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Autore: 365feelings    23/02/2015    6 recensioni
1. I can’t stop this feelings / deep inside of me (I met you at a summer camp years ago why are you acting so comfortable around me!au)
2. Feelings are intense / words are trivial (apocalisse zombie!au)
3. Lights will guide you home (fantasy/medieval!au)
4. We might be dead by tomorrow (post apocalittico!au)
5. Living like we're renegades (In the flesh!au)
6. You’re no good for me / But baby I want you (modern!au)
7. Sleeping with ghosts (modern!au)
Se ci pensa fa quasi ridere. Nella casa coloniale presso cui lavora e in cui si sono consumati sanguinosi delitti non c'è l'ombra di un fantasma. Nel suo nuovo appartamento, invece, sì.
Quasi. Perché quella è sua dannatissima vita, non una puntata di Ghost Whisperer e lui non ha tempo da perdere.

Raccolta di alternative universe | solangelo | tanti headcanon | slow build relationship
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Will Solace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: I can’t stop this feelings / deep inside of me
Coppia: Will/Nico
Rating: verde
Genere: commedia, sentimentale
Avvertimenti: au, oneshot, headcanon, slow build relationship
Prompt: I met you at a summer camp years ago why are you acting so comfortable around me!au
Note: sorry not sorry torno con un’altra raccolta solangelo ispirata ai prompt lasciatimi per l’iniziativa di San Valentino (che è ancora in corso, quindi non esitate a lasciarmene altri, su qualunque coppia; nella pagina c’è anche la mia ship list). E ora so che non aspettavate altro, le note.
  • Quando Nico torna a New York ha diciotto anni; questa infatti è l’età in cui gli americani finiscono l’high school e iniziano il college, che è equiparabile alla nostra università e dura quattro anni, al termine dei quali si possono conseguire dei master. La Columbia University fa parte della Ivy League (comprendente altri sette istituti privati, tra i più antichi negli USA e più prestigiosi al mondo) ed la più vecchia università dello stato di New York e si trova a Manhattan. È anche tra le più costose, insieme alla Hopkins.
  • Da quanto ho capito Mrs. O’Leary è un mastino anche se l’avrei preferita Terranova.
  • Nel mio headcanon, Will è di San Diego.
  • Amo troppo la brotherhood Nico/Hazel e non potevo non inserirla. Spero di non essere andata OOC.
  • Parentesi Lou Ellen: nei libri compare sì e no in tre righe e di lei non sappiamo nulla, quindi mi sono presa la libertà di crearle un background che ho già accennato in altre mie storie (Out of the darkness, brighter than a thousand suns principalmente). Riassumendo: è di Salem, suo padre ha un negozio di antiquariato, ha i capelli rosa ed è un’appassionata di fumetti. Qui aggiungo che ha una nonna paterna un po’ all’antica e in realtà avrebbe i capelli neri (come Ecate, se non sbaglio Riordan l’ha descritta con lunghi capelli neri – o me lo sono sognata?)
  • Coney Island è una penisola e un quartiere di NY conosciuto per il luna park, è anche il luogo in cui è nato l’hot dog e ci sono molti campi da basket; il JFK è uno degli aeroporti di NY ed è bianco (o almeno così è nelle foto, quindi immagino che l’effetto albedo sia notevole in estate).
  • Ho disseminato la storia di reference e non ho voglia di elencarle tutte, quindi spero le ritroviate (e le apprezziate). Altrimenti fa niente non è vero.
 
 
 
 
A Cecilia, che è il mio Tullio e mi manca un sacco.
 
 
 
I can’t stop this feelings / deep inside of me
 
 
Sta portando a spasso il cane quando lo vede. O sarebbe meglio dire che il ragazzo vede lui, perché Nico cammina con lo sguardo basso senza curarsi delle persone che lo circondano. In un primo momento quindi non lo nota, ma quando si ferma, aspettando che Mrs. O’Leary termini di annusare il palo di un lampione, inizia sentirsi osservato.
Si guarda allora intorno e lo vede: è alto almeno dieci centimetri più di lui e per un brevissimo istante lo scambia per Jason, ma il ragazzo che lo sta fissando è molto meno muscoloso dell’amico, non ha alcuna cicatrice sul labbro né un paio di occhiali e i capelli biondi sono una massa spettinata. Inoltre Jason è con Leo e Piper. In definitiva, Nico non ha mai visto il ragazzo fermo a pochi metri da lui.
Ricambia lo sguardo, leggermente infastidito (non gli piace essere osservato), e spera che l’altro non abbia intenzione di parlargli (gli piace ancora meno dover conversare).
«Ci conosciamo?» gli chiede invece avvicinandosi e nonostante il cenno negativo di Nico aggiunge «Ti ho già visto, sono certo che è così».
«Non ho idea di chi tu sia» replica lapidario, lanciando un’occhiata a Mrs. O’Leary che se la sta prendendo con comodo. Il ragazzo non sembra per niente convinto e assume un’aria pensierosa; pochi secondi dopo lo sguardo gli si illumina di consapevolezza e con tono sicuro esclama: «Long Island, 2007, Campo Mezzosangue».
«Ti ho già detto che –» a metà però è costretto a fermarsi perché qualcosa è scattato nella sua mente. Long Island, 2007, Campo Mezzosangue. Tutto ciò gli è terribilmente familiare e lo riporta all’estate dei suoi dieci anni quando lui e sua sorella erano stati lasciati a Farm Road 3141 con un bagaglio a testa e l’augurio di divertirsi. Nico era entusiasta all’idea di indossare magliette arancioni, fare attività all’aperto e ogni sera giocare a caccia alla bandiera nei boschi; era l’estate perfetta per un bambino iperattivo che fino ad allora aveva trascorso le vacanze in collegio. Bianca all’inizio si era mostrata un po’ restia, ma poi aveva trovato un gruppo di ragazze con cui aveva stretto amicizia e presto si era dimenticata del fratello minore. Erano stati i tre mesi più belli della sua vita, o almeno questo pensava allora: aveva incontrato altri appassionati di Mitomagia, imparato nuovi, coloriti insulti e, soprattutto, aveva conosciuto Percy Jackson. L’anno successivo, però, mentre Bianca partiva con le sue nuove amiche, lui era stato costretto a restare in campagna da sua nonna. Questo per due estati consecutive – un vero strazio; tuttora Demetra non fa altro che parlare di cereali e fiori e di come sua figlia avrebbe dovuto sposare un partito migliore, un medico magari – poi suo padre aveva deciso di trasferirsi sulla costa ovest, in California, cioè a molti, moltissimi chilometri da New York e da Percy Jackson. Forse per farsi perdonare, Ade lo aveva iscritto al Campo Giove, lo stesso che frequentava l’altra sua sorella; non era stata una brutta esperienza, lì aveva avuto modo di legare con Hazel, conoscere Jason e Reyna e fare chiarezza sui suoi sentimenti – ma non era la stessa cosa di Long Island, lì non c’era il ragazzo di cui si era innamorato. Per questo, con la scusa del college, era tornato a New York carico di insicurezze adolescenziali e di aspettative forse un po’ troppo alte che Percy alla fine non aveva saputo soddisfare.
Ora, a due anni dall’ammissione alla Columbia University, si ritrova per le strade di New York con al guinzaglio il cane di quello che era stato l’eroe della sua infanzia (e poco più tardi la sua storica cotta) e davanti a sé un ragazzo che dice di ricordarsi di lui, quando invece Nico non ha idea di chi sia l’altro.
«Sapevo di averti già visto» continua allegramente lo sconosciuto «Sei il ragazzino delle carte di Mitomagia, si chiamava così il gioco, giusto? Eri con tua sorella, mi ricordo anche di lei perché si era unita al club femminile di tiro con l’arco, che non faceva altro che monopolizzare i bersagli».
«Le cacciatrici di Artemide» commenta con una smorfia «Bianca adesso è da qualche parte in Asia ad allenarsi per un torneo con Zoe».
«Bianca! Ecco come si chiamava. Ha continuato, quindi».
Si limita ad annuire osservando distrattamente un taxi; non era sua intenzione iniziare a parlare della sorella – di parlare in generale. Purtroppo però a Mrs. O’Leary il ragazzo sembra piacere, perché ora lo sta annusando con interesse, e Nico decide di intervenire prima che il cane decida di lasciarsi accarezzare.
«Senti, mi dispiace, ma io non mi ricordo di te» gli dice ed è la verità (all’epoca aveva notato poco altro che non fosse Percy Jackson) ed è anche troppo tardi perché l’altro sta già grattando le orecchie del mastino. Per qualche secondo lo sconosciuto sembra ferito e Nico quasi si sente in colpa – quasi.
«Oh. Beh, è stato tanti anni fa, eri ancora piccolo all’epoca».
Annuisce ancora una volta e spera che quell’incontro abbia termine; fa caldo e tutto quel sole gli dà fastidio, inoltre non ha per niente voglia di fare vita sociale.
«Sei in città nei prossimi giorni?» gli chiede invece l’altro poco prima di salutarlo «Perché io lavorerò tutta l’estate al CHB caffè».
 
«Conti di andarci, non è vero?» gli chiede Hazel mangiandosi parte della frase perché tra i denti tiene un enorme elastico nero. La ragazza sullo schermo a sinistra, infatti, si sta raccogliendo, non senza difficoltà, la folta chioma in una coda alta. Non osa immaginare quanti gradi ci siano in California; a San Francisco si stava anche bene, ma a Los Angeles le estati erano tremende, ricorda fin troppo bene di un agosto in cui la temperatura è arrivata a toccare i 28°.
«Quello che dice Hazel» commenta la ragazza che occupa la parte destra dello schermo. I pixel sono sgranati, ma i lineamenti di Bianca sono facilmente riconoscibili.
«Non lo so» risponde. Ha portato Mrs. O’Leary da Annabeth neanche mezz’ora prima, tornandosene poi nel suo appartamento a rimuginare sull’incontro di quel pomeriggio e finendo per cercare su Skype le sue sorelle. Mentirebbe se dicesse che non è tentato, tanto più che il ragazzo si è dimenticato di dirgli il suo nome, tuttavia l’idea di uscire e conoscere quello sconosciuto (scoprire che magari non gli piace per niente o peggio, che gli piaccia) lo frena.
«Devi uscire dal nido» continua Bianca, poco prima di scomparire dallo schermo e di apparire offline.
«Ha di nuovo perso la connessione?» chiede Hazel «Comunque ha ragione, sei grande abbastanza da poter spiccare il volo e covare nuove relazioni e sentimenti e sì, insomma, quelle cose lì».
«Devi lavorare ancora un po’ sulle metafore riferite al mondo animale» le suggerisce, perché non ha il cuore di dirle che dovrebbe invece proprio smettere, i risultati sono spesso grotteschi se non imbarazzanti. L’idea di covare qualsiasi cosa lo inorridisce.
«Me lo dice anche Frank» risponde con un sorriso di scuse e Frank è un altro che non ha il cuore di dirle la verità – stanno entrambi aspettando che qualcuno lo faccia al posto loro.
«Salutamelo. E salutami anche Reyna e Jason e gli altri».
«Come sempre» replica lei «Mi prometti che ci fai un pensiero su questo affascinante sconosciuto?»
«Non è affasciante».
«Da come lo hai descritto sembra proprio di sì, invece».
 
Carpe diem, recita il messaggio WhatsApp inviatogli da Reyna. Immagina che in California e in Asia sappiano già tutti che tre giorni prima un ragazzo lo ha fermato per strada; la cosa, scopre, lo infastidisce meno di quanto credeva.
Rilegge l’incoraggiamento ed entra.
Dietro il bancone ci sono tre persone: un ragazzo dai capelli castani e dall’aria spigliata che sta prendendo l’ordinazione di un donna, una ragazza intenta a disporre su un vassoio dei cupcakes e infine lui. È di spalle davanti alla macchina del caffè e non lo ha ancora visto; è ancora in tempo per andarsene, ma proprio mentre lo pensa gli arriva un altro messaggio. Questa volta è Hazel e gli intima di non azzardarsi ad uscire prima di aver scoperto il nome dello sconosciuto.
Sospira e si mette in coda e quando finalmente il ragazzo lo nota e gli sorride Nico si sente andare il volto in fiamme – raramente qualcuno che non sia un famigliare gli ha mai sorriso così.
 
«Per caso ti ricordi di Will Solace?» chiede con il tono più noncurante possibile mentre aiuta Annabeth a sistemare lo striscione di bentornato che Rachel ha preparato per Tyson, in congedo dalla marina per quel fine settimana. Percy è andato a prenderlo al porto insieme ad Ella, mentre Grover si sta occupando delle pizze – con il rischio che non le vedano mai arrivare.
«Ha frequentato anche lui il campo estivo» aggiunge con casualità.
La ragazza ci pensa qualche secondo mentre scende dallo sgabello e poi annuisce, facendo oscillare i riccioli biondi raccolti pochi minuti prima in una coda.
«Alloggiava nella cabina sette» risponde «Insieme a Lee Fletcher, un ragazzo di cui non ricordo il nome e un altro. Come si chiamava il tipo che ha litigato con Clarisse?»
Nico la guarda stringendosi nelle spalle: doveva già essere al Campo Giove quando quell’aneddoto era accaduto.
«Yew! Michael Yew!» esclama lei poco dopo «Comunque certo che mi ricordo di Will. L’ultimo anno, giusto prima di iniziare il college, mi sono fatta male durante una delle attività cercando di aiutare Percy. L’intervento di Will mi ha salvata, altrimenti credo che avrei perso le prime lezioni. Sarebbe stata una grande seccatura».
Nico annuisce e dalla tromba delle scale, che conducono al tetto dove attualmente si trovano, risuona squillante la voce di Rachel.
«Sono arrivati!»
Annabeth gli sorride e non fa domande, ma prima che Juniper faccia la sua comparsa con le pizze, seguita da Grover e gli altri aggiunge: «Era un bravo ragazzo, simpatico».
 
È tornato al CHB caffè altre cinque volte, ripetendosi che comunque non aveva nulla di meglio da fare, e tra una bevanda e l’altra Will gli aveva proposto di bere qualcosa insieme uno di quei giorni. Nico non ha saputo come catalogare quell’invito, ma ora siede in uno Starbucks e davanti a lui ci sono un paio di occhi azzurri che lo osservano curiosi. Di riflesso si nasconde dietro la tazza del caffè.
«Studi a New York, quindi».
«Columbia» risponde «Letteratura» e poi aggiunge «Tu?»
«Medicina alla Hopkins. Sono di San Diego, ma mia madre si è trasferita a New York ormai anni fa. Le vacanze estive le trascorro qui, d’inverno invece torno in California».
Nico immagina di dover dire qualcosa anche lui, quindi rivela di avere amici sulla costa ovest e una sorella che no, non è Bianca.
Quando beve anche l’ultimo sorso di caffè realizza di averci impiegato più tempo nel normale e di averlo fatto per avere una scusa per restare in compagnia dell’altro. Will non sembra averlo notato o se lo ha fatto non lo ha dato a vedere e salutandolo gli ha detto che lo avrebbe aspettato l’indomani al CHB.
 
«Sei libero questo fine settima?» gli chiede, mettendogli in mano la sua ordinazione.
«Perché?» risponde, ma dietro di lui si è velocemente formata una fila di clienti in attesa dal momento che è l’ora di punta, quindi si avvia verso l’uscita. Ha ormai percorso l’isolato quando si accorge che sul cartone è stato scritto un numero di telefono – il numero di Will – che non tarda a salvare in rubrica.
Quella sera gli ripete la domanda e pochi minuti dopo lo schermo del telefono si illumina.
Ti va di venire al Campo Mezzosangue con me?
 
«Non gli avevi detto che c’eravamo anche noi?» fa in tempo a chiedere Cecil, a metà tra l’offeso e il divertito, prima che casualmente Will gli pesti un piede con aria serafica.
Gli altri tre indossano le loro magliette arancioni anche se ormai non frequentano più il campo da quando hanno iniziato il college. Quando possono, però, tornano a far visita a Chirone; di solito restano una giornata e danno una mano con le attività.
È lieto che quella non sia un’uscita a due, ma che ci siano anche Cecil e Lou Ellen: si sente sollevato e decisamente meno nervoso, in fondo conosce Will solo da un mese. Sarebbe stato strano e molto imbarazzante e non sa perché ci stia ancora pensando, dato che quello non è un appuntamento.
Scuote il capo, seguendoli oltre l’arco di pietra che segna l’ingresso al Campo Mezzosangue, e quasi senza rendersene conto per qualche istante torna bambino. Le capanne tra gli alberi, la Casa Grande e il campo da pallavolo, ragazzini con magliette arancioni che si rincorrono e ovviamente Mr. D che non sembra invecchiato nemmeno di un anno da quando lo ha accolto per la prima (e unica) volta – «Vedi di non creare rogne».
Si riprende velocemente e saluta Chirone che inaspettatamente si ricorda di lui, nonostante all’epoca lo abbia conosciuto solo per poche settimane prima della fine del campo.
La giornata trascorre velocemente ed è piacevole, più di quanto si aspettasse: Lou Ellen e Cecil hanno aiutato nell’orto e Will ha dato una mano in infermeria, quanto a lui, sono riusciti a trovargli qualcosa da fare.
«Non sono più quel tipo di persona» aveva detto, mentendo spudoratamente perché sotto il letto ha ancora la sua collezione. Pochi minuti dopo, in ogni caso, si è ritrovato accerchiato da una decina di bambini – «È una carta rara quella che vedo?»
 
Le settimane successive sono un susseguirsi continuo di impegni: Jason, Piper e Leo si fermano cinque giorni a New York, Percy organizza falò sulla spiaggia quasi ogni weekend ora che la Camaro è stata riparata, Rachel inaugura una nuova galleria e il mese successivo parte per andare a difendere le balene in Giappone insieme a Juniper e Grover, Lou Ellen si rivela un’appassionata di fumetti, inizia a vedere Will quasi ogni giorno e scopre una parte della città che non aveva mai considerato, Coney Island. È lì che mangia il migliore hot dog di sempre e inizia leggere i libri assegnatigli dal professore di letteratura greca, mentre ogni tanto alza lo sguardo dalla pagina e osserva lo studente di medicina giocare a basket. Non è ancora riuscito a ricordarsi di lui e immagina non ci riuscirà mai, ma, come sottolinea Hazel, l’importante è averlo conosciuto ora – può ricordare Will per entrambi.
L’estate, tra un saggio sull’apollineo e dionisiaco dalla letteratura greca a quella moderna e le passeggiate in Hyde Park con Mrs. O’Leary, passa in un baleno e prima che se ne renda conto la città si svuota e le lezioni ricominciano. Percy e Annabeth sono i primi a tornare al college, li seguono Cecil e Lou Ellen mentre Will tarda a fare ritorno a Baltimora.
«Teniamoci in contatto» gli dice prima di prendere l’areo.
 
È a lezione quando gli arriva il messaggio e non riesce a trattenere un sorriso.
Lou Ellen lo ha fatto veramente.
Nell’immagine allegata, la ragazza sorride mentre sfoggia un caschetto rosa – rosa bubblegum ad essere precisi. Non aveva fatto altro che parlarne per tutta l’estate, di quanto le sarebbe piaciuto tagliarsi i lunghi capelli corvini e tingerseli.
Sua nonna come l’ha presa?
È addolorata.
Poi Will aggiunge: Come vanno le lezioni?
 
Le vacanze di Natale arrivano con la neve e una Hazel seppellita sotto diversi strati di lana.
«Se la montagna non va da Maometto, Maometto va dalla montagna» gli dice, mentre avvicina le mani al termosifone «Gli altri arriveranno tra un giorno o due. Pensavo di preparare il Gumbo».
La mattina della vigilia trova Will su Skype; è in maglietta a maniche corte e alle sue spalle riesce a vedere il mare.
«Dovresti venire a San Diego, ci sono le foche».
E ci sono io. Non lo dice, ma lo sentono entrambi.
 
A febbraio Nico capisce che quello sarà l’anno delle promesse. Ade promette di non regalargli più autisti per rimediare ad un rapporto padre e figlio che non è sempre stato sereno, Bianca promette di tornare a casa e lui promette di andare a trovare Hazel e gli altri a Los Angeles. Percy assicura a sua madre che quello è l’anno giusto per laurearsi e Leo giura che non darà mai più fuoco a niente. Se saranno mantenute ancora lo sa.
Will invece non promette nulla, ma gli regala aneddoti e sorrisi sgranati dai pixel e Nico sente crescere qualcosa dentro di sé, un sentimento che covava già da un po’ e che non sembra voler scomparire nemmeno con la distanza.
 
Il JFK è un mastodontico edificio in vetro e acciaio e brilla tanto da far male agli occhi sotto il sole di luglio. Al suo interno Nico aspetta nervosamente che il diretto Baltimora-New York atterri e quando finalmente il tabellone elettronico segna il suo arrivo deglutisce.
Ha atteso per un anno intero quel momento e ora non sa cosa fare. Da quando Will lo ha fermato per strada quel pomeriggio di giugno sono passati interi mesi, durante i quali ha scoperto che il ragazzo in fondo non è male – nonostante i suoi innumerevoli difetti, tra cui spiccano il suo essere terribilmente testardo e irritante. Senza contare che è una persona mattiniera ed è fissato con la salute, quell’altrui soprattutto.
Peggio ancora, tra un caffè e diverse chiamate Skype, ha realizzato che gli piace. Gli piace il suo sorriso e il modo in cui riesce a rendere spontanea e disinteressata ogni sua azione. Gli piace il fatto che non vada mai di fretta, come riesca a illuminare le giornate delle persone che incontra anche se in mezzo ci sono diversi chilometri di distanza (trecento, li ha contati) e che sia sempre ottimista e fiducioso. Gli piace anche quando perde fiducia in se stesso e si rifiuta di alzarsi dal letto (è accaduto una volta, prima degli ultimi esami, e i pixel della telecamera non hanno giovato alla sua aria sciupata) e potrebbe piacergli un po’ anche quando lo assilla con l’importanza di una dieta sana e dell’attività fisica – significa che ci tiene a lui, no?
Hazel lo ha incoraggiato ad aprirsi invece di chiudersi in sé stesso come invece è solito fare e Reyna gli ha ricordato che è bene dare voce a ciò che si ha dentro e Nico vorrebbe seguire i loro consigli, sa che sono giusti. Allo stesso tempo però è tentato di fare dietrofront e uscire dall’aeroporto prima di essere visto. Non sa cosa ci sia tra lui e Will, non sa nemmeno se ci sia qualcosa o se sia l’unico a provare delle dannatissime farfalle nello stomaco quando pensa all’altro.
Mentre è combattuto tra l’idea di restare e quella di andarsene, una ormai familiare e scompigliata zazzera bionda compare tra la folla e lui resta immobile sotto il tabellone degli arrivi, il colorito più pallido del solito.
Will lo raggiunge rapidamente, con sé ha due borse da viaggio e ai piedi indossa un paio di infradito. Nico cerca qualcosa da dire, immagina di doversi congratulare di persona per la laurea, ma l’altro gli sorride e si dimentica di ogni cosa che non sia il suo cuore che fa le capriole. Gli è mancato così tanto, se fosse una persona più espansiva lo abbraccerebbe, tuttavia non lo è quindi si limita ad un cenno del capo che non lascia trasparire il tumulto interiore – prova anche lui quello che provo io? È davvero felice di vedermi? Ha frequentato qualcuno mentre era alla Hopkins? Mi ha mai visto come qualcosa di più di un amico?
Poi Will Solace lo bacia (sulle labbra, davanti all’intero aeroporto) e tutte le domande smettono di vorticare nella sua mente.
   
 
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