“…We keep this love in a photograph
We made these memories for ourselves
Where our eyes are never closing
Hearts are never broken
And time's forever frozen still
So you can keep me
Inside the pocket of your ripped jeans
Holding me closer 'til our eyes meet
You won't ever be alone, wait for me to come home
Loving can heal, loving can mend your soul
And it's the only thing that I know, know
I swear it will get easier,
Remember that with every piece of you
Hm, and it's
the only thing we take with us when we die…”
Ed Sheeran -
Photograph
La giornata splendida di quel mercoledì di fine
novembre era l’ideale per poter realizzare gli scatti
che le servivano per la lezione di fotografia.
Frequentava un corso amatoriale a
cui Caroline l’aveva trascinata a forza a inizio settembre e che,
proverbialmente, aveva poi mollato dopo due settimane.
Un classico, Caroline aveva le sue tattiche per
affrontare le crisi d’amore/lavorative ed era buttarsi a caso in mille hobby
improvvisati perché "hey, leggevo questo su
Vogue” e "ho sentito quest’altro su Discovery
channel" e in perfetto stile uragano Forbes trascinava nella corrente le vittime intorno a lei
tra cui, appunto, Elena.
Stranamente a questo giro quest'ultima era rimasta e
non aveva mollato nel momento esatto in cui Caroline iniziava a stufarsi.
La fotografia si era rivelata divertente e soprattutto
le dava un motivo per uscire dall’ufficio in pausa pranzo invece di vegetare
con le sue colleghe.
L’ultimo compito che le aveva affidato Ric, il suo insegnante, consisteva in un solo scatto che
raffigurasse il rapporto tra luce naturale e superfici.
Dunque il
vetro.
Così si era trovata a vagare per la piazza in assoluto
più fitta di vetrate di tutta New York: la United Nation Plaza, dove la sede centrale dell’Onu si prestava a
scenario perfetto.
Il sole di novembre che riscaldava il volto
infreddolito era estremamente collaborativo battendo
sulla limpida superficie sopra la testa di Elena, naso per aria, intenta a
riflettere sulle prossime mosse. Visto il poco tempo,
di luce e anche di orario per gli scatti, decise di farne la maggior parte in
serie e solo su alcuni soffermarsi per studiarli meglio; individuò un angolo
strategico della piazza su cui collocarsi per inquadrare le vetrate riflettenti
il cielo azzurro.
Clic clic clic a ripetizione muovendosi da una parte all’altra, d’un
tratto fu attirata dal luccichio delle porte scorrevoli del palazzo che ad ogni
apertura rimandavano il riflesso del sole sul metallo delle bordature. Scattò
qualche foto più in basso finendo però per incastrare nell’inquadratura anche i
vari personaggi che si alternavano, tutta gente seria e ben vestita.
In quel via vai generale non era possibile evitare
volti che finivano accidentalmente immortalati dal suo obiettivo, così si
avvicinò un po' e puntò la macchina fotografica iniziando a scattare a partire dall’ingresso per poi zoomare via via verso i punti della porta.
Ma
qualcosa la costrinse, dopo uno scatto, a fermarsi per rivedere la foto.
Era passato un volto davanti al suo obiettivo;
scattando veloce ed essendo stata la persona in movimento era stata una
frazione di secondo quella in cui il suo cervello aveva registrato un colore
che l’aveva colpita.
Un tratto che d’istinto le aveva fatto indietreggiare
l’occhio dalla macchina per riesaminare la foto.
Elena osservò l’immagine sul display: un uomo di tre
quarti che fumava una sigaretta, testa leggermente reclinata, lineamenti decisi
marcati da una barba incolta appena accennata, le sopracciglia nere e folte
aggrottate per difendersi dal sole e due iridi cerulee nelle quali affogava la
luce come rapita da quegli occhi azzurri.
Alzò di scatto la testa verso l’ingresso frugando tra
la folla, ma lui non c'era già più.
Fece uno zoom sul suo sguardo e poté giurare di
cogliervi il cielo riflettersi dentro; deglutì e spense la fotocamera come
intimorita che il volto impresso prendesse vita e si voltasse a guardarla, pronto
a coglierla in castagna che lo spiava.
Si sentiva con un piede nella camera di uno
sconosciuto, quasi avesse violato la sua intimità e sospirò guardandosi
attorno.
Che diavolo fai? Ti imbarazzi
per una foto?
Beh, quel tipo sicuramente era fotogenico oltre che
incredibilmente bello.
Una ventata fredda la riscosse e guardando l’orologio
si accorse dell’ora.
Doveva rientrare.
***
Quella sera, nell’appartamento che divideva con
Caroline e Matt, suoi migliori amici storici, caricò le foto sul laptop per
vedere cosa aveva prodotto; data la dimensione dei file il
computer ci mise un po' di tempo e tamburellò nervosa le dita sul tavolo rettangolare
di legno anticato che lei e Bonnie, sua collega, avevano scovato in un
negozietto vicino a Brooklyn.
Non sapeva perché le stesse
salendo l’ansia, forse perché un po’ stupidamente la emozionava il pensiero di
rivedere quel volto che le aveva allietato la giornata.
-Che cosa stupida Elena-
-Di che parli?-
Sobbalzò quando Matt le sbucò alle spalle, quel
ragazzo era così silenzioso che avrebbe potuto lavorare per i servizi segreti
oltre che farla morire d’infarto.
-Niente-
-Nuove foto?-
Posò il sacchetto con la spesa sulla piccola isola
della cucina in legno e pietra naturale per poi
iniziare a svuotarla. Quella sera il turno in cucina era il suo.
Caroline sarebbe rientrata entro un'ora per
presentargli il "tizio odioso, ma dall’accento europeo che lo
salva" con il quale stava lavorando e aveva dovuto invitarlo a cena
perché "lui aveva bisogno di un ambiente familiare per pensare al
giusto arredamento del ristorante che stava per aprire” e aveva insisto per
vedere come Caroline, interior designer, avesse
arredato casa propria.
Un allucinante fine settimana passato a rassettare ogni angolo del mini
appartamento al quarto piano di una palazzina vittoriana, e ricolmato di fiori
ed essenze per la casa, nemmeno si stessero preparando per un servizio di Marie
Claire Maison.
-Si ho fatto qualche scatto per il corso-
-Grande dopo le vediamo?-
-No Matt…-
-Ok, ok aspetteremo questa
famosa esposizione-
Il ragazzo la sfottè un po’ per questa sua ansia nel
mostrare loro i suoi lavori, l’accordo a cui era
dovuta scendere era niente foto fino alla conclusione del corso- la settimana
prima di Natale- dove tutti gli studenti avrebbero esposto la selezione di
foto, una per lezione a tema.
Mancava poco alla fine, quello era il penultimo
compito e lei era indietro perché per quello precedente-volti nell’obiettivo-
non aveva scattato nulla che le piacesse.
Quando Ric aveva spiegato il
senso di quel compito aveva detto alla classe di
immedesimarsi nel turista che vuole immortalare la moglie spalmata su qualche
opera d‘arte e finisce per incastrare nell’inquadratura un gruppo di
adolescenti a spasso.
Ecco, il punto era cogliere quello che vivevano
nell’istante le quindicenni. E lei per ora aveva collezionato scatti
finto-casuali, con piccioni, turisti giapponesi o artisti di strada.
Tutti molto belli ma, come aveva detto Ric, non coglievano "l’intrusione" nella
foto.
Mentre l’upload proseguiva si
alzò spostando il pc sul tavolino da caffè davanti al divano per poi accingersi
a preparare la tavola secondo le istruzioni che Caroline aveva appeso al frigo
quella mattina.
-Come se non sapessi farlo-
Bofonchiò, staccando il foglio dalla calamita a forma
di pila di libri, perché non si era decisa a buttarla? Forse perché era
il suo promemoria di pessime scelte sentimentali - simpatico pensierino di
quello scemo del suo ex, Markos- e anche lavorative.
Gestire gli ordini dell’azienda per cui lavorava non
era il massimo.
-Bè, dobbiamo essere collaborativi, insomma arredare
un ristorante è un colpo grosso-
Fece una smorfia al pensiero ragionevole di Matt che
intanto si destreggiava ai fornelli, come se non bastasse che già lo facesse
nel ristorante a Soho in cui lavorava.
Così, chiacchierando con l’amico si accinse a seguire
il protocollo di Emily Post e allestire per la cena.
Il giorno dopo, sabato, andò alla sede
dove si teneva il corso per usare la stampante per le foto. Dopo troppi
bicchieri del vino rosso portato gentilmente dal cliente dall’accento europeo
sfacciatamente sexy come il suo nome- Lorenzo- ma, ehi, Enzo era più old style a suo dire, aveva dimenticato il suo laptop e
le foto scaricate così, insieme al mal di testa, si era
limitata a portarsi dietro la memory card per
lavorarci direttamente in studio.
Ed eccola lì che spuntò, d’un tratto, tra le stampe e
quasi con timore l’afferrò.
Più intenso di quanto si ricordasse, si perse un
attimo sui lineamenti fino a segnargli tutto il volto, scendendo giù al
colletto della camicia bianca e l’inizio della cravatta blu
scuro che metteva in risalto quegli occhi chiari.
Volti nell’obiettivo.
Le ritornò in mente il compito che mancava
all’appello.
Raccolse le foto e tornò a casa, non senza prima fare un salto in quella stessa piazza come una casuale
passante che non stava cercando qualcuno.
***
L’ultima lezione era intitolata: fine di un inizio.
Ric
aveva sempre idee tutte sue per i temi e a questo giro non aveva dato nessuna
dritta, solo che immortalassero ciò che poteva rappresentare la fine di un
inizio.
Bene, altre avventure in pausa pranzo che, in quella
settimana, avrebbe speso molto più del previsto a telefono con Caroline e le
sue lamentele “Enzo ha osato contraddirmi qui, ha detto questo, ha fatto
quello...gli ho lanciato la mia agenda, stamani mi ha
portato un muffin alla vaniglia, come sapeva che sono i miei preferiti?”.
Nell’appartamento 3B non si parlava d’altro da giorni
ormai, anche Rebeka, la nuova cliente fissa del ristorante in cui lavorava Matt
-quella che citando testualmente Care "vorrebbe essere impastata dalle
tue mani sapienti" battuta infelice con cui aveva fatto imbarazzare
anche Matt- era passata in secondo piano da quando la bionda aveva
monopolizzato ogni dialogo snervando gli amici con Enzo.
Un pomeriggio di Domenica, i primi di Dicembre e i
"compiti in classe" arretrati, si ritrovarono tutti e tre a
sgranocchiare biscotti sul divano guardando il primo della lunga serie di film
che anticipavano l’arrivo del Natale; Elena afferrò la macchina fotografia e
iniziò a scattare momenti insieme alla sua stramba famiglia con la quale, alla
fine, aveva poche occasioni così da condividere.
Anche perché tra qualche giorno ci sarebbe stata
quell’esposizione e poco dopo sarebbero giunti suo
fratello, sua zia e la mamma di Caroline per passare il Natale con loro.
Jeremy andava al college e quando poteva
si vedevano, era stato lui il primo soggetto fotografato seriamente, così nella
quotidianità delle loro pause caffè al campus mentre lui lei raccontava di
quella ragazza, Anna, che gli aveva chiesto gli appunti e lui ci aveva scritto
il suo numero, ma lei non lo aveva chiamato.
-Vedrai che chiamerà-
Gli aveva detto lei.
-Perché dovrebbe, mi ha solo chiesto gli appunti-
-Perché sei mio fratello, il ragazzo più bello del
mondo-
Lui aveva riso.
-Ti piacerebbe, si arriccia i
capelli come faceva la mamma quando era nervosa-
Elena strozzava sempre il respiro in gola quando
venivano fuori i suoi genitori e a fatica celava la tristezza che prontamente
bruciava i suoi grandi occhi, eredità di suo padre.
E scattò lì la foto, quando il volto di Jeremy era
perso nel ricordare sua madre che si torturava una ciocca, nervosa per qualcosa
che aveva combinato lui a scuola; era stato il primo compito: un ricordo per
iniziare.
Così era il tema, e il volto di Jeremy per lei era
stato eloquente, anche se non era stato capito subito e Ric
le aveva detto di fare un altro scatto perché “chi guarda non sa tutta la
storia, ma deve poterla vivere in uno scatto”.
E così Elena aveva spostato l’attenzione della foto da
suo fratello, che aveva preso a mezzo busto chino sul tavolino, sulle mani
incrociate accanto al bicchiere di vetro quasi finito.
Era bastato zoomare sul quel particolare, anche se
aveva dovuto tagliare via il volto di suo fratello, ma le mani un po’ vissute
di Jeremy, troppo per la sua età, sbucciate dai pomeriggi passati a sistemare gli
steccati del vicinato perché “si doveva aiutare
quei poveri ragazzi a metter su qualche soldo” e il bicchiere quasi vuoto,
avevano evidentemente colpito Ric.
Scatto dopo l’altro, totalmente a caso, si alzò per
prendere altri biscotti mentre i due amici attendevano lo scorrere dei titoli
di coda di un vecchio film in bianco e nero che
sarebbe stato sostituito tra qualche istante da Il Grinch.
Non aveva proprio voglia di vederlo; posò la macchina
fotografica sul tavolo e afferrò il vassoio di biscotti fatti da Matt, perché
nessuna di loro se lo sposava?
Poi alzò la testa e d’istinto prese la fotocamera e
scattò.
Le teste di Care e Matt erano vicine ma non troppo per
creare lo spazio visivo dei titoli di coda, il cui font d’epoca era indicativo
del tipo di film.
Era una cazzata di foto, ma
quelle due teste erano l’inizio di tutto, sempre, ogni volta che cadeva e beh,
sicuramente a Ric avrebbe fatto schifo perché avrebbe
dovuto spiegargli.
Infondo era una principiante non di certo Margaret
White, e il corso era per amatori non professionisti del mestiere, sarebbe
andata più che bene.
Soddisfatta raggiunse
i suoi amici sul divano.
***
Una grande stanza luminosa ricavata dall’edificio in
mattoni, probabilmente l’ala dell’inceneritore di una vecchia fabbrica di fine ottocento, faceva da scenario per l’esposizione della
classe di fotografia del semestre 2014.
C’era addirittura un piccolo buffet con stuzzichini e
aperitivi ed Elena aveva invitato, oltre ai suoi amici, Jeremy cui sorrise
eloquente quando, da dietro zia Jenna, sbucò una
piccola Anna dai capelli neri e gli occhi profondi che titubante gli teneva la
mano; giunsero anche Bonnie e, per suo stupore, Enzo.
Perché Caroline stava cercando nuovi spunti per
l’angolo cottura delle pizze in perfetto stile italiano e quel posto aveva il fascino giusto e doveva farglielo
assolutamente vedere.
E lui se ne stava li a
sbeffeggiarla un po’, stuzzicandola e facendola ridere in un modo che Elena non
sentiva da troppo tempo, sicuramente mai successo con Tyler.
Avvolta nel suo tubino di tessuto color mattone - due
ore a litigare tra nero e mattone ma, “ehi Elena vedi di dare un tono alla
tua faccia sempre un po’ sbattuta”- aveva ovviamente vinto Caroline
obbligandola a strizzarsi in quell’abito, ma col compromesso di tacchi moderati
e comodi senza tuttavia aver potuto evitare gli accessori e adesso si sentiva
come l’albero di Natale all’ingresso dell’ufficio dove
si teneva il corso.
I vari allievi avevano mezza parete ciascuno per
appendere i propri lavori sotto ai quali c’era il titolo di ciascun compito.
Ovviamente Ric aveva storto
il naso sull’ultima fotografia, ma si era illuminato quando lei gli aveva
presentato la sua proposta per Volti nell’obiettivo - il ragazzo dagli
occhi azzurri- che Ric si era disinteressato di tutto
il resto, come se quella foto valesse a valorizzare quelle peggio; così eccola
qua fissarla appesa sorbendosi i commenti di tutti.
D’un
tratto sentì una mano avvolgere un braccio e strattonarla da una parte: sua zia
Jenna, flutè nell’altra mano e occhio troppo vispo,
iniziò a bisbigliare.
-Elena, perché non mi hai detto subito che il tuo
insegnante era così sexy?-
Lanciò uno sguardo di disgusto, Alaric
aveva più l’aria paterna che sexy, per lei almeno.
-Per evitare queste tue scene-
-Oh, sta arrivando-
Tempo due secondi e sentì un brivido al pensiero di
quello che avrebbe potuto combinare sua zia; Jenna si presentò, ma stranamente
non si coprì di vergogna con uscite poco felici, anzi anche Ric
sembrava colpito dalla giovane e bella zia che fino alla maggiore età di Elena
era stata sua tutrice e di Jer, dopo la morte dei
loro genitori.
Un’altra fitta.
Lasciò i due al loro flirt, decisamente
da immortalare, e si diresse verso il bar dove Matt, Bonnie e Jeremy parlavano
tra loro.
-Ehi bellissimi lavori sorellina-
-Grazie-
-Chi è quel tipo della foto?-
Roteò gli occhi al cielo, possibile che tutti le
chiedessero solo di quella foto lì?
-È uno che ho fotografato per caso, non ho la più
pallida idea di chi sia-
Buttò giù l’ultimo sorso del cocktail e prese un
salatino.
-Beh, magari lui ha sentito parlare della tua foto-
Elena accigliò lo sguardo verso Bonnie, confusa dalle
sue parole.
-Che?-
La ragazza le fece un cenno con la testa in direzione
della foto, nella sua visuale c’erano Jenna che
flirtava con Ric, continuando casualmente a posargli
una mano sul braccio e lui, rivolto in direzione di Elena, stava parlando con
qualcuno di spalle.
Non seppe perché uno strano brivido le attraversò il
corpo irrigidendosi sul posto.
Lo sconosciuto aveva una giacca di pelle che risaltava
le ampie spalle, jeans scuri e capelli corvini di un nero così intenso e
inconfondibile, una mano in tasca e l’altra lungo il corpo che molleggiava un
bicchiere contenente un liquido ambrato.
Era quasi ipnotico.
Quando Ric scorse la sua
faccia imbambolata, puntò lo sguardo oltre lo sconosciuto e le fece un cenno
con la mano invitandola a raggiungerli.
Nell’esatto momento in cui l’attenzione era stata
spostata su di lei anche Jenna e lo sconosciuto si erano
voltati ed Elena senti le guance imporporassi per tutti quelli occhi puntati.
Soprattutto per quelle inaspettate pozze azzurre che
la fissavano curiose.
Il suo volto nell’obiettivo era li,
all’esposizione, sotto la SUA foto!
Le turbinarono milioni di domande su cosa facesse lui
lì, come lo avesse saputo, perché diavolo parlava con Ric
e soprattutto perché si sentiva così nuda.
Non era solo la sfacciataggine del suo sguardo di
ghiaccio nel fissarla, ma era anche il fatto di essere stata beccata a rapire
un frammento di lui nella sua foto, di quel volto che
adesso la osservava accigliato.
Fatto sta che non riusciva a decidere di comandare
alle sue gambe di muoversi.
Solo lo schiocco delle dita di Bonnie davanti al
volto, che la incitò a sbloccarsi, le diedero l’imput
per raggiungerli.
Titubante e anche un po’ imbarazzata, arrivò dai tre e
adesso era a pochi passi dal suo volto nell’obiettivo; ebbe così la
conferma di quanto la foto non rendesse a pieno la sua bellezza e respirò due
volte a fondo per evitare che il cuore le esplodesse nella testa.
I capelli corvini staccavano perfettamente in
contrasto con la pelle nivea adombrata da una barba abbozzata, tratti spigolosi
e si sexy.
Deglutì nel tentativo di smettere di fissarlo con tanto
stupore.
Fu Rick a risvegliarla.
-Elena ti presento Damon-
Gli occhi del ragazzo erano piantati nei suoi
tenendola arpionata come un pesce intrappolato nella rete, così chiari e
limpidi da accecarla; le regalò un mezzo sorriso.
Stava per porgli la mano quando lui esordì divertito.
-Così sei tu la piccola ladra di scatti-
L’infelice battuta parve risvegliarla e ritrasse il
gesto di cortesia.
-Si, sono io-
-Elena, Damon è un mio vecchio amico-
-Davvero?-
-Incredibile, quante probabilità c’erano che tu
fotografassi per sbaglio un amico del tuo insegnante ?-
Zia Jenna esordì con una tale ovvietà da farle
drizzare i capelli per la vergogna. Ric rise,
disgustoso il suo tentativo di assecondarla, mentre il tipo fece di nuovo quel
mezzo sorriso arrogante portandosi il bicchiere alla bocca sulla quale
involontariamente si spostò lo sguardo di Elena.
E lui se ne accorse.
-Chissà, magari mi stavi pedinando-
Alzò un sopracciglio.
- Oh, non montarti la testa solo perché ti ho fatto
una foto decente...e si dia il caso che il merito è
del fotografo, non del soggetto-
Sbottò risultando più acida
di quanto volesse, ma la cosa parve divertirlo.
La squadrava con una sfacciataggine tale da gettarla
nell’imbarazzo più totale.
D’un
tratto lo sguardo di Alaric fu attirato in un punto
indistinto della stanza.
-Oh, scusatemi devo andare da
una persona...Damon cerca di non fare lo stronzo-
Ric
raggiunse un altro alunno e Jenna si dileguò verso il bar, lasciandoli soli.
-Comunque, parlano molto-
-Cosa?-
Adesso era rivolto al pannello con le foto e le indicò
col bicchiere.
-I tuoi
scatti rubati...-
Le aveva fatto un complimento?
-Grazie..-
Rispose quasi con titubanza e un filo di senso di
colpa per averlo attaccato prima; si voltò verso la foto che lo ritraeva.
-Spero di non aver violato la tua privacy-
-Oh, non ti preoccupare...puoi
violare tutto quello che vuoi…-
Lo sguardo eloquente la fece trasalire, ma che
razza di sbruffone.
Si era fatta abbindolare.
Lei e gli uomini arroganti, non le era bastata la
presunzione dei Lockwood? Mason “parlo solo con la
mia tavola da surf”, mentre Care si era presa Tyler “so contare il
numero di flessioni che faccio”, e come dimenticare l’esterno Markos “lo studio e una fissa dimora sono così mainstream, evolviti Elena” evidentemente non erano stati
sufficienti, c’era il terzo stadio dell’umiliazione: l’arroganza del bad boy.
-Non corri questo pericolo-
Lui la studiò stringendo gli occhi a fessura e
lasciandosi scappare un sorriso. Inclinò la testa leggermente di lato
portandosi il bicchiere all’altezza del petto.
-Peccato...mi piace guardare
il mondo coi tuoi occhi-
Eccolo di nuovo che lo rifaceva, quel bisbiglio leggero,
l’odore agrodolce indecifrabile del suo respiro e quel lampo negli occhi
chiari.
Elena aveva le braccia conserte a difesa, ma era
bastata la sua sfacciata schiettezza per sciogliere le gelide pareti dietro cui tentava di ripararsi.
Come riusciva ad entrare
senza permesso?
E di nuovo fu inevitabile spostare l’attenzione sulle
labbra morbide e tese in un accennato sorriso, seccandole la gola e
provocandole uno strano formicolio dentro a turbarla.
-Non credo che si ripeterà, sai un artista non ripropone mai due volte la stessa opera-
-Ci sono tanti altri particolari di me che puoi
rubare-
Come poteva essere così bello e irritante al tempo
stesso?
Sentiva il bisogno di bere per riattivare la
salivazione, l’aveva prosciugata però non voleva
andarsene e rompere il contatto visivo con lui.
-Rifiuto l’offerta, grazie-
Lui fece spallucce e sollevò di nuovo il bicchiere,
Elena d'impulso scattò e glielo prese bevendo un sorso.
Fu quasi peggio, nel momento
in cui il liquido forte le bruciò la bocca e la trachea. Solo l’attimo in cui
glielo restituì, dopo averlo lasciato di sale, realizzò cosa avesse fatto e
avvampò.
Cercò di non far trapelare l’imbarazzo che le
contrasse il volto.
-Allora ti piace proprio derubarmi, fai la ladra di
professione?-
-Avevo molta sete-
-Ho notato…-
Passò lo sguardo dal bicchiere a lei come lisciando la
sua figura cautamente.
Elena si irrigidì.
-Bene, allora ti lascio alla mostra-
Smorzò un sorriso e girò i tacchi raggiungendo gli
altri.
***
La mostra fini e la sua vita riprese a scorrere come sempre, iniziando però la
follia natalizia di Caroline.
Elena e Matt cominciarono ad
essere perplessi sul suo rapporto di lavoro con Enzo.
-E’ solo, che avrei dovuto dirgli?-
-Care la stai spostando su un piano poco
professionale-
-I
clienti vanno presi a cuore e per farlo bisogna un po' varcare il confine-
Le schioccò un’occhiata torva mentre la bionda faceva
spallucce e si apprestava a mettere l’ultimo addobbo sul piccolo abete
collocato nell’angolo destro del salotto, proprio vicino alla finestra che dava
sulla strada.
-Non sono persuasa che sia una buona idea-
Elena chiuse l’ultima scatola svuotata, preparandosi
poi a spolverare i piatti da grande occasione.
-E mia madre lavora la sera della Vigilia quindi verrà
a pranzo a Natale, perciò si libera un posto-
Il telefono di Elena squillò e lo sfilò dalla tasca.
Salvata dalla chiamata di Jenna.
Queste sue logiche, unite alla grande insistenza,
fecero guadagnare un posto alla loro tavola a Enzo, insieme a Ric grazie a sua zia Jenna che dalla mostra ci era già
uscita due volte.
Elena lo adorava, ma aveva paura che fosse l’ennesima
delusione per Jenna ancora in fase di recupero post Logan-stronzo-Fell.
Quello che fece gelare Elena furono gli annessi di Ric che Jenna le comunicò in quell’istante per telefono,
non aveva il cuore di dirglielo in viso.
Per poco non le cadde di mano il servito di piatti
natalizio, regalo di sua zia per il primo Natale passato in appartamento con
Care e Matt e, dopo averlo posato sulla tavola, afferrò il telefono tenuto tra
l’orecchio e la spalla.
-Cosa dovevo dirgli, no
allora non vieni più?-
Roteò gli occhi al cielo, lei e Caroline si erano per
caso messe d’accordo? Si comportavano come due ragazzine e lei l’adulto della
situazione.
-Sei impazzita? Ti sembra il caso di invitare tutta
questa gente che non conosciamo?-
-Elena, Ric lo conosci e
si tratta di una persona in più non un esercito-
-Dico che tra tutte le sere proprio la cena di Natale dovevi scegliere-
-Proprio perché è Natale
dobbiamo essere più comprensivi, è molto legato a Ric
e poi è solo perché suo fratello minore non c'è...adesso non fare la solita
melodrammatica-
Tutta la gente sola nel modo aveva intenzione di
bussare alla sua porta evidentemente.
Elena prese un profondo respiro per resistere alla
tentazione di staccare la testa a sua zia, invitare il suo volto
nell'obiettivo, come le era saltato in mente?
Lei e Ric si erano decisamente trovati; Jeremy avrebbe portato Anna quindi il
numero saliva in modo preoccupante per le dimensioni del loro modesto
appartamento.
Quota 9.
Meno male che Matt non aveva invitato sua sorella Vicky, non potendo pensare di stare tutta la cena a sedare
lei e Care.
E non è che lei non volesse
Damon, a Jenna era bastato nominarlo per farle venire una vampata nemmeno fosse
in calore, e si era dovuta togliere il cardigan per l’agitazione suscitando
l’attenzione di una troppo curiosa Caroline che la scrutava.
L’impulso di nascondersi e l’ansia che le divorava lo
stomaco non l’avrebbero lasciata tranquilla quella
sera.
***
Una bellissima tavola apparecchiata a festa, con
centri tavola di pungitopo e pine, l’odore di resina e candele condite con un
pizzico delle spezie usate da Matt per fare il pan di
zenzero contribuivano a rendere tenue e calda l’aria del 3B.
Caroline sorrise trionfante compiacendosi del proprio operato mentre Elena, avvolta nel suo abito verde abete dal
motivo trapuntato, la osservava divertita accingendosi a tenerle la scala.
Aveva insisto per mettere il vischio sotto l’arco
dell’apertura che divideva il salotto/pranzo dalla cucina e si erano tutti
chiesti chissà perché dato che non era mai stato
interesse di nessuno negli anni precedenti.
-Oh per piacere, che cosa infantile sarebbe...io lo faccio per rallegrare l’atmosfera-
-Si come no-
Matt prese la scaletta sulla quale si era arrampicata
prima e la ripose nel ripostiglio.
-Ok adesso smettete che
stanno arrivando-
Suonò il campanello e i tre si guardarono.
Matt si tolse il grembiule e raggiunse le due ragazze,
Care, in overdose da Natale, si voltò elettrizzata verso i due che la
guardavano impalati e anche visibilmente preoccupati.
-Si comincia-
Si voltò verso la porta, pronta ad accogliere i primi
ospiti.
***
È come una calamita, Lena.
Un ricordo di un lontano pomeriggio di marzo,
Shakespeare sul letto e lei e Caroline, palla di capelli e una maschera fai da
te all’argilla improvvisata, che dibattevano sull’articolo del numero di marzo di Seventeen intitolato “I
dieci ragazzi da evitare” stilando la classifica degli errori che ciascuna
di loro aveva già fatto.
Suo padre aprì la porta della stanza per salutarla
prima di dirigersi all’ospedale dove avrebbe avuto il turno di notte.
Sobbalzò un attimo alla vista delle due casalinghe
disperate sul letto.
-Ragazze-
-Ciao Papà-
Grayson
Gilbert fece vagare lo sguardo sulla rivista.
-Mm, letture per scuola?-
-Sicuramente Shakespeare non è mai stato adolescente-
L’uomo ridacchiò alla battuta di Caroline, l’aveva
sempre ritenuta quella sveglia del duo.
-Chi è il colpevole?-
-Vorrai dire “i colpevoli”-
-Bè, i cattivi ragazzi
vanno sempre in giro in coppia-
Si poggiò allo stipite della porta, intuiva sempre
quando sua figlia era in vena di confidenze e quello era uno di quei momenti
rari.
-E come mai attirano sempre ragazze imbranate
che vorrebbero solo quello giusto?-
-Mm...e come sarebbe quello
giusto?-
-Oh sicuramente uno che ti risponde ai messaggi-
Caroline sbottò lasciandosi andare sul cuscino.
-Non puoi sapere cosa ti farà innamorare di qualcuno-
-Ma almeno capire se...bè si
vale la pena, se è Lui-
L’uomo incrociò le braccia e alzò lo sguardo
pensieroso tornando poi su sua figlia.
-E’ come una calamita, Lena-
Sia lei che Caroline si misero sull’attenti pronte a
cogliere la perla di saggezza di Grayson.
-E’ un’attrattiva-
Attrattiva, non
attrazione.
Suo padre aveva sempre saputo cogliere la linea
sottile del linguaggio.
-Ti ritrovi calamitato da quella persona, non tanto perché
sia attraente nel senso solo fisico, quello succede spesso con tante persone; è
qualcosa che tu ti scopri addosso e che ti spinge
quasi contro la tua volontà verso quella persona e non riesci a evitarlo, è...è
una calamita-
Una certa confusione si dipinse sui loro volti, poi
lui guardò l’orologio.
-Devo andare, ci vediamo
domani e...mi raccomando cercate la vostra calamita, tutto il resto lasciatelo
perdere-
***
-Elena?-
La ragazza sbatté gli occhi e si trovò un Matt che le sventolava la mano per richiamarla al
presente. L’aveva spedita a prendere altro pane e si era persa nei meandri
della sua mente.
-Tutto bene?-
-Si certo-
Afferrò il cestino e stampandosi un sorriso sul volto
tornò a tavola.
Tutto sommato era stata una cena divertente, aveva
conosciuto meglio Anna scoprendo quanto fossero carini
lei e Jeremy, aveva visto sua zia sorridere e non sbronzarsi finendo in lacrime
e Caroline si era sorpresa molto imbarazzata all’idea che Enzo si potesse trovare
con lei sotto il vischio.
Per non parlare di lui.
Il suo volto nell'obbiettivo.
Ermetico, schivo, ironico e bello da far male.
Si sbottonava a suon di battute e solo chi ascoltava
davvero poteva cogliere tratti della sua vita nelle pieghe del suo sarcasmo.
Tra l'altro sembrava aver trovato l'anima gemella in
Enzo con cui aveva parlato molto, suscitando viaggi mentali di sua zia che
lanciava sguardi poco discreti alle due, ricevendo occhiatacce in tutta
risposta.
E a fine cena avevano tutti aiutato a sparecchiare
prima di mettersi a mangiare il dolce sul divano e tirare fuori qualche gioco
da tavolo, in modo da essere più agili nel riordinare almeno un po'.
Si era creata la catena di montaggio tra sala e cucina
fin quando Care aveva iniziato a distribuire piattini agli ospiti e Matt tagliò
la torta; Elena si alzò per prendere i bicchieri e lo spumante.
-Lena prendi le forchettine-
Damon, di ritorno dal bagno, aveva intercettato la
richiesta della bionda e aveva volto lo sguardo alla moretta intenta a sistemare
i bicchieri sull’isola.
-Posso aiutarti?-
Elena si voltò incrociando lo sguardo stranamente
gentile di lui ed esitò prima di annuire, dandogli così un implicito consenso ad entrare in cucina ed afferrare i bicchieri portandoli
volta volta in sala.
Tornò indietro per un ultimo giro e la ragazza con le
forchette e i tovaglioli per poco non lo infilzò
voltandosi.
-Uh, ti sto antipatico a tal punto?-
La vide arrossire.
-Diciamo che ti muovi in modo silenzioso-
-Tipico dei ladri-
Gli scappò una risatina mentre lei provò inutilmente a
trattenere un sorriso.
-Davvero spiritoso-
-Tu sicuramente sei una ladra atipica, hai fatto
confusione tutta la sera-
Elena piegò la testa di lato con una smorfia e lo
punzecchiò con la punta di una forchetta.
Fece un passo, ma lui non sembrava intenzionato a
spostarsi.
-Che c'è ?-
-Puoi non amare me, ma almeno le tradizioni-
Aggrottò la fronte perplessa e seguì gli occhi azzurri
che si volsero in alto.
Il vischio.
Merda, ci aveva pensato almeno settecento volte alla
possibilità che ciò accadesse fantasticando su come reagire, cosa fare.
E si era distratta fregandosi.
Beh, voglio dire, solo nei film la gente si bacia tra
sconosciuti davanti a tutti, non pensava davvero di farlo, no?
Arrossì inevitabilmente.
-E’ un elemento decorativo-
-Oh certo, lo hai messo per quello-
-Cosa? No, io non-
-Elena siete sotto al
vischio!!!!!-
Eccoci.
Non poteva accadere niente di peggio di Caroline e sua
zia nella stessa stanza che si accorgevano della stessa
imbarazzante cosa.
Ora la voce squillante di Jenna aveva attirato
l’attenzione iniettandole gli occhi di ira, cosa
cavolo le saltava in mente?
Non aveva il coraggio di voltarsi verso gli occhi di
cielo che la chiamavano curiosi e divertiti, beh poteva giocarsela con un bacio
sulla guancia e avrebbe dovuto farlo lei per evitare strane iniziative alla
Damon.
Come se lo conoscesse così bene, ma con lui aveva
quella sensazione di quando senti una persona così tanto
sotto la pelle che il suo ignoto è più familiare di ogni ricordo condiviso.
Sentiva tutti gli occhi puntati su di loro.
-Ragazzi via parliamo di
altro sennò si imbarazzano-
-Parliamo di altro perché non ci tengo a vedere queste
cose grazie-
Qualcuno mi dia un fucile, ora.
Jeremy aveva smorzato l’infelice uscita di Caroline;
Elena l’avrebbe addentata alla giugulare più tardi sicuramente.
Il suo arrovellarsi aveva contratto il volto in una
smorfia di disappunto e la risatina sommessa di Damon
attirò finalmente il suo sguardo.
-Ti diverti tanto eh-
-Oh non sai quanto...-
-Bene-
Puntò gli occhi risoluta nei suoi e da lì si mosse verso le labbra schiuse di lui facendo appello a
tutto il suo buon senso per volgere poi verso la gota destra dove era sbucata
la fastidiosa fossetta che la stava deridendo.
Si alzò leggermente in punta di piedi procedendo con
cautela come quando si maneggia un vaso di vetro.
Ok, uno slancio ed è fatta, è solo un bacio a fior di
pelle.
Incontrò gli occhi fermi e impassibili di lui, ora
accessi di un celeste diverso, a tratti blu, a tratti
trasparenti come il ghiaccio.
Errore, come rimanere sospesa a mezz’aria.
E schiuse le labbra pure lei, involontariamente,
lottando contro quel panico e la confusione che le ottenebrò il cervello.
-Sono così terribile da baciare?-
La voce calda e addolcita dal vino le sfiorò il volto
provocandole scosse ovunque e bloccandole il respiro, non aveva capito nulla,
ma di sicuro l’aveva sbeffeggiata e questo bastò a farla tornare quasi coi piedi per terra.
Quasi, perché nell’istante in cui Damon la vide
indietreggiare di qualche centimetro le afferrò il volto e posò le labbra sulle
sue.
Delicato, leggero, impercettibile.
Il tempo di un respiro, quanto basta per spiegare
l’infinito.
Sentì lo stomaco chiudersi e l’aria mancarle, mentre
le gambe di gelatina rischiarono di non reggere il peso del corpo; per un
istante il pensiero di aprire gli occhi e incontrare l’acqua limpida di lui la
terrorizzò.
Forse perché potremmo innamorarci ogni volta in cui
apriamo gli occhi.
Per questo quando lui si staccò schiudendo gli occhi
in cerca dei suoi, lei tremò nella stretta di lui. La
osservò un istante in modo indefinibile ed Elena si perse in quel mare liquido
in attesa, forse, di lei.
Le sorrise appena e poi si allontanò tornando al
tavolo e lasciandola di sale a boccheggiare, sperando che il sangue riprendesse
a pomparle ossigeno al cervello.
Sbatté gli occhi graffiati da lui e si sfiorò le labbra non capendo cosa fosse appena accaduto al
suo corpo e, forse, anche al suo cuore.
Ciao a tutti!
Un
piccola one shot, mi è
balenata questa idea ma l’ho chiusa qua perché non sapevo che seguito darle!
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate!
Chiedo scusa a chiunque si interessi
di fotografia perché io non ne so nulla e potrei aver sparato una valanga di
scemenze quindi perdonatemi!
Emily Post è diciamo, la corrispettiva del nostro Sig.
Galateo mentre Margaret White è una nota fotografa.
Per il resto nulla, Ed e la sua canzone hanno dato il
via a questo piccolo viaggio mentale. Spero sia stata di vostro gradimento!
Eli