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Autore: ChiiCat92    17/02/2015    1 recensioni
“Il mio cuore è tuo”, l'aveva colpito allo stomaco molto più del suo primo “ti amo”.
Per qualche ragione, la consapevolezza che una parte di lui gli appartiene ha il sapore e l'effetto di un bicchiere di vino caldo: inebriante e assuefacente.
Chiunque può dire “ti amo”, Roxas può vantarsi anche di avere qualcosa di suo.
Certo, è una proprietà metaforica, ma lo riempie tutto con il suo calore.
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Axel, Roxas, Saix
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun gioco
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17/02/2015

 

- Il tuo cuore è mio -

 

Cioccolatini e un orsacchiotto di peluche con cuoricino rosso stretto tra le zampe: scontato, semplice, assurdamente melenso.

Ad Axel piace.

Dopo aver passato quattro anni insieme, Roxas può vantarsi, almeno con se stesso, di conoscere il rosso testa calda meglio di chiunque altro.

Tre San Valentino prima gli aveva regalato una scatola di cioccolatini, e per il quarto anno consecutivo impiega la stessa cura, la stessa attenzione e lo stesso amore del passato nell'incartarla.

Sorride mentre passa il nastro rosso sulla carta fantasia floreale, sorride mentre lascia un bacio sulla testa di peluche dell'orsacchiotto.

Sorride perché ama Axel, da più tempo di quanto possa ricordare, forse dalla prima volta che aveva incrociato per sbaglio il suo sguardo verde smeraldo.

Ricorda quel giorno come se fossero passate solo poche ore e se si sofferma a pensarci troppo il cuore comincia a battergli così forte da fargli male: si innamora di lui ogni volta.

Già, il cuore, quel cuore che è tutto di Axel e che batte sempre e solo per lui.

E lo stesso, lo sa, vale al contrario.

“Il mio cuore è tuo”, l'aveva colpito allo stomaco molto più del suo primo “ti amo”.

Per qualche ragione, la consapevolezza che una parte di lui gli appartiene ha il sapore e l'effetto di un bicchiere di vino caldo: inebriante e assuefacente.

Chiunque può dire “ti amo”, Roxas può vantarsi anche di avere qualcosa di suo.

Certo, è una proprietà metaforica, ma lo riempie tutto con il suo calore.

 

Quella sera avrebbero festeggiato insieme San Valentino, come sempre. Roxas ha già il menù pronto e il frigo straripante d prelibatezze.

L'idea di dover sopportare una giornata di scuola prima di potersi tuffare tra le braccia del suo grande amore quasi lo tormenta, ma ha intenzione di fargli una sorpresa, una bella sorpresa: gli porterà cioccolatini e peluche non appena sarà suonata la ricreazione.

Nella sua mente immagina già la sua reazione: Axel lo bacerà davanti a tutti, lo guarderà con amore come se non ci fosse al mondo nient'altro di più importante di lui, gli accarezzerà i capelli e gli mormorerà il suo ardente “grazie” all'orecchio, facendolo sciogliere come un cubetto di ghiaccio al sole.

Pregusta ancora per qualche istante la sensazione che gli da quella fantasia, dopo di che infila i suoi regali nello zaino: è pronto per andare, non vede l'ora di andare.

 

Si sa: l'aria che si respira il giorno di San Valentino per le strade di una qualunque città del mondo sa di amore e cioccolato: d'altronde non ci si può aspettare da meno dalla festa degli innamorati.

Ogni negozio, ogni locale, ogni vetrina è addobbata di cuori rossi, petali di rosa e Cupido grassocci con le frecce incoccate.

Una gioia per gli occhi di chi ha l'anima innamorata e per gli esperti di marketing, un po' meno per chi è single.

Ma neanche il più borbottante anti-amore può distruggere lo spirito di Roxas.

I suoi occhi blu cobalto vagano, riempiendosi di amore e dolcezza, in ogni anfratto della città, fin dove possono spingersi. In tutti i Cupido, in tutte le frecce incoccate, in tutte le coppie che si baciano più o meno intensamente, in tutti i coriandoli a forma di cuore lui vede Axel.

Lo vede con gli occhi di chi non può fare a meno di amare, di chi ha solo passione e intensità dentro al petto. Ed è bello che, una volta all'anno almeno, tutto il mondo sembra condividere il suo stato d'animo.

Quando entra in classe è in un tale stato di grazia e che diversi suoi compagni lo apostrofano poco gentilmente.

Invidiosi, pigri e soli: le uniche tre parole di astio che la sua mente riesce a partorire prima di tornare a crogiolarsi in quella bella giornata di sole e amore che lo aspetta.

 

Segue distrattamente le lezioni, getta occhiate vaghe all'orologio, scarabocchia fiorellini e angioletti sugli angoli dei libri: il suo sguardo è perso altrove, in un mondo dove tutto è perfetto e niente può andare storto.

Eppure...

Eppure niente, è un pensiero, una sensazione, che deve essere immediatamente sepolta sotto il miele e la dolcezza dei ricordi, va ignorata, scacciata, soppressa.

Ma è così difficile.

Si è più sensibili ai brutti presentimenti quando si è felici.

Come un veleno o un acido, l'oppressione che sente al petto si fa più forte, decisa, intensa, gli rende la bocca amare e gli occhi liquidi di lacrime.

Perché sentirsi così irrequieti proprio oggi, nel giorno più felice dell'anno?

Perché rovinarsi l'attesa, oscurare il sole con nuvole di oscuri presagi e far appassire il sorriso come un fiore in terra arida?

Benché cerchi le risposte, Roxas non le trova, forse non è in grado di trovarle, e mentre tiene le braccia poggiate sul banco e lo sguardo fuori dalla finestra, si rende conto che tutto gli appare all'improvviso meno bello, meno dolce, meno armonioso, senza amore.

Stupido!” si dice, se lo urla nella mente cercando con gli occhi il pelo bianco del peluche che spunta dalla tasca del suo zaino.

Stupido, davvero stupido, stupido lasciarsi andare a certi torbidi pensieri.

Lentamente ripassa il programma della giornata, le sue fantasia, la ricetta del dolce che deve preparare, e il corpo caldo di Axel, bruciante come i suoi baci.

Quella brutta sensazione passa così com'è venuta e Roxas torna a sorridere nel suo piccolo mondo ovattato, con le sue piccole gioie, il suo piccolo amore, e il cuore della persona che ama stretto tra le mani.

 

Quando suona la campanella della ricreazione, Roxas non è neanche il primo a balzare in piedi e correre fuori dalla classe.

C'è confusione di sentimenti per i corridoi, ragazzine che regalano il cioccolato alla prima cotte, coppie storiche che confermano il loro rapporto con lunghi baci, corse disperate di chi vuole arrivare per primo dal proprio amore.

E poi c'è Roxas, basso di statura, con la zazzera scomposta di capelli biondi, gli occhi blu cobalto che brillano di felicità, che incede tranquillo, un passo calcolato dopo l'altro, senza fretta, verso la classe di Axel.

Non ha senso correre, non vuole farlo, è anche bello pregustarsi l'attesa.

Il ricordo del brutto presentimento è volato via come un palloncino pieno d'elio, a stento riesce a credere di essersi inquietato tanto per un pensiero.

Axel è più grande di lui di due anni, il che significa che quell'estate si diplomerà e comincerà la sua vita universitaria. Però, forse si trova così bene con lui perché non dimostra affatto l'età che ha, almeno negli atteggiamenti.

Il suo comportamento infantile è così fastidioso da risultare, alla fine, adorabile.

Roxas lo ama, come il resto di lui.

A passetti sicuri, ma piccoli, come se temesse di disturbare qualcuno, si azzarda ad entrare nella confusionaria classe di Axel.

Si aspetta già di trovare la sua testa rossa all'ultimo banco, poggiata pigramente sul piano di legno, l'espressione in volto di chi non ha voglia di essere lì e odia ogni singolo istante della sua permanenza obbligata.

Ma già ad un rapito sguardo si rende conto che lui non c'è. L'eco del brutto presentimento di qualche ora prima minaccia di farlo sprofondare in cattivi pensieri, ma lui è rapido a rinchiuderli in un angolo della sua mente.

Sarà andato in bagno.” lo giustifica immediatamente la ragione che, d'accordo col cuore, arrivano alla conclusione che sia del tutto plausibile.

- Scusa, hai visto Axel? -

Chiede, rivolto ad uno dei compagni di classe del rosso, il tono di voce di chi sa già la risposta ma vuole comunque chiedere.

- Sì, è uscito poco fa. Mi sembra che abbia detto che aveva lasciato il cellulare in palestra e che andava a riprenderlo. -

- Grazie. -

Anche se non è proprio quello che si aspettava, si sente comunque sollevato.

Basta andare in palestra a cercarlo, no?

Quasi trova divertente il giocare al piccolo investigatore con Axel, e si convince che fosse stato già tutto programmato in modo da prolungare la dolce sensazione dell'attesa di vedersi.

Sicuramente” pensa con un sorrisetto “non sarà neanche in palestra ma ci sarà un indizio su dove andarlo a cercare.”

Rinfrancato dalle sue stesse illusioni, si dirige un po' più speditamente verso la palestra.

Sì, sarà anche divertente, ma la ricreazione sta per finire e non vuole assolutamente perdere l'occasione di dare il suo regalo ad Axel.

Quando arriva in palestra la delusione di non trovare il rosso è forte tanto quanto l'odore di scarpe da ginnastica e sudore che permea l'ambiente, orribile in confronto con l'odore di cioccolato e amore che avvolge le strade della città.

Storcendo il naso, Roxas si avvicina alla porta degli spogliatoi: visto che non c'è nessuno a cui chiedere, dovrà cercare il prossimo indizio da solo.

Quando la mano si alza per abbassarsi sulla maniglia mangiata dalla ruggine, un dolore accecante gli prende lo stomaco, così forte che deve stringere i denti per non urlare.

È una voce, la voce di Axel, quella che affannata si esprime in piccoli, familiari mugolii, proprio al di là della porta.

È una sinfonia di ansimi e gemiti che lasciano poco spazio all'immaginazione e troppo al dolore.

È con infinita calma che Roxas si accorge che la porta è accostata e che può, dal tenue spiraglio che si affaccia sullo spogliatoio, guardare all'interno.

Ti ucciderà.” lo avverte una voce dentro di lui mentre l'occhio si appoggia sull'apertura “Quello che vedrai ti ucciderà.”

E aveva ragione.

Axel non è mai stato un tipo affidabile. Spesso dimentica gli appuntamenti, arriva in ritardo con le consegne dei compiti, trova noioso l'impegnarsi in qualcosa che non gli interessa.

Ma di una cosa Roxas è certo: Axel gli è fedele.

Eppure, quello che vede è tutto il contrario della fedeltà. Quello che vede è un tradimento.

Axel si consuma come una fiamma tra le braccia di qualcuno che non è lui, qualcuno più grande, più maturo, forse meglio di lui.

Saix. Riconoscerebbe la sua chioma di zaffiro ovunque, e gli occhi d'oro fuso che scivolano sul corpo di Axel, mangiandoselo con smania e irruenza.

Ridotto a puro desiderio carnale, l'estasi che Roxas vede sul volto contratto di Axel non assomiglia a niente che lui conosca, niente che gli sia familiare.

Credeva di conoscerlo meglio di chiunque altro.

Rimane così, bloccato nel tempo, l'ombra di se stesso, immobile con lo sguardo puntato su quell'atroce spettacolo, mentre il cuore nel petto gli va in frantumi, distrutto inesorabilmente ad ogni bacio negato a lui e offerto a Saix.

Non sa quanto dura, non sa per quanto è costretto a vedere, senza mai riuscire neanche a sbattere le palpebre, sa solo che, abbracciati l'uno all'altro, sembrano molto più di quanto erano stati loro.

- Che ne sarà del tuo moccioso? -

La voce di Saix, come sempre, risulta fredda e tagliente, carica d'odio inespresso dal suo volto neutrale.

Roxas sposta lo sguardo su Axel, i capelli madidi di sudore così come il suo corpo snello.

Diglielo Axel, digli che hai fatto un errore, che mi ami. Diglielo. Posso perdonarti.”

- Lui non conta più niente. Faccio passare San Valentino e lo mollo. Il mio cuore è tuo. -

È troppo. È troppo per lui, per la sua anima. Troppo più di quanto non fosse disposto a sopportare.

Troppo, tanto che si sente morire.

Il mondo perde d'un tratto colore, spessore, sente sotto i piedi i vetri infranti dei ricordi, dei sorrisi, dell'amore.

Il dolore gli acceca i sensi, gli mozza il fiato in gola, lo fa esplodere come una stella. Proprio come una stella, però, si consuma da solo, lontano, troppo lontano per essere visto ad occhio nudo. Una luce che si spegne nel cielo è sommersa da milioni di altre che continuano a brillare.

 

*

 

Axel si veste di tutto punto per quella cena, lacca i capelli perché stiano su, mette particolare attenzione nel rasarsi, mette il pacchetto con il regalo di Roxas vicino alla chiavi della macchina per non dimenticarlo a casa: è una persona felice e serena.

Niente turba il suo sguardo verde smeraldo, niente incrina il sorriso infantile che ha sulle labbra.

Niente.

Un'ultima occhiata allo specchio, un'aggiustata al colletto della camicia ed è pronto.

Infila la giacca, prende il regalo e le chiavi e corre in macchina.

È in ritardo di dieci minuti, ma sa che Roxas capirà, capisce sempre.

Fischietta una melodia ascoltata chissà dove per farsi compagnia mentre aspetta di riuscire a sintonizzare la radio su una stazione decente.

Non lo turba il pensiero che Roxas non si è fatto sentire per tutto il giorno, che non l'ha visto, che il suo unico messaggio risale al giorno prima, con le coordinate entusiaste per la cena di quella sera.

Roxas è fatto così, sarà stato troppo impegnato a preparargli chissà quale sorpresa per farsi sentire, e lui ha voluto lasciargli il tempo per farlo: d'altronde, ne aveva bisogno anche lui per capire quale fosse il modo migliore per rompere il loro rapporto.

Ma per quella sera può anche fare a meno di pensarci. Quella sera deve essere ancora innamorato di lui, ancora preso dalla loro storia, ancora felice come il primo giorno.

Gli riesce facile ripescare quei sentimenti e fingere che per lui abbiano ancora un valore. Per questo, per tutto il tragitto, anche se la radio non manda niente di decente, lui continua a fischiettare.

 

Alle 20:30 con un ritardo cumulativo di un quarto d'ora, Axel suona alla porta di Roxas, un mazzo di girasoli in una mano e il pacchetto nell'altra.

Non passano neanche dieci secondi, e lo sa perché li ha contati, prima che il biondo apra la porta e gli salti addosso come un cucciolo contento.

- Finalmente! -

Esclama con la sua voce cristallina e Axel si sente abbastanza felice per poter ridere.

- Scusa, c'era traffico. -

- Non è vero, sei il solito bugiardo ritardatario! -

Roxas sorride, anche se finge di essere lievemente imbronciato per il suo ritardo.

Niente che non si possa risolvere con un bacio.

Piccolo, dolce, mirato, fatto apposta per accendere una scintilla e poi lasciarla divampare: così bacia Axel.

Il biondo chiude gli occhi con un sospiro innamorato e si gode quel rapido bacio come se non potesse farne a meno, ma Axel sa quando basta, per cui si ritira, proprio nel momento in cui Roxas ne vorrebbe di più.

Lo lascia con le labbra ustionate e un mugolio indispettito.

- Che mi hai preparato per cena? -

Ridacchia entrando come se fosse casa sua. Si toglie la giacca, la butta sul divano: è padrone in casa altrui, come sempre.

- Sorpresa! Vedrai che ti piacerà. -

Il dolce sorriso di Roxas contagia anche Axel che non può fare a meno di copiarlo.

- Ti ho preso dei fiori. E un regalo. -

Gli porge il mazzo di girasoli e il pacchetto. Roxas, come un bambino, li prende e li stringe al petto, felice come una pasqua.

- Grazie. Ti spiace se lo apro dopo? Si fredda tutto se non ci mettiamo a tavola adesso. -

- Ma certo, figurati. -

Musica soffusa, candele, i genitori troppo intenti a festeggiare altrove anche il loro San Valentino, la casa deserta, l'odore di arrosto e zucchero che si spande nell'aria: Axel divora tutte quelle sensazioni con gli occhi e col cuore mentre si va a sedere a tavola.

Roxas ha già preparato due bicchieri di vino bianco. Ne porge uno ad Axel, senza mai abbandonare il sorriso.

- Brindiamo? -

- A cosa? -

Il rosso prende tra le dita il bicchiere, come un esperto sommelier, lo agita in modo che il vino compia piccoli cerchi concentrici al suo interno, e ne assapora con l'olfatto la dolce essenza.

- A noi, ovviamente! -

- A noi! -

I bicchieri cozzano l'uno contro l'altro con un leggero e cristallino suono di vetro percosso.

Axel lo vuota in un sorso, leccandosi le labbra, e già si chiede se Roxas metterà la bottiglia a tavola o se gli toccherà rinunciare a bere ancora.

- Tu non bevi? -

Gli chiede all'improvviso, vedendo che il biondo tiene gli occhi fissi su di lui e le mani contratte contro il vetro del bicchiere.

- Oh, sì, volevo solo godermi lo spettacolo prima. -

È abbastanza vanaglorioso e superbo da impettirsi per quella frase.

Vuole guardarlo? Che lo guardi!

La malizia nel suo sorriso dice più di quanto potrebbero le parole.

- Molto buono, che cos'è? -

- Corvo Glicine. -

Sono i piccoli cambiamenti a rendere all'improvviso tutto offuscato e spaventoso.

Dapprima, è la bocca impastata e l'incapacità di mettere un pensiero dietro l'altro, poi l'intorpidimento a mani e piedi, la testa che gira come una trottola e la vista che comincia ad appannarsi.

- Diamine...che grado alcolico ha...? -

Lo stomaco gli si rivolta, si annoda, si contrae, la musica prima dolce e piacevole che aleggiava tutto in casa si fa grottesca e lugubre come una marcia funebre.

Il bicchiere gli sfugge dalle mani, si infrange sul pavimento.

Roxas continua a sorridere, angelico e perfetto nel suo amore devoto.

Axel non riesce a più a tenere la testa dritta, le mani si aggrappano al bordo del tavolo come a voler trovare un appiglio sicuro, ma si sente in mezzo ad un mare in tempesta e niente rimane fermo al suo posto come dovrebbe.

Perde l'equilibrio all'improvviso, crollando a terra, il viso a pochi centimetri dal vetro rotto del bicchiere.

- Roxas... -

Chiama, quasi implorando, il mondo diventato improvvisamente un baluginare di immagini, suoni e sensazioni che lo schiacciano dall'interno.

L'ultima cosa che vede prima di perdere i sensi, sono gli occhi blu cobalto di Roxas, belli come la prima volta che li aveva visti, completamente privi di quello di cui si era innamorato.

 

Il risveglio è progressivo, lento.

Il suo corpo si rimette in moto come un computer spento, facendo girare al massimo il sistema per recuperare i dati precedenti.

La vista gli torna per ultima, forse perché la stanza è immersa in un buio liquido, illuminato dal debole lucore di candele sui comodini.

Da qualche parte nella sua mente arriva l'informazione che quella deve essere la camera da letto dei genitori di Roxas, e la conferma gliela danno le fotografie in bella vista sul comò.

Il primo istinto è quello di passarsi una mano sul viso, come per togliere via quella stanchezza mortale che gli prende le membra.

È con un tranquillo orrore che si rende conto di non poter muovere le braccia.

Solleva piano la testa, pesante come un macigno, per andare a guardare cosa gli impedisce i movimenti.

I polsi sono legati alla testiera di ferro del letto.

Il suo cervello cerca disperatamente un ricordo che spieghi come ci è arrivato lì e, non trovandolo, ne crea uno appositamente: devono aver cenato, deve essersi ubriacato con quel buon vino, devono essersi rifugiati nella camera da letto con il letto matrimoniale in cerca di passionale soddisfazione e un giochino erotico deve essere andato storto, o a buon fine.

Si accorge che la camicia e la giacca sono aperte a mostrare il petto leggermente accapponate per il freddo.

Se hanno fatto sesso, perché non ha i pantaloni sbottonati?

Così, il ricordo che la sua mente ha costruito per lui all'improvviso si sfalda e si rende conto di non ricordare niente da quando aveva bevuto quel bicchiere di vino fino a quel momento.

Una sottile lama di panico si insinua nel suo ventre quando vede che anche le caviglie sono legate in modo che non possa liberarsi.

- Roxas! -

La voce risulta pastosa, scura, rauca, come se non la usasse da diverse ore, ma col buio innaturale della stanza non potrebbe dire quanto tempo è passato.

- Ti sei svegliato finalmente. -

È sempre stato lì ad osservarlo, seduto nel buio dove non poteva essere visto, e ora che entra nel cono di luce delle candele, Axel si rende conto che qualcosa è cambiato sul viso di Roxas.

Non sorride più, i suoi occhi brillano di una luce oscura, l'incarnato pallido gli da le sembianze di un cadavere redivivo.

- Roxas...che sta succedendo? Slegami! -

- Hai detto una bugia, Axel. -

Non lo sente, da come scuote la testa, lentamente, con i capelli biondo oro che seguono il movimento, è chiaro che non lo sente.

Il panico, adesso, gli attanaglia con forza il ventre, tanto che sente l'angoscia premere per uscire fuori come un urlo strozzato.

Da in una risatina nervosa, senza allegria, così sbagliata da far venire la pelle d'oca.

- Di che stai parlando? Non ti seguo! Perché non mi sleghi così possiamo discuterne? -

- Non dovevi dire quella bugia, potrebbe averti creduto. -

È allora che Roxas mostra cosa, fino a quel momento, ha tenuto dietro la schiena: un coltello da carne, la lama affilata lunga almeno venti centimetri.

Il cuore di Axel perde un colpo, inciampando, prima di cominciare a correre come un forsennato nel suo petto.

- Roxas...che stai...Roxas, posa quel coltello. -

- Ti ho visto oggi, nello spogliatoio della palestra. - una boccata di bile sale lungo l'esofago, nauseando Axel a tal punto da desiderare di poter vomitare - Ti ho visto con Saix. E ti ho sentito mentre dicevi che il tuo cuore è suo. Ma è una bugia, no? -

Roxas sale piano sul letto, tenendo il coltello ben stretto in mano, gli occhi spenti e vuoti come pozzi. Si sistema cavalcioni su Axel, un sorriso di marmo dipinto sulle labbra esangui.

Con la punta del coltello prende a disegnare immaginarie volute sulla pelle calda di Axel che trema, scosso da brividi di orrore.

- Smettila! Se è uno scherzo non è divertente! -

- Non è carino che tu gli abbia detto in quel modo. Ora sarà convinto che gli appartieni. Invece tu apparteni a me. -

Un urlo sfugge involontario dalle labbra di Axel quando il coltello si insinua con l'intenzione di ferire nella carne tenera del petto.

Inarca la schiena, impotente dinnanzi al dolore, mentre Roxas, come se stesse maneggiando una matita, disegna il più precisamente possibile un cuore sulla sua pagina di carne.

Il sangue che stilla dalle ferite non profonde cola sulle lenzuola, macchiando anche la sua camicia.

- Sei pazzo! Smettila! Smettila! - il disegno è completo e Roxas ne è così soddisfatto che ripassa i bordi con un dito, accendendo di dolore Axel. Lacrime scendono sole dai suoi occhi verde smeraldo. - Perché lo stai facendo? Possiamo parlarne, possiamo risolverlo! -

Per la prima volta da quando quell'incubo è cominciato, Roxas alza gli occhi su quelli di Axel e lo guarda, quasi curioso.

Come possiamo parlarne? Come possiamo risolverlo? Ho il cuore spezzato.” questo dicono quegli occhi, quello sguardo assente eppure cosciente, l'anima bramosa di avere indietro quello che non ha più.

Axel, però, vede in quell'esitazione una via d'uscita, una scappatoia, qualcosa che lo porterà lontano di lì, ferito ma vivo.

- Perdonami. Perdonami se ho detto quella bugia. Sono stato uno stupido. Hai ragione, ho mentito a Saix: il mio cuore non può essere suo! -

Roxas sorride, sorride come la prima volta che gli ha detto di amarlo, sorride come al primo anniversario o come dopo la prima volta che hanno fatto l'amore.

Il vero Roxas, quello dietro quella patina di follia e angoscia, sorride.

Ancora una volta quel sorriso contagia Axel, che sorride di rimango, placando tutte le paure.

- Certo che gli hai mentito. - la voce di Roxas è dolce, piena di rimandi a giorni lontani, alla felicità e ai momenti che hanno condiviso - Il tuo cuore è mio. -

La parte più difficile, conclude Roxas impugnando a due mani il coltello, è sicuramente rompere lo sterno, divellere le costole e aprirsi un varco fino al cuore.

Il gorgoglio del sangue di Axel, simile a del vino spillato da una botte, gli riempie le orecchie più delle sue urla. È dolce il suo odore, vagamente ferroso, viscido sotto le dita, e caldo, così caldo da ustionare.

Axel continua ad urlare persino quando, infrante le barriere di carne, muscoli, tenditi e ossa, Roxas arriva a scoprire il tesoro nascosto nel suo petto.

L'ancora pulsante, tenero cuore.

Accosta il coltello da una parte, con cura, e con le due mani a coppa cinge il cuore, cogliendolo dal petto di Axel come un tremante uccellino o un delicato fiore di campo.

È allora che lui smette di urlare, di respirare, di muoversi. È allora che ha un fremito che gli percorre il corpo da capo a piedi, per poi fargli crollare da un lato la testa, come succederebbe ad una bambola a cui hanno tagliato i fili.

Roxas sorride innamorato osservando il suo trofeo, il suo tesoro, il premio per aver amato così tanto da fare male.

Se lo stringe contro, con tenerezza, con affetto, coccolandolo e cullandolo tra le braccia, beandosi del suo rosso, denso calore: un'esatta imitazione del peluche che gli avrebbe dovuto regalare per San Valentino.



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The Corner

 

Salve a tutti, questa breve, piccola storia voleva essere la mia versione di San Valentino, anche se oggi è il 17 ed è passato qualche giorno da quella “funesta” data.

Ma d'altronde si sa che io sono sempre in ritardo!

Visto il contenuto della storia...evito di dedicarla alla persona che amo, non vorrei che si impressionasse(?)

Invece, penso che non ci siano problemi a dedicarla al mio fratellone, anche se si arrabbierà vedendo morire il suo pagliaccio rosso. Scusa, mi vuoi bene lo stesso?(?)

A presto!

Chii

 

   
 
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