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Autore: Lory221B    21/02/2015    5 recensioni
Sherlock è in fase autodistruttiva e niente sembra più scuoterlo. Mycroft non vede altra soluzione se non mandarlo in terapia. Nel frattempo un nuovo, complicato caso, riemerge dal passato.
Riuscirà Sherlock a risolvere il puzzle della sua mente, risolvere il caso e riavvicinare John, che sembra sempre più distante e travolto dalla routine della vita familiare?
Aggiunto un epilogo bonus parentlock
Genere: Angst, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes, Victor Trevor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 11 Tu ed io contro il resto del Mondo


Sherlock e John fecero tutto il tragitto in taxi in silenzio, con il detective che ogni tanto alzava lo sguardo verso John mentre quest'ultimo guardava fuori dal finestrino, tenendo stretta la piccola Ginny.

John ringraziò che la signora Hudson fosse già addormentata perché non avrebbe sopportato domande su cosa era successo e perché era tornato a Baker Street. Soprattutto non sapeva cosa voleva dire "essere tornato": era solo finché non si riprendeva o sarebbe tornata ad essere casa sua?

Entrarono nell'appartamento e John non poté trattenere un sospiro. Si guardò attorno pensando che davvero nessun posto era come Baker Street.

- Tutto bene? - fece Sherlock controllando l'amico.

- Andrà meglio - rispose laconico e si sedette sulla sua poltrona mentre Sherlock continuava ad osservarlo.

 - Puoi sederti Sherlock, non occorre che resti in piedi, sarai stanco anche tu...credo - e sorrise tra se pensando a tutte le volte che si era trovato ad addormentarsi sulla spalla del detective mentre Sherlock era in grado di stare sveglio anche quarantotto ore.

Sherlock fece per aprire bocca più volte, insicuro su quale fosse la cosa più appropriata da dire.

- Pensavo volessi andare a dormire, la tua stanza è a posto, puoi... -

- Non ho sonno - rispose John che contrariamente alla sua affermazione sembrava esausto.

E anche Sherlock si buttò in poltrona, continuando a fissare John.

- Ti sembra il momento di dedurmi? - chiese John fintamente infastidito - Ora che ci penso... hai rimesso la mia poltrona! -

- C'era già quando sei venuto pomeriggio - fece pratico Sherlock.

- Ma non c'era quando ti ho trovato in overdose -

- Beh... forse la terapia è servita - rispose Sherlock ripensando a com'era qualche mese prima, quando non vedeva uno spiraglio di sole nella sua grigia esistenza e a come si sentiva in quel momento. Non si sentiva lontano anni luce da tutto e da tutti, non si sentiva un emarginato come prima dell'arrivo di John.

Sapeva che quando adrenalina e dopamina avrebbero smesso di agire sul suo sistema nervoso avrebbe dovuto digerire tutto quello che era successo nelle ultime ore, ma l'avrebbe fatto in un secondo momento, non mentre John lo fissava con sguardo quasi adorante.

- Sherlock dobbiamo parlare - fece John dolcemente, anche per paura di svegliare la figlia.

- Certo... dimmi -

- Farò come il tuo strambo psicologo, domande dirette : vuoi che io torni a vivere qui? -

- Si - rispose senza esitazione e John sorrise tra sé.

- Ti rendi conto che ci sarà anche Ginny con me, che verrà a vivere qui? -

- Mi sembra ovvio John, è tua figlia, è ovvio che starà con te - rispose brusco, stupito da quella precisazione.

- E tu puoi vivere con una bambina per casa? - incalzò John.

- Certo... poi tu sarai l'unico adulto  - rispose sarcastico.

- Non sto scherzando -

- Si John, ti ho detto di si -

- Bene...avrei altro da chiederti, ma saranno giorni faticosi per cui ora voglio solo stare seduto qui -

Sherlock capì che John si riferiva all'organizzazione del funerale, a tutti i ricordi di Mary che sarebbero inevitabilmente emersi, a Ginny che improvvisamente aveva perso la figura materna. Per  tutte queste ragioni evitò di indagare su cos'altro avesse da chiedere; si alzò, mentre John continuava a vagare con lo sguardo per l'appartamento e si diresse verso la cucina.

- Ti faccio un tea -  esclamò con il bollitore già in mano.

E John pensò che era un evento alquanto raro, soprattutto perché questa volta non avrebbe tentato di avvelenarlo con qualcosa nel tea. Ma in effetti non ne era del tutto sicuro.


***** *****

Una settimana dopo

Mycroft aprì a fatica la porta dell'appartamento di Sherlock, perché uno scatolone o qualcosa di simile ostruiva l'ingresso.

- L'hai messo apposta per non farmi entrare ? - chiese al fratello, guardando l'appartamento nuovamente a soqquadro.

- John sta traslocando, non sapevo una bambina potesse avere tante cose - fece Sherlock perplesso, guardandosi attorno.

- Certo, perché tu invece eri un orfano di Dickens - rispose Mycroft.

- Stai sottintendendo che io sarei stato viziato? -

- Oh no, figurati - rispose sarcastico - Quindi...con John come va? -

- Non siamo riusciti a parlare molto. Sai... il funerale, il trasloco -

- Si certo, ovvio - fece Mycroft non trattenendo una nota di disapprovazione nella voce.

- Mycroft sua moglie è appena morta - rispose Sherlock infastidito.

- Non ho detto niente - fece Mycroft, contento comunque di vedere un netto miglioramento rispetto a quando lo trovava sempre intendo a rotolarsi dal divano alla poltrona in attesa di un caso o di una dose.

Forse, dopotutto, mandarlo in terapia era stata l'idea migliore che avesse avuto per aiutarlo. Ora sperava solo che  lo cose si sbloccassero, che potesse ricominciare con John. Era un po' perplesso all'idea di Sherlock e John con una bambina per casa, in mezzo a criminali e pericoli, ma era sicuro che avrebbero trovato la loro strada.


***** *****


Dopo la visita di suo fratello, Sherlock si era rimesso a spostare gli scatoloni in maniera poco convinta. Oltre a trovarlo oltremodo noioso non sapeva quale dovesse essere il concetto di "ordine" che John voleva dare all'appartamento.

Non era ancora chiaro come e dove sistemare i giocattoli di Ginny, senza contare che Sherlock si trovava spesso a pensare a dove avrebbe dormito la bimba quando sarebbe stata più grande. E questo inevitabilmente gli apriva due possibili visioni del futuro: nella prima Sherlock e John continuavano a vivere come prima del salto dal tetto, con l'aggiunta della figlia di John; nella seconda Ginny aveva la camera di John tutta per sé mentre il padre si era trasferito a dormire con il detective.

Questa seconda prospettiva gli sembrava più rosea e più logica, soprattutto per questioni di spazio, non perché si fosse reso conto di essere perso senza il suo blogger.

- Mmh casa nostra è un casino - affermò John entrando in casa e guardando gli scatoloni sparpagliati nel soggiorno che si aggiungevano al normale caos provocato da Sherlock.

Sherlock ebbe un leggero sussulto sul "nostra".

- La signora Hudson mi ha detto che può guardare Ginny questa sera - continuò John facendo slalom per il soggiorno e raggiungendo la culla.

- Perché? - chiese Sherlock perplesso.

- Perché usciamo, io sono stanco, non abbiamo fatto altro che impacchettare cose, rendere deposizioni a Scotland Yard e ancora impacchettare cose. Ho bisogno di uscire -

- Noi due? - chiese Sherlock preoccupato di aver capito male.

- Si, perché? Vedi Qualcun'altro qui? - rispose John sorridendo, guardando il suo Sherlock stranito e confuso dirigersi verso la sua camera.


***** *****

Sherlock ci mise più del solito a vestirsi. Non sapeva esattamente cosa comportava quella serata fuori, ma voleva essere al meglio. Quando uscì dalla sua camera, perfetto come sempre, sentì nel soggiorno la voce della signora Hudson che chiacchierava con John.

Sherlock sentì solo la fine della conversazione, ma potè distintamente sentire la sua proprietaria dire - Finalmente, era ora! -

Quando entrò nel soggiorno non si aspettava che anche John si fosse messo "in tiro", visto che non abbandonava i suoi maglioni nemmeno quando usciva con una ragazza, ma il suo abbigliamento lo stupiì ancora di più: aveva il maglione della loro prima cena da Angelo.

- Eccolo qui, andiamo? - esclamò John alla vista del detective.

I due andarono assieme fuori da Baker Street e la signora Hudson non potè trattenere un grosso sorriso mentre prendeva in braccio Ginny.

- Visto piccola? alla fine quei due testoni hanno fatto la scelta giusta! -


***** *****

- Angelo niente candela oggi? - chiese John sedendosi al loro solito tavolo.

- Provvedo subito - rispose l'uomo strizzandogli l'occhio.

Sherlock si guardò attorno stupito, era davvero un appuntamento?

- John cosa stai facendo? -

- Non riesci a dedurlo? -

- Ho qualche difficoltà in questo caso -

John sorrise tra sè soddisfatto - Non voglio che finiamo pensionati nel Sussex -

- Scusa? -

- Niente, una cosa che ha detto il Dr. Laurie. Sembra che se non mi faccio avanti io, finirà così -

Le guance di Sherlock si arrossarono un po' e John lo trovò adorabile. Come poteva non essersi mai accorto dei sentimenti di Sherlock per lui? Non era vero, l'aveva capito ma non aveva voluto vederlo. Da quando era tornato era diverso. Sherlock sembrava più umano e l'inaspettata fragilità l'aveva lasciato esposto, rivelando i suoi veri sentimenti.

- Sai per anni ho pensato che tu non provassi certe cose. Perché non me l'hai mai detto? - chiese a bruciapelo.

- Potrei chiederti la stessa cosa - rispose Sherlock strabuzzando gli occhi.

- Tu eri sposato con il tuo lavoro no? -

- Già... e tu fai parte del lavoro John -

Seguì una pausa in cui si guardarono in faccia e scoppiarono a ridere.

- Non ho mai osato dirlo a me stesso...figuriamoci  a te... - riprese John.

- Non lo stiamo ancora dicendo -

- E' vero...siamo due idioti -

Sherlock sorrise - E' perché siamo di nuovo Sherlock e John contro il Mondo... non occorre dire niente -

E in secondo John si gettò su Sherlock catturando le sue labbra con un bacio. Sherlock rimase stupito in un primo momento ma poi si ritrovò a ricambiare istintivamente quell'improvviso contatto, quella sensazione che non aveva mai sentito prima. Aveva baciato Janine, ma  non era la stessa cosa, era stata solo una finzione senza alcun coinvolgimento emotivo.

Se qualcuno glielo avesse chiesto nei giorni successivi non avrebbe saputo dire quanto era durato quel bacio, quanto erano rimasti a cena, come era successo che avevano fatto la strada fino a casa a piedi, con la mano di John che ogni tanto prendeva quella di Sherlock, come erano arrivati fino alla camera di Sherlock e avevano deciso di dividere castamente, almeno per il momento, il letto.

Evidentemente anche le sue straordinarie capacità mentali ogni tanto si prendevano un periodo di relax, lasciando che Sherlock si godesse i momenti importanti della sua vita.


***** *****

- La vedo turbato - affermò Sherlock entrando per l'ultima volta nello studio del dott. Laurie.

Lo psicologo distolse lo sguardo dagli appunti e si tolse gli occhiali.

- Avrei bisogno di ferie, sa un mio paziente ha sparato alla moglie del migliore amico di un altro mio paziente - rispose ironico.

- Non la facevo così sentimentale -

Restarono a fissarsi, Sherlock sembrava molto più rilassato rispetto alle prime sedute e il dottore non poté che sorridere dei piccoli ma enormi passi avanti che il detective aveva compiuto

- Ho sbagliato con Christian - affermò mesto.

- Anche su Victor... provava qualcosa per me - rincarò debolmente Sherlock. Il senso di colpa non era una cosa che gli apparteneva ma negli ultimi tempi sembrava saltare fuori spesso, nei meandri della sua mente.

- Non amore sig. Holmes: fissazione, ossessione... ma quello non era amore, non confonda le cose -

Si guardarono di nuovo, Sherlock sorrise ripensando a una cosa buffa che era successa la mattina, con John che tentava di preparare un omogeneizzato.

- Novità? - chiese il dott. Laurie, esaminando meglio il suo paziente.

- A quanto pare non finirò a fare il pensionato nel Sussex - rispose inarcando un sopracciglio.

- Mi fa piacere sentirlo. Come stanno andando le cose? -

- Bè è tutto nuovo e anche strano... ma è anche così... -

- Normale? Naturale? Talmente naturale che era ora accadesse? -

- Sono anch'io così fastidioso quando deduco gli altri? - chiese caustico Sherlock.

- Con Ginny? - riprese il dottore.

- Bene, è molto sveglia -

Il dott. Laurie gli lanciò uno sguardo che significava "credevo avessimo fatto passi avanti sull'aprirsi ai sentimenti".

- Uff... va bene sono contento che John abbia una figlia perché non immagino persona migliore a fare il padre e io... bè imparerò a fare il genitore. -

- Meglio.. - convenne lo psicologo. Non pretendeva di certo che il suo paziente snaturasse completamente il suo carattere, voleva solo che vivesse meglio con se stesso.

Il cellulare di Sherlock squillò all'arrivo di un nuovo sms. Sherlock lo estrasse dalla tasca e sfoggiò la sua migliore espressione da "il gioco è iniziato"

- Un caso? - chiese curioso il dott. Laurie.

- Lestrade ha bisogno di me e John...spero che la signora Hudson sia libera per tenere Ginny -

Il dott. Laurie rise, immaginando che la piccola sarebbe diventata o una geniale pestifera o l'adulta in mezzo a due bambini.

- Ho perso il conto delle sedute, ma ne avremo fatte dieci no? - chiese Sherlock con noncuranza.

- Non finga di essere venuto qui solo perché glielo ha imposto suo fratello - rispose il dottore alzandosi in piedi per stringergli la mano.

Sherlock ricambiò la stretta e si diresse di gran passo verso la porta. Prima di uscire si voltò verso il dottore, conscio che senza di lui non avrebbe superato tutti quei mesi e con grande fatica mise insieme due parole di fila.

- Grazie.... David -

- Arrivederci, Sherlock -

The end

Angolo autrice

Aiuto...spero vi sia piaciuta. Concludere è sempre un dramma, è bello sapere sempre di avere un altro capitolo per rimediare se qualcosa non funziona, invece qui o vi piace oppure no. Confido nella prima.

Un mega grazie a chi ha letto, salvato nei preferiti e nelle storie da ricordare e seguiti!!! Un grazie particolare a Lacri1508, Xaki e pamdl, fedeli recensori e a Daniela93, MrsKarev, Shirein, The Mystic Saga, skinplease, greeneyes99 che mi hanno tenuto compagnia con i loro commenti.

Un bacione!!!


   
 
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