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Autore: Xau    19/02/2015    2 recensioni
In un mondo in cui le emozioni sono prive di valore, sarà uno Spirito dei Sogni a risvegliare il cuore di una Forgiatrice, l'ultima rimasta di una stirpe di strane ragazze che creavano felicità. Una felicità, però, vuota.
Attenzione: la storia contiene scene di nudo/svestimento senza connotazione carnale.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Per chi ha letto la storia prima del 2015/03/11: la storia è stata migliorata a livello grammaticale correggendo parole scritte male e accenti. Per chi scrivesse le recensioni basandosi su "vecchie letture", prego di rileggere il testo prestando attenzione alle aree che ha maggiormente incriminato.


Quella stramba torre, luogo di segreti, è un insieme di meccanismi dal metallo bronzeo. Rispetto alle nuvole che strisciano sull'infinita tela del cielo, rappresenta solo una punta radicata nella terra, arsa dal sole, illuminata dal cielo, carezzata dalla brezza salsedinosa che il piatto oceano poco lontano lancia verso la costruzione.
Il tempo passa e quella torre meccanica continua a muovere i suoi cerchi dentati, facendo girare la sua anima in una ninna nanna eterna, senza tempo.
Una sagoma nera, tunica scura da viaggio, minuscolo punto lungo la costa macchiata da vegetazione agitata dal vento incostante, passo lento dopo passo lento arriva davanti all'edificio e arresta il cammino.
Rimane a contemplare un paesaggio vuoto per ancora brevi attimi, prima di dar fioritura alla sua voce chiara, graffiata solo appena da segni di un'età non trascurabile e dalle energie perse nell'arrivare fin qui.
- Ragazza di nuvola dagli occhi di luna,
ragazza di stella dai capelli d'argento,
guardiana di voci a cui pace dona.
Sei colei che di seren sorriso,
dolce come del ponente il vento,
può segnar tale sul mio viso?
-
Il viaggiatore dai tratti nascosti attende senza minimamente scomporsi. La sua attesa viene ricompensata prima da un sospiro proveniente dalla torre, in seguito da una femminile e giovane voce, portata dalla brezza serpeggiante.
- Non esitare che sono io, nascosta fra di voi e tremolante -
A tali parole, ali stilizzate alla base della torre si muovono lente facendo scoprire un ingresso presieduto da una statua candida come la neve dei tempi freddi, che accompagna il viaggiatore ancora debitamente avvolto dalla tunica lungo il corridoio. Solo dopo aver salito diverse rampe di scale avvolte in corridoi pieni di ghirigoriche decorazioni, ruote, acchiappa-sogni e amuleti, superando un altrettanto decorato ingresso, la statua s'inchina leggermente, abbandonando il viaggiatore in un salone che si affaccia all'esterno grazie ad ampie finestre.
In mezzo a bambole, pupazzi, giocattoli metallici, strane sfere nere e altre decine di amuleti, una ragazza dai lunghi capelli grigi e completamente immobile sembra non prestare attenzione al viaggiatore sconosciuto.
I suoi occhi sono immobili, le pupille iridescenti sembrano spente.
- Avvicinati, visitatore, che riporterò vigore alla tua anima -
Non si muove minimamente mentre la voce dal tono freddo dichiara per l'ennesima volta quella frase.
Il visitatore leva il cappuccio, facendo scoprire il volto di un ragazzo dalla pelle stanca e dagli occhi lattescenti. E' differente dalle altre persone, popolo umano che pensa solo alla propria felicità. Questi sembra quasi sfuggente ed etereo.
Lui non sorride, ma lo fanno i suoi occhi, che seppur sporchi da una strana età di vecchiaia e giovinezza, stanchezza ed energia interiore ricca di battiti, irradiano una forte sicurezza.
- Voi quindi siete la Forgiatrice di sorrisi? -
- Si, quanto è vero che voi siete davanti a me -
Lui non presta attenzione alla forzata piattezza di quella voce femminile. Guarda fuori dalla finestra dal vetro ocra, che stacca la bianca luce dell'esterno da quella meno invadente delle candele che si consumano nel buio della stanza.
- Ho da chiedervi una sola cosa. Una chiave -
Lei, forse per la prima volta dopo lune, alza la testa, facendo scostare involontariamente i capelli da un collo sottile e da un corpo che sembra quello di un'insignificante e altrettanto fragile bambola.
- Cosa ha il potere di aprire, o di chiudere, tale chiave? -
- Cosa da voce ai battiti del petto? -
La risposta alla domanda della Forgiatrice è un'altra domanda, che sembra quasi amplificare un mistero dall'aria stramba.
Lei non pone altri dubbi. La mano dal polso esile e dalle dita fragili e sottili si allunga a porgere una chiave di vile metallo. E' un po' arrugginita, decorata da motivi spiralati floreali e laddove cozza contro rudi martelletti nel manovrare una serratura mai vista, c'è un solo indisturbato dente, senza segni di usura oltre a quelli del puro tempo che segna ogni cosa.
Lui prende la chiave e la mano si nasconde immediatamente sotto la tunica. L'altra mano pone una moneta di puro oro davanti agli occhi della ragazza. La parte più inattesa di quella visita è però l'ultima azione di quello che crede semplicemente un'altro ragazzo.
Una piccola caramella al cioccolato è posta vicino alla monetina.
Lei sa bene che ad una Forgiatrice non si può donare del cibo. Eppure non ha il coraggio di dire questo al ragazzo, che si rimette prontamente il cappuccio ed esce.
Differentemente da altri popoli, come i ricchi Aslanpha dell'ovest, o i Zhalaze da sud-est, il giovane marcia a piedi. Il territorio, di cui la torre solo un insignificante segno, è una distesa naturale, un'areale ripurificato, che schiaccia le distopiche metropoli in un'area complessivamente appena qualche decimo l'intera superficie del globo, maggior ragione per cui i veicoli veloci come libellule troppo cresciute sorvolano frequentemente l'area. La Forgiatrice cerca loro la felicità.
Ma il contrario? La felicità raggiungerà l'anima vuota di quella ragazza così fredda?
Lui, ragazzo stanco, non ha nome vero, non ha casa. E' come un nomade, che viaggia di punto in punto, attorno ad un enorme cerchio il cui percorso si fa in un tempo equivalente a quello di una generazione. Ma lui non è morto viaggiando, così come le forgiatrici di sorrisi, ultime e sacre guardiane, son morte stando ferme. Lui di generazioni ne ha vissuto cinque. Lei, si narra in anemici racconti di steppa, forse il triplo, se non oltre.
L'insenatura verso settentrione riempie di una sensazione gradevole e familiare il ragazzo, mentre proseguendo lungo la bassa parete intravede la grotta dove vive da qualche giorno a questa parte. Alna, come pianeta, ha cicli molto lenti: avrà tempo qualche giorno ancora prima che la zona dove si è stabilito venga dominata dall'acqua. Non si tratta di qualcosa di tremendo, ma ritrovarsi bagnati fino al bacino non facilita la vita.
Arriva laddove il focolaio sbrina l'atmosfera sempre più fresca, liberandosi della tunica.
La chiave, però, è una cosa preziosa, come un tesoro di leggenda.
La bassa marea lascia scoperta un'ampia zona di spiaggia liscia come seta, dalla sabbia bianca. Il tramonto inizia a dare dono del buio alla falce grassoccia della più piccola delle tre lune, Enos, che in un tempo breve è l'unico guardiano del cielo insieme a tremolanti stelle.
E' allora che il ragazzo rinnova la sua immagine. Sotto le stelle e abbracciato dalla fievole luce delle fiamme, diventa un fantasma di luce, un bambino fatto di sospiri, che cammina sulla sabbia senza mai effettivamente toccarla.
Immateriale, come le emozioni sfuggenti. Ma tra profonde sensazioni, sente ancora un vuoto, come una sorta d'oblio.
Per questo ha la chiave, che riesce a sbloccare una sola invisibile e nascosta serratura.
Tale tempo di energia fu l'epoca in cui l'uomo era migliore, una società unita, ma priva di sentimenti. Tali sentimenti iniziarono ad animarlo ed esso, la persona, sentì e capì, ascoltò e provò. Con il dono delle sensazioni, ebbe il dono della diversità.
Tale diversità portò alla differenza, differenza portò al confronto, confronto portò all'infelicità.
Fu allora che le Forgiatrici, somme maestre della psiche, scesero apparendo da dove si illuminavano le stelle.

Il bambino tiene in mano un libro ingiallito e debole di rilegatura. Non ha titolo, nello stesso modo in cui lui non ha passato. Ricorda solo che qualcuno, all'apparenza gracile e silenzioso come lui, gli ha donato tale libro.
Non è un libro della vita, ne di un viaggio. Sembra anzi un racconto che batte passi sullo stesso luogo. Come la felicità unilaterale. Con la luce della luna riacquista, ancora una volta, le forze perdute. Solo da dove iniziano parole scritte da lui stesso sulla nuda carta, allora sprizza qualche emozione, qualche valore, piccoli passi in avanti.
Ha viaggiato da una Forgiatrice all'altra, sondando la loro anima e trovando nient'altro che vuoti echi.
Come nebbia, corre lungo la costa, lanciando rivoli di vento in mezzo alla notte.
Entra nella torre della Forgiatrice senza minimo suono e arriva laddove l'ha trovata: in mezzo a mille doni, addormentata e immobile tanto da potersi percepire il suo respiro tremolante e quasi in procinto di svanire in ogni attimo.
Ti prego, Forgiatrice, fammi alloggiare nella tua mente... Come altre forgiatrici hanno fatto.
E promettimi... Fammi trovare un briciolo di te, anche una semplice lacrima.
Chiude gli occhi e attraversa come una piccola luce i capelli crespi della Forgiatrice.
Per qualche secondo sembra uno spirito dei sogni, esattamente quei sogni che l'uomo, ancora fresco nello spettro delle sue emozioni, creava e dava fondamento.
Il rimbombo è forte, spezza l'opprimente silenzio di uno spazio freddo e gargantuesco che forma la mente della Forgiatrice. Tale spazio è grosso, enorme, infinito, da la nausea. Non c'è la volta e non c'è la terra, non c'è cosa e non c'è colore.
Lui, ha visto l'ennesima assenza di forza.
Anche lei è senza anima e desiderio, vuota, silenziosa.
Quel bambino speranzoso cade a terra, piangendo silenti lacrime di tristezza e di rabbia, che affogano in una sabbia informe e ghiacciata.
- No. Tu eri... Così bella, mia Forgiatrice -
Si ripulisce le lacrime e si rialza, ma non vuole uscire. Inizia a camminare perdendosi in un buio senza confine, dove solo un frammento di cielo rischiara il panorama.
Cielo macchiato da bianche nuvole estive.
- Cielo? -
Si avvicina alla crepa, notando come sul margine di un'invisibile muro sfondato si trovi una caramella. E' uguale a quella donata da lui alla ragazza.
Una goccia di ricordi, creata nella sua mente, aveva iniziato ad animare il vuoto, che si interrompe proprio dove l'immaginario cielo scalda un prato verde, interrotto solo da un pioppo. Come nebbia il bambino penetra attraverso la crepa e si poggia sul prato, sentendo ogni filo d'erba. E' la prima Forgiatrice ad avere una mente così semplice e vuota, ma di un vuoto meditativo. Oltre il freddo, arriva una piccola zona di pace, ed è lì che trova la vera ragazza, inconsapevole dell'esistenza di una zona vuota e paurosa oltre la crepa.
- Si è riparato... -
Il giovane inarca un sopracciglio mentre osserva che laddove c'era la superficie segnata dalla pezza di buio ora è presente solo semplice aria, che sovrasta un prato che continua in ogni direzione. Si avvicina al pioppo, le cui foglie cardioformi si muovono al vento con il loro caratteristico ondeggiamento altalenante, facendo per un attimo perdere fra le loro venature fibrose lo sguardo opaco lanciato dalle enigmatiche pupille del bambino.
- Tu chi sei? -
Una voce sottile lo fa girare. E' una figura simile alla ragazza Forgiatrice, più giovane.
- Io sono Anephe, come ti chiami? -
Di nuovo, la voce della piccola spezza il sussurro del silenzio. Un sorriso le illumina il volto. E' l'unica fra quelle a dare felicità a essere felice a sua volta: una cosa ironica, considerando la loro natura.
- Io... Io sono uno spirito dei sogni - : lui la osserva avvicinarsi.
- Quindi sono addormentata? -
Il giovane nota per un attimo la sua ingenua e interrogativa espressione.
- Sei nel posto migliore che la tua mente può creare -
Lei compie strane espressioni di meditazione che si animano in uno spettro di emozioni, come solo una bambina può creare.
- Ma questo non è il miglior posto in cui sono... Io sono ferma nel tempo... -
Lui alza le sopracciglia e come richiamato da una piccola voce interiore, scruta l'orizzonte.
Nota allora che il prato, seppur illuminato, risulta infinito e altrettanto piatto di variabilità quanto il precedente ambiente.
- Cosa significa ferma nel tempo? -
Non fa in tempo a rifissare la bambina che lei inizia a trasformarsi in polvere di luce.
- Anephe! -
Lei chiude gli occhi.
- La mia mente... E' triste... -
Lui sgrana gli occhi. All'improvviso, come in un'ultima disperazione, scatta allontanandosi. Laddove prima era presente il muro, trova la caramella, non ancora scomparsa ma semplicemente caduta a terra: è un ricordo troppo vivido per evaporare come luce d'aurora.
La prende e la mette in mano alla mano ancora intera di Anephe. Lei si dissolve, portando con essa anche il dolcetto.
- Te ne prego, non andare! Anephe! -
Non riesce a fermarla. Come un ricordo troppo debole, svanisce nel nulla, soppiantata da altra aria di un paesaggio onirico. L'albero continua a rimanere lì, senza cambiare, come sempre lasciando la sua chioma in balia del vento.
Sta capendo. La Forgiatrice è debole, perché la sua mente la rigetta. Si respinge da sola, come per voler desiderare che non esistesse. Non è forse questo?
Lei è lì, ha un'ineffabile sensazione nel petto. Segue l'intuito e procede in una direzione apparentemente casuale, camminando per un tempo lungo.
Ma sa che lì c'è qualcosa. La conferma dei suoi sensi si presentano davanti a se: Anephe bambina, eterea, come una sagoma di ombre chiare, è distesa sull'erba.
La prende, capendo che è priva di sensi, cammina portandola sulle spalle per altro tempo, fin dove un muro a specchio che scompare nel cielo non gli blocca la strada.
- Cadi giù, che i sogni son forza -
Alle parole di quel ragazzo spirito dei sogni, numerose crepe traversano tutta la superficie del muro, fin dove occhio riesce a scorgere minimi dettagli.
Si liberano quasi immediatamente fuori dalla testa della vera Anephe. Appena il suo omologo mentale più piccolo lascia il corpo, un profondo sospiro anima il corpo adolescenziale e allo stesso tempo puro della ragazza.
Con fatica riascquisice una parziale materialità il ragazzo, come al seguito di ogni scandaglio psichico. Imbocca le scale e fiducioso nella piccolezza della struttura, risale i gradini a tre a tre, quasi come volesse evadere portando Anephe in posti lontani. L'ultimo piano della torre meccanica è un'ampia cupola vetrata: l'unica fonte di luce é rappresentata dalle stelle.
Poggia Anephe sul soffice tappeto di brullo tessuto, vicino al telescopio la cui polvere indica un suo lungo inutilizzo. Quindi, stringendosi sulle ginocchia, attende.
E' oramai venuto l'intoccabile e scuro cuore della notte quando la sfumata bambina apre lentamente gli occhi. Lui, per la stanchezza, inizia a perdere la sua già sfuggevole fisicità.
- Ehi, tu... -
- Anephe -
- Perché, perché sono fuori dal mio corpo? Come mi hai tirato fuori? -
Lui, malgrado stanco, è felice. Indica la volta stellata.
- L'ho detto che sono uno spirito dei sogni, ed ero quello che in passato portava felicità alle persone, così come attualmente lo stai facendo tu. Ti ho tirato fuori perché vedessi le stelle con occhi veri di innocenza -
Lei allunga la mano quasi a toccarli, ma la ritira subito.
- Spirito dei sogni... Quale valore hanno le stelle per la gente? Loro non vedono che loro stessi, la loro felicità... -
Lui si stende. Di ogni stella ne sa il nome: nome da donna, nome da uomo, da bambino, da spirito, nomi di storie e di città, nomi strani, nome corto, da una sola lettera.
- Anephe, quando l'uomo provava emozioni spontaneamente, col piacere di incontrare le persone per valori di amicizia e di gentilezza, provava sogni. Ogni pargolo, da piccolo, sceglieva la propria stella, dandole il nome. E quel nome faceva scaturire uno come me, un guardiano dei sogni, che portava tale nome per tutta la sua esistenza. Col tempo, mentre i sogni morivano, persi il mio nome, la mia casa. Adesso, perché vuoi portare felicità alle persone egocentriche...? -
- Perché, per un attimo... Possono fare spontaneamente qualcosa che a me porta molto dolore, sorridere -
Lei gira la testa, nascondendo la faccia fra i capelli. Senza che la veda nessuno, piange silenziose lacrime. Le spalle mosse da lievi scossoni vengono sovrastate dalle mani del ragazzo. Lei non lo ferma nel cingere le mani in un abbraccio. Lui infila delicatamente il naso fra i suoi capelli, percependone l'odore. Odore di pura e semplice aria.
- Allora ti aggrappi a qualcosa di freddo. Il vuoto nel tuo cuore si nutre di altro vuoto -
Lui risponde ad Anephe avendo ancora la faccia fra i suoi capelli.
- Sei in grado di uscire sotto semplice forma spiritica? -
- Si - : risponde lei con voce strozzata : - La torre finché risuona dei battiti mantiene il legame fra me e il mio corpo -
Lui proferisce un'unica parola.
- Andiamo -
Lei si fa prendere per mano dal ragazzo. I due salgono levitando attraverso una delle finestre che formano la cupola, poggiandosi su una delle piccole guglie in miniatura che circondano il bordo dell'ampia vetrata emisferica come costruzioni di un panorama futuristico.
Lui fa accomodare Anephe, poi trova anche lui posto per sedersi.
- Senti il vento -
Lei lo guarda perplesso: - Il vento? -
Lui guarda all'orizzonte, dove la distesa dell'oceano che da verso ponente fa perdere i dettagli delle sue onde nelle braccia del buio.
- Esatto, il vento. Sa calmare molto bene. Si è sereni ascoltando la voce dell'ambiente che ci avvolge -
Lei osserva dubbioso il ragazzo, poi cade in un lieve torpore. Solo dopo qualche tempo, si accorge che il rumore delle onde e i sospiri appena accennati della brezza tiepida la fanno sentire sospesa nel nulla, priva di ogni pensiero.
- Come fai a essere così rilassato, ragazzo? -
I lungi capelli fatti di nuvole si dissolvono senza mai consumarsi alzati e mossi dal vento mutevole.
- Ho imparato ad attendere. Solo allora ti sorprendi di quanto veloce passi il tempo. Tutto si riassume a volere semplici cose. Sopratutto in compagnia di una persona che ti fa sentire felice, la tua voglia di avere, di raccogliere tutto, si spegne -
Lei non ha il coraggio di guardarlo negli occhi, perché sa che incrociando lo sguardo del ragazzo, vedrebbe una calma oramai rara: la calma di essere felice.
Sbloccata dal suo vero corpo, si sente più libera. C'è quindi qualcosa da capire riguardo alla richiesta di oggi di quel ragazzo.
- Sei tu quello che mi ha chiesto una chiave? -
Lui sorride appena.
- Si, sono stato io ad avere desiderio di una chiave -
- Ma non ho mai capito a cosa ti serve, non mi hai mai detto il motivo... -
Lui alza la mano, facendo scoprire il piccolo oggetto di metallo alla luce del cielo notturno.
- Una chiave così semplice e poco appariscente ha un grande potere. Un potere che forse nemmeno i suoi creatori comprendono -
Lei gira la testa, per istinto di allontanarsi da frasi che sembrano scavarla nel profondo. Non dice niente, anzi, vorrebbe che lui dicesse qualche altra parola. Un senso di profonda e ineffabile solitudine pervade tutto il suo nebuloso corpicino.
Per la sua felicità, lui continua con un'ultima frase.
- Non hai sentito quanto è delicato l'odore del mare stanotte? Il sale non pizzica come accade normalmente... -
Lei abbozza appena una conclusione.
- Si... E' piacevole farsi avvolgere... dalla semplice sera. Rientriamo, per favore? -
Lei non riesce a capacitarsi: è la prima volta che uno supera la piattezza dell'egoismo e arriva a parlarle. Si sente strana, quasi scoperta. Lui capisce lo sguardo perso della bambina, e decide di riaccompagnarla dentro attraverso la finestra a cupola aperta, ma non prima di rivolgere un bacio al cielo.
- Cosa hai fatto? -
- Ho salutato le stelle - : risponde il giovane sorridendo : - Il bacio della buonanotte.
La riaccompagna fin dentro la sua mente, creando lui stesso una stanza protetta, con pareti pitturate di stelle e lune e con un grande giaciglio dove lei possa stare serena.
Un carillon risuona nell'angolo la sua voce di plettri, intonando una canzone meditativa.
- Ho creato questo spazio affinché possa sentirti sicura dentro uno spazio piccolo e accogliente. Non continuare a perderti in aree infinite di buio o troppa luce -
Lei è preoccupata nel veder allontanare quello spirito dei sogni.
Lui prima di scomparire dissolvendosi, le dice una poesia da intonare nel caso abbia paura.
- Ragazzo di nebbia,
ragazzo di sole,
non abbandonarmi
nel mio dolore
-
Dopo quest'ultimo verso, del ragazzo non rimane che l'impressione mentale.
Lei si sente bene dentro uno spazio piccolo. Non esistono più prati senza fine sovrastati da cieli vuoti.
Lui viaggia silenzioso, fino a ricongiungersi al suo corpo materiale.
Lei ha fatto un passo che nessun'altra ragazza donante la felicità ha mai fatto.
Il giorno seguente, la voce del sole scandisce il tempo di ricevere nuovi bisognosi di falsa felicità, che in cambio donano altrettanto sinceri doni di ringraziamento.
Persone vuote, con occhi spenti.
Verso metà giornata, uno dei momenti in cui l'affluenza è minima entro l'orario in cui la Forgiatrice può ricevere, sente i passi di una persona incredibilmente leggera, tanto da essere più silenziosa della statua alata che è a guardia dell'ingresso alla torre meccanica.
- Buongiorno, ho un favore da chiedervi -
Lei, davanti alla figura del ragazzo, rimane impassibile come consuetudine, ma dentro il suo petto, qualcosa di bloccato e freddo si tumulta d'improvviso.
- Ditemi - : risponde lei con l'impassibilità che la caratterizza.
- Chiedo, per la mia felicità... -
Interrompe la frase, togliendosi il cappuccio e facendo scoprire, dietro le consunte bende con cui protegge la faccia, il viso rugato di un giovane dai sereni occhi candidi ed opachi.
- ...che voi veniate con me -
Lui indietreggia lentamente, emanando qualcosa che spinge lei ad alzarsi, smuovendo articolazioni deboli e nascoste da miriadi di regali senza valore. Traballa nel tentare di mettere il suo corpo sottile in equilibrio, sembrando un angelo senza ali che avanza stanco.
I capelli le serpeggiano anemici, come fibre di un soffio bianco e screpolato, nascondendo in parte la sua faccia.
- Ci sei quasi -
Guidata dalla voce rasserenante del ragazzo, allunga la mano. Le dita leggermente artritiche dello spirito dei sogni avvolgono come quelle di un nonno innamorato quelle insicure e timide della ragazza.
Mano nella mano, lui la porta sulla spiaggia, dove lei necessita di respiri profondi per riabituarsi alla vista così ampia che si offre sull'oceano.
- E' così grande il mondo... Per questo non sei uscita? Questo deserto in cui la tua torre appare come un guardiano ti sembra quasi... come una distesa di ricordi vuoti, vero? -
La guida verso un modesto rilievo a qualche centinaio di passi dalla torre, facendola accomodare sul versante che da luogo di riposo in direzione degli argentei guizzi delle onde del mare. L'incavatura creata nella brulla superficie macchiata dalle piante coriacee e agitate dal vento sembra quasi una sorta di nascondiglio.
Lei è sperduta nel frattempo che siede vicino al ragazzo, avendo sensazione della sabbia calda sulla pelle bianca, protetta solo dal vestito altrettanto candido che la avvolge a vestirla come una figlia delle nuvole.
- Anephe, l'ultima -
- L'ultima cosa? -
- L'ultima forgiatrice di sorrisi, le altre non ci sono più, sono morte nella loro vuotezza -
Lei abbassa subito lo sguardo. Lei sarebbe morta, stretta nella morsa del silenzio nel suo petto.
- No, non è vero, io non voglio morire. Io... Sento qualcosa -
La ragazza si stringe la mano al petto, ma quasi immediatamente la ritrae come se le avessero schioccato dolorosamente le dita.
Lui nota questo gesto improvviso, ma non se ne preoccupa. Prende la chiave e inizia a girarla fra le dita. Inspira profondamente, anche per richiamare le attenzioni della giovane.
- Ho avuto a che fare con tutte le Forgiatrici, proprio tutte. Scandagliavo le loro anime, vedendo solo vuoto e buio. Infinito, proprio come l'ho incontrato dentro di te. Ogni volta parlavo con loro, ma non avevano sensazioni, ne emozioni, ne aspettative. Vivevano solo per la felicità di altri. La mattina le salutavo, ed entro la notte, ogni speranza svaniva. Solo una è riuscita ad andare avanti, quest'unica sei tu -
Lei non riesce ad esprimersi e si limita a poggiarsi sulle sue spalle.
Lui le toglie leggermente i capelli dal viso.
- Ho solo bisogno di una cosa -
L'unica parola che segue e che conclude tutto la colpisce con tutta la forza che può capacitare una voce di spirito.
- Svestiti -
Lei sgrana gli occhi davanti al ragazzo. Lei è una Forgiatrice, ma questa richiesta... è unica.
Nessuno la può vedere completamente. Ma lui ha proferito una richiesta, lei la deve completare.
Davanti ai suoi occhi, indebolisce i nodi che tengono unite le falde superiori della sua tunica, liberandosi del tessuto che la copre. Il corpo fino al bacino è ora completamente nudo, decorato solo dai capelli lunghi.
Il ragazzo poggia le mani sulle sue spalle, notando che trema come se l'inafferrabile vento le dettasse i movimenti. Lei non riesce a nascondersi dietro le fragili braccia.
- Non ti preoccupare... - : dice prima di sfregare delicatamente le dita sul collo sottile della ragazza. Il tocco è come una piuma. Difficilmente smette di tremolare.
Lui scende con le dita dal tocco garbato lungo la clavicola, poi si ferma. Sente una catena che cinge il busto della giovane donna, poi ne percepisce un'altra. Sono invisibili, ma premono e stringono inlividendo le carni. Conteggia ogni maglia fino ad arrivare sul seno sinistro, proprio all'altezza del cuore.
- Per un cuore semplice, si ha bisogno di una chiave altrettanta modesta - : lui guarda Anephe negli occhi, sorridendo.
Lei non ha il coraggio di staccare lo sguardo da quegli occhi così rilassanti.
Il ragazzo, fra le mani, tiene un invisibile lucchetto reso cieco agli occhi umani per l'impassibilità che hanno portato alla ragazza, spegnendola lentamente.
Nessuna parola.
La chiave decorata e un po' arrugginita gira nel meccanismo, che risuona di uno scatto.
Le catene, a decine, abbandonano le loro forze nella stretta che le ha rese longeve, diventando visibili e colorandosi di un tono scuro e ossidato. L'ultimo ad apparire gli occhi dei due è il lucchetto a forma di cuore, le cui decorazioni sono consumate dal tempo.
Quel macchingegno, che ha bloccato il cuore di una persona per così tanto tempo, è ora abbandonato nella sabbia che pian piano la sotterra come per punirla della sua funzione.
Lei è investita da uno scossone e nasconde la faccia per frenare le lacrime che spingono per uscire, per sfogare la loro forza di poter far piangere qualcuno.
- Io... Io ora sento... E' il mio cuore... - 
Grande è la forza di una lacrima mentre riga il viso e affoga nella terra polverosa.
Questa prima lacrima è seguita da altre, che segnano e bagnano le guance di Anephe.
E' triste, è felice, è demotivata, è forte, è divertita, è sentimentale. Ogni emozione le inonda ogni briciola del corpo. Alla fine, l'ultima emozione non è una piccola goccia, ma un sasso che fa tremare tutto lo specchio d'acqua.
Si poggia contro il petto del ragazzo, piangendo e ridendo, come a liberare tutte le emozioni intrappolate per così tanto tempo.
Lui la abbraccia. Lei non riesce a fermare il pianto di felicità che rende acquosi i suoi occhi.
Questa esplosione proveniente dal suo cuore la rende quasi ubriaca: si alza e guarda insistentemente negli occhi il ragazzo spirito.
- Ti prego, non andare... -
Ma il carico di tutto questo sul suo corpo liberato è notevole, rapidamente stancandosi e abbandonandosi ad sonno profondo.

E' il momento in cui la sera volge la faccia al mondo e il sole ne volge la schiena. Gli ultimi soffi di luce del caldo astro spingono colori pastellati attraverso le nubi sottili e cirrose.
Anephe riesce con fatica a svegliarsi. Non si trova in mezzo alla catasta di oggetti senza valore che chiamano "doni", ma sul letto che sembra un guardiano dell'ampia finestra che da benvenuto al tramonto ad entrare nella stanza. E' completamente nuda, coperta dalla stessa tunica che è stata rimboccata da premurose mani.
Si alza boccheggiando, mentre i battiti del cuore sono sempre più vividi. Sente un vuoto strano, come se a lei mancasse a tal punto qualcuno da sentirsi male.
Il ragazzo, lo spirito dei sogni, dove sta?
Si avvolge nella tunica, volgendola a spirale come un ampio lenzuolo -ha la stessa forma- e legandolo con un ben calcolato doppio nodo al fianco sinistro.
Esplora tutti i mistici e decorati ambienti della torre. Per ultima tiene la stanza superiore all'ultimo piano, dove in passato era solita osservare le stelle e raccontare di sogni mai avverati o consolati. Su un carillon a disco trova un messaggio, scritto con lettere dai fini e fantasiosi ghirigori.
Non cercarmi, che sono solo un'illusione.
Ricomincia a vivere, ama, sorridi, piangi,
che il tuo cuore ha la pura voce dei battiti.
Addio, giovane Anephe.

Lei scorre le parole ad una ad una, rilegge il biglietto. Indietreggia e quasi inciampa nel percorrere tutte le rampe di scale per uscire. Si gira verso la statua che guarda l'ingresso dove, stranamente, non è presente nessuno: alcun viaggiatore viene a chiedere una minima fonte di felicità a lei.
- Dove è il ragazzo viaggiatore? -
Alla domanda, la statua fa una semplice negazione con un gesto della testa.
- No? No, cosa? Non hai visto il ragazzo? -
Lei guarda la ragazza negli occhi, indicando poi una vaga direzione verso la linea del bagnasciuga, verso settentrione.
- A nord? E' andato a nord? -
La statua nega una seconda volta.
- Allora cosa ha fatto se non è andato di là. E' scomparso? -
La statua annuisce leggermente, poi indica di nuovo in quella direzione.
- Non... non c'è più? -
La statua alata annuisce, notando lo sguardo perduto della giovane.
Anephe decide di allontanarsi e presto i suoi piedi vengono toccati dall'acqua che si trascina sulla sabbia, inumidendola. Il sole è oramai scomparso sotto l'orizzonte, quando ancora prosegue nella frescura dell'ultimo pomeriggio, arrivando ad un'incavatura.
Dentro una caverna, nota ciò che rimane di un falò, poi un libro dalla copertina consunta.
Lei prende il tomo, aprendolo e notando i caratteri stampati, piccoli e addossati. Dopo aver sfogliato due terzi del libro, un singolare trattato sulle emozioni come fondamento nella storia, vede caratteri scritti a mano, tracciati nello stesso stile presente sul biglietto.
Tutto il testo, creato minuziosamente e costruito su profondi pensieri, finisce con una frase semplice come fosse scritta da un bambino.
Dell'ultima forgiatrice, mi è piaciuto tutto: i suoi occhi, le sue emozioni, la forza del suo cuore.
Lei spalanca lo sguardo e richiude il libro. Le dita tremano e le guance si arrossano.
Sente qualcuno dietro di se. Girandosi, nota lo spirito dei sogni.
- Ho scritto di non cercarmi, perché sei venuta? - : il tono del ragazzo non è rabbioso, ne addolorato, ma leggermente imperioso.
- Perché... -
Lei non riesce a rispondere. Con difficoltà completa la risposta.
- ...perché volevo ringraziarti - : conclude mentendo.
Lui si avvicina. E' pronto a partire e a completare un viaggio già completato, percorso come un lungo cerchio che si ripete: la tunica da viaggio fatta da resistente stoffa è indossata, il sacco chiuso da grezzi laccetti, così modesto nel contenere poche semplici cose, già issato in spalla.
- Anephe, il mio scopo è completo. Ora non mi resta che viaggiare, a capire se ora i sogni possono essere ricompiuti, ricreati, rivoluti. Sei l'ultima rimasta, ma ora non devi più cercare la felicità per conto di altri. Riempi te stessa di felicità. Quel libro è il mio forte ricordo fatto parola, lo faccio per te dono -
Lei sorride. Lui si gira e inizia ad allontanarsi timidamente.
- Hei! Ragazzo! -: lei lo apostrofa vivace, raggiungendolo a passi lunghi : - La mia felicità... -
Si avvicina alla sua faccia.
- ...l'ho già trovata -
Gli accarezza le guance, poi avvicina le labbra alle sue, dandogli un bacio.
Lui non riesce a resistere, la abbraccia tenendo vicino al calore del suo petto il corpicino della ragazza. Lei è imporporata quando stacca le labbra, interrompendo quel contatto senza respiro, tanto profondo da dover far prendere fiato a tutti e due.
- Anephe. Questo si chiama amore -
- Amore... per chi? -
- Amore per chi desideri -
- Ho un nome per te. Lil -
- Lil, come la notte -
- La notte porta sogni -
Lui indietreggia. Lei attende che il ragazzo, Lil, scompaia trasformandosi in un puntino, ma sorprende la giovane svanendo come aurea polvere di luce.
Asciugandosi lacrime di felicità, ritorna alla torre. Si raggomitola sopra il letto, poggiando la schiena sul bordo della finestra. Apre il libro, scoprendo che all'ultima pagina si formano in quell'esatto momento parole d'inchiostro nero, come se un'invisibile penna si muovesse a macchiare la carta.

Il sogno incontrò il cuore, ne nacque il potere di volere bene a qualcuno tanto forte da non volerlo perdere. Tale potere prese il nome di amore. Amore sincero, timido, semplice, senza niente che lo mascheri.
Amore.
A, come affiancare nel viaggio della vita, anche se per me dispiace non riuscire a starti vicino, Anephe.
M, come maturare e migliorare sia il proprio animo che quello della persona amata.
O, come osservare e capire.
R, come restare, a proteggere, ad abbracciare, a riscaldare. E mi dispiace anche per questo, sono un cattivo compagno di vita.
E, come elevare, avere forza, continuare a far battere il proprio cuore e quello della persona a cui si tiene tanto.
Anephe. Io con la mia assenza non rispetterò mai l'amore qui descritto, te ne prego, cerca una persona migliore.


Lei sorride. Prende una vecchia penna a calamaio e in fondo alla pagina, quasi fosse un segreto, scrive la sua piccola risposta.
 
Il legame è forte anche nel ricordo, mio amato.

Chiude il libro e lo stringe a se, dondolando come a cullare un cuore lontano. Sa che Lil non c'è, che quel cuore vuoto che lei aveva prima era il motivo per cui le rimaneva vicino.
Poggiato sul letto vede il lucchetto cardiaco che le aveva bloccato le emozioni da quando ha memoria. Lo prende e lo appende lentamente ad un chiodo, come se ora, con la chiave conficcata nella sua anima meccanica, sia diventato da intrappolatore a un piccolo amuleto protettore.
 

L'alba è mistica e rosata dal vento capriccioso e quasi tartassante che alza la sabbia, creando una nebbia abrasiva e soffocante. Una persona completamente coperta da una tunica grossa sfiora con garbo una delle ali della statua a guardia della torre, facendola ridestare da un sonno sfuggente. Lei apre le ali, coprendo il viaggiatore dalla sabbia imbizzarrita.
Lui ha una voce stanca, ma ancora nitida.
- Ragazza di nuvola dagli occhi di luna,
ragazza di stella dai capelli d'argento,
dentro il suo petto il battito risuona.
Ragazzo di nebbia, ragazzo di sole.
Io non ti abbandonerò al tuo dolore
-
Si sentono passi lungo le scale, la porta si apre lenta, rivelando la figura di un viaggiatore.
- Anephe -
La ragazza si gira e osserva la figura appena arrivata. Sa chi è, anche completamente avvolto.
Alza le mani e toglie il cappuccio, rivelando il viso screpolato di un giovane dagli occhi bianchi. E' solo leggermente più altro, lui.
Senza dire niente, apre la mano, dando alla ragazza una piccola scatola.
Dentro, è presente una caramella al cioccolato. Anephe sorride e poi alza la testa.
- Lo sai che alle Forgiatrici non puoi donare il cioccolato? -
Lui scarta lentamente il piccolo dono.
- Non posso fermare le cose piacevoli -
Poggia la caramella sulle labbra di Anephe, lei prendendo il dolcetto e dandole un morso.
- Alla fine, sono riuscito a tornare - : conclude.
- Lo so -
Lei lo stringe d'improvviso, affondando il viso nella tunica abrasa dalla sabbia e iniziando a piangere.
- Ma non andare via, perché sei l'unico a cui posso dare la vera felicità -
Lui slega la tunica, avvolgendo tutti e due in una stretta tenera.
- Tu non essere triste, perché sei l'unica a cui posso donare i miei sogni -
Tira fuori dal suo sacco a spalla una seconda scatola. Dentro, per la sorpresa di Anephe, sono presenti altri dolcetti e biscotti, molti preparati a mano dallo stesso Lil.
- Si, sono un bambino cattivo - : e conclusa questa frase, inizia a ridere.
La risata sincera fa illuminare il viso della giovane, che non riesce a trattenere la felicità.
Una felicità che è la forza di un vero amore.
   
 
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