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Autore: IsabellaLilithLeto    20/02/2015    1 recensioni
"È finalmente il suo turno e non posso fare a meno di osservarlo per intero, in tutta la sua statuaria
bellezza e nemmeno posso dire che gli occhi siano la sola cosa che gli appartiene di così
meraviglioso: ha dei lunghi capelli castani scuri, tanto da sembrare neri, che gli ricadono sulle
spalle, la mascella squadrata dove si intravede un accenno di barbetta e un naso aquilino in perfetto allineamento col suo viso snello.
[..]
Quando di nuovo i nostri occhi prendono confidenza gli uni con gli altri, sento il volto andarmi in
fiamme: non smette di fissarmi e mi rendo conto che è come se riuscisse a percepire i miei pensieri,le mie emozioni…potrei quasi aver paura. "
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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«Ecco a lei il caffè macchiato che mi aveva chiesto» dico all’uomo che ritira il suo ordine e sparisce lasciando il posto ad almeno altre dieci persone.
La mattina è sempre più caotica rispetto al resto della giornata, sarà perché la gente si accinge ad andare al lavoro e i ragazzi a scuola, per fortuna non sono sola a servire altrimenti non credo riuscire a tenere il ritmo.
«Layla, potresti occuparti tu di riempire la vetrina dei dolci?» mi chiede Tomas, il mio capo dai lunghi capelli scuri, la carnagione olivastra e gli occhi di una tonalità stranissima e sensazionale: variano dal verde all’azzurro chiaro. Sicuramente una cosa insolita.
Ci conosciamo da ben dodici anni ed è il mio migliore amico: passiamo la maggior parte del tempo insieme e nessuno dei due è attratto dall’altro, nonostante Tom sia davvero un bellissimo uomo:tutte le ragazze che vengono qui restano incantate a fissarlo come se lui le attirasse a sé servito da una strana forza magnetica.
Diversamente per Joshua, un altro dipendente decisamente meno bello di Tomas, dai capelli di un castano spento e gli occhi scuri; lavora con noi da circa tre anni e ogni tanto esce con me e il mio migliore amico.
Annuisco a quello che Tom mi ha detto e vado in cucina per ritirare altri cornetti appena sfornati: il delizioso profumo di brioche invade le mie narici e quasi mi verrebbe voglia di mangiarli tutti, partendo dal cornetto alla crema e terminando a quello al cioccolato.
Ritorno all’interno del bar con la teglia tra le mani e la ripongo nell’apposita vetrina , dopodiché comincio a servire gli altri clienti.
Ad un tratto una strana sensazione mi assale, ogni terminazione del mio corpo è fuori controllo e come se qualcuno mi avesse chiamata, alzo li occhi ritrovandomi due globi oculari scuri come il petrolio che mi scrutano dal fondo della fila che sto servendo.
Trattengo per un secondo il respiro senza spezzare lo sguardo, ma una ragazza a cui sto dando la sua colazione mi chiama per pagarmi con una banconota da dieci dollari.
Quando ritorno a “concentrarmi” sul lavoro che sto eseguendo, la percezione che avevo avuto prima si espande e coinvolge i miei muscoli che faticano ad agire.
Do un’occhiata alle altre persone sedute a tavolino e noto che proprio come me, sono rimasti affascinati dalla presenza di quell’uomo dagli occhi mozzafiato.
Servo gli altri due clienti tenendo la testa bassa fissa su di loro per evitare di incrociare quelle grosse pupille del colore della pece che mi stavano osservando prima; l’ansia però mi assalta dal momento che sarò costretta a servirlo.
È finalmente il suo turno e non posso fare a meno di osservarlo per intero, in tutta la sua statuaria bellezza e nemmeno posso dire che gli occhi siano la sola cosa che gli appartiene di così meraviglioso: ha dei lunghi capelli castani scuri, tanto da sembrare neri, che gli ricadono sulle spalle, la mascella squadrata dove si intravede un accenno di barbetta e un naso aquilino in perfetto allineamento col suo viso snello.
Indossa un completo piuttosto classico con camicia bianca –dai primi tre bottoni rigorosamente aperti-, pantaloni scuri di cashmere, e delle intramontabili scarpe di vernice nera; probabilmente il suo, è un lavoro prestigioso e degno di nota..magari un avvocato, o un architetto..
Quando di nuovo i nostri occhi prendono confidenza gli uni con gli altri, sento il volto andarmi in fiamme: non smette di fissarmi e mi rendo conto che è come se riuscisse a percepire i miei pensieri,le mie emozioni…potrei quasi aver paura.
Cerco di non sembrare una ragazzina con gli ormoni impazziti e moderando il timbro di voce in maniera che non risulti impacciato, gli sorrido.
«Che cosa vuole ordinare?» domando velocemente, e mi maledico nello stesso istante: bel tentativo di apparire tranquilla e indifferente.
«Che cosa mi proponi di delizioso..?» reclama a sua volta spiazzandomi.
Il suo tono di voce è accurato, controllato e sensuale.
Le sue parole sono spuntate fuori come la musica di un flauto affinché io, il serpente, ne restassi affascinata e sedotta. Dall’occhiata che sostiene, è inevitabile che la mia mente si esponga sul piano irrazionale del doppio senso della sua frase.
I miei occhi guizzano velocemente al menù e mi affretto a rispondere, stavolta vorrei risultare disinvolta.
«Non conosco i suoi gusti e come può vedere, tutto quello che serviamo è esposto in vetrina. Posso assicurarle che è tutto delizioso».
Stavolta sono riuscita ad essere “normale” e pacata.
Contrae la mascella e getta uno sguardo al piccolo menù trascritto sul foglio di carta azzurro che teniamo al banco, dopodiché ritorna a fissarmi.
«Se tu fossi un cliente, che cosa prenderesti per iniziare una giornata di lavoro faticosa?».
La sua domanda mi lascia per un attimo interdetta.
Mi schiarisco la voce:«Un caffè ristretto e una semplice brioche alla marmellata, giusto per essere attivi durante la giornata» almeno così mi immagino lui, credo sia nel suo stile considerando la persona che ho davanti.
Socchiude gli occhi e con la mano destra, strofina l’indice sulla peluria sottile del mento.
«Tu cosa prenderesti, davvero?» mi chiede ancora.
Deglutisco e mentre i miei occhi sono incantati dal movimento lento della sua mano nel tentativo di accarezzarsi la barbetta, rispondo: «io prenderei un succo alla pesca e un pancake al cioccolato con scaglie di cocco. E’ il mio preferito e se la giornata dovesse proseguire male, almeno potrei condurre il mio pensiero a qualcosa di delizioso e soddisfacente, ovvero la mia colazione ideale, e tener presente che alcune cose positive durante il dì ci sono state».
Inarca un sopracciglio confuso ed io mi addento la lingua per la motivazione che ho appena dato: naturalmente ridicola.
«Forse non è un granché di motivazione, mi perdon..» sto iniziando a dire, ma non mi lascia il tempo di concludere che è lui a parlare.
«Il suo ragionamento è discutibile, ma potrebbe aver ragione. Prendo quello che sceglierebbe lei, da portare per favore » dice del tutto serio e sicuro di sé.
Sbalordita mi appresto a dargli quanto che mi ha chiesto, cercando di essere il meno impacciata possibile e gli porgo la colazione riposta accuratamente in un sacchettino di plastica bianca.
Paga il tutto e nel momento in cui gli offro il resto, le nostre mani si sfiorano procurandomi una strana scossa, ritiro la mano come se fossi stata appena a contatto con il fuoco e i suoi occhi ardono nei miei.
Restiamo a fissarci ancora, non facciamo altro da quando è entrato qui dentro, poi lui si ridesta e mi sorride.
«Molte grazie per il suo servizio, Layla» dice leggendo il nome sulla targhetta che indosso.
Pronuncia il mio nome accarezzandone ogni sillaba, resto ancora a bocca aperta quando volta i tacchi e sparisce dal locale ed è Tomas a sventolarmi una mano davanti agli occhi per farmi riprendere.
«Ti senti bene?Sembra che tu abbia appena avuto una conversazione con un fantasma» mi deride e incrocia le braccia al petto appoggiandosi al bancone di fronte a me.
«Una cosa del genere..» sussurro e mi gratto la fronte imbarazzata, successivamente entro in cucina a bere un bicchiere d’acqua: sento la gola completamente secca.
Tomas mi segue lasciando Josh, al mio posto e si piazza dietro di me poggiando le mani sulle mie spalle.
«Che hai?» mi chiede preoccupato.
Sospiro e mi volto verso di lui:«Quell’uomo che è entrato prima.. mi ha fatto una strana impressione..tutto qui. Oggi non sono del tutto carica, sarà per questo che è stato in grado di sopraffarmi..con il suo profumo..e quello sguardo..» sto decisamente parlando troppo.
Tomas mi osserva serio e poi scoppia a ridere.
«È quello che fa a tutte le donne. Non hai visto che tutti lo fissavano?Il suo nome è Aaron McDermott è uno degli attori più famosi degli ultimi mesi! Da quanto tempo è che non guardi la televisione e non leggi i giornali?» mi spiega e ancora ride.
In effetti avevo fatto caso alle occhiate delle persone presenti, ma non avevo affatto capito chi fosse.
È vero che ormai non ho più tempo di guardare la tv, tra il lavoro e lo studio giornalistico non ho nemmeno il tempo di guardarmi molto allo specchio.
«Smettila di prendermi in giro, non è colpa mia se non sto al passo coi tempi..» ribatto sbuffando e mettendo il broncio.
Tomas finalmente smette di ridere –solo perché si è accorto che sono infastidita, ma sotto sotto ancora sta ridendo-, e mi sorride.
Sbircia dall’oblo delle porte della cucina in cui ci troviamo per constatare quanti individui sono ancora seduti e se Josh ha bisogno di aiuto, poi si volta nella mia direzione.
«Tranquillizzati e appena ti senti pronta, vieni di là a darci una mano. Intesi?» è perentorio.
Annuisco con la testa e lo vedo sparire oltre le enormi porte grigie.
Chiudo gli occhi un istante e abbandono il mio corpo contro il marmo alle mie spalle: ritrovo quel dannatissimo uomo e ancora percepisco l’ intensità della sua, rivedo la sua lingua sfiorare il palato mentre pronuncia la lettera “L” che compone il mio nome; i gesti lenti della sua mano e il suo mezzo sorriso.
Nel mio bassoventre avverto un’ emozione che non provavo ormai da tempo, arrivata così improvvisamente da sbalordire persino me stessa.
La parola “eccitazione” quasi, non era più nemmeno nel mio vocabolario.
Chissà se avessi avuto modo di rivederlo..
Ma una misera speranza dentro di me stava nascendo, accompagnando così le palpitazioni irregolari del mio povero cuore e facendomi sentire le gambe così molli da assomigliare alla gelatina:qualcosa mi diceva che l’avrei rivisto, e molto presto.
















******************
«Mi ricordi ancora di chi è stata la straordinaria idea di festeggiare il compleanno in hotel? E per giunta, invitando così tante persone?» grido nello sforzo di farmi sentire da Tomas: la musica è troppo alta, e dal momento che tutti parlano, la mia voce viene sovrastata.
Il mio amico si avvicina all’orecchio:«Gli ho spiegato bene che troppe persone avrebbero rovinato le cose creando un totale caos, ma come al solito non mi ha dato ascolto. In fondo è il suo compleanno Layla, non potevo di certo obbiettare troppo al riguardo!».
Effettivamente ha ragione. Per di più i suoi familiari, sono a capo di questa grande struttura..ed è in uno di questi momenti, che mi chiedo:perché diavolo Joshua lavora con noi dal momento che la sua famiglia è ricca sfondata? Ma poi resto a guardarlo, e tutto combacia alla perfezione.
È il classico ragazzo incapace di stare alle regole di un nucleo familiare ricco e rispettabile, esce fuori dagli schemi e vuole essere indipendente dai suoi genitori, al contrario di sua sorella e suo fratello maggiore che hanno preferito avere tutto e in modo facile.
Lo ammiro per questo.
E’ un tipo semplice che non si da’ per niente arie; strano che abbia ancora rapporti con i suoi fratelli nonostante tutto, e sono a conoscenza del fatto che li abbia anche con i suoi genitori.
Magari non sono poi così tanto cattivi come lui stesso afferma, è solamente una persona libera che aveva bisogno di una scusa piuttosto scontata per evadere da casa.
Ritorno con la mente alla festa: c’è così tanta gente e la maggior parte di loro sono per me sconosciuti.
Se non ci fosse Tom, non ci sarei mai venuta, nonostante io nutra del bene per Josh, ma con tutto il rispetto mi sento totalmente fuori luogo.
Le feste non sono il mio genere, soprattutto quelle così caotiche dove tutti parlano con tutti e si perde il tema fondamentale del ritrovo.
Preferirei starmene al calduccio sotto le coperte a mangiare gelato e guardare film visti e rivisti, o magari andare al cinema con il mio bellissimo amico bruno, che ora è troppo preso anche lui da una bellissima ragazza bionda e imponente; non è la classica bionda barbie, ma è comunque considerata il modello esemplare della perfezione: capelli lunghi con dei morbidi riccioli che ricadono ad arte sulle spalle esili e sulla schiena dritta, occhi del colore del cielo in estate, labbra di un rosso scarlatto che verrebbe voglia persino a meno di baciare, seno abbondante..e per concludere in bellezza, due lunghe gambe magre che sostengono un sedere prosperoso e fuori dal normale. 
Non può di certo farsela sfuggire.
Solo che ora, sono rimasta sola e non ho per niente voglia di fermarmi a chiacchierare con uno dei presenti ubriachi, o con gli amici appiccicosi del festeggiato, così decido di andare a prendere una boccata d’aria fresca fuori.
Sono finalmente all'esterno del grande salone occupato per la festa, cammino per il corridoio ornato di una bella carta da parati dorata e dalle striature di rosso, dai maestosi lampadari in cristallo che si allungano verso il basso come fossero gocce di pioggia, e dai numerosi quadri
esposti su entrambe le pareti.
Scendo le enormi scale in legno ricoperte di un lungo tappeto rosso, stile Red Carpet e mi ritrovo in un altro atrio.
Questo è leggermente più vasto di quello dove mi trovavo prima e ci sono molte più stanze; sporgo la testa oltre il muro dietro al quale mi trovo e improvvisamente una porta si apre facendomi spaventare.
Fuoriesce una donna vestita di un abito color crema e un lungo soprabito color champagne dall’ampio colletto; non è sola, ha con sé il suo cane – un tenero beagle- che passandomi accanto mi annusa la gamba e scodinzola allegro.
Purtroppo non faccio in tempo ad accarezzarlo che la sua padrona si affretta a scendere le scale.
“Che gran maleducata” penso grattandomi la nuca. Spero di non averle dato l’impressione di essere una ladra dal momento che sembravo spiare la situazione, nascosta dietro al muro.
Sospiro.
«Che strano caso che è la vita» dice una voce alle mie spalle facendomi sobbalzare e arretrare fino allo spigolo del muro tappezzato.
«Cosa…» cerco di borbottare qualcosa di sensato ma sono troppo stupita e mi porto una mano al petto.
Il cuore ancora mi batte forte per lo spavento, o per la sorpresa di essermi trovata davanti l’uomo che aveva accompagnato i miei pensieri in questo tempo.
«Piacere di rivederti, Layla…» accarezza il mio nome e allunga un braccio verso il muro dietro di me, poggiandovi il palmo e trattenendo il mio corpo schiacciato contro la parete fredda alle mie spalle.
Trattengo il respiro. Vorrei scappare via, ma qualcosa –oltre il suo braccio- me lo impedisce.
Sapevo l’avrei rivisto prima o poi, ma non pensavo così presto; dovevo ancora prepararmi psicologicamente all’incontro.
Almeno rispetto all’ultima volta non sono conciata poi così male: non indosso la divisa del locale, e non ho il viso bianco come un lenzuolo, né l’aria da persona stanca..o forse sì?
«Anche se penso tu mi conosca, io sono Aaron» si presenta lui abbozzando un sorriso mozzafiato.
Io di rimando, faccio una risatina isterica.
Avvicina il viso pericolosamente al mio, riesco a sentire il suo respiro sfiorarmi la guancia: sa di dopobarba alla menta, e di denti appena lavati.
«Tu cosa ci fai qui?» rigira la frittata spostando l’attenzione su di me.
Apro la bocca per proferir parola, ma non riesco a dire niente: dalla mia bocca fuoriesce solamente aria.
Ricordo vagamente un pesce arenato sulla spiaggia che da’ boccate d’aria in cerca di acqua per poter respirare adeguatamente.
I suoi occhi si spostano a guardare le mie labbra e sento il sangue formicolare sulle guance per l’imbarazzo; alla fine trovo il coraggio per spezzare quest’istante di totale impaccio –almeno da parte mia- e sposto la testa di lato, quanto basta per perdere il contatto visivo con lui, a malincuore.
Prendo un grosso respiro: «Sono con amici..e lei cosa ci fa qui?».
Indietreggia lasciandomi il via libera per un’imminente fuga, e si porta le braccia al petto incrociandole: mi accorgo che la t-shirt che indossa, gli lascia scoperte gli arti superiori e posso bearmi dei suoi muscoli tonici.
«Alloggio qui.. E ti prego, dammi pure del tu..» risponde tenendo il tono di voce basso e pacato.
Appare come un uomo molto riflessivo e attento alla scelta delle parole.
Sorrido e mi avvio lentamente verso le scale per uscire fuori, ora come non mai mi serve davvero prendere aria fresca: sono qui con lui da due minuti e già mi gira la testa.
«Ho gradito molto la colazione della scorsa settimana. Non avevo mai assaggiato un pancake al cioccolato e cocco così buono. Chi è che li prepara?» mi chiede voltandosi verso di me e avvicinandosi di qualche passo.
"No, fermati lì dove sei."
Vuole fare conversazione, sta proprio cercando un argomento per trattenermi qui con lui, perché?
«Ehm..io..sono io in persona che mi occupo di preparare i pancakes» biascico.
Annuisce muovendo il capo e si accosta sempre di più alla mia persona e io di rimando indietreggio finendo per sbattere contro il corrimano in legno delle scale alle mie spalle.
Sibilo un “ahia” e lui scoppia a ridere: la sua risata è così contagiosa che finisco anche io per sogghignare.
Poi inavvertitamente si ricompone, e muove le labbra per proferirmi qualcosa: «È inutile il tuo tentativo di fuggire da me. Non ti farò niente, che tu non voglia»il suo è quasi un sussurro ma io riesco a percepirlo lo stesso.
E di nuovo, sento mancarmi il respiro, avvampo e resto fissa su di lui: i suoi occhi scuri come la notte, hanno uno strano luccichio malizioso e il modo in cui ha piegato il suo sorriso ora, non promette nulla di buono.
Ma non ne sono spaventata bensì, sono stata attratta da quelle parole volutamente pronunciate in silenzio in modo che risultassero come un invito illecito e pericoloso.
«Io…» cerco di pensare ad un modo, ancora, per smorzare l’eccitazione presente nell’aria.
L’idea che lui voglia fare sesso con me mi alletta parecchio, ma il mio subconscio mi tiene allerta, come un cane che difende il suo territorio restando con le orecchie all’insù per captare meglio ogni singolo rumore intorno.
Inarca un sopracciglio e piega la testa di lato curioso di sentire quale scusa mi inventerò per sfuggirgli.
Un’altra donna al mio posto non aspetterebbe altro che finire a letto con lui, e io cosa faccio? Cerco un pretesto per andare via.
«Non mi sento molto bene, vorrei uscire fuori a prendere una bocca d’aria..» non è poi una scusa la mia, ho davvero bisogno di andare all'aperto.
La sua espressione cambia, sembra preoccupato:«Non voglio essere invadente, ma aspettami qui, corro a prendere una giacca e ti accompagno fuori».
Perché ci tiene tanto?
«Davvero, non serve. E poi ci saranno dei paparazzi fuori, pronti ad assaltarti..» io insisto, ma Aaron mi lancia un’occhiataccia e si ritira in una delle stanze dell’albergo precisamente la penultima rtucamera a destra.
Se tornassi di nuovo su ora, sarebbe meglio, ma le mie gambe non vogliono collaborare e in verità sotto sotto, volevo proprio che mi seguisse.
Dentro di me ci sono due arti totalmente contrastanti:quella razionale e quella irrazionale.
Quella razionale, mi dice che dovrei starmene lontana da un tipo come lui, che la sua ostinazione nei miei confronti è preoccupante dal momento che non mi conosce, e quella frase che ha detto prima?
Non è molto da “ragazzo che vuole provare ad approcciare in modo normale per conoscenza”.
Poi c’è quella irrazionale, che se ne infischia di tutto e pensa solamente ad affrontare la vita con leggerezza e avventura, che prende quello che viene come viene, senza pensarci troppo.
Per questo mi ritrovo a pensare mille cose diverse che mi mandano totalmente in confusione e bruciano ogni mio tentativo di rimanere lucida e coerente.
Mi passo una mano trai capelli scuri e osservo le mie scarpe da tennis.
“Sono senz’altro lo specchio della femminilità oggi” ironizzo rassegnata.
Come potrebbe mai trovare qualcosa di attraente in me? Lui è un attore famoso, e meraviglioso.
Mi mordo il labbro e oscillo a destra e sinistra.
Smettila di pensare.
Sento una porta chiudersi e la figura di Aaron, si fa strada nel lungo corridoio; la giacca che indossa è lunga e nera, sembra molto calda a vederla e molto bella.
Senza dirmi nulla, si avvia su per le scale ed io lo seguo in silenzio osservando la corporatura imponente delle sue spalle larghe, ma non dovevamo andare di sotto?
Al secondo piano sul quale ora ci troviamo, prendiamo un ascensore; c’è magnetismo nell’aria o soltanto io mi sento soffocare?
Immagino che all’improvviso si fiondi su di me finendo in un bacio passionale di quelli che si vedono al cinema.
Ma non accade nulla.
L’ascensore arriva all’ultimo piano e lui mi fa segno di seguirlo su per l’ultima scala arrivando finalmente sul terrazzo dell’hotel: qui la vista è bellissima, le luci della città sembrano tante stelle..
Tiro un lungo sospiro e mi stiracchio le spalle: ero stata tutto il tempo in tensione e i miei muscoli quasi dolevano.
Di cosa il mio inconscio ha timore tanto da mettermi allerta?
Un vento gelido mi sposta qualche ciocca di capelli sul viso.
«Ti piace la vista?» mi chiede all’improvviso.
Lancio uno sguardo all’orizzonte e ne rimango ancora una volta estasiata.
«È sensazionale. A volte non mi rendo conto di quanto sia bello il mondo, nonostante tutto» mormoro l’ultima frase con una nota di malinconia.
Passano i minuti e noi restiamo ad ascoltare i rumori della città sotto di noi, la scena potrebbe risultare romantica se non fosse che mi sento tesa come una corda di violino.
«Non sono di molte parole» sbotta rompendo la calma che si era creata fra noi.
«Io in genere sono molto chiacchierona..ultimamente però non so cosa dire..» mi confido sinceramente.
Lui mi sorride e si sposta i capelli dietro un orecchio.
«Ti facevo molto tipa da chiacchiere,sai?».
È quello che pensano tutti quando mi vedono? Che imbarazzo. Abbasso gli occhi e mi concentro nuovamente sulle luci della metropoli.
La sua mano calda raggiunge in fretta la mia guancia e mi costringe ad incrociare i suoi occhi.
«Non era di certo mia intenzione offenderti,Layla..» sussurra a pochi centimetri dal mio viso.
Avvampo inaspettatamente e balbetto: «Non preoccuparti, non me la sono presa».
Questo non cambia le cose: sono ancora ancorata al suo sguardo e il suo viso si avvicina pericolosamente al mio.
Posso benissimo dire addio ai miei buoni propositi di restare lontana da lui.
Le sue labbra calde sono sulle mie.
Chiudo gli occhi beata da quel contatto; mi ritrovo a ricambiare il bacio con naturalezza.
Presto la sua lingua preme per fare conoscenza con la mia, ed io glielo lascio fare, priva di ogni forma di resistenza.
Non ho mai detto di essere pudica.
La sua mano si sposta al mio fianco sinistro in modo che i nostri corpi possano toccarsi e, quando sento la sua erezione premere sulla mia coscia, una piccola me nella mia testa comincia a saltellare allegra.
Avevo ragione, non gli sono per niente indifferente.
Il bacio continua, lui non ha alcuna intenzione di mollarmi, e nemmeno io stavolta, voglio che lo faccia.
Con molta facilità, riesce ad afferrarmi per le natiche e attirarmi in braccio a lui dove il bacio diventa sempre più spinto.
Le mie mani raggiungono i suoi lunghi capelli scuri e li stringono sulla nuca mentre le sue labbra scivolano sulla mia giugulare baciandola con foga.
«Andiamo in camera mia..» sussurra contro la mia pelle ed io annuisco soltanto.
Mi rimette coi piedi per terra –e sono costretta a mantenermi sul suo braccio se non voglio perdere l’equilibrio e cadere rovinosamente per terra-, scendiamo le scale di fretta e prendiamo nuovamente l’ascensore.
All’interno non un sibilo fuoriesce dalle nostre labbra, lui mi stringe una mano e con il pollice crea dei piccoli ghirigori immaginari che mi procurano brividi lungo la spina dorsale.
Ci fermiamo al primo piano e sempre a passo veloce giungiamo al suo alloggio dove non ho nemmeno il tempo di guardarmi attorno.
Non appena la chiave scatta i due giri nella serratura, mi prende nuovamente in braccio e si fionda sulle mie labbra chiudendosi la porta alle spalle.
Arriviamo in camera sua dove mi spinge sul letto posizionandosi sopra di me; il cuore mi batte all’impazzata, potrei morire se non fosse per l’adrenalina che mi è montata su seguitata da una forte eccitazione.
Era da molto che un uomo non mi desiderava come lui ora, ancora non posso crederci.
Sento le sue labbra ovunque, dalle labbra al collo, poi di nuovo le labbra.Velocemente mi disfo della giacca che indosso e lui fa lo stesso con la sua; osserva la maglietta bianca che indosso e il suo sguardo diventa famelico, i suoi occhi ora rassomigliano a quelli di un vampiro assetati di sangue.
Mi sfila la t-shirt e con l’indice sfiora il tessuto in pizzo del mio reggiseno nero.
Per fortuna ho indossato la mia biancheria migliore.
Infila un pollice all’interno di una coppa e comincia a stuzzicarmi un capezzolo e con le labbra succhia la pelle della spalla sinistra; ansimo sommessamente e con le mani stringo la coperta scura sotto di me.
È successo tutto così velocemente che non ho avuto nemmeno il tempo di provare a pensare, a stento mi rendo conto che mi ha sfilato i jeans e si è tolto anche i suoi pantaloni.
Preme il suo bacino contro il mio e la sua erezione è dura contro la sottile stoffa delle mie mutandine: la sento possente e ormai non più controllabile.
Strappa via i miei poveri slip di pizzo e nel tempo di un battito di ciglia, si è già infilato tra le mie gambe; il suo membro è duro, quasi ingombrante oserei dire.
Le sue spinte non sono veloci bensì controllate e moderate; emette un ringhio proprio vicino al mio orecchio e non posso fare a meno di eccitarmi maggiormente.
Assecondo ogni sua spinta che pian piano comincia a farsi sempre più veloce.
Il cuore batte così rapidamente che riesco a sentirlo in gola, i nostri gemiti si congiungono mentre mi aggrappo alla sua schiena graffiandogli i muscoli poco sotto le spalle.
La sua bocca è un'altra volta sulla mia bramosa, desiderosa di possedermi; morde il mio labbro inferiore così forte da farmi male, ma in quel momento ogni cosa, ogni dolore è puramente irrilevante.
Posso anche dire addio alla parte razionale di me anch’essa piegata dalla cupidigia rovente creatasi tra me e Aaron.
«Layla..» ansima il mio nome tra un gemito e l’altro ed io faccio lo stesso con il suo tenendomi ben salda alla sua schiena, con le gambe intrecciate al suo bacino.
Pian piano, sento che mi sto avvicinando al culmine e lui con me.
Affretto anche io i miei movimenti e lo bacio con tutta me stessa aderendo meglio il mio corpo al suo.
Quando arriviamo all’apice insieme, mi sento completamente svuotata: ho la sensazione di quando ti viene portato via qualcosa.
Un brivido mi percorre la schiena e tremo ancora sotto di lui; siamo fronte contro fronte, i nostri respiri irregolari, i nostri corpi sudati: questo momento mi sembra così perfetto che tutto il resto è superfluo: vorrei durasse per sempre.
Esce da me, disfa le coperte intimandomi di mettermi al di sotto, e si posiziona al mio fianco; mi ritrovo il suo capo sul petto e con un braccio mi cinge la vita.
Non dice nulla, e nemmeno io ho intenzione di farlo, a parte che non saprei assolutamente cosa dire in questo momento, sento che parlare rovinerebbe ogni cosa.
Gli accarezzo i capelli e lui chiude gli occhi, lentamente il suo respiro diviene regolare e poi soltanto flebili sussurri di fiato, emergono dalle sue labbra piene.
Resto a fissare la lunga linea del naso, le ciglia folte e scure, la barba cresciuta sul mento..
Penserò domani alle conseguenze di questo accaduto, ora non voglio pensare a nient’ altro.
Il mio cuore vuole concedersi il lusso di quest’attimo di felicità e appagamento per tutta la notte, il presente è quello che conta ora, e non voglio perdermelo.
Penso a questo mentre sento le palpebre farsi pesanti e adagio, i miei occhi si chiudono.























********************
Un suono fastidioso e vagamente lontano, mi desta dal sonno: il rumore del mio cellulare che ha preso a squillare.
Infastidita tasto sul comodino alla sua ricerca e quando vittoriosa lo trovo e rispondo, una voce grida dall’altra parte della cornetta.
«Layla? Ma dove diavolo sei?Dovevi essere a lavoro almeno un’ora e mezza fa!» Tomas sta letteralmente strillando, è furioso con me.
Mi stropiccio gli occhi e sbatto le palpebre velocemente: che ore sono?
Guardo l’orario segnato sul mio orologio digitale sulla scrivania di fronte al letto: “09:04 a.m. “
Oh merda, sono in ritardo. Un disastroso ritardo, come mai mi è capitato in tutta la mia vita.
Ancora devo elaborare la situazione.
«Cazzo Tom, mi dispiace» cerco di giustificarmi in qualche modo. «dammi solo un minuto e sono da te, d’accordo?»
Tomas sospira e risponde un semplice “ok”, prima di riattaccare il telefono.
Abbandono di nuovo la testa contro il cuscino.
Sospiro: non ho proprio le forze per alzarmi e andare a lavoro oggi, potevo fingermi malata.
Chiudo gli occhi e poi li riapro; con la mano sinistra tasto la parte vuota del letto di fianco a me: è completamente vuoto, come immaginavo.
Il mio era stato un bellissimo e lunghissimo sogno, di quelli che ti capitano una volta sola nella vita.
Era troppo bello per essere vero, chi voglio prendere in giro? Sono solo una ragazza comune, a cui accadono cose comuni con ragazzi comuni.
Figuriamoci.
Sbuffo e mi metto seduta: quelle gocce per il riposo tranquillo devono aver fatto proprio effetto.
Poteva andarmi peggio, avrei potuto aver un incubo.
Certo che sognare come è accaduto a me è sensazionale. Il mio sonno era così pesante?
Tomas direbbe che sono una pigrona.
Cerco di trovare le forze per alzarmi, e quando ci riesco, mi costringo a fare una bella doccia e poi
vestirmi. Impiego mezz’ora buona per prepararmi e arrivare a lavoro.
Tom mi ha subito dato del lavoro da fare, almeno non rischio di addormentarmi sul bancone: ho ancora sonno nonostante la lunga dormita, chi ha detto che il sonno fortifica?
Mi piacerebbe prenderlo a sassate.
Ripenso al mio comportamento nel sogno, senz’altro non mi appartiene. Io non sono così..come dire..dolce?
Non mi imbarazzo facilmente, tanto meno vado a letto con il primo che incontro o comincio a balbettare cose insensate.
Sono una donna forte e indipendente, che ama i dialoghi intelligenti e che difficilmente può essere intimidita da un uomo, chiunque esso sia.
Certo, che se mi si dovesse presentare “Aaron” davanti, di certo non me lo lascerei scappare..
Anche se non credo avrei qualche chance con lui, a meno che non sia il contrario della perfezione.
Beh’ credo che in quel caso nemmeno lo guarderei, o forse sì?
Ma per quale ragione ancora ci sto pensando?
L’ennesimo sospiro della giornata, seguito poi da uno sbadiglio.
Mi porto una mano alla bocca e chiudo gli occhi un istante mentre percepisco una presenza avvicinarsi al bancone, così vado avanti con la solita domanda del giorno.
«Che cosa vuole ordinare?»
«Che cosa mi proponi di delizioso..?» una voce improvvisamente, mi fa tremare le ginocchia, mi si chiude lo stomaco e sento il cuore balzarmi nel petto.Ho paura di aprire gli occhi, non posso crederci.
Non è possibile, eppure mi sembra di riconoscere quella voce.
Quando i miei occhi ostinati decidono di incrociare i suoi, capisco che non ho più speranze.
Lo fisso a bocca aperta mentre corruga le sopracciglia incuriosito e stranito dalla mia reazione.
«Non può essere vero..» sussurro a me stessa e l’uomo che ho davanti, piega l’angolo destro della
bocca verso l’alto.
Aaron McDermott, sta sorridendo.
  
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