Anime & Manga > No. 6
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Autore: B Rabbit    22/02/2015    2 recensioni
{ Nezushi | After Story }
Si mise a sedere sul letto e guardò fuori dalla finestra chiusa, incontrando il viso meraviglioso della luna che l’osservava – gli occhi vermigli si riempirono di luce bianca e in essi affogò la volta nera screziata di stelle –.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nezumi, Shion
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chi ti ha guidato in questo luogo?
Con i miei occhi, amore m’aiutò a cercarlo



Nel grembo della notte, piccoli rumori increspavano il silenzio e si propagavano come flussi concentrici sulla sua superficie astratta, fino a scivolare nei sogni di un ragazzo per richiamare la sua coscienza da quel mondo immaginario. Un suono si aggiunse ai precedenti come risposta, un mugolio flebile che perì subito dopo.
Aprì le palpebre, Sion, e stette immobile sotto le coperte, troppo confuso dal sonno per afferrare al meglio la situazione. Si mise a sedere sul letto e guardò fuori dalla finestra chiusa, incontrando il viso meraviglioso della luna che l’osservava – gli occhi vermigli si riempirono di luce bianca e in essi affogò la volta nera screziata di stelle –.
Udì la voce di Morfeo chiamarlo indietro nel suo regno, ma scosse leggermente il capo per svegliarsi un poco e le ciocche candide ondeggiarono appena sugli occhi socchiusi.
Un rumore echeggiò nuovamente nella stanza, più nitido dei compagni. Il ragazzo concentrò l’attenzione sul vetro della finestra e aspettò – nel suo cuore si accese un pensiero ormai quotidiano, una speranza che fin dai primi momenti dalla sua nascita mutò in forte desiderio –.
Le membra si contrassero, il corpo si mosse senza alcun comando. Sion si alzò dal letto e avanzò verso la finestra, la porta che gli avrebbe mostrato l’avverarsi di un sogno o il dominio della realtà.
Posò la mano sul vetro e rimase in attesa, mentre il cuore si contraeva disperato. E nulla avvenne. Il giovane chiuse gli occhi e posò la fronte sulla superficie trasparente, percependo nitidamente il gelo pungergli la pelle come l’amarezza gli infilzava il petto.
Perché? – formulò la voce dei suoi pensieri, mesta e sofferente – Perché non sei ancora qui dopo questi due anni? – e nonostante le parole vibrassero solo nel suo essere, Sion udì l’angoscia incrinare il loro triste suono –. Non ricevette alcuna risposta dalla figura che la sua mente disegnò con immensa cura come rimedio alla solitudine, ma quando quegli occhi grigio perlacei lo scrutarono, il ragazzo sentì il petto dolergli di più, forse per la certezza che lo tormentava da qualche tempo – non lo avrebbe mai più rivisto, lo sapeva –.
Un colpo percosse il suo udito e Sion aprì gli occhi. Abbassò lo sguardo e notò piccoli sassolini punteggiare il balcone.
Un gemito spezzato fuoriuscì dalle sue labbra, che tremanti si arcuarono all’ingiù.
Aprì subito le ante della finestra, ma rimase fermo, non uscì. E appena l’aria gli portò all’orecchio un vecchio suono – una voce desiderata nelle notti come quella – sentì gli occhi bruciare, e un singhiozzo fuggì via dalla sua bocca.
«Ma quale luce apre l’ombra, da quel balcone? Ecco l’oriente e Giulietta è il sole!» sentì dire da una figura ammantata di tenebre. Sion uscì fuori, si avvicinò alla balaustra e gettò uno sguardo nel pozzo oltre le sbarre; sussultò appena due lievi barlumi scintillarono debolmente, dissipando con la loro luce ogni possibile dubbio nel cuore del giovane.
«Alzati, dunque, o vivo –».
«Ahimè!» sospirò teatralmente Sion per zittirlo, ricordandosi l’atto e la scena da cui erano prese le batture.
Nezumi lo guardò in silenzio per qualche attimo – sorrise, ma il buio celò il suo gesto agli occhi dell’amato –. «Ehi, devo finire prima il mio pezzo, poi tu –».
«Ahimè!» esclamò nuovamente il ragazzo, nascondendo il volto dietro una mano – e le lacrime scivolarono giù dai suoi occhi e posarono sulle labbra baci lievi e salati –.
Accennò una debole risata, Nezumi, e alzò un braccio verso di lui. «Ecco, parla. Oh, parla ancora, angelo splendente! Tu in questa notte appari a me, dall’alto, di forte luce come un alato messaggero agli occhi meravigliati dei mortali, quando varca lente nuvole e veleggia nell’aria immensa».
Un singhiozzo si levò al posto delle parole, privando di miele i sensi dell’altro che per tempo indefinito non avvertirono più dolcezza. Il ragazzo abbassò il braccio e guardò il giovane dinanzi a sé, le sue lacrime e il viso celato – c’era dolore, dietro quella mano, o forse gioia. Nezumi non lo sapeva –.
«Sion…» lo chiamò, e la sua voce carezzò il compagno come una mano gentile.
«C-chi sei tu…» l’albino inspirò profondamente e rigettò fuori aria e vecchie paure. «Chi sei tu che difeso dall’ombra della notte entri nel mio chiuso pensiero?» disse lentamente, imprimendo in ogni parola il forte desiderio di udire il suo nome – non avrebbe creduto alla realtà finché quelle lettere non avessero preso il suono che tanto voleva udire –.
«Nezumi» soffiò lui con tono dolce, lasciando che un sorriso si impadronisse delle sue labbra – ti ha ascoltato, ha compreso il tuo timore e ti ha aiutato come sempre ha fatto –. E Sion sorrise, svelò finalmente il suo viso rigato dalle lacrime, felice come l’altro voleva che fosse.
«Mi ami tu?» chiese il ragazzo, posando le mani sulla balaustra. «So che dirai di sì, ed io ti crederò. O gentile Romeo, se mi ami, dimmelo veramente» scrutò i suoi occhi d’argento vivo, mentre i propri liberavano gocce cristallina. «E so che dirai che l’ordine delle battute non è questo, ma ti chiedo di scusarmi» aggiunse poi, e sorrise appena le sue risate colmarono la notte.
«Non dirò nulla, allora».
«Ehi!».
«… Se non “Ti amo”».
Il ragazzo sbarrò gli occhi per l’incredulità; si morse il labbro e alzò la testa, preferendo essere guardato dal cielo e dalle stelle che da lui. Rise appena. «O felice, felice notte! Io temo, poi ch’è notte, che sia un sogno il mio, dolce di lusinghe e non realtà».
Il silenzio si insinuò fra loro, i secondi passarono e le parole scambiate parvero oramai già lontane.
«… È perché ho detto una battuta di Romeo?» chiese Sion; pensò che una tale motivazione non sarebbe mai stata parte di lui, ma nessuna voce o suono giunse alle sue orecchie e il ragazzo si domandò se avesse sbagliato.
Abbassò gli occhi e li sgranò.
«Nezumi…?» formulò la sua bocca incerta, e il cuore aspettò la risposta che, lo sapeva, non avrebbe mai udito.
Lo chiamò, squarciò il silenzio con il suo nome, sperando che le tenebre svelassero nuovamente la sua figura.
Era scomparso.
«Rispondimi…» lo supplicò con un sussurro – percepì nuove lacrime incorniciargli il viso, perle gravide di rinnovato dolore marcargli la pelle come memoria della leggerezza che lo lasciò cadere in un simile tranello –.
«Dimmi che non è un sogno… ti prego».
Strinse forte la ringhiera del balcone; gemette, sentendo i tremori e i sobbalzi percuotergli il corpo. «Dove sei…?» singhiozzò forte, e un lamento addolorò l’aria. «Dove sei…».

«Nezumi…?».
Aprì gli occhi, Sion, e percepì l’amarezza avvelenargli la bocca.
Si sedette sul letto e guardò il cielo fuori dalla finestra in cui la luna sembrava fissarlo.
Avvicinò una mano al volto – le dita tremarono visibilmente contro la pelle appena l’umido delle lacrime gli baciò i polpastrelli –.
Alzò il capo. «Un sogno, eh…?».
Una goccia rotolò giù lungo la tempia. «Se avessi voce di falconiere per richiamare il mio falco gentile» e un sospirò si librò tremante dalla sua bocca. «Perché?» domandò alla realtà o forse a sé stesso, certo di non ottenere risposta. Eppure qualcosa lo chiamò.
Con lo stupore vivo nelle iridi scarlatte, il giovane si avvicinò alla finestra. Dei sassolini giacevano a terra.
«Questo… è vero» mormorò, e percepì il cuore battere dolorosamente contro lo sterno.
Corse fuori sul balcone e si sporse dalla ringhiera. Sorrise.
«Romeo!» lo chiamò con voce allegra. Lo guardò senza proferir pensiero, imprimendosi nella memoria il suo volto. Nezumi era lì.
«Ehi…».
«Romeo» disse ancora, gli occhi gravidi di lacrime. «Chi ti ha guidato in questo luogo?».
Nezumi sorrise. «Con i miei occhi, amore m’aiutò a cercarlo».



















Ok. Ok, ok, ok.
Una Nezushi. Oddio.
Ho i miei dubbi, va bene, ma sono felice di aver postato questa cosa. Davvero felice, perché erano due anni che morivo dalla voglia di scrivere qualcosa su questi due patati! cxc
Questa storia mi è venuta in mente ascoltando Remember Me di Thomas Bergersen, e ringrazio mio fratello per avermela fatta conoscere. Che dirvi… ascoltatela, magari rileggendo la storia, boh.
Ringrazio tutti voi, ognuno di voi. Grazie.


  
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