Qualcuno ha detto cross-over? xD ...credo che finire a scrivere qualcosa del genere, visto che fandom frequento ultimamente, fosse inevitabile.
Non sparatemi in troppi, e buona lettura!
«com’è
andata stanotte?»
«tutto a posto».
Peccato che il pallore del suo viso e
leggere occhiaie la
tradissero.
Howard H.R.J.
Lancaster non aveva idea del motivo per cui Emerald avesse
iniziato a
soffrire a causa di incubi che la perseguitavano,
all’incirca, due notti sì ed
una no. In nove anni di vita la sua principessa non aveva avuto un
incubo che
fosse uno. Aveva sempre dormito splendidamente,
al centro del letto a baldacchino a due piazze,
raggomitolata nel
piumone verde smeraldo.
Tutto era iniziato più di
due settimane prima. Dapprima
Hammy aveva parlato solo di “incubi. Sono solo incubi,
papà, niente di che”.
Ma una volta aveva
accennato all’Uomo Nero, e al fatto che a portarle suddetti
incubi fosse
proprio costui, facendosi trovare in camera sua con “uno o
più cavalli
mostruosi”.
Howard Lancaster ovviamente
l’aveva rassicurata sul fatto
che l’Uomo Nero non esistesse, ma per sicurezza aveva messo
degli uomini di
guardia davanti
alla stanza di sua
figlia, oltre che sotto alla sua finestra; per non parlare dei sistemi
di
sicurezza standard della villa, tra i più sofisticati al
mondo. Non credeva
nell’Uomo Nero dei racconti popolari, ma aveva pensato
“e se un chojin demone o
stregone di qualche tipo stesse infastidendo mia figlia per colpire
me?”.
Inutile dire che se così
fosse stato, si era ripromesso, il
chojin demone/stregone avrebbe patito i peggiori tormenti per quel che
aveva
osato fare.
Ma pur con tutto quel che avevano
provato -lui stesso aveva
vegliato Emerald un
paio di notti- non
si era venuti a capo di nulla. Lei aveva continuato ad avere incubi, e
tutti
loro a non notare nulla di strano.
«sicura?»
«sì
sì».
Ma le cose non potevano andare avanti
in quella maniera:
Emerald doveva tornare a dormire tranquilla, o a lungo andare quella
situazione
avrebbe anche potuto finire per nuocerle alla salute. Così,
dopo aver pensato e
ripensato bene a tutta la faccenda ed ai racconti di Emerald, aveva
concluso
che forse questo “Uomo Nero” fosse unicamente una
manifestazione delle paure da
bambina di Hammy, cui lei -avendo una gran fantasia- aveva dato tanto
una forma
antropomorfa quanto degli animali ad accompagnarlo! Il fatto che
fossero
cavalli sembrava essere un’ulteriore conferma a quella sua
teoria: in fondo
Hammy con i cavalli ci era cresciuta.
«dimmi una cosa. A parte il
giorno in cui me ne hai parlato,
tu hai continuato a vedere questo Uomo Nero?»
Emerald iniziò a torcersi
le punte dei lunghi capelli neri.
«sì. In effetti sì. Ho cercato di
ignorarlo perché mi hai detto che non esiste,
però lui ha continuato ad apparire e a
spaventarmi».
«forse è tempo
che ti parli di una cosa…vieni qui» Howard
prese la figlia in braccio «vedi,
le
nostre paure -ma diciamo la paura in generale- non se ne vanno
semplicemente
cercando di ignorarle. Si può fingere che non ci siano, ma
in realtà queste
rimangono sempre lì finché non vengono affrontate
direttamente. Per questo
l’Uomo Nero, che credo incarni le tue paure, continua a
tornare. Perché non lo
affronti!»
Emerald sembrava ancora dubbiosa.
«quindi dici che dovrei affrontarlo?
Però non so se posso…»
«Emerald Janice Verbena
Phoebe Lancaster, qual è il nostro
motto di famiglia?»
La bambina rispose senza esitazioni.
« “we can”!»
«esatto. Sei una Lancaster,
e una Lancaster “può”. Quindi,
se c’è qualcuno in grado di affrontare un
banalissimo Uomo Nero qualunque, sei
proprio tu. Non deve farti paura, non ce n’è
assolutamente motivo; in fin dei
conti riflettici bene, quanto è patetico un essere che di
notte non ha di
meglio da fare che spaventare i bambini? Non so se faccia ridere, o
piuttosto
pena».
«lo sai che in effetti hai
ragione, papà? Prendersela con i
bambini è da vigliacchi. E a me non piacciono i vigliacchi.
Fanno schifo!»
«linguaggio».
«scusa. Grazie per avermi
dato fiducia. Mi fa meno paura,
adesso».
Howard Lancaster si
accarezzò delicatamente i baffi
perfettamente curati, con aria pensierosa. «lo sai, stavo
pensando che oltre
alla fiducia potrei darti anche dell’altro di utile con cui
difenderti» dopo
più di due settimane di seccature erano necessarie misure
drastiche. E se ad
adottarle fosse stata la stessa Hammy non avrebbe potuto che fare bene
alla sua
autostima: riuscire a dare una bella lezione a qualcuno -anche non
proprio
reale- che le dava il tormento, avrebbe contribuito a renderla
più forte e
sicura di sé «te lo porterò appena
prima che tu ti metta a dormire. Però non
lasciarti sfuggire con tua madre di questa cosa,
d’accordo…?»
***
Fu con facilità estrema
che Pitch Black, volando in sella ad
Onyx, oltrepassò
ogni possibile misura
di sicurezza della tenuta dei Lancaster.
Poco contava quanto potessero essere
ricchi i Lancaster, e
dunque quanti allarmi, uomini e quant’altro potessero mettere
in campo. Con lui
non funzionavano, e non l’avrebbero tenuto lontano da lei.
La paura era qualcosa che accomunava
tutti quanti.
Immortali, mortali poveri, mortali ricchi, ed anche
mortali incredibilmente
ricchi come quella bambina di nove anni: Emerald Lancaster.
Gli dispiaceva averla scoperta da
così poco tempo, aveva più
di una paura su cui lavorare, e quella delle mucche -ma
perché poi?- non era la
più degna di nota. C’era
la paura di
deludere suo padre, per esempio.
Più si ama una persona,
più si tende a volerla rendere fiera
ed orgogliosa, e maggiore è la paura che succeda
l’esatto contrario. Amor
filiale…una così grande forza, ed allo stesso
tempo una così grande debolezza.
Raggiunse la finestra della bambina,
lasciò Onyx fuori, e
lui entrò passando attraverso il vetro. Eccola
lì, la sua piccola preda, che
dormiva tutta sola in quel letto troppo grande per lei, appoggiata a
quella
moltitudine di cuscini che c’era. Ricchi! Avevano sempre la
tendenza a strafare
anche in piccole cose come quella.
Non che fosse importante, in fondo,
si disse mentre due dei
suoi Incubi gli si materializzavano ai lati. Come aveva già
detto, la paura
appianava tutte le differenze sociali…
“ma che
cosa…”
Si stupì quando la vide
mettersi in ginocchio e con le
braccia incrociate sul letto , improvvisamente sveglissima, infagottata
in una
t-shirt decisamente troppo grande per lei e…decisamente
troppo verde smeraldo.
Era un colore che a parer suo era fin troppo ricorrente : verde la
trapunta,
verdi le tende del baldacchino, verde la maglietta. Non ultimi, ad
essere verdi
erano anche i suoi occhi.
«mi hai aspettato alzata?
Sono lusingato» la prese in giro
«credo che tu ti renda conto del fatto che non
cambierà di molto la tua
situazione. Sono in grado di spaventarti anche da sveglia, e con molta
facilità».
La bambina non fece una piega,
limitandosi a scrutarlo con
una freddezza che su quel visino tanto dolce stonava maledettamente.
E, si rese conto, da lei sentiva
provenire solo un minimo
accenno di paura.
Strano.
E niente affatto positivo.
«il mio papà mi
ha detto» esordì lei a sorpresa «che chi
di
notte non ha di meglio da fare che andare a spaventare i bambini
è patetico.
Quindi tu sei patetico».
Parole che lo lasciarono a bocca
aperta, oltre che seccarlo
oltremodo , perché farsi insultare da una bambina di nove
anni non era qualcosa
di accettabile.
«ah
davvero…»
«patetico e vigliacco,
perché un adulto che se la prende con
i bambini è vigliacco, e a me i vigliacchi non piacciono. E
soprattutto non mi
fanno paura. Tu» lo indicò «non mi fai
paura. Il mio papà ha detto che non devo
averne, perché io sono una Lancaster, e quindi “io
posso”, e tu no. Mi ha dato
fiducia».
Così piccola e
già così arrogante! Non osava pensare a come
sarebbe diventata da grande. Ma checché ne dicesse provava
ancora paura -seppur
pochissima- e dunque lui non era ancora totalmente sconfitto.
«il tuo papà a
quanto pare ti ha detto tante cose, Emerald,
ma sono tutte sciocchezze. E la fiducia che dici ti ha dato, non ti
servirà
assolutamente a niente con me. Resti sempre una bambina
indifesa».
La vide cercare qualcosa tra i
cuscini. Cosa le aveva dato
il padre o chicchessia, un orsetto di peluche? Povera piccola ingenua
bambina! Era
qualcosa di talmente divertente che anche i due Incubi di fianco a lui
sembravano avere un’aria canzonatoria, mentre iniziavano a
trottare vicino al
letto.
«sicuro? Perché
il mio papà, oltre alla fiducia, mi ha dato
anche un fucile» rispose la bambina in tutta
tranquillità, tirando fuori da
sotto i cuscini qualcosa di molto somigliante ad un fucile leggero in miniatura,
alzandosi in piedi sul letto «con
una
cosa che si chiama “silenziatore”».
E fu in quel momento che quel poco di
paura che l’Uomo Nero
sentiva provenire da lei, contrariamente a come avrebbe dovuto essere,
svanì
del tutto.
Pitch si rese conto che probabilmente
aveva appena fatto una
faccia assurda, ma riacquisì immediatamente compostezza,
mostrando un
sorrisetto di sufficienza. Dopotutto quello non poteva essere che un
fucile
giocattolo di quelli che si trovavano nei negozi. Molto ben fatto
invero, ma
altrettanto inutile. Vero, lei non era spaventata, ma poteva sempre
provare a
generare nuovamente paura in lei con i due Incubi e qualche illusione.
«ahahah…quel
fucile giocattolo è ancora più inutile della
fiducia di tuo padre!»
E fu a quel punto che la nottata
toccò il culmine dell’assurdità.
«non è un
giocattolo».
Tutto si svolse in pochi secondi: la
bambina prese la mira e
ka-blam!...sparò in testa
ad uno dei
due Incubi, che si disgregò con un nitrito di dolore. E
prima che Pitch
riuscire a fare qualsiasi altra cosa oltre all’allibire come
poche volte nella
propria lunga vita, ka-blam! Ecco
che Emerald fece fare la stessa
fine anche
all’Incubo alla sua destra! Altro che giocattolo, quello era
un fucile vero, e
adesso era puntato contro di lui!
“che razza di padre
è uno dà in mano un fucile carico ad una
bambina di nove anni?!!” pensò sconvolto,
indietreggiando, ignaro del fatto che
ad ogni Lancaster di discendenza diretta veniva insegnato ad usare le
armi da
fuoco appena raggiunta l’età per capire e la forza
sufficiente per reggerne il
peso.
«i-infatti non è
un giocattolo, Emerald, quindi adesso mettilo
giù» le disse, sapendo che credendo in lui, se gli avesse sparato e lui non
fosse stato lesto
a diventare intangibile riparandosi nell’ombra, Emerald
avrebbe avuto il potere
di colpirlo «o potresti finire a farti male. Da brava, metti
giù quel fucil-eeeh!!!»
gridò, quando lei gli sparò a
meno di un centimetro dai piedi «ma
sei
matta?!»
«vai via subito, o sarai tu
che ti farai male perché la
prossima volta ti sparo davvero. Capito?»
«non-»
«capito?!»
«lascia che te lo dica, il
tuo è un padre a dir poco
degenere!»
Non l’avesse mai detto!
«non
insultare il mio
papà!» esclamò Emerald,
sparando altri due colpi, stavolta circa all’altezza
delle ginocchia. Se non fosse stato per i riflessi pronti e la sua
capacità di
dissolversi sicuramente l’Uomo Nero sarebbe finito
impallinato! Ma che razza di
bambina era quella, che maneggiava un fucile come un bravo cacciatore?!
Dov’erano
finiti i bambini di una volta, che morivano di paura appena lo vedevano
uscire
dall’armadio?! Possibile che adesso dovessero essere tutti
disillusi o pazzi
psicopatici come quella lì?!
Vedendo la malaparata Pitch si
spostò verso la finestra e la
attraversò, cadendo in groppa ad Onyx.
«via di qui! Questi
Lancaster sono pazzi!» disse, spronando
Onyx ad allontanarsi velocemente.
Ma non abbastanza perché
due proiettili non riuscissero a
passargli vicino, a pochi centimetri dalle orecchie.
«E NON TORNARE MAI
PIÙ! MI HAI SENTITA?! MAI PIÙ!»
sentì
urlare Emerald da sotto.
“guarda, su questo non
c’è pericolo!” pensò Pitch,
che non
aveva assolutamente intenzione di riavvicinarsi a quella villa per
alcun
motivo.
Che nottataccia.
“andiamo a cercare qualche
bambino con genitori meno pazzi. Quel
novenne di Belfast, per esempio…”
***
«l’ho spaventato
papà! Non tornerà più!»
sorrise Emerald,
tutta contenta.
“avremo rovinato i mobili,
ma se smette di avere incubi ne
sarà valsa la pena” pensò Howard
Lancaster.
«molto bene!»
«ti ha pure insultato. Ha
detto che sei un genitore degenere
perché mi hai dato il fucile, come se non fossero tre anni
che hai iniziato ad
insegnarmi ad usare armi da fuoco, ti rendi c-»
«Howard
Hogan Robert
John Lancaster, dimmi che non hai dato a nostra figlia di
nove anni un
fucile senza che tu fossi lì a sorvegliarla!»
Ops.
Janice aveva
sentito.
«ma mamma, guarda che io so
usarlo!»
«mi sai dire a che
accidenti ti serviva?!»
«Janice, le serviva per
spaventare l’Uomo Nero! Le paure
vanno affrontate…nessuno si è fatto male, e la
nostra principessa non avrà più
incubi, che è la cosa più importante!»
replicò Howard.
«MA SIETE COMPLETAMENTE
PAZZI?!!» gridò Janice «l’Uomo
Nero!
Ma per piacere! E tu le hai dato un’arma carica in mano per
sparare a qualcosa
che non esiste!!!» strillò, lanciando al marito la
prima cosa che le capitò sottomano.
«ma sì che
esiste!» si intromise Emerald «solo che adesso
qui non tornerà più
senz’altro».
«taci tu!!!»
Lancaster.