da scenario per l’esposizione della classe di fotografia del semestre 2014.

 

C’era addirittura un piccolo buffet con stuzzichini e aperitivi ed Elena aveva invitato, oltre ai suoi amici, Jeremy cui sorrise eloquente quando, da dietro zia Jenna, sbucò una piccola Anna dai capelli neri e gli occhi profondi che titubante gli teneva la mano; giunsero anche Bonnie e, per suo stupore, Enzo.

Perché Caroline stava cercando nuovi spunti per l’angolo cottura delle pizze in perfetto stile italiano e quel posto aveva il fascino giusto e doveva farglielo assolutamente vedere.

E lui se ne stava li a sbeffeggiarla un po’, stuzzicandola e facendola ridere in un modo che Elena non sentiva da troppo tempo, sicuramente mai successo con Tyler.

 

Avvolta nel suo tubino di tessuto color mattone - due ore a litigare tra nero e mattone ma, “ehi Elena vedi di dare un tono alla tua faccia sempre un po’ sbattuta”- aveva ovviamente vinto Caroline obbligandola a strizzarsi in quell’abito, ma col compromesso di tacchi moderati e comodi senza tuttavia aver potuto evitare gli accessori e adesso si sentiva come l’albero di Natale all’ingresso dell’ufficio dove si teneva il corso.

I vari allievi avevano mezza parete ciascuno per appendere i propri lavori sotto ai quali c’era il titolo di ciascun compito.

 

Ovviamente Ric aveva storto il naso sull’ultima fotografia, ma si era illuminato quando lei gli aveva presentato la sua proposta per Volti nell’obiettivo - il ragazzo dagli occhi azzurri- che Ric si era disinteressato di tutto il resto, come se quella foto valesse a valorizzare quelle peggio; così eccola qua fissarla appesa sorbendosi i commenti di tutti.

 

D’un tratto sentì una mano avvolgere un braccio e strattonarla da una parte: sua zia Jenna, flutè nell’altra mano e occhio troppo vispo, iniziò a bisbigliare.

 

-Elena, perché non mi hai detto subito che il tuo insegnante era così sexy?-

 

Lanciò uno sguardo di disgusto, Alaric aveva più l’aria paterna che sexy, per lei almeno.

 

-Per evitare queste tue scene-

-Oh, sta arrivando-

 

Tempo due secondi e sentì un brivido al pensiero di quello che avrebbe potuto combinare sua zia; Jenna si presentò, ma stranamente non si coprì di vergogna con uscite poco felici, anzi anche Ric sembrava colpito dalla giovane e bella zia che fino alla maggiore età di Elena era stata sua tutrice e di Jer, dopo la morte dei loro genitori.

 

Un’altra fitta.

 

Lasciò i due al loro flirt, decisamente da immortalare, e si diresse verso il bar dove Matt, Bonnie e Jeremy parlavano tra loro.

 

-Ehi bellissimi lavori sorellina-

-Grazie-

-Chi è quel tipo della foto?-

 

Roteò gli occhi al cielo, possibile che tutti le chiedessero solo di quella foto lì?

 

-È uno che ho fotografato per caso, non ho la più pallida idea di chi sia-

 

Buttò giù l’ultimo sorso del cocktail e prese un salatino.

 

-Beh, magari lui ha sentito parlare della tua foto-

 

Elena accigliò lo sguardo verso Bonnie, confusa dalle sue parole.

 

-Che?-

 

La ragazza le fece un cenno con la testa in direzione della foto, nella sua visuale c’erano Jenna che flirtava con Ric, continuando casualmente a posargli una mano sul braccio e lui, rivolto in direzione di Elena, stava parlando con qualcuno di spalle.

 

Non seppe perché uno strano brivido le attraversò il corpo irrigidendosi sul posto.

 

Lo sconosciuto aveva una giacca di pelle che risaltava le ampie spalle, jeans scuri e capelli corvini di un nero così intenso e inconfondibile, una mano in tasca e l’altra lungo il corpo che molleggiava un bicchiere contenente un liquido ambrato.

 

Era quasi ipnotico.

 

Quando Ric scorse la sua faccia imbambolata, puntò lo sguardo oltre lo sconosciuto e le fece un cenno con la mano invitandola a raggiungerli.

Nell’esatto momento in cui l’attenzione era stata spostata su di lei anche Jenna e lo sconosciuto si erano voltati ed Elena senti le guance imporporassi per tutti quelli occhi puntati.

 

Soprattutto per quelle inaspettate pozze azzurre che la fissavano curiose.

 

Il suo volto nell’obiettivo era li, all’esposizione, sotto la SUA foto!

 

Le turbinarono milioni di domande su cosa facesse lui lì, come lo avesse saputo, perché diavolo parlava con Ric e soprattutto perché si sentiva così nuda.

Non era solo la sfacciataggine del suo sguardo di ghiaccio nel fissarla, ma era anche il fatto di essere stata beccata a rapire un frammento di lui nella sua foto, di quel volto che adesso la osservava accigliato.

Fatto sta che non riusciva a decidere di comandare alle sue gambe di muoversi.

 

Solo lo schiocco delle dita di Bonnie davanti al volto, che la incitò a sbloccarsi, le diedero l’imput per raggiungerli.

 

Titubante e anche un po’ imbarazzata, arrivò dai tre e adesso era a pochi passi dal suo volto nell’obiettivo; ebbe così la conferma di quanto la foto non rendesse a pieno la sua bellezza e respirò due volte a fondo per evitare che il cuore le esplodesse nella testa.

I capelli corvini staccavano perfettamente in contrasto con la pelle nivea adombrata da una barba abbozzata, tratti spigolosi e si sexy.

Deglutì nel tentativo di smettere di fissarlo con tanto stupore.

 

Fu Rick a risvegliarla.

 

-Elena ti presento Damon-

 

Gli occhi del ragazzo erano piantati nei suoi tenendola arpionata come un pesce intrappolato nella rete, così chiari e limpidi da accecarla; le regalò un mezzo sorriso.

Stava per porgli la mano quando lui esordì divertito.

 

-Così sei tu la piccola ladra di scatti-

 

L’infelice battuta parve risvegliarla e ritrasse il gesto di cortesia.

 

-Si, sono io-

-Elena, Damon è un mio vecchio amico-

-Davvero?-

-Incredibile, quante probabilità c’erano che tu fotografassi per sbaglio un amico del tuo insegnante ?-

 

Zia Jenna esordì con una tale ovvietà da farle drizzare i capelli per la vergogna. Ric rise, disgustoso il suo tentativo di assecondarla, mentre il tipo fece di nuovo quel mezzo sorriso arrogante portandosi il bicchiere alla bocca sulla quale involontariamente si spostò lo sguardo di Elena.

 

E lui se ne accorse.

 

-Chissà, magari mi stavi pedinando-

 

Alzò un sopracciglio.

 

- Oh, non montarti la testa solo perché ti ho fatto una foto decente...e si dia il caso che il merito è del fotografo, non del soggetto-

 

Sbottò risultando più acida di quanto volesse, ma la cosa parve divertirlo.

La squadrava con una sfacciataggine tale da gettarla nell’imbarazzo più totale.

 

D’un tratto lo sguardo di Alaric fu attirato in un punto indistinto della stanza.

 

-Oh, scusatemi devo andare da una persona...Damon cerca di non fare lo stronzo-

 

Ric raggiunse un altro alunno e Jenna si dileguò verso il bar, lasciandoli soli.

 

-Comunque, parlano molto-

-Cosa?-

 

Adesso era rivolto al pannello con le foto e le indicò col bicchiere.

 

-I tuoi scatti rubati...-

 

Le aveva fatto un complimento?

 

-Grazie..-

 

Rispose quasi con titubanza e un filo di senso di colpa per averlo attaccato prima; si voltò verso la foto che lo ritraeva.

 

-Spero di non aver violato la tua privacy-

-Oh, non ti preoccupare...puoi violare tutto quello che vuoi…-

 

Lo sguardo eloquente la fece trasalire, ma che razza di sbruffone.

Si era fatta abbindolare.

Lei e gli uomini arroganti, non le era bastata la presunzione dei Lockwood? Mason “parlo solo con la mia tavola da surf”, mentre Care si era presa Tyler “so contare il numero di flessioni che faccio”, e come dimenticare l’esterno Markoslo studio e una fissa dimora sono così mainstream, evolviti Elena” evidentemente non erano stati sufficienti, c’era il terzo stadio dell’umiliazione: l’arroganza del bad boy.

 

-Non corri questo pericolo-

 

Lui la studiò stringendo gli occhi a fessura e lasciandosi scappare un sorriso. Inclinò la testa leggermente di lato portandosi il bicchiere all’altezza del petto.

 

-Peccato...mi piace guardare il mondo coi tuoi occhi-

 

Eccolo di nuovo che lo rifaceva, quel bisbiglio leggero, l’odore agrodolce indecifrabile del suo respiro e quel lampo negli occhi chiari.

Elena aveva le braccia conserte a difesa, ma era bastata la sua sfacciata schiettezza per sciogliere le gelide pareti dietro cui tentava di ripararsi.

Come riusciva ad entrare senza permesso?

E di nuovo fu inevitabile spostare l’attenzione sulle labbra morbide e tese in un accennato sorriso, seccandole la gola e provocandole uno strano formicolio dentro a turbarla.

 

-Non credo che si ripeterà, sai un artista non ripropone mai due volte la stessa opera-

-Ci sono tanti altri particolari di me che puoi rubare-

 

Come poteva essere così bello e irritante al tempo stesso?

Sentiva il bisogno di bere per riattivare la salivazione, l’aveva prosciugata però non voleva andarsene e rompere il contatto visivo con lui.

 

-Rifiuto l’offerta, grazie-

 

Lui fece spallucce e sollevò di nuovo il bicchiere, Elena d'impulso scattò e glielo prese bevendo un sorso.

Fu quasi peggio, nel momento in cui il liquido forte le bruciò la bocca e la trachea. Solo l’attimo in cui glielo restituì, dopo averlo lasciato di sale, realizzò cosa avesse fatto e avvampò.

Cercò di non far trapelare l’imbarazzo che le contrasse il volto.

 

-Allora ti piace proprio derubarmi, fai la ladra di professione?-

-Avevo molta sete-

-Ho notato…-

 

Passò lo sguardo dal bicchiere a lei come lisciando la sua figura cautamente.

Elena si irrigidì.

 

-Bene, allora ti lascio alla mostra-

 

Smorzò un sorriso e girò i tacchi raggiungendo gli altri.

 


***

 

La mostra fini e la sua vita riprese a scorrere come sempre, iniziando però la follia natalizia di Caroline.

Elena e Matt cominciarono ad essere perplessi sul suo rapporto di lavoro con Enzo.

 

-E’ solo, che avrei dovuto dirgli?-

-Care la stai spostando su un piano poco professionale-

-I clienti vanno presi a cuore e per farlo bisogna un po' varcare il confine-

 

Le schioccò un’occhiata torva mentre la bionda faceva spallucce e si apprestava a mettere l’ultimo addobbo sul piccolo abete collocato nell’angolo destro del salotto, proprio vicino alla finestra che dava sulla strada.

 

-Non sono persuasa che sia una buona idea-

 

Elena chiuse l’ultima scatola svuotata, preparandosi poi a spolverare i piatti da grande occasione.

 

-E mia madre lavora la sera della Vigilia quindi verrà a pranzo a Natale, perciò si libera un posto-

 

Il telefono di Elena squillò e lo sfilò dalla tasca.

Salvata dalla chiamata di Jenna.

 

Queste sue logiche, unite alla grande insistenza, fecero guadagnare un posto alla loro tavola a Enzo, insieme a Ric grazie a sua zia Jenna che dalla mostra ci era già uscita due volte.

Elena lo adorava, ma aveva paura che fosse l’ennesima delusione per Jenna ancora in fase di recupero post Logan-stronzo-Fell.

Quello che fece gelare Elena furono gli annessi di Ric che Jenna le comunicò in quell’istante per telefono, non aveva il cuore di dirglielo in viso.

Per poco non le cadde di mano il servito di piatti natalizio, regalo di sua zia per il primo Natale passato in appartamento con Care e Matt e, dopo averlo posato sulla tavola, afferrò il telefono tenuto tra l’orecchio e la spalla.

 

-Cosa dovevo dirgli, no allora non vieni più?-

 

Roteò gli occhi al cielo, lei e Caroline si erano per caso messe d’accordo? Si comportavano come due ragazzine e lei l’adulto della situazione.

 

-Sei impazzita? Ti sembra il caso di invitare tutta questa gente che non conosciamo?-

-Elena, Ric lo conosci e si tratta di una persona in più non un esercito-

-Dico che tra tutte le sere proprio la cena di Natale dovevi scegliere-

-Proprio perché è Natale dobbiamo essere più comprensivi, è molto legato a Ric e poi è solo perché suo fratello minore non c'è...adesso non fare la solita melodrammatica-

 

Tutta la gente sola nel modo aveva intenzione di bussare alla sua porta evidentemente.

Elena prese un profondo respiro per resistere alla tentazione di staccare la testa a sua zia, invitare il suo volto nell'obiettivo, come le era saltato in mente?

Lei e Ric si erano decisamente trovati; Jeremy avrebbe portato Anna quindi il numero saliva in modo preoccupante per le dimensioni del loro modesto appartamento.

Quota 9.

Meno male che Matt non aveva invitato sua sorella Vicky, non potendo pensare di stare tutta la cena a sedare lei e Care.

E non è che lei non volesse Damon, a Jenna era bastato nominarlo per farle venire una vampata nemmeno fosse in calore, e si era dovuta togliere il cardigan per l’agitazione suscitando l’attenzione di una troppo curiosa Caroline che la scrutava.

 

L’impulso di nascondersi e l’ansia che le divorava lo stomaco non l’avrebbero lasciata tranquilla quella sera.

 

***

 

Una bellissima tavola apparecchiata a festa, con centri tavola di pungitopo e pine, l’odore di resina e candele condite con un pizzico delle spezie usate da Matt per fare il pan di zenzero contribuivano a rendere tenue e calda l’aria del 3B.

 

Caroline sorrise trionfante compiacendosi del proprio operato mentre Elena, avvolta nel suo abito verde abete dal motivo trapuntato, la osservava divertita accingendosi a tenerle la scala.

Aveva insisto per mettere il vischio sotto l’arco dell’apertura che divideva il salotto/pranzo dalla cucina e si erano tutti chiesti chissà perché dato che non era mai stato interesse di nessuno negli anni precedenti.

 

-Oh per piacere, che cosa infantile sarebbe...io lo faccio per rallegrare l’atmosfera-

-Si come no-

 

Matt prese la scaletta sulla quale si era arrampicata prima e la ripose nel ripostiglio.

 

-Ok adesso smettete che stanno arrivando-

 

Suonò il campanello e i tre si guardarono.

Matt si tolse il grembiule e raggiunse le due ragazze, Care, in overdose da Natale, si voltò elettrizzata verso i due che la guardavano impalati e anche visibilmente preoccupati.

 

-Si comincia-

 

Si voltò verso la porta, pronta ad accogliere i primi ospiti.

 

***

 

È come una calamita, Lena.

Un ricordo di un lontano pomeriggio di marzo, Shakespeare sul letto e lei e Caroline, palla di capelli e una maschera fai da te all’argilla improvvisata, che dibattevano sull’articolo del numero di marzo di Seventeen intitolato “I dieci ragazzi da evitare” stilando la classifica degli errori che ciascuna di loro aveva già fatto.

 

Suo padre aprì la porta della stanza per salutarla prima di dirigersi all’ospedale dove avrebbe avuto il turno di notte.

Sobbalzò un attimo alla vista delle due casalinghe disperate sul letto.

 

-Ragazze-

-Ciao Papà-

 

Grayson Gilbert fece vagare lo sguardo sulla rivista.

 

-Mm, letture per scuola?-

-Sicuramente Shakespeare non è mai stato adolescente-

 

L’uomo ridacchiò alla battuta di Caroline, l’aveva sempre ritenuta quella sveglia del duo.

 

-Chi è il colpevole?-

-Vorrai dire “i colpevoli”-

-Bè, i cattivi ragazzi vanno sempre in giro in coppia-

 

Si poggiò allo stipite della porta, intuiva sempre quando sua figlia era in vena di confidenze e quello era uno di quei momenti rari.

 

-E come mai attirano sempre ragazze imbranate che vorrebbero solo quello giusto?-

-Mm...e come sarebbe quello giusto?-

-Oh sicuramente uno che ti risponde ai messaggi-

 

Caroline sbottò lasciandosi andare sul cuscino.

 

-Non puoi sapere cosa ti farà innamorare di qualcuno-

-Ma almeno capire se...bè si vale la pena, se è Lui-

 

L’uomo incrociò le braccia e alzò lo sguardo pensieroso tornando poi su sua figlia.

 

-E’ come una calamita, Lena-

 

Sia lei che Caroline si misero sull’attenti pronte a cogliere la perla di saggezza di Grayson.

 

-E’ un’attrattiva-

 

Attrattiva, non attrazione.

Suo padre aveva sempre saputo cogliere la linea sottile del linguaggio.

 

-Ti ritrovi calamitato da quella persona, non tanto perché sia attraente nel senso solo fisico, quello succede spesso con tante persone; è qualcosa che tu ti scopri addosso e che ti spinge quasi contro la tua volontà verso quella persona e non riesci a evitarlo, è...è una calamita-

 

Una certa confusione si dipinse sui loro volti, poi lui guardò l’orologio.

 

-Devo andare, ci vediamo domani e...mi raccomando cercate la vostra calamita, tutto il resto lasciatelo perdere-

 

***

 

-Elena?-

 

La ragazza sbatté gli occhi e si trovò un Matt che le sventolava la mano per richiamarla al presente. L’aveva spedita a prendere altro pane e si era persa nei meandri della sua mente.

 

-Tutto bene?-

-Si certo-

 

Afferrò il cestino e stampandosi un sorriso sul volto tornò a tavola.

 

Tutto sommato era stata una cena divertente, aveva conosciuto meglio Anna scoprendo quanto fossero carini lei e Jeremy, aveva visto sua zia sorridere e non sbronzarsi finendo in lacrime e Caroline si era sorpresa molto imbarazzata all’idea che Enzo si potesse trovare con lei sotto il vischio.

 

Per non parlare di lui.

 

Il suo volto nell'obbiettivo.

 

Ermetico, schivo, ironico e bello da far male.

Si sbottonava a suon di battute e solo chi ascoltava davvero poteva cogliere tratti della sua vita nelle pieghe del suo sarcasmo.

 

Tra l'altro sembrava aver trovato l'anima gemella in Enzo con cui aveva parlato molto, suscitando viaggi mentali di sua zia che lanciava sguardi poco discreti alle due, ricevendo occhiatacce in tutta risposta.

E a fine cena avevano tutti aiutato a sparecchiare prima di mettersi a mangiare il dolce sul divano e tirare fuori qualche gioco da tavolo, in modo da essere più agili nel riordinare almeno un po'.

 

Si era creata la catena di montaggio tra sala e cucina fin quando Care aveva iniziato a distribuire piattini agli ospiti e Matt tagliò la torta; Elena si alzò per prendere i bicchieri e lo spumante.

 

-Lena prendi le forchettine-

 

Damon, di ritorno dal bagno, aveva intercettato la richiesta della bionda e aveva volto lo sguardo alla moretta intenta a sistemare i bicchieri sull’isola.

 

-Posso aiutarti?-

 

Elena si voltò incrociando lo sguardo stranamente gentile di lui ed esitò prima di annuire, dandogli così un implicito consenso ad entrare in cucina ed afferrare i bicchieri portandoli volta volta in sala.

 

Tornò indietro per un ultimo giro e la ragazza con le forchette e i tovaglioli per poco non lo infilzò voltandosi.

 

-Uh, ti sto antipatico a tal punto?-

 

La vide arrossire.

 

-Diciamo che ti muovi in modo silenzioso-

-Tipico dei ladri-

 

Gli scappò una risatina mentre lei provò inutilmente a trattenere un sorriso.

 

-Davvero spiritoso-

-Tu sicuramente sei una ladra atipica, hai fatto confusione tutta la sera-

 

Elena piegò la testa di lato con una smorfia e lo punzecchiò con la punta di una forchetta.

Fece un passo, ma lui non sembrava intenzionato a spostarsi.

 

-Che c'è ?-

-Puoi non amare me, ma almeno le tradizioni-

 

Aggrottò la fronte perplessa e seguì gli occhi azzurri che si volsero in alto.

 

Il vischio.

 

Merda, ci aveva pensato almeno settecento volte alla possibilità che ciò accadesse fantasticando su come reagire, cosa fare.

E si era distratta fregandosi.

Beh, voglio dire, solo nei film la gente si bacia tra sconosciuti davanti a tutti, non pensava davvero di farlo, no?

Arrossì inevitabilmente.

 

-E’ un elemento decorativo-

-Oh certo, lo hai messo per quello-

-Cosa? No, io non-

-Elena siete sotto al vischio!!!!!-

 

Eccoci.

 

Non poteva accadere niente di peggio di Caroline e sua zia nella stessa stanza che si accorgevano della stessa imbarazzante cosa.

Ora la voce squillante di Jenna aveva attirato l’attenzione iniettandole gli occhi di ira, cosa cavolo le saltava in mente?

 

Non aveva il coraggio di voltarsi verso gli occhi di cielo che la chiamavano curiosi e divertiti, beh poteva giocarsela con un bacio sulla guancia e avrebbe dovuto farlo lei per evitare strane iniziative alla Damon.

Come se lo conoscesse così bene, ma con lui aveva quella sensazione di quando senti una persona così tanto sotto la pelle che il suo ignoto è più familiare di ogni ricordo condiviso.

 

Sentiva tutti gli occhi puntati su di loro.

 

-Ragazzi via parliamo di altro sennò si imbarazzano-

-Parliamo di altro perché non ci tengo a vedere queste cose grazie-

 

Qualcuno mi dia un fucile, ora.

 

Jeremy aveva smorzato l’infelice uscita di Caroline; Elena l’avrebbe addentata alla giugulare più tardi sicuramente.

 

Il suo arrovellarsi aveva contratto il volto in una smorfia di disappunto e la risatina sommessa di Damon attirò finalmente il suo sguardo.

 

-Ti diverti tanto eh-

-Oh non sai quanto...-

-Bene-

 

Puntò gli occhi risoluta nei suoi e da si mosse verso le labbra schiuse di lui facendo appello a tutto il suo buon senso per volgere poi verso la gota destra dove era sbucata la fastidiosa fossetta che la stava deridendo.

Si alzò leggermente in punta di piedi procedendo con cautela come quando si maneggia un vaso di vetro.

 

Ok, uno slancio ed è fatta, è solo un bacio a fior di pelle.

 

Incontrò gli occhi fermi e impassibili di lui, ora accessi di un celeste diverso, a tratti blu, a tratti trasparenti come il ghiaccio.

Errore, come rimanere sospesa a mezz’aria.

 

E schiuse le labbra pure lei, involontariamente, lottando contro quel panico e la confusione che le ottenebrò il cervello.

 

-Sono così terribile da baciare?-

 

La voce calda e addolcita dal vino le sfiorò il volto provocandole scosse ovunque e bloccandole il respiro, non aveva capito nulla, ma di sicuro l’aveva sbeffeggiata e questo bastò a farla tornare quasi coi piedi per terra.

 

Quasi, perché nell’istante in cui Damon la vide indietreggiare di qualche centimetro le afferrò il volto e posò le labbra sulle sue.

 

Delicato, leggero, impercettibile.

Il tempo di un respiro, quanto basta per spiegare l’infinito.

 

Sentì lo stomaco chiudersi e l’aria mancarle, mentre le gambe di gelatina rischiarono di non reggere il peso del corpo; per un istante il pensiero di aprire gli occhi e incontrare l’acqua limpida di lui la terrorizzò.

 

Forse perché potremmo innamorarci ogni volta in cui apriamo gli occhi.

 

Per questo quando lui si staccò schiudendo gli occhi in cerca dei suoi, lei tremò nella stretta di lui. La osservò un istante in modo indefinibile ed Elena si perse in quel mare liquido in attesa, forse, di lei.

Le sorrise appena e poi si allontanò tornando al tavolo e lasciandola di sale a boccheggiare, sperando che il sangue riprendesse a pomparle ossigeno al cervello.

 

Sbatté gli occhi graffiati da lui e si sfiorò le labbra non capendo cosa fosse appena accaduto al suo corpo e, forse, anche al suo cuore.

 

 

 

Ciao a tutti!

 

Un piccola one shot, mi è balenata questa idea ma l’ho chiusa qua perché non sapevo che seguito darle!

Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate!

Chiedo scusa a chiunque si interessi di fotografia perché io non ne so nulla e potrei aver sparato una valanga di scemenze quindi perdonatemi!

Emily Post è diciamo, la corrispettiva del nostro Sig. Galateo mentre Margaret White è una nota fotografa.

Per il resto nulla, Ed e la sua canzone hanno dato il via a questo piccolo viaggio mentale. Spero sia stata di vostro gradimento!

 

Eli

 

   
 
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