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Autore: Aru_chan98    17/02/2015    2 recensioni
Un semplice pomeriggio di Dicembre diventerà l'inizio di una relazione interessante per il timido Matthew, nell'esatto momento in cui i suoi occhi incrociano quelli blu del ragazzo che suona un basso in un negozio di dolci. Il tutto, nella cornice delle vacanze di Natale nella splendida città di Milano
(Attenzione: accenni Usuk)
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Canada/Matthew Williams, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era una giornata di Dicembre e per fortuna non faceva troppo freddo. Matthew era stato trascinato dal suo gemello su Milano, “per passare il pomeriggio in compagnia” gli aveva detto. E così si era ritrovato a passeggiare per le strade piene di gente della caotica città, guardando distrattamente le vetrine e badando di non venire lasciato indietro dal fratello, che era completamente concentrato sul suo ragazzo. Le strade erano davvero belle, decorate con luci e decorazioni natalizie. “Ormai manca poco più di una settimana a Natale” pensò il ragazzo, con aria rassegnata: da bambino passava il Natale con la sua famiglia e solo con il fratello da quando si erano trasferiti lì in Italia per studiare. Due anni dopo Alfred aveva incontrato Arthur, amore a prima vista, e da allora Matthew passava il Natale da solo. Non che gli dispiacesse, voleva bene ad entrambi e non avrebbe mai voluto essere il terzo incomodo, ma avrebbe voluto anche lui qualcuno con cui passare il Natale.“Dai, sbrigati Matt, o ci toccherà fare una fila lunghissima!” Matthew fu strappato dai suoi pensieri dalla voce allegra di suo fratello. “Ah, si, arrivo…” rispose, ma la folla copriva la sua voce bassa e il fratello era già tornato a prestare attenzione al suo inglese preferito. Si misero in fila per entrare in una pizzeria e mentre aspettavano lo sguardo del ragazzo si rivolse verso la vetrina del locale posto davanti alla pizzeria in questione. Sembrava essere un negozio di dolci, le cui vetrine erano piene di torte artistiche e sculture di cioccolata. Le vetrate del negozio erano trasparenti e si potevano vedere i clienti che si sedevano ai tavoli per gustare i dolci offerti dal negozio. Al suo interno, per allietare i clienti forse, suonava una piccola band composta da un pianista con un ciuffo che sfidava la gravità e dall’aria pignola, un chitarrista albino che sembrava divertirsi un mondo a suonare, una cantante dai lunghi capelli castani e occhi verdi e infine un bassista dall’aria affascinante, con occhi blu come l’oceano e capelli biondi lunghi fino alla spalla. Matthew rimase affascinato da quel bassista e giurò che per un attimo quest’ultimo si fosse girato a guardarlo. Non poté accertarsene perché ormai erano riusciti ad entrare. Si sedettero ad un tavolo vicino alla finestra e ordinarono tre belle pizze per pranzo. “Certo che oggi c’è davvero tanta gente” osservò Arthur “Beh, è quasi l’una del pomeriggio, penso sia normale my love” gli rispose languidamente Alfred. Il cameriere ci stava impiegando una vita ad arrivare con le loro pizze e Matthew si stava annoiando ad ascoltare i due piccioncini tubare, così rivolse lo sguardo fuori dalla finestra e si accorse che dava sulla vetrina del negozio di dolci. Il locale era pieno di clienti, ma nonostante questo, la banda sembrava essere in pausa. Un ragazzo dai tratti spagnoli stava parlando allegramente con il ragazzo albino e il bassista. Lo sguardo di Matthew si concentro su di lui: era davvero un bel ragazzo. Lo osservò parlare e sentì il proprio cuore fare una capriola quando lo vide ridere. Tutt’un tratto lo sguardo azzurro del bassista incontrò gli occhi del giovane osservatore, che si sentì avvampare il volto e distolse lo sguardo velocemente, per poi sbirciare sempre in direzione del bassista, che nel frattempo aveva stampato un sorriso divertito in faccia. Era davvero carino. Matthew non riusciva a fare a meno di osservarlo, ma fu interrotto dal cameriere, che posò davanti a loro le loro ordinazioni. Anche se stava mangiando, il ragazzo continuava a gettare qualche occhiata in direzione del bassista, che sembrava osservarlo a sua volta. Una fetta di pizza gli giocò un brutto tiro e, mentre cercava di mangiarla con gli occhi fissi al di là del vetro, tutta la mozzarella che stava sopra la fetta gli cadde addosso. Per l’imbarazzo divenne rosso, ma si accorse che il bassista si era messo a ridere divertito, per poi guardarlo con una certa tenerezza. Ok, basta, non era trascorsa nemmeno un’ora che Matthew si era innamorato di quel ragazzo. Ma la cosa divenne seria quando, una volta arrivato il momento di andare, diede un ultimo sguardo al bassista: vedendolo andare gli fece un occhiolino, anche se aveva l’aria un po’ delusa. Avesse potuto sapere quanto il suo compagno di sguardi stesse provando le sue stesse emozioni! “Ehm… Alfred… non è che potremmo entrare in quel negozio di dolci?” chiese timidamente il ragazzo al fratello, che, una volta guardato il suo orologio fu costretto a dirgli che non avrebbero fatto in tempo a tornare a casa se si fossero fermati. A malincuore, Matthew seguì gli altri due fino alla stazione, per prendere il treno che li avrebbe portati a casa.


Una volta lì, non fece altro che sospirare e non riusciva a prendere sonno. “Mattie, va tutto bene?” gli chiese il fratello, che nel frattempo si era accorto che il gemello si stava comportando stranamente. “Se ti va di parlarne io ti ascolto” gli disse, sedendosi vicino a lui sul suo letto. “Beh… oggi ho visto una persona in un negozio, un ragazzo, un bel ragazzo direi. Non so cosa mi sia preso, ma dal primo momento in cui l’ho notato non sono riuscito a smettere di guardarlo. E dopo che il cameriere ci ha portato le pizze, anche lui contraccambiava i miei sguardi, sorridendo ogni tanto. Stava parlando con altre persone la prima volta che mi ha guardato. Non so perché, ma il mi cuore non ha smesso di battere forte ogni volta che mi guardava. E lo faceva anche mentre stava suonando. E sembrava così deluso quando ce ne siamo andati. Non riesco a smettere di pensare a lui e ogni volta che lo faccio, ogni volta che chiudendo gli occhi vedo il suo sorriso, sento il cuore correre più veloce che mai in vita mia. Fratello, non so cosa fare…” confidò il ragazzo al fratello maggiore. Alfred gli sorrise con comprensione: anche a lui era successa la stessa cosa con Arthur due anni prima. “Mattie, tranquillizzati. È normale che tu ti senta così: ti sei innamorato di quel ragazzo. Va tutto bene fratellino. Il cuore che batte a mille, la testa sempre piena di lui, la voglia di stargli accanto, le famose “farfalle nello stomaco”, è tutto normale” lo rassicurò Alfred, scompigliandogli i capelli: era felice che finalmente il gemello si fosse innamorato, perché così, se le cose fossero andate tutto bene, avrebbe sperimentato la felicità più grande del mondo. Matthew si sentì rincuorato dalle parole del fratello e riuscì a dormire quella notte. Nonostante quell’incoraggiamento, però non riusciva più a stare tranquillo e si ritrovò a sentirsi nervoso e a non riuscire a stare fermo nemmeno per i giorni di scuola che seguirono. Guardava spesso fuori dalla finestra e disegnava distrattamente note musicali vicino agli appunti delle lezioni. “Williams. Williams! Smettila di guardare fuori dalla finestra e segui la lezione!”. Silenzio in classe: Matthew non si era mai fatto riprendere in vita sua, quella era stata la prima volta. Persino lo stesso ragazzo si sorprese dell’accaduto. Era incredibile come quel bassista stesse influendo nella sua vita di tutti i giorni… Ad una settimana esatta prima della Vigilia di Natale, decise di recarsi a quel locale non appena finite le lezioni. Alfred si era offerto di accompagnarlo e il gemello non aveva rifiutato (anche perché era impossibile per lui imporre la sua volontà su quella irruente del fratello). Il negozio era strutturato in maniera davvero accogliente: davanti all’ingresso e per buona parte della parete opposta all’entrata si stendeva un bancone di legno in cui erano incastrate due teche contenenti ogni tipo di dolce possibile. Sopra il bancone c’erano alcuni contenitori che proteggevano alcune torte e muffin e ciambelle. Dietro c’erano alcuni contenitori pieni di un liquido marrone, che dall’odore sembrava cioccolata oppure caffè. C’era una parte incassata vicino all’entrata dove erano appoggiati alcuni strumenti usati per appoggiare a terra gli strumenti e un microfono. La parte destra del locale era occupato da tavoli in cui i clienti potevano sedersi e gustarsi i dolci. Lo staff del posto sembrava indaffarato, ma aveva un’aria molto allegra, come se si divertissero a lavorare lì. Il tutto era abbellito da ghirlande e festoni natalizi. I due ragazzi si sedettero ad un tavolo, il minore sempre in cerca del famoso bassista. Ordinarono lui una cioccolata calda e il maggiore due ciambelle al cioccolato e una tazza di caffè. Rimasero lì il più a lungo possibile, ma il bassista non si fece vedere. Quando tornarono a casa Matthew non toccò cibo e fece i compiti in modo automatico, senza prestare attenzione a ciò che faceva, e andò a letto molto prima di Alfred, che per la maggior parte della serata rimase al telefono col suo ragazzo. Matthew rimase nel suo letto senza prendere sonno, col cuore gonfio di preoccupazione. Temeva che non l’avrebbe più rivisto. Sentì suo fratello entrare piano in camera e sedersi sul suo letto. “Mattie…” cominciò, ma s’interruppe subito. Si tolse le scarpe e s’infilò nel letto del fratello, come quand’erano bambini. “Andrà tutto bene, vedrai” gli disse piano. Una piccola lacrima sfuggì dagli occhi blu oceano di Matthew, ma poi si girò e quando fu faccia a faccia col fratello, cercò di ringraziarlo, ma le parole non volevano uscire, così fece quello che faceva da bambino quando era triste e il fratello voleva confortarlo: si avvicinò a lui e appoggiò il volto al petto del fratello che lo abbracciò.


Nei tre giorni rimanenti di scuola, il ragazzo non riusciva a calmarsi. Grazie al fatto che in classe era così tranquillo che nessuno gli parlava, non dovette sforzarsi di nascondere la sua inquietudine. Solo il fratello si rendeva conto della sua preoccupazione. Finalmente le vacanze di Natale erano cominciate ma Matthew non ci fece molto caso. Non gli andava di festeggiare insieme al fratello, ma comunque voleva fare un regalo a lui e al suo ragazzo, di cui era diventato amico un anno prima. Alfred stava chiacchierando allegramente con lui, mentre uscivano dai cancelli della scuola diretti in stazione per tornare a casa. Mentre il fratello parlava, Matthew pensava ad un modo per andare su Milano per comprare i regali per i due. Ad un tratto, vide il fratello fermarsi di punto in bianco, per poi sorridere e correre verso i cancelli d’uscita. Guardando meglio capì il motivo di quello scatto olimpionico: davanti al cancello, con aria imbarazzata c’era Arthur. Era davvero raro che l’inglese venisse a trovarli a scuola, soprattutto perché la sua università era dalla parte opposta del loro liceo e per venire a trovarli doveva saltare un giorno di lezioni, cosa che faceva con un certo fastidio. Matthew vide il ragazzo arrossire vistosamente quando il fratello lo raggiunse e lo abbracciò forte. Poco dopo li raggiunse e rimase a palare un po’ con loro: approvava molto la scelta del fratello e pensava che quel ragazzo sarebbe stato in grado di metterlo in riga. Mentre parlava con loro gli venne in mente un’idea: e se avesse usato quell’occasione per andare in città? Quando i due piccioncini se ne stavano andando, con una scusa li lasciò andare da soli, mentre lui prendeva il treno che lo avrebbe portato a Milano. Passò il pomeriggio a passare da un posto all’altro della città, camminando per le vie illuminate della città viva. Verso le cinque del pomeriggio decise di fare una pausa. Aveva trovato quello che stava cercando, una felpa col cappuccio a forma di alieno per il fratello e un libro di giardinaggio per Arthur. Si ritrovò in una via familiare: era quella della pizzeria di qualche giorno prima! Camminò lungo quella via e si ritrovò davanti al negozio. Guardò dentro e anche quella volta non trovò il bassista, solo il resto della banda. Nonostante la delusione, decise di entrare e mangiare qualcosa. Si sedette ad un tavolo lontano dalla finestra, verso la parte interna del negozio. Nonostante l’aria cordiale del posto, si sentiva un po’ a disagio: essendo una persona molto timida era normale per lui. Una cameriera dall’aria vivace, dalla pelle abbronzata e dai lunghi capelli castani raccolti in due codini da due grossi fiocchi rossi gli si avvicinò per chiedergli che cosa volesse ordinare. Il ragazzo ordinò una cioccolata calda e una fetta di torta alla frutta. La cameriera lo lasciò con un sorriso e Matthew si mise a guardare fuori dalla finestra. Faceva così freddo che avrebbe potuto nevicare, peccato che il meteo non avesse annunciato niente di simile. “Che peccato, ma sarebbe bello se a Natale nevicasse” pensò. La ragazza tornò poco dopo con una tazza di cioccolata fumante, dicendogli che la torta sarebbe arrivata a breve. Il ragazzo la ringraziò timidamente e dopo che se ne fu andata, cominciò ad ascoltare la musica di quella banda. La cantante aveva una voce davvero stupenda, chiara e forte, ma dal forte accento ungherese. Il pianista suonava con una disinvoltura incredibile, come se quella pianola fosse tutta la sua vita. Il chitarrista invece sembrava voler sempre mostrarsi più bravo degli altri e tentava una marea d’assoli a cui il pianista riusciva a stare dietro nel modo più incredibile. Il tutto creava un’atmosfera davvero bella. Il ragazzo chiuse gli occhi per ascoltarne la melodia, quando all’improvviso si accorse che alla sinfonia si era aggiunto un nuovo suono: erano le note basse e vibranti di un basso elettrico. Matthew aprì gli occhi di scatto e guardò in direzione della banda: a provare a suonare quello strumento c’era lo stesso ragazzo dai tratti spagnoli che aveva visto discorrere in allegria con il suo bassista e il chitarrista la settimana prima. Si sentì deluso, specie perché si aspettava di rivedere il bel ragazzo. Abbassò lo sguardo sulla sua cioccolata, ma i suoi pensieri furono interrotti quando una fetta di una torta davvero invitante gli fu posata vicino. “Voilà votre ordination” gli disse una voce, alche il ragazzo sollevò gli occhi, incuriosito dal cambio di cameriere: al posto della bella cameriera vide un ragazzo. Era il suo bassista! Il povero Matthew diventò rosso appena lo vide e anche dire un semplice “Grazie” divenne un’impresa incredibile per lui. “De rien” gli rispose il bassista, con un mezzo sorriso e uno sguardo eloquente. Matthew non credeva a quello che aveva appena visto, e il suo cuore non accennava a rallentare. Prese la forchetta e assaggiò la torta: era una delle cose più buone che avesse mai mangiato. Quando la finì, si accorse che sotto il piatto c’era un foglietto. Lo prese e lo aprì: scritto sul foglio c’era un numero di telefono e una frase, scritta con una grafia molto matura e decisa che diceva “Potrò rivederti?”. Il ragazzo alzò di scatto gli occhi e si accorse che il bassista lo stava guardando. E che sguardo! In più, ogni volta che lo guardava, sorrideva. Matthew non si era mai sentito più timido e impacciato in vita sua. Quando uscì dal locale, lanciò un’ultima occhiata al biondo: quest’ultimo lo stava già guardando e quando si accorse di avere la sua attenzione, mimò un “Au revoir” con la bocca. Matthew uscì dal negozio e s’incamminò verso la stazione con aria stordita e sognante: il ragazzo che gli piaceva era interessato a lui! Non gli sembrava nemmeno vero. Per tutto il viaggio di ritorno e mentre aspettava che il fratello rincasasse rimase con la testa fra le nuvole. Era troppo bello per essere vero. “Potrò rivederti?” “Si, si, si, si!” Si disse il ragazzo con un sorrisetto timido che non voleva andarsene. Quando Alfred rincasò la sera, trovò suo fratello intento a rimirare un foglietto alla luce del lampadario. “Ehy Mattie, cosa stai guardando?” gli disse con tono scherzoso, prendendogli il foglietto. Dal rossore del fratello poté dedurre che fosse un buon segno e, quando vide il messaggio, si sentì felice per lui. Si fece raccontare tutto e scoppiò a ridere quando Matthew gli raccontò della sua reazione al cambio di cameriere. “È tipico di te essere così timido” commentò Alfred. “Domani vai di nuovo lì, capito? Non accetterò nessun’obiezione” gli disse e Matthew annuì leggermente. La notte prese sonno con difficoltà: non vedeva l’ora che arrivasse il domani per rivederlo. Il giorno dopo si svegliò con un certo nervosismo, il sole che dorava il pulviscolo che fluttuava nell’aria attraverso le tapparelle, abbassate per dormire un po’ di più. Matthew lo osservava svolazzare stando a pancia in su nel letto, senza scostare le coperte. Si girò su di un fianco e chiuse gli occhi: voleva provare a rilassarsi magari riposando un altro po’, ma non ci riuscì. Poco dopo si mise a sedere e cercò di fare ordine nei suoi pensieri agitati. Guardò la sveglia e vide che mancava poco a mezzogiorno: doveva essere davvero stanco, perché di solito si svegliava sempre verso le nove del mattino. Con calma si vestì, fece il letto e lasciò il fratello dormire in pace, dirigendosi verso la cucina. Appena aprì la porta, la luce quasi gli fece male agli occhi: mentre la loro camera solitamente era buia o molto ombreggiata, la cucina era il luogo più luminoso della casa. Si avvicinò ai fornelli e mise la caffettiera sul fuoco. In un attimo la stanza si riempì dell’odore del caffè. “Uno anche per me Mattie, please” gli chiese il fratello, che era sbucato sbadigliando sulla soglia della porta mentre Matthew stava riempiendo una tazza di caffè appena pronto. Per l’agitazione Matthew non toccò cibo, mentre il fratello si fece fuori mezza scatola di biscotti. Al ragazzo quasi scappò una risata leggera a vedere il fratello ancora in pigiama e con i capelli tutti arruffati. Alzandosi per mettere la tazza nel lavandino di ripromise che un giorno gli avrebbe fatto una foto e l’avrebbe mandata ad Arthur. “Che rarità vederti svegliò a quest’ora Al. È per caso un’occasione speciale?” gli chiese divertito, visto che il gemello solitamente non si alzava mai prima del pomeriggio. “Essì, se non ci penso io chi riuscirà a farti uscire di casa per andare al tuo bell’appuntamento con il bassista?” gli rispose scherzando. Matthew arrossì e gli rispose con un “Maddai Al!” fingendo esasperazione. Entrambi finirono per ridere: finalmente la tensione che attanagliava lo stomaco di Matthew era in buona parte sparito. Verso le tre meno un quarto i due gemelli uscirono di casa insieme, diretti in posti diversi: Alfred aveva un appuntamento con un suo amico per fare scorta di videogiochi prima delle festività, mentre Matthew aveva il suo bel bassista che l’aspettava al negozio, “L’arte del Dolce”, o almeno così sperava. Stavolta si era fatto spiegare per bene da Alfred come raggiungere il posto, visto che da solo non sarebbe riuscito ad arrivarci. Percorse le vie, senza più prestare attenzione all’ambiente che lo circondava, sempre più impaziente di arrivare a destinazione. Si fermò solo quando si rese conto di essere arrivato davanti al negozio. Sbirciò dentro con una leggera tensione, aspettandosi di non vederlo nuovamente: il bassista era lì, in pausa probabilmente, perché stava appoggiato al bancone che scherzava con la cameriera dai nastri rossi dell’altro giorno. Matthew entrò timidamente nel locale e quando il bassista lo notò gli rivolse un sorriso che lo fece sentire ancora più timido. Il canadese non ebbe il tempo di andare a sedersi che l’altro ragazzo si congedò dalla cameriera e lo raggiunse. Ad ogni passo che faceva verso di lui, il cuore del giovane ragazzo batteva sempre più forte. “Probabilmente mi passerà a fianco e andrà a suonare o a parlare con il ragazzo spagnolo” pensò, quasi sperandolo, anche se una parte di lui sperava l’esatto opposto. “Mais bounjour, sono felice di averti rivisto” gli disse mettendogli un braccio intorno alle spalle. Matthew quasi toccò una nuova sfumatura di rosso e a momenti si sentì mancare. Non riusciva a credere a quello che stava accadendo. Sapeva che doveva rispondere qualcosa, ma tutto quello che riusciva a fare era farfugliare parole incomprensibili. L’altro ragazzo ridacchiò e lo invitò a prendere un caffè insieme a lui. Tutto quello che Matthew riuscì a fare fu annuire, sempre imbarazzato. “Ma non qui. Io stacco alle cinque. Aspettami va bene, mon ami?” gli disse a bassa voce. Se prima non lo era, adesso il giovane ragazzo era completamente nel panico: adesso sì che era lampante che il bel bassista ci stava provando con lui! “V-v-va bene” gli rispose con la voce che tremava per l’imbarazzo. L’altro sorrise e si staccò da lui dicendo “Parfait…?” ma fece una specie di pausa alche il ragazzo capì che stava chiedendo il suo nome. “Ah! Matthew. Matthew Williams, molto piacere” gli disse, tendendo una mano in automatico. L’altro fece un altro sorriso e stringendogli la mano si presentò: “Francis Bonnefois. Il piacere è tutto mio”. A quel contatto il cuore di Matthew perse un battito. Ma non durò molto perché Francis dovette tornare subito dalla band, perché la sua pausa era finita. Il povero Matthew camminò fino al primo tavolo libero e si lasciò cadere sulla sedia, con la testa completamente fra le nuvole. Non sapeva nemmeno più che pensare, così la prima cosa che fece fu tirare fuori dalla tasca del giubbotto il suo cellulare e mandare un messaggio al gemello con le ultime novità. -Al, non ci crederai mai, ho incontrato di nuovo il bassista e ho delle novità! Appena sono entrato nel negozio mi ha sorriso e mi ha parlato: sono più che sicuro che sia francese, ha una pronuncia con quell’accento. Pure il suo nome, Francis, sa di francese. Mi ha invitato a prendere un caffè dopo quando avrà finito. Non riesco quasi a crederci sai!- diceva il messaggio.  Mangiò distrattamente la torta al cioccolato che aveva ordinato, lanciando qualche sguardo al francese, che sembrava suonare con molto divertimento. La risposta di Alfred non si fece attendere e il ragazzo si apprestò a leggerla: –Visto che non dovevi preoccuparti fratellino? Come vedi l’eroe ha sempre ragione ahahahah XD XD Good luck per il tuo appuntamento, poi a casa mi aspetto un resoconto completo ;D Later –. Matthew non poté non lasciasi scappare un piccolo sorriso: il fratello scriveva sempre in quel modo e sapeva che a casa lo avrebbe aspettato un 6° grado coi fiocchi. Posò il telefono sul tavolo e quando tornò a guardare la band, si accorse che Francis lo stava guardando. Matthew divenne rosso, ma per la prima volta riuscì a sostenere lo sguardo blu oceano del francese, finché l’attenzione di quest’ultimo non fu richiamata dal ragazzo albino. Cominciò a scherzare con lui e a loro si aggiunse lo spagnolo, forzando il gruppo a finire di suonare, con grande dissenso degli altri due membri e Matthew sarebbe stato pronto a giurare di aver sentito la cantante rivolgersi al chitarrista dicendogli “Gil, se non lasci in pace Francis e riprendi a suonare ti prendo a padellate. E la stessa cosa vale per te Antonio”. La scena sembrò molto divertente per il ragazzo, che ridacchiò. Solo il francese lo notò e se Matthew avesse visto il bel sorriso che si delineò sul volto del bassista, sarebbe arrossito completamente. Le minacce della giovane donna sembrarono avere effetto, poiché la band ricominciò a fare musica e il ragazzo ispanico scappò dietro il bancone ridendo.

Senza che se ne accorgesse, quella mezzora che mancava all’appuntamento passò molto velocemente e il giovane ragazzo a momenti si sorprese quando la band suonò l’ultimo accordo e cominciò a mettere via gli strumenti. “Alors, vogliamo andare?” si sentì chiedere Matthew. Alzò gli occhi dal tavolo e annuì con fare timido. Prima di uscire, Francis salutò il ragazzo ispanico per poi seguire Matthew fuori dal negozio. Mentre camminavano tra le vie, diretti verso il centro della città, i due cominciarono a fare un piccola conversazione, anche se quello che tentava di cominciare era Francis, mentre Matthew si sentiva così timido da riuscire a rispondere solo a monosillabi. Fortunatamente, il francese trovava questo lato del giovane ragazzo molto carino. Arrivarono poco dopo ad un bel locale, a qualche metro dal centro di Milano. Non era molto grande e non presentava dei tavolini all’esterno, come molti altri locali in quella zona, ma l’interno sembrava caldo e accogliente. L’area riservata ai clienti aveva il pavimento di legno su cui erano disposti diversi tavoli e sedie bianche, le pareti invece erano tappezzati di quadri che nascondevano una carta da parati che s’intonava al pavimento.  A completare il tutto c’erano alcuni vasi di piante e un bel caminetto incassato in una parete della sala. All’entrata del locale, c’era un bancone bianco, di marmo probabilmente o di qualche materiale simile. Dietro di esso c’era il cuore del bar, con tanto di teche con del gelato. Francis salutò una ragazza che stava porgendo due tazze di caffè ad un cliente e lei ricambiò con un sorriso. I due ragazzi scesero un tavolo vicino ad una delle pareti del locale, dall’altra parte del caminetto però: appena si sedettero Matthew si stupì di vedere che il camino era acceso. Ebbero appena il tempo di togliersi il cappotto che la stessa ragazza di prima si presentò davanti a loro appoggiando sul loro tavolo due bei menù, con un grande sorriso e attaccò bottone con il francese. Matthew li sentì discorrere allegramente e provò un po’ di gelosia per i modi molto aperti della cameriera. La ragazza se ne andò perché chiamata da un altro tavolo, ma prima disse loro “Vi lascio soli, poi vi porto due caffè. Divertitevi” e se ne andò con un sorriso malizioso. Il ragazzo non si aspettava che Francis conoscesse la cameriera. “E se avesse una ragazza o qualcuna che gli piace?” si chiese infine, sentendosi un po’ stupido ad aver automaticamente pensato di piacergli. Però si ricordò del biglietto che gli aveva dato il giorno prima e si tranquillizzò in parte. “N-non sapevo conoscessi la cameriera” disse a bassa voce, “Beh, io e Clara siamo amici d’infanzia. Eppoi, vengo qui molte volte” “Si, ci portava i ragazzi che voleva frequentare” si intromise Clara, che nel frattempo era tornata con due belle tazze fumanti. Matthew arrossì: se era la verità allora… Guardò il francese come in cerca di una conferma, ma tutto quello che vide fu Francis ridere anche se era chiaramente in imbarazzo. Quando la ragazza li lascio nuovamente soli, Matthew rise: era anche lui in imbarazzo, ma era finalmente molto meno teso. “Allora Matthew, tu non sei di queste parti, vero?” chiese dopo un po’ il francese “No, vengo dall’America in effetti. Sono venuto per studiare meglio storia dell’arte. Sono qui da due anni” fu in grado di rispondere, senza più nervosismo dopo la scenetta di prima. Era sì in imbarazzo, ma era anche curioso riguardo il bel musicista e quindi si diceva che doveva mettercela tutta per parlarci. “Storia dell’arte? Quindi fai un…?” “Un liceo artistico. È un po’ lontano da qui, pensa che ci si impiega quasi un’ora usando i treni” gli rispose Matthew. “Tu invece?” gli chiese il ragazzo “Si. I miei genitori sono entrambi francesi e anch’io ho fatto i primi anni di scuola in Francia. Però poi ci siamo trasferiti qui ed è passato così tanto tempo che ormai conosco molto bene questa città” “Quanti anni hai?” gli chiese un po’ titubante Matthew “Ne ho compiuti 24 a Luglio” “Non ci credo. Pure io sono nato a Luglio! Ne ho fatti 19 il primo” gli rispose con molta sorpresa. “Io il 14. Altro che coincidenza, questo è senz’altro il fato” disse Francis, con una risata divertita, ma anche se Matthew fece un sorrisetto, si sentiva davvero in imbarazzo. Ad un tratto la sua attenzione fu catturata dal suo telefono: Alfred gli aveva mandato un altro messaggio. –Allora fratellino come va? Mi raccomando, non essere troppo timido o dovrò chiamare il tuo bel bassista e dirgli di andarci piano con te xD xD Anyway, volevo dirti che stasera non torno a casa, vado da Arthur :D Ci vediamo domani e mi raccomando, rivestitevi prima che io torni xD See U tomorrow bro –. –Ma cosa ti passa per la testa Al?! Seriously, solo tu puoi pensare a cose simili… Comunque, salutami Arthur e mi raccomando, mandami un messaggio quando stai tornando. Non mi va di scambiarti per un ladro per l’ennesima volta – gli scrisse di rimando. “Quindi stasera mi da buca…” disse tra se e se Matthew. “La tua ragazza?” chiese Francis, con quella che sembrava delusione nei suoi occhi. “No no, era mio fratello Alfred. Mi ha avvisato che stasera sarebbe rimasto dal suo ragazzo” “Ragazzo? Quindi tuo fratello è…” “Si, preferisce i muscoli”. “E tu hai i suoi stessi gusti Mathieu?” gli chiese, puntando i suoi occhi blu in quelli del giovane liceale. “B-beh, sembra di si” gli rispose, tutto imbarazzato, distogliendo lo sguardo e puntandolo su un punto indefinito del tavolo. “Meno male, per un attimo ho pensato ti piacessero le ragazze. Mi verranno i capelli bianchi per questo spavento” disse con una risata. Matthew andò nel panico per qualche minuto: quindi era vero che stava puntando a lui! Nel tentativo di ricomporsi guardò l’orario del telefono come scusa per riprendersi, ma si accorse che era tardi. “Ehm, odio fare il guastafeste, ma sono quasi le sei e io dovrei tornare a casa. Se non prendo il treno primo delle ‘meno un quarto rischio di non trovarne più uno” gli disse Matthew, che era veramente dispiaciuto, perché si stava divertendo molto. “Andiamo allora. Lascia che ti accompagni” gli rispose il francese, alzandosi dalla sedia. Prima di uscire salutarono Clara (che insistette parecchio per offrir loro i caffè) e s’incamminarono diretti verso la stazione. Mentre stavano camminando, la mano di Francis trovò e strinse quella Matthew, che arrossì fortemente a quel contatto, ma stinse quella mano a sua volta. Arrivarono in stazione tenendosi per mano e rimasero così finché la speaker non annunciò che il treno era in arrivo. “Grazie per il bel pomeriggio” disse Matthew, rivolgendogli un bel sorriso. “C’etait mon plaisir” gli rispose il francese. Poi, prima di lasciarlo andare, gli baciò la mano con fare galante e gli disse “Arrivederci mon ange”. Matthew non riusciva a credere a tutto quello che era successo: sembrava proprio che Francis ricambiasse i suoi sentimenti. L’intero viaggio di ritorno gli sembrò quasi una tortura, perché non vedeva l’ora di tornare a casa e che arrivasse il mattino per raccontare tutto al fratello. Si disse che era una persona paziente e che non voleva disturbarlo mentre era con Arthur, quindi si mise a guardare fuori dal finestrino e per puro gioco cercò d’imparare a memoria le fermate che mancavano fino a quella di casa. Ma una volta a casa la situazione non migliorò: non riusciva a stare fermo e finì per passeggiare per tutta la casa più e più volte. Continuava a pensare al bel francese, al modo in cui sorrideva e ai suoi occhi blu come l’oceano. Ripensò alla giornata trascorsa mentre cucinava e a momenti bruciò le uova ripensando al baciamano e alla strada percorsa tenendo la mano del musicista. Dopo che ebbe mangiato, si sdraiò sul divano e accese la tv, ma non prestò molta attenzione al film che stavano trasmettendo. Fissò il soffitto per un breve istante per poi precipitarsi in camera sua, recuperare il biglietto del giorno prima e tornare sdraiato a pancia in su sul divano. Tirò fuori dai pantaloni il cellulare e mando un messaggio al numero scritto sul foglietto: – Ciao Francis. Prima mi sono dimenticato di darti il mio numero e, sai, non mi sembrava giusto avere il tuo mentre tu non hai il mio. Oggi mi sono divertito davvero tanto, grazie. Sono Matthew. Ciao, alla prossima –. Ricontrollò di aver scritto bene il numero almeno due volte e inviò il messaggio, sperando con tutto il cuore che il numero fosse giusto e che non fosse uno scherzo. Aspettò un paio di minuti, col cuore in gola, ma non ricevette risposta. Allora si alzò e andò a prendere un blocco da disegni che teneva nel suo lato della stanza da letto e, sedendosi per terra davanti al divano stavolta, si mise a disegnare. Mise un canale di musica e si lasciò ispirare da quello che sentiva. Poco dopo aver cominciato a disegnare, si lasciò andare alla musica che ricordava, quella cantata dalla cantante del negozio di dolci. Pian piano, sul foglio bianco cominciò a delinearsi una scogliera affiancata da una spiaggia. Stava cominciando a disegnare alcuni gabbiani in volo, quando il telefono lo distrasse. Allungò un braccio per recuperare il cellulare dal divano e vide che gli era arrivato un messaggio. Lo aprì, aspettandosi che venisse da Alfred, ma il testo lo sorprese: – De rien, anche a me è piaciuto passare del tempo con te. E mi piacerebbe rifarlo se hai del tempo libero. Ti aspetterò :) – era un messaggio da Francis! Matthew si sentì felice e rispose al volo che ne sarebbe stato felice. Fu così che quella sera che doveva essere solitaria per il giovane ragazzo, passò velocemente e felicemente, poiché lui e Francis si scambiarono messaggi fino a che Matthew non cominciò a sbadigliare pesantemente per la stanchezza. –Comincio ad avere sonno. Penso che andrò a dormire. Ci sentiamo domani, va bene? Buona notte – gli scrisse alla fine. Si mise il pigiama e quando stava per infilarsi sotto le coperte, sentì il cellulare vibrare, segno che il francese gli aveva risposto. – In effetti si è fatto davvero tardi. Certo che il tempo vola quando ci si diverte. Bonne nuit mon ange. A domani ­–. Matthew sorrise a quelle parole, anche se essere chiamato “mio angelo” lo metteva in imbarazzo, era molto felice. S’infilo sotto le coperte e il sonno non tardò ad arrivare. Per quella sera si era sentito tranquillo e anche felice e nemmeno la stanchezza riuscì a dissolvere quel sorriso che quell’ultimo messaggio aveva creato, e che si portava dietro anche mentre dormiva. Sembrava davvero un angelo.



Erano passati tre giorni e il giorno dopo sarebbe stata la vigilia di Natale. Matthew però preferiva rimanere seduto per terra davanti al televisore spento, intento a disegnare ogni cosa che gli venisse in mente, attendendo che suo fratello finisse di cucinare il pranzo. Mentre tracciava le linee per delle magnifiche rose, gli venne in mente la scena che si svolse la mattina dopo il suo primo appuntamento con il francese: ricordava ancora alla perfezione il resoconto che fece al fratello. Stava ancora dormendo quando Alfred irruppe in casa, facendolo cadere dal letto spaventato a morte. “Ti sei bevuto il cervello Alfred?!” gli aveva urlato addosso, solo per ricevere una grande risata per risposta, che lo fece arrabbiare. Nonostante la ramanzina che gli fece, Matthew si rese conto ben presto che il fratello non stava ascoltando una parola di quel rimprovero, perso nei ricordi della notte passata con Arthur con molta probabilità, e così smise. Appena se ne accorse, il fratello sgattaiolò in camera e ne uscì con il pigiama, guadagnando un “Che schifo Al. Almeno fatti una doccia prima di cambiarti, invece di sporcare quel povero pigiama”. “L’ho fatta da Arthur, quindi non c’è bisogno che mi rimproveri come se fossi nostra madre” gli rispose di rimando il maggiore, arrossendo. “Vabbeh, lascia perdere” gli rispose il fratello, con rassegnazione. Alfred colse la palla al balzo e si piazzò sul pouf beige che stava vicino al divano e che usava durante le nottate che passava ai videogames. “Ma adesso parliamo di cose più importanti: devi raccontarmi tutto quello che è successo ieri” gli disse con entusiasmo Alfred, così il gemello si sedette per terra a gambe incrociate e cominciò a raccontargli tutto. Anche quel giorno e i due che seguirono, Matthew e Francis si sentirono al telefono, non potendosi incontrare a causa del lavoro di lui e dei compiti dell’altro. “Mattie mi ascolti? Se non vieni subito a tavola mi mangio pure il tuo piatto” la voce del fratello scosse Matthew dai suoi ricordi, che posò il blocco a terra, si alzò e si diresse in cucina. Mentre mangiavano, Alfred richiese l’attenzione del minore: “Mattie, senti, io e Arthur volevamo passare la Vigilia e il Natale insieme anche quest’anno e ci stavamo chiedendo se volevi venire con noi” “No Al, anche quest’anno ho da fare. Lo sai che la mamma e tutti i nostri parenti faranno chiamate infinite. Non possiamo dimenticarci di loro” provò a dire il ragazzo, “Ok, hai ragione. Allora verremo noi qui” riprovò Alfred, solo per ottenere un altro rifiuto. “ Sai bene che i fratelli di Arthur ci tengono a passare la Vigilia tutti insieme, anche se poi se ne tornano a casa e non si ripresentano fino al pomeriggio del giorno di Natale” “Non dovresti preoccupartene. Io e Artie troveremo un modo pe-“ “Adesso basta Alfred!” lo interruppe di colpo Matthew “Capisco le vostre buone intenzioni e so che in questi due anni vi siete preoccupati anche per me, ma sono sicuro di non volervi dare problemi. È la vostra vita, la tua vita Al. E non la devi complicare per me. Starò bene, e vi ringrazio, tutti e due, ma davvero, credo sia meglio così”. Alfred si sentì dispiaciuto per il fratello, ma al posto di rispondergli con rabbia, si alzò dalla sedia e arruffò i capelli del fratello, per poi andarsene in camera, senza dire una parola e con gli occhi bassi. Matthew si sentì in colpa per quella discussione, ma non si pentiva di quello che aveva detto: era da quando loro padre aveva lasciato loro e loro madre che non vedeva Alfred sorridere come faceva quando stava con Arthur. Ricordava molto bene tutti i sorrisi fatti dal fratello nei dieci anni che li separavano da quell’evento, e ricordava bene come ognuno di essi era falso. Poi quello scontroso ma affettuoso ragazzo inglese entrò nella sua vita e tutti i suoi sorrisi erano di nuovo veri, e Matthew gli era grato più di quanto dicesse o dimostrasse. Proprio per questo non voleva essere il terzo incomodo, perché voleva davvero bene a suo fratello e non voleva dargli problemi, nonostante lui non si curasse a procurargliene col suo carattere irruente e vivace. Si alzò anche lui dalla sedia e sparecchiò la tavola. Né lui né il fratello avevano finito di mangiare: quella litigata aveva fatto passare l’appetito ad entrambi. Lavò i piatti con aria assente e a momenti non si accorse del messaggio che gli arrivò sul telefono. Si asciugò le mani e si risedette al tavolo, rispondendo al messaggio del musicista. Dopo una decina di minuti circa qualcuno suonò alla porta: all’inizio Matthew ignorò il suono, credendo provenisse dal videogioco a cui il fratello stava giocando in salotto, ma quando si ripeté un paio di volte, gli venne il dubbio che ci fosse davvero qualcuno alla porta. Si alzò e andò ad aprire, per poi stupirsi: Francis era andato a trovarlo! “Bonjour Matt, sorpresa” lo salutò con un sorriso e porgendogli un meraviglioso bouquet di rose rosse, per poi farsi subito serio dopo averlo guardato con attenzione “È successo qualcosa?”. Il ragazzo tentò di negare, ma i suoi occhi arrossati lo tradivano. Allora, il francese lo strinse a sé, forte, come a tentare di consolarlo nonostante non ne sapesse il motivo. Matthew si abbandonò a quell’abbraccio e non riuscì più a trattenersi dal piangere, anche se non voleva farsi vedere così fragile proprio dal bel musicista. Si forzò a calmarsi il più i fretta possibile e lo invitò ad entrare. Pregò affinché suo fratello non fosse nei paraggi e fortunatamente trovò il suo controller abbandonato per terra: probabilmente si era chiuso in camera per non disturbarlo mentre il ragazzo che gli piaceva era lì. Gli fece appendere il cappotto all’entrata e si sedettero entrambi sul divano. “Quelli sono per me?” chiese timidamente il giovane ragazzo, indicando il mazzo di fiori. Francis sembrò ricordarsene solo in quel momento e annuì alla svelta. Matthew arrossì vistosamente, prese i fiori e lo ringraziò. Li sistemò sul tavolo della cucina, decidendo di piazzarli in camera sua dopo che il suo ospite fosse tornato a casa. Ritornò a sedersi accanto al francese, ma non riusciva a guardarlo negli occhi, così finì per guardare il pavimento, finché non avvertì la mano dell’altro sulla sua spalla. “Matthew, ti va di dirmi cosa non va?” gli chiese gentilmente il bassista, che era sinceramente preoccupato per lui: vederlo in quello stato aveva fatto scattare qualcosa in lui, solo non capiva che cos’era, o meglio, non credeva potesse essere ciò che pensava. “Oh, niente di così importante in realtà” disse provando ad evitare di parlarne, “Potrebbe anche non essere importante, ma se ci stai male vuol dire che per te lo è” gli rispose, sempre con gentilezza. “Io… Io e mio fratello abbiamo discusso poco fa. Lui e Arthur, il suo ragazzo, passeranno il Natale insieme e vogliono che venga pure io. Io ho rifiutato l’invito invece” cominciò a dire, senza alzare gli occhi da terra. “Mais pourqoi? Mi hai detto che ti senti solo durante questa festività, allora perché non vai con loro?” gli chiese. “No. Non posso farlo. Mio fratello ama davvero tanto quel ragazzo e l’ultima cosa che voglio e crear loro problemi. Era da quando eravamo bambini che Al non sorrideva come fa con Arthur, e io mi sono ripromesso che avrei fatto di tutto per proteggerlo. Lo odio! Odio litigare con lui però. Soprattutto perché, se sapesse queste cose, sono più che sicuro che lo farei sentire in colpa” disse Matthew. Si riscosse non appena si accorse che Francis gli stava accarezzando i capelli. Sentiva di voler piangere ancora, ma stavolta era perché si sentiva finalmente libero da un peso che aveva sul cuore. Quando la mano del musicista scese fino alla sua guancia, Matthew la prese nella sua e sorrise senza riuscire a dire niente. Il bel musicista arrossì leggermente e, liberando la mano da quella del giovane ragazzo, disse “Allora passali con me, la Vigilia e il Natale dico”. “Eh?” fu tutto quello che riuscì a dire Matthew, colto alla sprovvista da quell’invito improvviso. “Oui, mon ange. Passali con me. Non voglio che tu ti senta solo, e vorrei davvero tanto passarli con te” gli disse con decisione il francese, guardandolo negli occhi. Matthew si ritrovò a farfugliare nel panico più completo, facendo ridacchiare il francese. Era davvero emozionato, e non poté fare a meno di sentirsi felice quando si rese conto che, anche se con molta probabilità l’amico aveva una famiglia o degli amici con cui avrebbe potuto passare il Natale, aveva scelto di passarlo con lui. Infine abbassò lo sguardo e gli rispose con un “Si” quasi sussurrato per il troppo imbarazzo. Il francese sfoderò un sorriso stupendo e l’altro ragazzo arrossì ancora di più: amava davvero tanto quel sorriso. Alzando gli occhi, che erano tornati a fissare il pavimento per un breve attimo, incrociò quelli blu oceano del bel musicista e ne rimase catturato. L’atmosfera si caricò di tensione e i due ragazzi cominciarono ad avvicinarsi, diminuendo la distanza tra i loro volti ogni secondo che passava. Ormai mancava poco e Matthew chiuse gli occhi… A disturbare la scena fu il telefono di Alfred, che il ragazzo aveva dimenticato vicino alla playstation. Scattando come una molla, il ragazzo si alzò dal divano e andò a rispondere, un po’ dispiaciuto che avesse suonato mentre stava per baciare il ragazzo che gli piaceva. A chiamare era Arthur: “Era ora bloody wanker! Quanto volevi aspettare prima di rispondere ai miei messaggi?”. “E… ehm, ciao Arthur” rispose timidamente Matthew, che credeva di aver perso buona parte dell’udito. “Oh, I’m sorry Matt” si affrettò a dire l’inglese, accorgendosi dell’errore che aveva appena commesso. “Don’t worry, it doesn’t matter” gli rispose il ragazzo, abituato ad essere scambiato per il gemello. “Alfred è in casa? Avrei bisogno di parlargli” “Certo, dovrebbe essere in camera. Aspetta che te lo passo” e così dicendo si diresse verso la camera da letto, lasciando il suo francese sul divano, a chiedersi che cosa fosse successo. Aprì la porta chiamando il fratello, aspettandosi di trovarlo a leggere fumetti sdraiato a pancia in giù sul suo letto, ma la scena che vide era diversa: la finestra era aperta e una corda fatta di magliette annodate la oltrepassava.

“Ce n’est pas possible” mormorò Matthew facendo quasi cadere il telefono per terra. La corda era legata al letto di Alfred e il fratello non impiegò più di qualche secondo a capire che era scappato. “Matthew che succede?” chiese Arthur, che aveva cominciato a preoccuparsi sempre di più da quando aveva sentito l’esclamazione francese dell’amico. “Arthur… A-Alfred è scappato!” rispose con un tono davvero allarmato. “Cosa?” disse Arthur, scioccato dalla situazione. “Il y a quelques problèmes?” chiese Francis, che aveva raggiunto il ragazzo non vedendolo tornare. Matthew si girò con un’espressione ai limiti della preoccupazione, pallido come un fantasma “Alfred è scappato dalla finestra” esclamò il povero ragazzo. Il musicista sbarrò gli occhi: non si sarebbe mai aspettato che qualcosa di simile potesse accadere. “Arthur, va a cercare Alfred nel quartiere dei negozi, potrebbe essere lì. Io andrò a cercare ai giardinetti” disse Matthew, dopo pochi secondi. “Sure! Ti farò sapere se lo trovo” e così dicendo, l’inglese chiuse la chiamata. Matthew cominciò a prepararsi per uscire con grande foga, quasi dimenticandosi del suo ospite, che lo seguiva con lo sguardo, ammirato dalla sua capacità di reazione e dalla determinazione del giovane liceale. “Attend, voglio aiutare anch’io nelle ricerche. In tre faremo prima” gli disse il francese, bloccando Matthew per un braccio. Quest’ultimo lo guardò con determinazione negli occhi e annuì. Uscirono quasi correndo di casa, “Tu vai nei pressi della scuola, io vado ai giardinetti. Se lo trovi chiamami!” gli disse Matthew, per poi correre nella direzione opposta al musicista, diretto in uno dei posti in cui poteva trovarsi il fratello. Per tutto il tragitto il ragazzo non smise di chiare il nome del gemello a gran voce, cosa altamente insolita per lui. Arrivò ai giardinetti dopo 15 minuti, quasi senza voce e senza fiato per la corsa. Girò per il posto e quando arrivò all’area con i giochi per bambini, finalmente trovò Alfred seduto su una delle altlaene. Si avvicinò a passo veloce, e non rallentò nemmeno quando si accorse che stava singhiozzando. “Alfred! Brutto cretino! Si può sapere che ti è saltato in mente?!” fu la prima cosa che Matthew gli disse, sgridandolo per lo spavento che aveva fatto prendere a lui e ad Arthur. Prese il telefono e chiamò gli altri due per dirgli che aveva trovato il fratello e dove erano. Dopodiché si sedette nell’altalena vicino al fratello, che non aveva alzato gli occhi da terra nemmeno per un secondo, e lasciò andare un sospirò, mentre lo spavento passava. “Al… why are you crying?” gli chiese Matthew, a bassa voce questa volta. Non ottenendo una risposta, il ragazzo alzò lo sguardo al cielo, guardando le nuvolette di vapore che il suo respiro creava nella fredda notte. “Matthew, I… I am really sorry” disse infine Alfred, con la voce che tremava per i singhiozzi. “Di cosa stai parlando?” chiese Matthew, girandosi verso di lui. “Mi spiace per averti creato tutti quei problemi. Avrei dovuto essere un fratello migliore” rispose, e il fratello realizzò di cosa l’altro stesse parlando: aveva origliato la conversazione che aveva avuto con Francis. “Per questi dieci anni non ho fatto altro che crearti fastidi… Credevo di poter fare quello che volevo da quando papà se n’è andato. Avrei dovuto prendermi più cura di te e della mamma. Siete l’unica famiglia che mi resta in fondo, e il maggiore tra noi sono io, anche se in realtà l’unico che si è preso tante responsabilità sei tu brother. Sai, da quando io e Arthur abbiamo cominciato a uscire insieme, ho sempre pensato che tu volessi prendere le distanze da noi, e la prova veniva sempre in questo periodo dell’anno, ogni volta che rifiutavi i nostri inviti. E io ero troppo stupido per capire che in realtà tu non volevi restare da solo, ma lo facevi volentieri perché sapevi che io e lui non riusciamo a vederci spesso come vorremmo. Matthew… potrai mai perdonarmi?” riuscì a dire Alfred tra le lacrime. “È vero, sei proprio uno stupido” cominciò a dire il ragazzo, tornando a guardare il cielo. Alfred si girò a guardarlo, credendo che il fratello non lo avrebbe mai perdonato, ma si sorprese quando, invece, lo sentì dire “Non hai nulla di cui scusarti. È vero, a volte sei stato egoista, ma comunque non vorrei un altro fratello al di fuori di te. Però sono stato stupido pure io, perché avrei dovuto dirti la verità fin dall’inizio, ma ho sempre pensato che così sarebbe stato più difficile per tutti”. E lo abbracciò. Da lontano, Arthur e Francis osservarono i due fratelli che risolvevano le cose, decisi a non volerli interrompere.
 
 

Il pomeriggio del giorno dopo, i due fratelli si stavano salutando: Alfred sarebbe andato a casa di Arthur e sarebbe tornato il giorno di Santo Stefano, mentre Matthew sarebbe rimasto a casa insieme a Francis. “Mi raccomando, non far esasperare troppo Arthur” disse Matthew, “Sure thing bro! Ah, e tu cerca di non fare un casino in camera o in soggiorno, ok? Pulite come si deve” gli rispose il gemello, ridacchiando. All’ultimo Matthew si ricordò dei regali che doveva dare al fratello e al suo ragazzo. Chiese al fratello e all’amico di aspettarlo un attimo, corse velocemente in camera e tornò sulla soglia della porta di casa con due pacchetti in mano. Glieli porse e i due ebbero due reazioni quasi simili: Arthur gli sorrise, dicendogli scherzosamente che Babbo Finlandia gli avrebbe portato un regalo a Santo Stefano se avesse fatto il bravo, mentre Alfred lo ringraziò e a momenti aprì il suo regalo lì. “Oh, nessuna paura, ci penserò io a Matt” disse Francis, che era appena comparso sulla soglia, mettendo un braccio intorno alle spalle di Matthew, facendolo arrossire un po’. Dopo che i due piccioncini furono andati, Matthew si dedicò a finire di addobbare la casa insieme al musicista, per poi andare in cucina e preparare la cena, sempre insieme al suo amato francese. Quest’ultimo si mise a cucinare i piatti salati mentre Matthew si occupò di preparare i dolci: mentre cucinavano parlavano e scherzavano, come se fossero una coppia felicemente fidanzata. Verso le nove e mezza la tavola fu apparecchiata e i due si sedettero per mangiare. Matthew si stava divertendo davvero un mondo, anche se le parole del francese lo mettevano in imbarazzo ogni tanto. Finirono che mancava un quarto d’ora a mezzanotte ma, non essendo minimamente stanchi, si spostarono sul divano, per poi mettersi a giocare ai videogiochi. Dopo un po’ si stancarono e preferirono guardare uno dei film che Francis aveva portato. A metà film circa, il francese si girò, sentendo qualcosa premergli sulla sinistra: Matthew si era addormentato e aveva appoggiato la testa sulla sua spalla. Sembrava così tranquillo e il musicista arrossì, pensando che fosse un ragazzo davvero molto carino. Gli diede un bacio sulla testa e si alzò, cercando di non svegliare il ragazzo, alla ricerca di una coperta. Entrò in camera dei due gemelli e cercò nell’armadio, trovando una coperta blu elettrico. La prese e si accorse che sotto di essa era nascosto un pacchettino celeste rettangolare con su scritto il suo nome sopra. Decise di prenderlo, deducendo che fosse il suo regalo di Natale. Ridacchiò mentre tornava sul divano, pensando che il suo, un peluche a forma di orso polare, fosse meglio darglielo il giorno dopo, quando il ragazzo sarebbe stato sveglio. Senza svegliare il ragazzo, Francis si risedette sul divano, rimise la testa dell’altro sulla sua spalla e lo coprì con la coperta. Matthew si mosse leggermente, mettendosi comodo sulla spalla del musicista, sorridendo nel sonno. Sorridendo a sua volta per la tenerezza del momento, Francis cominciò a scartare il suo regalo con attenzioni: dallo spessore sembrava fragile. I suoi occhi azzurri come l’oceano si riempirono di sorpresa quando scoprì che il suo regalo era un disegno, ma non uno qualunque: era un suo ritratto, di lui mentre suonava il basso. Nell’angolo in basso a destra c’era una piccola frase finemente scritta che diceva “Je t’aime”. Francis non sapeva cosa dire, ma comunque si girò a guardare Matthew, che continuava a dormire. “Je ne peux pas croire… Quindi Mattie mi ama… Ah, e io che pensavo che una cosa come l’amore non potesse capitarmi. Sai, ormai avevo perso ogni speranza, perché non importava quanti ragazzi frequentassi, non mi era mai capitato di sentirmi così. Pensavo che tu fossi solo un ragazzo carino, ma, senza che me ne accorgessi, sei diventato molto più prezioso per me. So di averti già preso un regalo di Natale, ma vorrei poter mettere in una scatola il mio cuore, impacchettarlo e dartelo, perché è tuo. Perché sei l’unico che riesce a farlo battere così forte. Je t’aime aussi Matthew” disse il Francese, con gli occhi lucidi, senza accorgersi che Matthew si era svegliato poco dopo che avesse iniziato a parlare. Divenne rosso come un pomodoro e disse timidamente “Quindi, tu ricambi i miei sentimenti?”. Il francese non si aspettava che l’altro lo avesse sentito e, colto dal più grande imbarazzo della sua vita, non riuscì a dire niente se non annuire. Matthew fece il sorriso più dolce possibile e lo abbracciò con gioia, sentendosi ancora più felice quando sentì le braccia del suo bel musicista abbracciarlo a sua volta. Rimasero così per un po’, ma alla fine Matthew si tirò un po’ indietro e si sedette meglio sul divano, sorridendo a Francis. Il francese appoggiò una mano sulla guancia del liceale e cominciò ad avvicinarsi. Per Matthew quello era il suo primo bacio, ma fu così dolce e meraviglioso da fargli dispiacere doverlo interrompere per la mancanza d’aria. Guardò gli occhi del suo bassista, che ora scintillavano come la notte, e che riflettevano pienamente tutto quello che poco prima aveva detto se non cose ancora più dolci. Matthew guardò di sfuggita fuori dalla finestra per qualche secondo e disse “Hai visto? Nevica…” “Credo sia il regalo del cielo per noi, mon amour” gli disse Francis, per poi tirarlo dentro ad un altro bacio, il primo di una lunga serie che si sarebbe susseguita in quella nevosa notte di Natale.


Piccolo Angolo dell'Autrice
Ok, devo ammettere che avevo cominciato a scrivere questa storia intorno al 16/17 Dicembre e credevo di riuscire a pubblicarla entro Natale: mi sembra quasi una cosa comica che sono riuscita a finirla solo quasi due mesi dopo *sorride con imbarazzo*. Speravo di farla uscire ancora più fluff e invece mi è uscito un America che non sta proprio nel personaggio (senza il mio disappunto però, perchè ce l'ho sempre visto come un fratello che vuole bene a Canada e non vuole causargli tutti quei problemi, ma se si calmasse poi non si chiamerebbe eroe XD (Si, ho una fin troppo fervida immaginazione) ). Mi scuso se è venuta cooooosì lunga, ma volevo descrivere le cose con calma. Per ultimo ma non per importanza, devo ringraziare le mie due compagne di banco per la pazienza che hanno dimostrato nel sopportarmi (visto che la storia è nata da una nostra uscita su Milano loro sono finite a "interpretare" nella mia fantasia Alfred e Arthur)
   
 
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