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Autore: _Cthylla_    18/02/2015    4 recensioni
Al giorno d'oggi spaventare i bambini non è affatto facile com'era una volta...specialmente una bambina appartenente alla famiglia Lancaster, come qualcuno scoprirà a sue spese!
(OCs di Occhi di Smeraldo - Pitch Black de "le 5 Leggende")
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Qualcuno ha detto cross-over? xD ...credo che finire a scrivere qualcosa del genere, visto che fandom frequento ultimamente, fosse inevitabile.

Non sparatemi in troppi, e buona lettura!



«com’è andata stanotte?»

«tutto a posto».

Peccato che il pallore del suo viso e leggere occhiaie la tradissero.

Howard H.R.J.  Lancaster non aveva idea del motivo per cui Emerald avesse iniziato a soffrire a causa di incubi che la perseguitavano, all’incirca, due notti sì ed una no. In nove anni di vita la sua principessa non aveva avuto un incubo che fosse uno. Aveva sempre dormito splendidamente,  al centro del letto a baldacchino a due piazze, raggomitolata nel piumone verde smeraldo.

Tutto era iniziato più di due settimane prima. Dapprima Hammy aveva parlato solo di “incubi. Sono solo incubi, papà, niente di che”.

Ma una volta  aveva accennato all’Uomo Nero, e al fatto che a portarle suddetti incubi fosse proprio costui, facendosi trovare in camera sua con “uno o più cavalli mostruosi”.

Howard Lancaster ovviamente l’aveva rassicurata sul fatto che l’Uomo Nero non esistesse, ma per sicurezza aveva messo degli uomini di guardia  davanti alla stanza di sua figlia, oltre che sotto alla sua finestra; per non parlare dei sistemi di sicurezza standard della villa, tra i più sofisticati al mondo. Non credeva nell’Uomo Nero dei racconti popolari, ma aveva pensato “e se un chojin demone o stregone di qualche tipo stesse infastidendo mia figlia per colpire me?”.

Inutile dire che se così fosse stato, si era ripromesso, il chojin demone/stregone avrebbe patito i peggiori tormenti per quel che aveva osato fare.

Ma pur con tutto quel che avevano provato -lui stesso aveva vegliato  Emerald un paio di notti- non si era venuti a capo di nulla. Lei aveva continuato ad avere incubi, e tutti loro a non notare nulla di strano.

«sicura?»

«sì sì».

Ma le cose non potevano andare avanti in quella maniera: Emerald doveva tornare a dormire tranquilla, o a lungo andare quella situazione avrebbe anche potuto finire per nuocerle alla salute. Così, dopo aver pensato e ripensato bene a tutta la faccenda ed ai racconti di Emerald, aveva concluso che forse questo “Uomo Nero” fosse unicamente una manifestazione delle paure da bambina di Hammy, cui lei -avendo una gran fantasia- aveva dato tanto una forma antropomorfa quanto degli animali ad accompagnarlo! Il fatto che fossero cavalli sembrava essere un’ulteriore conferma a quella sua teoria: in fondo Hammy con i cavalli ci era cresciuta.

«dimmi una cosa. A parte il giorno in cui me ne hai parlato, tu hai continuato a vedere questo Uomo Nero?»

Emerald iniziò a torcersi le punte dei lunghi capelli neri. «sì. In effetti sì. Ho cercato di ignorarlo perché mi hai detto che non esiste, però lui ha continuato ad apparire e a spaventarmi».

«forse è tempo che ti parli di una cosa…vieni qui» Howard prese la figlia in braccio «vedi,  le nostre paure -ma diciamo la paura in generale- non se ne vanno semplicemente cercando di ignorarle. Si può fingere che non ci siano, ma in realtà queste rimangono sempre lì finché non vengono affrontate direttamente. Per questo l’Uomo Nero, che credo incarni le tue paure, continua a tornare. Perché non lo affronti!»

Emerald sembrava ancora dubbiosa. «quindi dici che dovrei affrontarlo? Però non so se posso…»

«Emerald Janice Verbena Phoebe Lancaster, qual è il nostro motto di famiglia?»

La bambina rispose senza esitazioni. « “we can”!»

«esatto. Sei una Lancaster, e una Lancaster “può”. Quindi, se c’è qualcuno in grado di affrontare un banalissimo Uomo Nero qualunque, sei proprio tu. Non deve farti paura, non ce n’è assolutamente motivo; in fin dei conti riflettici bene, quanto è patetico un essere che di notte non ha di meglio da fare che spaventare i bambini? Non so se faccia ridere, o piuttosto pena».

«lo sai che in effetti hai ragione, papà? Prendersela con i bambini è da vigliacchi. E a me non piacciono i vigliacchi. Fanno schifo!»

«linguaggio».

«scusa. Grazie per avermi dato fiducia. Mi fa meno paura, adesso».

Howard Lancaster si accarezzò delicatamente i baffi perfettamente curati, con aria pensierosa. «lo sai, stavo pensando che oltre alla fiducia potrei darti anche dell’altro di utile con cui difenderti» dopo più di due settimane di seccature erano necessarie misure drastiche. E se ad adottarle fosse stata la stessa Hammy non avrebbe potuto che fare bene alla sua autostima: riuscire a dare una bella lezione a qualcuno -anche non proprio reale- che le dava il tormento, avrebbe contribuito a renderla più forte e sicura di sé «te lo porterò appena prima che tu ti metta a dormire. Però non lasciarti sfuggire con tua madre di questa cosa, d’accordo…?»

 

***

 

Fu con facilità estrema che Pitch Black, volando in sella ad Onyx,  oltrepassò ogni possibile misura di sicurezza della tenuta dei Lancaster.

Poco contava quanto potessero essere ricchi i Lancaster, e dunque quanti allarmi, uomini e quant’altro potessero mettere in campo. Con lui non funzionavano, e non l’avrebbero tenuto lontano da lei.

La paura era qualcosa che accomunava tutti quanti. Immortali, mortali poveri, mortali ricchi, ed anche  mortali incredibilmente ricchi come quella bambina di nove anni: Emerald Lancaster.

Gli dispiaceva averla scoperta da così poco tempo, aveva più di una paura su cui lavorare, e quella delle mucche -ma perché poi?- non era la più degna di nota.  C’era la paura di deludere suo padre, per esempio.

Più si ama una persona, più si tende a volerla rendere fiera ed orgogliosa, e maggiore è la paura che succeda l’esatto contrario. Amor filiale…una così grande forza, ed allo stesso tempo una così grande debolezza.

Raggiunse la finestra della bambina, lasciò Onyx fuori, e lui entrò passando attraverso il vetro. Eccola lì, la sua piccola preda, che dormiva tutta sola in quel letto troppo grande per lei, appoggiata a quella moltitudine di cuscini che c’era. Ricchi! Avevano sempre la tendenza a strafare anche in piccole cose come quella.

Non che fosse importante, in fondo, si disse mentre due dei suoi Incubi gli si materializzavano ai lati. Come aveva già detto, la paura appianava tutte le differenze sociali…

“ma che cosa…”

Si stupì quando la vide mettersi in ginocchio e con le braccia incrociate sul letto , improvvisamente sveglissima, infagottata in una t-shirt decisamente troppo grande per lei e…decisamente troppo verde smeraldo. Era un colore che a parer suo era fin troppo ricorrente : verde la trapunta, verdi le tende del baldacchino, verde la maglietta. Non ultimi, ad essere verdi erano anche i suoi occhi.

«mi hai aspettato alzata? Sono lusingato» la prese in giro «credo che tu ti renda conto del fatto che non cambierà di molto la tua situazione. Sono in grado di spaventarti anche da sveglia, e con molta facilità».

La bambina non fece una piega, limitandosi a scrutarlo con una freddezza che su quel visino tanto dolce stonava maledettamente.

E, si rese conto, da lei sentiva provenire solo un minimo accenno di paura.

Strano.

E niente affatto positivo.

«il mio papà mi ha detto» esordì lei a sorpresa «che chi di notte non ha di meglio da fare che andare a spaventare i bambini è patetico. Quindi tu sei patetico».

Parole che lo lasciarono a bocca aperta, oltre che seccarlo oltremodo , perché farsi insultare da una bambina di nove anni non era qualcosa di accettabile.

«ah davvero…»

«patetico e vigliacco, perché un adulto che se la prende con i bambini è vigliacco, e a me i vigliacchi non piacciono. E soprattutto non mi fanno paura. Tu» lo indicò «non mi fai paura. Il mio papà ha detto che non devo averne, perché io sono una Lancaster, e quindi “io posso”, e tu no. Mi ha dato fiducia».

Così piccola e già così arrogante! Non osava pensare a come sarebbe diventata da grande. Ma checché ne dicesse provava ancora paura -seppur pochissima- e dunque lui non era ancora totalmente sconfitto.

«il tuo papà a quanto pare ti ha detto tante cose, Emerald, ma sono tutte sciocchezze. E la fiducia che dici ti ha dato, non ti servirà assolutamente a niente con me. Resti sempre una bambina indifesa».

La vide cercare qualcosa tra i cuscini. Cosa le aveva dato il padre o chicchessia, un orsetto di peluche? Povera piccola ingenua bambina! Era qualcosa di talmente divertente che anche i due Incubi di fianco a lui sembravano avere un’aria canzonatoria, mentre iniziavano a trottare vicino al letto.

«sicuro? Perché il mio papà, oltre alla fiducia, mi ha dato anche un fucile» rispose la bambina in tutta tranquillità, tirando fuori da sotto i cuscini qualcosa di molto somigliante ad un fucile leggero in miniatura, alzandosi in piedi sul letto  «con una cosa che si chiama “silenziatore”».

E fu in quel momento che quel poco di paura che l’Uomo Nero sentiva provenire da lei, contrariamente a come avrebbe dovuto essere, svanì del tutto.

Pitch si rese conto che probabilmente aveva appena fatto una faccia assurda, ma riacquisì immediatamente compostezza, mostrando un sorrisetto di sufficienza. Dopotutto quello non poteva essere che un fucile giocattolo di quelli che si trovavano nei negozi. Molto ben fatto invero, ma altrettanto inutile. Vero, lei non era spaventata, ma poteva sempre provare a generare nuovamente paura in lei con i due Incubi e qualche illusione. «ahahah…quel fucile giocattolo è ancora più inutile della fiducia di tuo padre!»

E fu a quel punto che la nottata toccò il culmine dell’assurdità.

«non è un giocattolo».

Tutto si svolse in pochi secondi: la bambina prese la mira e ka-blam!...sparò in testa ad uno dei due Incubi, che si disgregò con un nitrito di dolore. E prima che Pitch riuscire a fare qualsiasi altra cosa oltre all’allibire come poche volte nella propria lunga vita, ka-blam! Ecco che Emerald fece fare la stessa fine anche all’Incubo alla sua destra! Altro che giocattolo, quello era un fucile vero, e adesso era puntato contro di lui!

“che razza di padre è uno dà in mano un fucile carico ad una bambina di nove anni?!!” pensò sconvolto, indietreggiando, ignaro del fatto che ad ogni Lancaster di discendenza diretta veniva insegnato ad usare le armi da fuoco appena raggiunta l’età per capire e la forza sufficiente per reggerne il peso.

«i-infatti non è un giocattolo, Emerald, quindi adesso mettilo giù» le disse, sapendo che credendo in lui, se  gli avesse sparato e lui non fosse stato lesto a diventare intangibile riparandosi nell’ombra, Emerald avrebbe avuto il potere di colpirlo «o potresti finire a farti male. Da brava, metti giù quel fucil-eeeh!!!» gridò, quando lei gli sparò a meno di un centimetro dai piedi «ma sei matta?!»

«vai via subito, o sarai tu che ti farai male perché la prossima volta ti sparo davvero. Capito?»

«non-»

«capito?!»

«lascia che te lo dica, il tuo è un padre a dir poco degenere!»

Non l’avesse mai detto!

«non insultare il mio papà!» esclamò Emerald, sparando altri due colpi, stavolta circa all’altezza delle ginocchia. Se non fosse stato per i riflessi pronti e la sua capacità di dissolversi sicuramente l’Uomo Nero sarebbe finito impallinato! Ma che razza di bambina era quella, che maneggiava un fucile come un bravo cacciatore?! Dov’erano finiti i bambini di una volta, che morivano di paura appena lo vedevano uscire dall’armadio?! Possibile che adesso dovessero essere tutti disillusi o pazzi psicopatici come quella lì?!

Vedendo la malaparata Pitch si spostò verso la finestra e la attraversò, cadendo in groppa ad Onyx.

«via di qui! Questi Lancaster sono pazzi!» disse, spronando Onyx ad allontanarsi velocemente.

Ma non abbastanza perché due proiettili non riuscissero a passargli vicino, a pochi centimetri dalle orecchie.

«E NON TORNARE MAI PIÙ! MI HAI SENTITA?! MAI PIÙ!» sentì urlare Emerald da sotto.

“guarda, su questo non c’è pericolo!” pensò Pitch, che non aveva assolutamente intenzione di riavvicinarsi a quella villa per alcun motivo.

Che nottataccia.

“andiamo a cercare qualche bambino con genitori meno pazzi. Quel novenne di Belfast, per esempio…”

 

***

 

«l’ho spaventato papà! Non tornerà più!» sorrise Emerald, tutta contenta.

“avremo rovinato i mobili, ma se smette di avere incubi ne sarà valsa la pena” pensò Howard Lancaster.

«molto bene!»

«ti ha pure insultato. Ha detto che sei un genitore degenere perché mi hai dato il fucile, come se non fossero tre anni che hai iniziato ad insegnarmi ad usare armi da fuoco, ti rendi c-»

«Howard Hogan Robert John Lancaster, dimmi che non hai dato a nostra figlia di nove anni un fucile senza che tu fossi lì a sorvegliarla!»

Ops.  Janice aveva sentito.

«ma mamma, guarda che io so usarlo!»

«mi sai dire a che accidenti ti serviva?!»

«Janice, le serviva per spaventare l’Uomo Nero! Le paure vanno affrontate…nessuno si è fatto male, e la nostra principessa non avrà più incubi, che è la cosa più importante!» replicò Howard.

«MA SIETE COMPLETAMENTE PAZZI?!!» gridò Janice «l’Uomo Nero! Ma per piacere! E tu le hai dato un’arma carica in mano per sparare a qualcosa che non esiste!!!» strillò, lanciando al marito la prima cosa che le capitò sottomano.

«ma sì che esiste!» si intromise Emerald «solo che adesso qui non tornerà più senz’altro».

«taci tu!!!»

Lancaster. Tutti pazzi!

   
 
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