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Autore: angelo_nero    24/02/2015    3 recensioni
Avrebbe dovuto lasciarlo a lì, inginocchiato sul pavimento del salone, coperto di sangue a gemere di dolore. Forse avrebbe imparato la lezione. [...] Avrebbe dovuto mandare a quel paese lui e il suo stupido obbiettivo di diventare il guerriero leggendario, distruggere la camera gravitazionale e sbatterlo fuori. [...] Si morse il labbro e si lasciò cadere a terra, scivolando lungo la parete. Forse, amare davvero vuol dire accettare tutti i sogni dell'altro,[...]
[La storia partecipa al contest "S.Valentine flash contest" indetto da rhys89]
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Angolo autrice:
Questa storia ha una nota decisamente maliconica, al contrario di ciò che sto trattando nella mia Long. 
E' ambientata nel periodo Pre-Androidi, nei tre anni antecedenti la minaccia dei terribili cyborg.
Vegeta è ospite a casa di Bulma, i due hanno cominciato a "frequentarsi".
C'è un'intesa non indifferente, sia a livello fisico che mentale.
Lei è innamorata ormai persa, mentre lui continua a comportarsi come sempre. A rincorrere il suo sogno: il SuperSaiyan.
Piccola flash sul sostegno di una donna verso il proprio uomo.
Ringrazio rhys89 che, grazie al suo contest "S.Valentine flash contest", mi ha dato l'ispirazione per scrivere. :D






 
Sostegno.
 
 
Era uscito da quella maledetta stanza mezzo morto, nel cuore della notte. Di nuovo. Avrebbe dovuto lasciarlo a lì, inginocchiato sul pavimento del salone, coperto di sangue a gemere di dolore. Forse avrebbe imparato la lezione.
E invece no.
Gli era corsa incontro, a piedi scalzi, vestita sola di una T-shirt bianca, e l'aveva aiutato a rialzarsi.
Avrebbe dovuto urlargli contro, dirgli che la doveva smettere, che si sarebbe ammazzato. Ma si limitò a dirgli di stare più attento.
Avrebbe dovuto mandare a quel paese lui e il suo stupido obbiettivo di diventare il guerriero leggendario, distruggere la camera gravitazionale e sbatterlo fuori. Invece continuava ad aggiustargli i robot e la stanza, ogni volta che si danneggiavano.
-Non dovresti esagerare.- gli disse dolcemente. Lui non rispose, guardò a terra mentre lei continuava a medicargli le ferite. Quelle fisiche come quelle dell'anima. -Sono convinta che ce la farai, non c'è bisogno che ti ammazzi così.- Le sue parole erano come acqua per un assetato. Una cura per le sue lacerazioni.
Lui continuò a rimanere in silenzio, lei continuò ad elogiarlo, a sostenerlo, a pregarlo di allentare il ritmo. -Perché non dici nulla?- Vegeta si alzò e, in silenzio, sparì nell'oscurità del corridoio.
Bulma sospirò amaramente, chiuse la cassetta del pronto soccorso e la rimise al suo posto. Non poteva pretendere molto da lui. Si strinse nelle braccia prima di notare la T-shirt bianca sporca del suo sangue. Si morse il labbro e si lasciò cadere a terra, scivolando lungo la parete. Forse, amare davvero vuol dire accettare tutti i sogni dell'altro, e dargli il proprio sostegno. E magari dargli una mano a realizzarli, anche a costo di farsi trattare in quella maniera, passare notti in bianco a piangere, lavorare fino allo stremo. Sacrificare se stessa. Solo per vedere quel luccichio di felicità nei suoi occhi.
Si asciugò le lacrime e, barcollante, tornò in laboratorio per costruire l'ennesimo congegno per i suoi allenamenti.


[parole: 321]
  
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