Fool for no one
I thought I was
a fool for no one [Credevo di
non esser considerato stupido da nessuno]
But, baby, I’m a fool for you.
[Ma, tesoro,
tu credi io sia uno stupido.]
You’re the queen of the superficial
[Sei
la regina del superficiale]
But how long before you tell the truth?
[Ma
quanto ci vorrà ancora prima che tu dica la
verità?]
[Supermassive
Black Hole - Muse]
Oh,
bene.
Benissimo.
Alzò
il capo dal libro che stringeva in
grembo con aria contrariata, mentre la bocca fremeva, desiderosa di
lasciarsi
sfuggire epiteti poco gentili. Suo marito
adorava disturbarla, specie quando la notava concentrata.
Non lo sopportava più.
Sospirò,
contando mentalmente sino a dieci. “Sì,
Inu-Yasha?”, borbottò, puntando le sue
iridi nocciola in quella dorate del ragazzo, e ripetendosi mentalmente
che no, un omicidio non avrebbe
portato
benefici a nessuno. “Devi dirmi qualcosa?”.
L’hanyou
sorrise trionfale, piegando le labbra in un’espressione
compiaciuta. “Kaede
dice che devi andare al villaggio”, proferì,
ghignando.
“Può
benissimo lavorare senza di me”, ribatté
prontamente Kagome, inarcando un
sopracciglio. Odiava le sue scuse – le sue banali scuse.
Erano così plateali!
“Non penso di essere
indispensabile”.
Inu-Yasha
alzò gli occhi al cielo, passandosi una mano tra i capelli,
ed imprecando
sommessamente.
Cocciuta.
“Kagome,
non ho voglia di litigare”, sibilò distrattamente,
giocherellando con un lembo
del suo abito. “Torna al villaggio”.
“No”.
“Sì,
invece. Recupera la tua roba e ritorna al villaggio. Veloce”.
Gli
sorrise, facendogli cenno di sedersi accanto a lei –
ubbidiente, l’hanyou si
lasciò scivolare al suo fianco. Si era abituato
ad essere comandato a bacchetta. Non era così grave.
Bastava non farsi
mandare A cuccia.
“Perché
devo tornare?”, domandò lei, cercando di apparire
vagamente gentile. Era il
metodo giusto per farsi dire la verità.
“È successo qualcosa di grave?”.
“No”,
borbottò lui – gli occhi si alzarono nuovamente,
puntandosi verso il sole,
sorto da poche ore. Era mattina. Ancora mattina. “Nulla di
grave”, ripeté,
soprappensiero.
Kagome
sospirò. “Se non è successo nulla,
perché dovrei tornare? Qui sto molto bene,
lo sai”. Indicò con un dito la valle in cui era
seduta – la tranquillità
regnava sovrana, e un senso di pace pervadeva l’animo di
coloro che vi si
addentravano. Non era pericoloso,
sedersi lì.
Era
solo rilassante.
“Devi.
Non c’è una ragione”.
“Oh,
quando tu dici qualcosa, c’è sempre una
ragione”, ridacchiò lei, alzando una
mano per sistemare una ciocca di capelli dell’hanyou. Non si curava molto, dei suoi capelli.
Preferiva lasciar fare a lei, molto più competente.
“Sei stupido, certo, ma
anche gli sciocchi hanno una loro logica”.
Inu-Yasha
la fissò, l’aria sconvolta. “Grazie,
eh?”, mormorò, scuotendo il capo, per
impedirle di continuare a carezzarlo. “Certo che sono
stupido, se mi preoccupo
per te”.
“Nessuno
ti ha chiesto di farmi la paternale, grazie”.
“E
nessuno ti ha chiesto di darmi dello stupido”.
Idiota.
Kagome
lo osservò qualche attimo – i capelli
d’argento in disordine, le gote rosse per
la rabbia, un sopracciglio inarcato – e non poté
esimersi dal ridere,
scivolando sul prato – l’erba era rada, secca. Era
dicembre, dopotutto. L’inverno
era arrivato già da un po’.
“Comunque,
se io sono stupido, tu sei
superficiale”, commentò, ridendo, soddisfatto. Si
sarebbe arrabbiata.
Ed era divertente, farla
indispettire.
“Prego?”.
Sbatté più volte le palpebre, sbigottita: le
aveva davvero dato della superficiale?
“Sei.
Una. Superficiale”, ripeté Inu-Yasha, un ghigno
divertito sulle labbra,
compiaciuto per aver colto nel segno. “Non capisci mai cosa
penso. E vuoi
sempre averla vinta. Sei una bambina superficiale e viziata”,
spiegò,
avvicinando il suo capo a quello della ragazza, ancora distesa.
Lei
lo osservava, adirata. “Superficiale,
eh?”, domandò, spintonandolo di lato e gattonando
sino ai suoi libri, adagiati poco
più in là, accanto
ad un enorme portapenne – erano pezzi della sua vita passata,
quegli oggetti.
Anni prima li aveva dimenticati nell’epoca Sengoku, dopo la
battaglia che li
aveva visti vincitori. E, prima di tornare per
sempre, non aveva più potuto vederli.
Appartenevano alla sua
epoca.
Era loro schifosamente
affezionata.
“Sì,
Kagome, sei superficiale”.
“E
tu sei stupido”.
Strinse
tutto al petto, mordendosi il labbro inferiore. Ormai, c’era abituata.
Era
la solita routine. Si divertiva a criticarla. Si divertiva un mondo a criticarla.
Stupido.
Lui
era uno stupido, dannazione. Un emerito
incapace.
Lo
sapeva perfettamente – cosa credeva? Che l’avrebbe
trattata come una
principessa?
Le favole non esistono,
Kagome.
Smettila di sognare.
“Ti
odio”, sbottò, passandosi una manica
dell’abito sugli occhi, nel tentativo –
disperato – di asciugarli.
“Kagome?”.
“Ti
odio, Inu-Yasha”, ripeté, singhiozzando.
“Ti odio”.
Sentì
un fruscio, e poi qualcosa carezzarle il volto –
delicatamente. Dolcemente.
Teneramente. “Non azzardarti a ripetere che mi
odi”, sibilò, pochi centimetri a
dividerlo dalle sue labbra. “Non osare”.
“Invece
sì”. Si morse nuovamente il labbro inferiore,
incapace di alzare lo sguardo dal
suolo. Si sentiva stupida. E viziata, esattamente come aveva detto
lui. “Lo ripeterò finché non capirai
che sei uno stupido”.
“Oh,
se la metti su questo piano, neppure io smetterò di dirti
che sei infantile…”.
Si chinò, raggiungendo l’orecchio di Kagome.
“Perché tu sei
infantile, Kagome. E questo mi piace”.
“Stupido”,
sussurrò lei, alzando gli occhi al cielo. “Come
devo fare, con te?”, domandò,
fingendo perplessità. “Sei così
stupido
che non posso abbandonarti. Potresti farti del male, stando da
solo”.
Inu-Yasha le sorrise. “Inizia ad andare al villaggio. Fa freddo”. Le carezzò un’ultima volta la guancia, prima di sospirare. “Per il resto… si vedrà, Kagome”.
*\* Partiamo subito con la parte importante: Kikka, tanti auguri di buon compleanno!!! *.*
Tantissimi auguri! *.* Spero che la storia ti sia piaciuta!
...
Ok, dopo la parte sentimentale, qualche spiegazione - sì, mi sono resa conto che le vostre espressioni sono ancora basite, perché non avete capitolo nulla di quel che ho scritto. -.-''
Allora: è ambientata dopo la fine della serie. Ovviamente, non ho inserito spoiler consistenti: la si può leggere anche come un semplice lavoro. ù.ù
Poi... Beh, l'ispirazione è fuggiasca, in questo periodo. -.-'' Non riesco a scrivere nulla di decente.
Questo è stato un lavoro molto rapido - dieci minuti, credo - e che... Beh, non so. Non riesco a capirlo bene. Ma è colpa mia - sono molto dura, con me stessa.
Non ha una trama. E' uno spaccato di vita, una fotografia di un attimo. Una banalissima Nonsense. La prima che scrivo. ù.ù
E' uno stupido che litiga con una superficiale.
Ascoltando "Supermassive Black Hole" dei Muse, mi è venuta l'idea. E ho scritto la Shot, per festeggiare il compleanno di Kikka-chan.
Spero, ovviamente, che voi l'abbiate gradita. ù.ù Mi rimetto al vostro giudizio!
Gradirei delle recensioni, eh! XD
Bacioni! */*
P.S. Grazie a tutti quelli che mi sostengono sempre e comunque. ù.ù Per quelli che leggono BoY: ancora un po' di pazienza!