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Autore: Laylath    25/02/2015    6 recensioni
Boromir era il suo eroe, il centro del suo mondo, qualsiasi cosa facesse assieme a lui aveva un sapore del tutto speciale che gli riempiva il cuore di gioia.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Boromir, Faramir
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Toccare il sole



Il palazzo di Minas Tirith era ancora addormentato, le prime luci del giorno che ancora non si decidevano a prendere il sopravvento sulle tenebre. In quel frangente i corridoi sembravano ancora più grandi e maestosi, persino sconosciuti: era come se durante la notte ci fosse un’altra corte, altre persone eteree e silenziose che popolavano il palazzo, le loro voci e risate fatte solo di soffi e lievi fruscii.
A Faramir sembrava di avanzare in un posto simile ed ogni tanto non poteva fare a meno di lanciare timide occhiate dietro di lui, sicuro che prima o poi avrebbe scorto qualche vestito trasparente che si muoveva con grazia, o qualche armatura che tintinnava per il movimento di qualche cavaliere invisibile.
I suoi passi, in genere così leggeri che non lo sentivano arrivare, gli sembravano tremendamente pesanti e fuori luogo. Gli pareva di profanare qualcosa di sacro, di essere presente in un momento che non gli apparteneva davvero. E che, ovviamente, tutti si chiedessero cosa stesse facendo in piedi in un’ora in cui si presume che i bravi bambini siano ancora a dormire.
“Oh, eccoti!”
La voce parlò a pochi centimetri da lui, facendolo sobbalzare.
Emise anche un’esclamazione di sorpresa che gli venne prontamente bloccata da una mano messa davanti alla sua bocca.
“Ssssh – fece Boromir, mettendo l’indice della mano libera davanti al suo viso ad intimare silenzio – vuoi far svegliare tutto il palazzo?”
Il bambino più piccolo fece cenno di dinniego e finalmente gli venne liberata la bocca. Si girò ad osservare il fratello maggiore, sentendosi incredibilmente al sicuro: come se all’improvviso avesse tutte le autorizzazioni possibili per essere in quel corridoio a quell’ora così insolita. Per un attimo gli parve anche che quei cortigiani invisibili facessero un cenno di riverenza nei confronti di Boromir e, indirettamente, anche nei suoi.
“Allora sei pronto? – gli chiese il ragazzo dodicenne con uno scaltro sorriso – O forse hai paura?”
“Con te non ho mai paura, fratello – rispose al sorriso Faramir – possiamo andare… però non mi hai ancora detto dove.”
“E rovinare la sorpresa? No, non sarebbe la stessa cosa. Avanti, vieni: dobbiamo passare per di qua.”
I passi di Boromir erano molto più rumorosi di quelli del fratello minore. In parte dipendeva dalla stazza, ma era come se il primogenito non avesse per niente paura di far sentire la sua presenza in qualunque parte del palazzo. Faramir, che camminava due passi dietro a lui, non poteva fare a meno di ammirare quella schiena dritta e forte che già a dodici anni faceva intravedere il valoroso guerriero che sarebbe sicuramente diventato.
Fossi anche io come lui – pensò Faramir con una punta di amarezza – forse nostro padre mi guarderebbe di più.
Ma se c’era stato un briciolo di gelosia in quel pensiero, sparì immediatamente dalla mente del bambino. Non poteva provare niente di negativo nei confronti di suo fratello: Boromir era il suo eroe, il centro del suo mondo, qualsiasi cosa facesse assieme a lui aveva un sapore del tutto speciale che gli riempiva il cuore di gioia.
“Attento allo scalino – lo avvisò il grande – al buio non si vede. Però tranquillo, adesso andrà sicuramente meglio.”
“Perché?” chiese timidamente il bambino.
“Perché siamo nella Piazza della Fontana! – esclamò Boromir aprendo una porticina e uscendo nel grande cortile con una risata gioiosa – Avanti, che aspetti? Vieni!”
Faramir sgranò gli occhi nel vedere il grande spiazzo rischiarato dalle prime luci dell’alba. La paura si impossessò di lui: non era permesso andare in quel posto, proprio no. Se li trovavano lì sarebbero certamente finiti nei guai. Ma se lui pensava queste cose, Boromir sembrava totalmente incurante del divieto: correva felice in quel grande spiazzo, girando attorno ad un grande albero bianco.
“Oh, ma è l’albero bianco di Numenor! – si meravigliò Faramir, trovando il coraggio di raggiungere il fratello – ho letto molte cose su di lui e volevo vederlo da tanto tempo!”
“Davvero? – Boromir gli arruffò i capelli – Tu leggi troppo, fratellino. Lascia stare l’albero e vieni con me. Non è per questo che ti ho portato qui fuori.”
“No? – Faramir continuava a fissare incantato quei rami bianchi, allo stesso tempo fragili e forti, immaginandosi le meraviglie dell’antico regno di Numenor – Non per questo?”
La mano di Boromir gli afferrò l’esile spalla e lo obbligò ad andare avanti. Con un ultimo, malinconico, sguardo verso quella meravigliosa pianta, Faramir si fece condurre verso la parte più esterna del cortile, quella che stava sulla grande sporgenza di roccia che divideva in due la città. La curiosità riprese il sopravvento: chissa quale era la sorpresa che gli aveva promesso Boromir per il suo compleanno.
“Che cosa importa di un albero bianco del passato quando invece puoi vedere il sorgere del sole da un punto fantastico come questo?” la voce del giovane era sicura e spavalda mentre cingeva le spalle del fratellino con affetto e lo incitava a guardare ad Est.
Dapprima fu solo un chiarore più accennato, ma poi divenne sempre più forte. I secondi ed i minuti passavano e Faramir tratteneva il fiato davanti a quel miracolo quotidiano che quel giorno gli sembrava più bello che mai. La luce avanzava come una marea insorabile, illuminando la lontanta Osgiliath, che parve risplendere come un gioiello, e conquistando poi i campi di Pelennor.
Il sole comparve, forte e brillante come non mai, in contrasto con le montagne scure che stavano in lontananza e che non potevano competere con quella luce carica di vita e speranza.
Faramir allungò la mano, quasi a voler toccare l'astro che sembrava così piccolo, ma poi cambiò idea e rimase ad osservare in silenzio, un dolce sorriso che gli illuminava il viso pallido e magro.
“Bello, vero? – chiese Boromir staccandosi da lui e portandosi due passi avanti, proprio alla balaustra di marmo – Ed oggi è tutto nostro! Non importa se altri lo stanno guardando: oggi è sorto solo per noi due, fratellino, solo per me e te! Oggi siamo i padroni del mondo!”
La sua gioia era incontenibile: succedeva ogni volta che le cose andavano come voleva lui, ossia sempre.
Faramir rimase incantato ad osservare quella sagoma così forte e snella che il sole sembrava privilegiare. I contorni di Boromir divennero quasi sfocati mentre veniva baciato da quella luce, come un dio che possiede il mondo intero.
E Faramir pensò che se lui aveva avuto paura di provare anche solo a sfiorare il sole, suo fratello non aveva alcun timore a farsi inondare da esso.






________
Nota dell'autrice.
Ehilà, finalmente sono riuscita a fare la ricomparsa in questo fandom con una one shot che mi soddisfa.
Avevo provato a scrivere qualcosa su Pipino, ma anche questa volta non ci sono riuscita e così sono ritornata sull'altro mio personaggio preferito, ossia Faramir.
Se l'altra volta gli avevo fatto fare un salto nel futuro, questa volta sono voluta tornare al passato.
Mi ha sempre affascinato il background di questo personaggio: se da una parte deve aver sofferto per non aver avuto l'amore del padre, dall'altra la presenza di Boromir dev'essere stata per lui motivo di grande gioia.
Credo che vedesse nel fratello maggiore qualcosa di così grandioso ed eroico da restarne ogni volta incantanto, complice anche la differenza non solo fisica ma anche caratteriale.
Spero vi sia piaciuta.

Un abbraccio 


Laylath

 
  
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