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Autore: moonwhisper    08/12/2008    4 recensioni
Quanto, quanto è dolce?
Quanto rumore fanno i nostri sogni che cadono nel vuoto, e attendono di schiantarsi al suolo?
Quanto soffrirò, nel vederli spezzarsi?
Ma stanotte non hanno importanza queste domande. Stanotte balliamo. Stanotte balliamo il nostro valzer dei folli.
E’ il nostro ultimo valzer, e non ne abbiamo mai ballato uno prima.
Ottava classificata concorso "Da Tokio a Berlino". La Compagnia del Libro, in collaborazione con Goethe Institut & Universal Music Group.
Genere: Malinconico, Dark, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“… Kann von mir aus untergehen heute Nacht
Sind wir zum letzten mal zusammen
Es hat doch grad´ erst angefangen
Wenn dieser Tag der letzte ist
Bitte sag es mir noch nicht…”

 

“… Noi siamo insieme per l' ultima volta stanotte
Se questo giorno è l ultimo
ti prego non dirmelo ancora
se questa è la fine per noi
non dirlo, non ancora… “

 

Der Letzte Tag – Tokio Hotel

 

 

Salire fin quassù è costato fatica. Abbiamo entrambi il fiatone quando guardiamo nel niente che si stende sotto di noi. C’è la soddisfazione infantile di aver raggiunto una meta. Una sensazione che segue da vicino questi brividi sulla pelle, provocati dal freddo e dal sudore che si asciuga in fretta contro la notte gelida.

Lui si siede, gettando una gamba oltre il cornicione. Per lui non siamo in cima ad un grattacielo. Semplicemente… siamo. Gli basta, e in questo momento basta anche a me. Questa notte dovrà bastarci tutto quello che riusciremo ad afferrare.

Abbiamo fatto un patto silenzioso: nessuno di noi parlerà di ciò che sarà domani. Abbiamo tacitamente stabilito che il domani non esiste, questa notte.

Imito il suo esempio ed anche io mi abbandono a cavalcioni sul cornicione di cemento e ferro. Una gamba mi penzola nel vuoto, sospesa sul nulla illuminato della città.

Ci sono sospiri di vento quassù. Scompigliano i miei capelli, mi fanno volare ciocche dorate davanti al viso, e soffiano sulle punte sottili dei suoi.

Abbiamo i visi insanguinati dalla luce rossa della gigantesca insegna che ci sovrasta, sostenuta da un’impalcatura di metallo. Intrappolati in questa ragnatela ci guardiamo attorno. Lui contempla, io cerco disperatamente parole che non avrò il coraggio di dire.

Il cielo è miracolosamente terso. Una piccola luna, un cerchio perfetto e opalescente, è sospesa nel nero del cielo. Nonostante sia lontana da noi i suoi raggi ci colano addosso, scivolano sui nostri volti e bagnano la nostra pelle di riflessi ultraterreni.

Avverto la sua impazienza che fa vibrare l’aria. Lui non è tipo da tacere troppo a lungo, né da star fermo troppo a lungo. La vita gli scorre nelle vene ad una velocità diversa da quella del resto degli esseri umani. Lui ha bisogno di esprimere se stesso e gli altri attraverso gesti e suoni. So che mi trarrà dall’impaccio di dover scegliere le parole giuste per dire ciò che voglio dire. So che non dovrò aspettare ancora, ed ho ragione.

Torna con lo sguardo su di me. Ha gli occhi grandi, azzurri, come quelli di un bambino. Rosso e luna sono i suoi colori adesso, ma ricordo bene la sua pelle, so che colore avrebbe se la illuminasse il sole.

Si solleva in piedi con un gesto fluido. Per un attimo torno alla realtà e credo che stia per cadere, poi lui si aggrappa come un gatto all’impalcatura di metallo dell’insegna, ed io ripiombo in questo sogno che ha gli odori del surreale.

- Voglio ballare. Balla con me – dice, all’improvviso, con il tono di voce di chi propone la cosa più normale del mondo. E mi piace, l’idea dei nostri corpi che si muovono tra fili di ferro e ombre, rosso di sangue e luna, sospesi sopra il mondo e sopra quello che ci infliggerà.

Mi alzo con più prudenza di lui, lo raggiungo.

- Cosa vuoi ballare? – gli chiedo, facendo scivolare i miei polpastrelli tra le sue dita. Mi accoglie carne morbida e calore. Tanto calore.

Sorride con gli occhi, piega le labbra in un sorriso sghembo.

- Concedimi un valzer – sussurra.

- Te lo concedo –

In pochi attimi siamo in movimento. Volteggiamo nell’aria insanguinata di questo luogo fuori dal normale, fuori dall’esistenza di entrambi. Il nostro è un ballo lento, un ballo di menti inconsapevoli.

Nessuno esiste. Nessuno respira in questo mondo, tranne noi. Siamo padroni di un universo vuoto, creato unicamente per lasciarci danzare. Non respiriamo aria, respiriamo un’illusione più dolce del riposo eterno. Quanto, quanto è dolce? Quanto sono dolci i nostri sospiri che si condensano nell’aria gelida, che si infrangono uno contro l’altro. Quanto rumore fanno i nostri sogni che cadono nel vuoto, e attendono di schiantarsi al suolo? Quanto soffrirò, nel vederli spezzarsi?

Ma stanotte non hanno importanza queste domande. Stanotte balliamo. Anche se le lacrime vogliono cadere lungo le mie guance e lungo le sue, stanotte balliamo il nostro valzer dei folli. E’ il nostro ultimo valzer, e non ne abbiamo mai ballato uno prima.

Ci stacchiamo, barcolliamo come ubriachi tra un filo di ferro e l’altro, ritorniamo a cercare le nostre mani. Ci nascondiamo dietro gli steli inanimati di questo giardino di cemento, riprendiamo ad unire i nostri corpi nello stesso ballo. Non ci serve altro, questa notte. Basta questo tetto, basta il non esistere di tutto ciò di esterno che ci circonda.

Non ho famiglia, questa notte. Non ho legami, ricordi. Non conosco il mio nome e non voglio ripetere il suo. Avremo tempo, per ricordare, per rimpiangere, per soffrire. Ne avremo fin troppo, come tutti.

Avremo tempo per annegare in richieste mute d’aiuto, in silenzi grigi. Conserveremo questo sogno solo per noi, lo ammireremo di notte, quando il sonno starà per sopraggiungere, portando con sé nient’altro che buio.

Alla fine della nostra danza il sole sta sorgendo. Le braccia bruciano, le gambe formicolano, e noi abbiamo fame del cibo dei vivi, sete dell’acqua dei vivi, ma ci sarà tempo anche per quello. Adesso non possiamo sprecare i pochi attimi che ci rimangono.

L’ultimo giorno sta per giungere alla fine. I raggi del sole hanno preso il posto di quelli della luna, sull’orizzonte, e tra poco ci attaccheranno, pronti a strapparci il nostro ultimo sogno. E’ ormai quasi tutto passato.

Lui mi prende per mano, mi guida di nuovo sul cornicione. Le punte delle nostre scarpe si affacciano sul baratro. Sotto solo città morta, silenzio d’alba, respiri interrotti.

I nostri volti non sono più insanguinati, i nostri occhi non brillano.

Stiamo per ritornare ad essere una ragazza bionda e scialba, e un ragazzo troppo magro per i suoi diciotto anni. Ma abbiamo ancora qualche secondo, prima della nostra trasformazione. Ogni secondo è prezioso.

Siamo ancora padroni del mondo, perché la notte non si fa spazzare via così facilmente.

Tutti sono sotto di noi. Tutto si stende sotto le nostre mani intrecciate, sotto il nostro sguardo vigile, fino a dove possiamo vedere.

Siamo immortali. Esseri senza né principio né termine. Vogliamo vivere per sempre su questo tetto.

Ma la realtà si sta avvicinando.

Il primo raggio di sole illumina la punta dell’immenso edificio. Gli specchi del palazzo riflettono un nuovo giorno.

Lui si avvicina a me. Entrambi abbiamo paura di questa luce. Ci renderà spogli, ci strapperà di dosso ogni protezione. Ma è così che deve finire. Anche noi dobbiamo ritornare al mondo, alla realtà che ci consuma la punta delle dita, dei capelli. Ecco che torniamo ad essere noi.

L’immortalità scompare.

Abbiamo ballato goffamente tutta la notte e siamo così stanchi… così stanchi…

Il mondo si risveglia e si ribella al nostro volere.

I nostri occhi si incontrano e già sappiamo di essere rassegnati.

Scivoliamo giù dal cornicione, la luce ci ha ridato anche la paura.

Quando il sole sorge lui si avvicina a me, si rannicchia contro la mia spalla, contro di me che sono molto più alta. Non è più un gigante.

Mi da un bacio sulle labbra. Le sue sono screpolate, le mie umide di terrore.

Mi da un bacio di fronte a questo sole impietoso, al cospetto del quale non siamo altro che grotteschi e mediocri.

Ma per un ultimo istante la notte ritorna in questo bacio, e di nuovo abbiamo il destino in pugno.

 

***

 

Come riportato nell'introduzione, questo è il testo con il quale mi sono classificata ottava al concorso "Da Tokio a Berlino", indetto da La Compagnia del Libro, in collaborazione con Goethe Institut ed Universal Music. Considerando che hanno partecipato circa 10.000 persone, posso ritenermi soddisfatta *_*. Un grazie anticipato a tutti coloro che mi lasceranno una recensione. Vi prego di perdonarmi per le imperfezioni di questo testo, ma mi sembrava giusto pubblicarlo così come l'ho inviato per partecipare al concorso ^^.
Qui il link del sito de "La Compagnia del Libro": http://www.lacompagniadellibro.tv/frontend/index.php
Qui l'ordine in cui si sono classificati i dieci finalisti: http://forum.universalmusic.it/forum/showpost.php?p=3893807&postcount=88.

  
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