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Autore: roro    07/12/2008    6 recensioni
“Kagome?”.
“Ti odio, Inu-Yasha”, ripeté, singhiozzando. “Ti odio”.
Perché loro sono uno stupido ed una superficiale. E si amano.
*Happy B-Day, Kikka!*
*Tentativo di Nonsense*
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Fool For No One

Fool for no one

 

I thought I was a fool for no one [Credevo di non esser considerato stupido da nessuno]
But, baby, I’m a fool for you. [Ma, tesoro, tu credi io sia uno stupido.]
You’re the queen of the superficial [Sei la regina del superficiale]
But how long before you tell the truth?
[Ma quanto ci vorrà ancora prima che tu dica la verità?]

[Supermassive Black Hole - Muse]

 

Oh, bene.

Benissimo.

Alzò il capo dal libro che stringeva in grembo con aria contrariata, mentre la bocca fremeva, desiderosa di lasciarsi sfuggire epiteti poco gentili. Suo marito adorava disturbarla, specie quando la notava concentrata. Non lo sopportava più.

Sospirò, contando mentalmente sino a dieci. “Sì, Inu-Yasha?”, borbottò, puntando le sue iridi nocciola in quella dorate del ragazzo, e ripetendosi mentalmente che no, un omicidio non avrebbe portato benefici a nessuno. “Devi dirmi qualcosa?”.

L’hanyou sorrise trionfale, piegando le labbra in un’espressione compiaciuta. “Kaede dice che devi andare al villaggio”, proferì, ghignando.

“Può benissimo lavorare senza di me”, ribatté prontamente Kagome, inarcando un sopracciglio. Odiava le sue scuse – le sue banali scuse. Erano così plateali! “Non penso di essere indispensabile”.

Inu-Yasha alzò gli occhi al cielo, passandosi una mano tra i capelli, ed imprecando sommessamente.

Cocciuta.

“Kagome, non ho voglia di litigare”, sibilò distrattamente, giocherellando con un lembo del suo abito. “Torna al villaggio”.

“No”.

“Sì, invece. Recupera la tua roba e ritorna al villaggio. Veloce”.

Gli sorrise, facendogli cenno di sedersi accanto a lei – ubbidiente, l’hanyou si lasciò scivolare al suo fianco. Si era abituato ad essere comandato a bacchetta. Non era così grave.

Bastava non farsi mandare A cuccia.

“Perché devo tornare?”, domandò lei, cercando di apparire vagamente gentile. Era il metodo giusto per farsi dire la verità. “È successo qualcosa di grave?”.

“No”, borbottò lui – gli occhi si alzarono nuovamente, puntandosi verso il sole, sorto da poche ore. Era mattina. Ancora mattina. “Nulla di grave”, ripeté, soprappensiero.

Kagome sospirò. “Se non è successo nulla, perché dovrei tornare? Qui sto molto bene, lo sai”. Indicò con un dito la valle in cui era seduta – la tranquillità regnava sovrana, e un senso di pace pervadeva l’animo di coloro che vi si addentravano. Non era pericoloso, sedersi lì.

Era solo rilassante.

Devi. Non c’è una ragione”.

“Oh, quando tu dici qualcosa, c’è sempre una ragione”, ridacchiò lei, alzando una mano per sistemare una ciocca di capelli dell’hanyou. Non si curava molto, dei suoi capelli. Preferiva lasciar fare a lei, molto più competente. “Sei stupido, certo, ma anche gli sciocchi hanno una loro logica”.

Inu-Yasha la fissò, l’aria sconvolta. “Grazie, eh?”, mormorò, scuotendo il capo, per impedirle di continuare a carezzarlo. “Certo che sono stupido, se mi preoccupo per te”.

“Nessuno ti ha chiesto di farmi la paternale, grazie”.

“E nessuno ti ha chiesto di darmi dello stupido”.

Idiota.

Kagome lo osservò qualche attimo – i capelli d’argento in disordine, le gote rosse per la rabbia, un sopracciglio inarcato – e non poté esimersi dal ridere, scivolando sul prato – l’erba era rada, secca. Era dicembre, dopotutto. L’inverno era arrivato già da un po’.

“Comunque, se io sono stupido, tu sei superficiale”, commentò, ridendo, soddisfatto. Si sarebbe arrabbiata.

Ed era divertente, farla indispettire.

“Prego?”. Sbatté più volte le palpebre, sbigottita: le aveva davvero dato della superficiale?

“Sei. Una. Superficiale”, ripeté Inu-Yasha, un ghigno divertito sulle labbra, compiaciuto per aver colto nel segno. “Non capisci mai cosa penso. E vuoi sempre averla vinta. Sei una bambina superficiale e viziata”, spiegò, avvicinando il suo capo a quello della ragazza, ancora distesa.

Lei lo osservava, adirata. “Superficiale, eh?”, domandò, spintonandolo di lato e gattonando sino ai suoi libri, adagiati poco più in là, accanto ad un enorme portapenne – erano pezzi della sua vita passata, quegli oggetti. Anni prima li aveva dimenticati nell’epoca Sengoku, dopo la battaglia che li aveva visti vincitori. E, prima di tornare per sempre, non aveva più potuto vederli.

Appartenevano alla sua epoca.

Era loro schifosamente affezionata.

“Sì, Kagome, sei superficiale”.

“E tu sei stupido”.

Strinse tutto al petto, mordendosi il labbro inferiore. Ormai, c’era abituata.

Era la solita routine. Si divertiva a criticarla. Si divertiva un mondo a criticarla.

Stupido.

Lui era uno stupido, dannazione. Un emerito incapace.

Lo sapeva perfettamente – cosa credeva? Che l’avrebbe trattata come una principessa?

Le favole non esistono, Kagome.

Smettila di sognare.

Ti odio”, sbottò, passandosi una manica dell’abito sugli occhi, nel tentativo – disperato – di asciugarli.

“Kagome?”.

Ti odio, Inu-Yasha”, ripeté, singhiozzando. “Ti odio”.

Sentì un fruscio, e poi qualcosa carezzarle il volto – delicatamente. Dolcemente. Teneramente. “Non azzardarti a ripetere che mi odi”, sibilò, pochi centimetri a dividerlo dalle sue labbra. “Non osare”.

“Invece sì”. Si morse nuovamente il labbro inferiore, incapace di alzare lo sguardo dal suolo. Si sentiva stupida. E viziata, esattamente come aveva detto lui. “Lo ripeterò finché non capirai che sei uno stupido”.

“Oh, se la metti su questo piano, neppure io smetterò di dirti che sei infantile…”. Si chinò, raggiungendo l’orecchio di Kagome. “Perché tu sei infantile, Kagome. E questo mi piace”.

“Stupido”, sussurrò lei, alzando gli occhi al cielo. “Come devo fare, con te?”, domandò, fingendo perplessità. “Sei così stupido che non posso abbandonarti. Potresti farti del male, stando da solo”.

Inu-Yasha le sorrise. “Inizia ad andare al villaggio. Fa freddo”. Le carezzò un’ultima volta la guancia, prima di sospirare. “Per il resto… si vedrà, Kagome”.









*\* Partiamo subito con la parte importante: Kikka, tanti auguri di buon compleanno!!! *.*
Tantissimi auguri! *.* Spero che la storia ti sia piaciuta!
...
Ok, dopo la parte sentimentale, qualche spiegazione - sì, mi sono resa conto che le vostre espressioni sono ancora basite, perché non avete capitolo nulla di quel che ho scritto. -.-''
Allora: è ambientata dopo la fine della serie. Ovviamente, non ho inserito spoiler consistenti: la si può leggere anche come un semplice lavoro. ù.ù
Poi... Beh, l'ispirazione è fuggiasca, in questo periodo. -.-'' Non riesco a scrivere nulla di decente.
Questo è stato un lavoro molto rapido - dieci minuti, credo - e che... Beh, non so. Non riesco a capirlo bene. Ma è colpa mia - sono molto dura, con me stessa.
Non ha una trama. E' uno spaccato di vita, una fotografia di un attimo. Una banalissima Nonsense. La prima che scrivo. ù.ù
E' uno stupido che litiga con una superficiale.
Ascoltando "Supermassive Black Hole" dei Muse, mi è venuta l'idea. E ho scritto la Shot, per festeggiare il compleanno di Kikka-chan.
Spero, ovviamente, che voi l'abbiate gradita. ù.ù Mi rimetto al vostro giudizio!
Gradirei delle recensioni, eh! XD
Bacioni! */*

P.S. Grazie a tutti quelli che mi sostengono sempre e comunque. ù.ù Per quelli che leggono BoY: ancora un po' di pazienza!
   
 
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