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Autore: LaPerla    21/02/2015    5 recensioni
Spoiler TVD 6x15....
Klaroline - What if? -
Un personaggio importante è venuto a mancare. Un funerale toccante. Una figlia distrutta. Tutto è stato drammaticamente perfetto. Solo un neo. Una persona è mancata in questa puntata. Caroline non ha ricevuto le condoglianze da un suo amico, per questo ho aggiustato il tiro della Plec, creando la mia personale 6x15
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Caroline\Klaus, Klaus
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Feel me, Caroline.

 

Note prima della lettura: Spoiler TVD 6x15 e TO (seconda stagione). Se non siete in pari con la programmazione americana e non volete grossi spoiler non proseguite.

 

Avevo vent’anni. Tutta la vita davanti – qualcuno avrebbe detto- e invece, no. Non avevo solo una vita davanti. Ne avevo infinite, perché non sarei mai invecchiata. Mai. Io non sarei mai morta. Mai.

 

Devi adattare la tua percezione del tempo quando diventi un vampiro

 

Vent’anni, soltanto e già avevo perso entrambi i miei genitori, una cara amica ed avevo combattuto contro me stessa per essere una persona migliore, un vampiro migliore. Nessuno dovrebbe perdere così tanto, così presto. Nessuno.

Avevo appena trascorso quello che credevo essere il giorno peggiore della mia vita. Avevo seppellito mia madre senza essere riuscita a dirle addio, troppo sicura del fatto che avrei avuto più tempo. Tempo per leggerle dei libri, per guardare insieme a lei trilogie dalla pessima regia e per cucinarle i suoi dolci preferiti. Scioccamente avevo creduto che se avessi pianificato tutto nei minimi dettagli, avrei potuto ottimizzare il tempo che le restava.. E invece.. Non si può ingannare la morte, anche quando ci si riesce si resta fregati. Io ne sono l’esempio. Ho tutta l’eternità davanti, ma dovrò viverla senza le persone a me più care. Fra qualche decennio, fatto salvo per chi come me è un vampiro, tutti coloro che amo non ci saranno più, mentre io.. Cosa farò?

 

Forse un giorno, fra un anno o perfino fra un secolo, busserai alla mia porta e lascerai che ti mostri cosa il mondo ha da offrirti

 

Il Mystic Grill era gremito di persone, il chiacchiericcio di coloro che avevano preso parte al piccolo ricevimento dopo il funerale stava diventando assordante. Con garbo salutavo chi era venuto a rendere omaggio a mia madre per l’ultima volta. Accennavo sorrisi di circostanza, ma dentro sentivo di non riuscire più a sostenere quel ruolo. Il dolore pulsava in gola più forte della sete del sangue, era insopportabile, insostenibile.

“Ehi, vai via?” – Elena aveva capito le mie intenzioni, notando che stavo indossando il cappotto.

“Sì..ne ho abbastanza di funerali per oggi..” – Commentai provando a sorriderle.

“Ti accompagno” – Rispose, senza esitazioni.

“No.. Sono solo due isolati..me la caverò Elena, grazie”.

“E’ solo che non credo sia una buona idea che tu resti da sola stanotte” – Sentenziò con aria dispiaciuta.

“Invece credo che sia esattamente ciò di cui ho bisogno” – Continuavo a cercare di sorridere, per convincerla che stavo bene. Ma il mio volto doveva somigliare ad una maschera scolpita da un pessimo artista.

La abbracciai, quasi per essere più convincente, ma soprattutto per evitare il suo sguardo diffidente.

“Grazie per tutto quello che hai fatto oggi, Elena. Non lo dimenticherò. Mai”.

Me ne andai, prima che potesse aggiungere altro, prima che quella maschera si sgretolasse e scoppiassi a piangere.

Quando arrivai davanti al portico della mia casa, tutto divenne chiaro, improvvisamente. Avevo già pensato a quella possibilità, ma fino a quel momento non l’avevo considerata sul serio. Le parole di Damon riecheggiavano nella mia mente. Sarei stata peggio di così e quel peggio stava appena cominciando. Rientrai lentamente, osservando l’ambiente intorno a me. Era casa mia quella, eppure la sentivo così estranea, silenziosa, vuota. Avanzai di qualche passo e mi ritrovai di fronte la poltrona dove mia madre aveva passato i suoi ultimi pomeriggi. Il suo golfino grigio ancora sulla spalliera, una tazza da tè vuota sul tavolino, qualche libro accanto ad essa. Inalai il profumo della mia mamma, che ancora impregnava quell’indumento. Il vuoto che provai fu indescrivibile. Era questo ciò che mi restava di lei. Ricordi e vuoti incolmabili. Il peggio era iniziato. Sentii il bisogno di rassettare quel disordine. Misi via la tazza sporca ed i libri ancora aperti, mentre le lacrime offuscarono la mia vista. Stavo per piangere, quando percepii una presenza alle mie spalle.

Sentii il suo battito, era veloce. Mi voltai di scatto, incredula e confusa. Avevo riconosciuto quell’odore, lo avrei riconosciuto fra mille. Era inconfondibile.

Lui. Occhi fissi nei miei, labbra serrate in un’espressione seria, forse triste, le mani conserte dietro la schiena, immobile come una statua.

“Klaus..Cosa ci fai qui?” – Non ebbi la forza di dire altro, le mie energie erano convogliate nel ricacciare indietro le lacrime.

“Damon mi ha informato di ciò che stava accadendo tua madre, ieri sera mi ha scritto, dicendo che era molto grave. Mi dispiace molto, Caroline. Sono qui per porgerti le mie condoglianze” – Scandì le parole lentamente, senza mai distogliere i suoi occhi da me. La voce bassa e roca accarezzò quelle frasi, facendole apparire sentite, sincere.

Abbassai lo sguardo, distrutta. Poi mi ricomposi:

“Ti ringrazio, ma ti sei perso il funerale ed il ricevimento. Quindi è totalmente fuori luogo che tu sia qui adesso. Ho bisogno di stare da sola”.

Era tornato da New Orleans solo per mostrarmi il suo cordoglio. Ripensai al giorno del mio diploma, quando affrontò lo stesso viaggio solo per farmi le congratulazioni.

 

Lui è il tuo primo amore, io voglio essere l’ultimo, qualunque sia l’attesa

 

“Capisco – disse, guardando altrove – Tuttavia, era doveroso da parte mia essere qui”.

“Lo è davvero?” – Chiesi con una punta di sarcasmo.

“Dimentichi che siamo amici, Caroline. Ho imparato che nell’amicizia non contano il tempo e la distanza. Se vuoi bene a qualcuno, devi esserci, nel bene e nel male. Ed è quello che sto cercando di fare con te”.

Si era avvicinato di qualche passo, mentre io, dal canto mio, avevo indietreggiato fino a sentire il pianoforte dietro di me.

“Klaus, io.. Mi dispiace sono stata scortese..ma..”

“Non devi scusarti. Va tutto bene” – Mi interruppe.

Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, fissandoci l’un l’altra, in un misto di nostalgia e sospiri.

Realizzai che la sua presenza lì, in quella stanza, mi stava in un certo senso aiutando. Mi aveva distolta per un attimo da quel peggio che aveva cominciato ad attanagliarmi poco prima. Klaus mi aveva distratta.

 

Il dolore è sparito. Mi hai riportato indietro, Caroline

 

“Ti prego, siediti. Hai fatto tutta questa strada per me, lascia almeno che ti offri da bere” – Lo invitai ad accomodarsi su quella comoda poltrona che purtroppo non avrebbe mai più accolto i pomeriggi di mia madre.

Accennò uno dei suoi sorrisini compiaciuti, ma si guardò bene dal lasciarsi andare troppo, la sua espressione si ricompose subito dopo.

“Cosa preferisci?” – Gli chiesi dopo che si era accomodato.

“Quello che prendi tu” – Rispose con sicurezza.

“Non credo che berrò stasera” – Ribattei secca, mentre mi dirigevo verso il carrello dei liquori.

“Non credo che ti farebbe poi così male” – Commentò con voce acuta.

Sospirai, guardando il bicchiere che avevo riempito per lui. Forse aveva ragione. Non mi avrebbe fatto male un po’ d’alcol in corpo, non quella notte.

Quando riapparsi davanti a lui con due bicchieri colmi di Bourbon, vidi il suo viso farsi decisamente compiaciuto, senza riuscire a frenare il suo sorriso malizioso stavolta.

Sorrisi anche io e, per la prima volta in quella giornata, fu un sorriso sincero.

Mi sedetti difronte a lui, col mio bicchiere fra le mani, senza avere la minima idea di cosa dire il momento dopo. Ma lui prevenne il mio imbarazzo, sollevando di poco il suo drink:

“Allo sceriffo Elizabeth Forbes”.

“Alla mia mamma” – Risposi, imitando il suo gesto.

Entrambi mandammo giù il liquore in un solo fiato.

Chiusi gli occhi per un secondo e quando li riaprii, incontrai i suoi, illuminati e bramosi.

Provai un’emozione intensa, indecifrabile perché confusa fra tutte le altre, ma così forte da togliermi il respiro. La testa si era fatta più leggera, il Bourbon stava facendo il suo dovere.

“Klaus..” - Esitai

“Dimmi” – Rispose prontamente.

“C’è una cosa che vorrei chiederti. So che tu hai affrontato diversi lutti nella tua famiglia e so che hai mille anni durante i quali avrai sicuramente fatto esperienza di ogni tipo di emozione e dolore..” – Esitai ancora.

“E’ stato un millennio inteso di certo. Ma cosa vuoi chiedermi di preciso?” – Il suo sguardo si era fatto insistentemente curioso.

“Com’è spegnere la propria umanità, le proprie emozioni?”.

Sgranò di un poco gli occhi, passandosi lentamente una mano sulle labbra.

“Vuoi sapere come si sta quando spegni l’interruttore?”

“Sì” – Risposi sinteticamente.

“Direi che si sta.. bene. In quella condizione non c’è nulla che possa tangerti affettivamente. Non provi alcun tipo di dolore pensando alle cose terribili che ti sono accadute. L’assenza di chi amavi non si pone più come un problema, perché non ami niente più. Vivi in balia della tua voglia di sangue e di sesso. I due istinti primordiali più potenti. La fame ed il desiderio. Essi ti dominano e non ti importa di nient’altro” – Parlava con pacatezza, illustrando quella prospettiva con fare da maestro.

Ne rimasi affascinata.

“Sembra favoloso” – Commentai.

“Lo è.. da un lato. Ma dall’altro..”

“So già cosa stai per dire. Risparmiami, ti prego. Non vorrai certo farmi discorsi di moralità sulle condotte che assumerei o sulle vite che prenderei?” – Lo interruppi.

Scosse la testa, sbuffando in una risata.

“No. No, Caroline. Non sarebbe questo a preoccuparmi, davvero”.

“E allora? Quale sarebbe questo risvolto della medaglia?” – Chiesi incuriosita.

“Damon ha detto la verità oggi al funerale. Sei una donna bellissima e forte, un’amica generosa, una luce intensa in un mare di oscurità, sei straordinaria. Cosa resterebbe di tutto ciò se spegnessi la tua umanità? Il dolore ed il lutto se ne andrebbero, certo. Ma con loro anche tutto il resto. Credi che ne valga la pena?”

Le lacrime risalirono ai miei occhi, ero sorpresa.

“Tu eri lì? Eri al funerale? Klaus.. io..” – Non riuscivo a crederci. Era stato lì per tutto il tempo, in disparte, ad osservarmi.

“Ero lì Caroline. Ero lì per te, nelle retrovie, ma solo per rispetto del momento e per non attirare l’attenzione su di me. Era il funerale di tua madre ed era giusto che tutti si concentrassero su quello” – Dai suoi occhi traspariva sincera commozione.

“Oh Klaus..Ti ringrazio..” – Le lacrime ormai solcavano il mio volto. Con esse sentivo quel peggio scivolare via, fuori da me.

“Hai una voce incantevole” – Disse mentre si alzava per raggiungermi e tendermi la mano.

Con gli occhi ancora umidi tirai su col naso, incontrando il suo sguardo che mi invitava ad alzarmi. Afferrai la sua mano, dandomi slancio verso di lui. Mi ritrovai a pochi centimetri dal suo volto, come quel giorno nel bosco, quando io e lui..

 

Voglio che tu sia onesta con me

 

“Canta ancora, Caroline. Canta per me. Canta per Liz. Anche dal dolore più oscuro può nascere qualcosa di sublime. Non lasciare andare chi sei, non farlo mai”.

Lo osservavo stupita, mentre mi accarezzava con delicatezza il volto. Forse aveva ragione. Forse dopotutto, anche quel terribile vuoto si sarebbe trasformato in qualcosa di fertile e fecondo per la mia anima. Purtroppo però tutto ciò che sentivo in quel momento era pena e mancanza.

Mi avvicinai di più al suo corpo, che in risposta mi accolse in un abbraccio forte e dolce al tempo stesso. Così, stretta a lui, cantai ancora.

“Go in peace, go in kindness

 Go in love, go in faith

 Leave the day, the day behind us

 Day is done, go in grace

Let us go into the dark

 Not afraid, not alone

 Let us hope by some good pleasure

 Safely to arrive at home”

 

Ci ritrovammo di nuovo occhi negli occhi. L’azzurro dei miei si perdeva nel torbido grigio acqua dei suoi.

“Vivi il tuo dolore, tesoro. Lascia che ti cambi, ma non spegnere le tue emozioni. Non privarti di cose come questa”

Avvicinò le sue labbra alle mie, dischiudendole poco a poco, con dolcezza, senza fretta. Sentivo il mio corpo fremere al contatto con il suo. La nostra connessione era tornata. Non aveva mai cessato di esistere in realtà. Poggiai le mie mani contro il suo petto, come per spingerlo via, ma il suo abbraccio si fece più stretto ed il suo bacio più intenso.

Non era giusto. Avevo appena seppellito mia madre. Non potevo lasciarmi andare a lui.

Mi opposi con più forza, riuscendo a staccarmi.

“Klaus..non posso.. io..”

Prese una delle mie mani fra le sue.

“Non c’è nulla di sbagliato nel sentire emozioni, Caroline. Il piacere è solo l’altra faccia del dolore. Si compensano, si alimentano e si annullano a vicenda. Hai bisogno di sentire, non importa cosa. Che sia lutto o lascivo desiderio, non conta – Portò la mia mano sul suo petto, premendola così forte che quasi sentivo di avere il suo cuore a contatto con la mia pelle. Batteva forte – Sentimi, Caroline”.

Quella notte scelsi di sentire. Il dolore per mia madre. La rabbia per non aver potuto salvarla. La delusione nei confronti di Stefan. La voglia di andare via e ricominciare. Il desiderio ardente nei confronti di Klaus.

 

Sono in uno dei miei posti preferiti al mondo.. E tutto ciò a cui riesco a pensare è quanto vorrei mostrarlo anche a te. Forse un giorno me lo permetterai

 

“Ti sento..” – Risposi con un fil di voce.

Bastò un mio sguardo per fargli capire che sarei stata di nuovo sua. Si accese di passione, per me, riprendendomi fra le sue braccia e baciandomi ancora, stavolta con più foga, con più urgenza.

Non riuscivo a staccare la mia bocca dalla sua, mentre ci svestivamo a vicenda, urtando contro mobili e suppellettili. I rumori delle ceramiche infrante si confondevano a quelle dei nostri respiri.

Avevo bisogno di sentire. Avevo bisogno di lui.

Ci ritrovammo in camera mia, dopo esserci trascinati per le scale, lasciando una scia di abiti abbandonati a se stessi. Vicini e già ansimanti, ansiosi di perderci l’uno nell’altra, ma troppo esigenti per bruciare così presto la nostra passione. Spendemmo un’ora in baci e carezze peccaminose, esplorando a vicenda i nostri corpi con fame e sete, nutrendoci l’uno dall’altra, mischiandoci la pelle e l’anima. Raggiunsi l’apice delle mie sensazioni diverse volte, grazie alle sue abili mani e alle sue labbra perfette, sentendo ognuna delle mie umane emozioni. Era tutto lì, in quel momento. Sentivo. Ed era tragico e meraviglioso al tempo stesso. Quando finalmente fu dentro di me, realizzai quanto mi fosse mancato. Sentivo tutto. Anche i miei sentimenti per Klaus, finalmente erano chiari, tanto quanto il lutto di mia madre.

Amai Klaus quella notte e lui amò me. Ci amammo come se nessuno dei due avesse mai amato prima e come se mai avessimo potuto amare altri in futuro.

Ero sua e lui era mio.

Quando sfiniti ci addormentammo abbracciati, riuscii a dirgli le mie ultime parole, prima di essere rapita dal sonno e dalla stanchezza.

“Ti ringrazio”

In risposta mi strinse più forte, più forte che mai.

 

**********

 

Avevo davvero creduto di poter lasciare spazio al dolore. Quella notte ci avevo creduto. Ma non era durato a lungo. Quando mi risvegliai, ancora fra le sue braccia, credevo ancora che avrebbe potuto funzionare. Bilanciare il bene ed il male dentro di me. Compensare il lutto con la vita. Poteva essere facile. Ci credevo ancora, quando scesi di soppiatto giù in cucina, per non svegliarlo, pronta a preparare la colazione. Pensavo ancora che fosse possibile, quando per caso inciampai nel suo cellulare abbandonato sul pavimento. Ancora mi illudevo di poterci riuscire, quando lo raccolsi da terra e vidi che aveva perlomeno dieci messaggi in segreteria. Ci credevo. Poi ascoltai quei messaggi, rimanendo basita nell’ascoltare quella voce femminile così familiare.

Klaus dove diavolo sei finito? Ti stiamo cercando da ieri! Come hai potuto allontanarti da New Orleans proprio ora? Nostra figlia è di nuovo in pericolo! I tuoi fratelli, quelli cattivi, sono tornati più forti che mai! Non so fin quanto i lupi del mio branco potranno proteggerla contro la magia nera! Devi tornare subito qui! Io e Hope, la tua famiglia, abbiamo bisogno di te!”

Riagganciai, stringendo il telefono fra le mani fino quasi a romperlo. Ma decisi di guardare prima le foto su di esso. C’erano immagini di Hayley che teneva in braccio una bellissima bambina bionda, terribilmente somigliante a Klaus. Nella foto dopo era proprio lui a tenerla in braccio. Altre foto ritraevano Elijah, una donna di colore ed una donna bionda, tutti in adorazione verso quella bambina.

Provai di nuovo un vuoto lancinante.

Klaus si era fatto una famiglia ed io non ne sapevo nulla. Hayley ne faceva parte. Era la madre di sua figlia? Non capivo come tutto ciò poteva essere possibile, ma in quella confusione c’era una lampante verità: nella vita di Klaus a New Orleans non ci sarebbe stato spazio per me.

Era stata una sola notte. Un’altra avventura. L’ultima, ripromisi a me stessa.

Uscii senza far rumore. Senza bagagli. Senza meta. L’unica cosa che desideravo era prendere il primo aereo. Ma dovevo programmare bene il tutto. Avevo un piano prima che Klaus fosse piombato a casa mia la sera precedente. Dovevo solo cancellare quella notte e ripartire dai miei progetti.

Mentre camminavo svelta verso l’auto, sentii riaffiorare di nuovo quella sensazione.

Era di nuovo lì, il peggio.

Non potevo riuscirci. Non da sola. Smisi di credere e partii.

 

Qualche giorno dopo.

 

Gli assistenti di volo raccomandarono di allacciare bene le cinture. Ignorai quel comando e continuai a fissare il nome sul mio nuovo passaporto falso.

Elizabeth Mikaelson

Ora riuscivo a realizzare quanto fosse stato sdolcinato voler ricordare le due persone che avevo amato di più nella mia nuova vita. Feci spallucce, era comunque un bel nome. Misi via il documento e cominciai a sfogliare una rivista di moda. Eravamo quasi pronti per il decollo quando una bella hostess bruna si avvicinò con cortesia.

“Signorina, dovrebbe allacciare la cintura di sicurezza per favore”.

Mi voltai verso di lei con indifferenza, poi abbassai gli occhiali da sole scuri e la fissai dritto negli occhi:

“Credo che ne farò a meno, dolcezza. Ma non preoccupartene, piuttosto, aspettami chiusa nella toilette, stamattina non ho fatto colazione e tu hai un odore molto invitante!”.

Le sorrisi fintamente, mentre lei annuì come un automa e si diresse verso la toilette dell’areo, totalmente noncurante dell’imminente decollo.

Mi stiracchiai le braccia soddisfatta.

Non sentivo più nulla. Il dolore era sparito. Il lutto era stato cancellato. Ogni senso di colpa o rimorso, lavati via.

Avevo spento le mie emozioni, la mia umanità.

L’altra faccia della medaglia?

Non sentivo più la voglia di vedere i miei amici. Non avvertivo la mancanza di Elena, Stefan, Damon o nessun altro.

Non sentivo niente nemmeno per Klaus.

Anzi, forse mi mancava il sesso con lui. Ma non quel sesso disperato e romantico di qualche sera prima. Piuttosto il favoloso sesso selvaggio di quel pomeriggio nel bosco.

Sorrisi fra me e me.

Prima o poi gli avrei fatto una visitina. New Orleans era fra le tappe del mio giro del mondo. Ma la prima era Tokyo, il sesso con Klaus poteva aspettare, nel frattempo mi sarei allegramente consolata.

 

Preferisci chi sei adesso alla ragazza che eri una volta. Ti piace essere forte, giovane, impavida.

Siamo uguali, Caroline.

 

Spazio personale.

Dopo aver concluso da poco la mia long Klaroline, non pensavo di tornare così presto con una OS.. ma l’episodio sulla morte di Liz Forbes mi ha ispirata. Quante di noi avrebbero voluto Klaus al funerale? Ecco..io ho immaginato come sarebbe andata se Caroline al suo rientro in casa avesse trovato Klaus ad aspettarla. Avrebbe dovuto esserci. E per me c’è stato. Spero vi sia piaciuta. Finale aperto, ma nessun happy ending, in questo momento non ci credo. Klaus e Caroline sono troppo distanti…però mi piace sperarci…la speranza è l’ultima a morire … tanta tanta HOPE.

Stay Klaroline!

Un abbraccio

Vic.

 

  
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