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Autore: Emy Potter    25/02/2015    2 recensioni
"Rebecca e Noemi sono migliori amiche e partono per un viaggio studi nella città di San Fransokyo.
Hiro, invece, ora va alla SFIT con i suoi amici, vivendo nel ricordo di suo fratello. Un giorno, queste persone tanto diverse si incontreranno, e vivranno un'avventura che non dimenticheranno mai".
Ciao, io sono Crazyemy, e questa è la mia prima Fanfiction. Dedico questa storia alla mia migliore amica, a cui voglio un mondo di bene. Se vi ho incuriosito, leggete e lasciate una recensione (sempre se volete).
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Baymax, Hiro Hamada, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'New city, new life'
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Capitolo 14: Strani sogni
 
Noemi si svegliò di soprassalto quella mattina. Aveva avuto di nuovo quell'incubo.
Buio. Dovunque io guardi è il buio che regna sovrano. Sono in luogo stretto e in pochi secondi il panico mi assale impedendomi di respirare. Inizio a piangere. Voglio uscire da questo posto e rivedere i miei amici. Non so perché, ma sento che devo aiutarli. Chiudo gli occhi ,sperando che tutto finisca.
Era da tempo che faceva sempre quel sogno e si svegliava con il cuore che rischiava di uscirle dalla cassa toracica.
"Emy, tutto ok?" domandò Rebecca mettendole una mano sulla spalla.
La rossa chiuse gli occhi e annuì. "S-sì, era solo un incubo"
L'amica non era molto convinta, ma sapeva che insistere avrebbe solamente peggiorato la situazione. Si limitò a portarle un braccio sulle spalle per darle conforto.
"Va tutto bene?" Hiro era davanti a loro, con i capelli arruffati e il suo buffo pigiama azzurro con le righe blu.
"Noemi ha avuto un incubo" rispose Rebecca.
Il ragazzo si sedette sulla sponda del letto, guardando la rossa comprensivo.
Stava per chiedere cosa aveva sognato, ma la mora gli fece capire con lo sguardo che non era il momento. Le domande dovevano aspettare fin quando la rossa non si sentiva meglio.
Tranquillizzatasi, Noemi iniziò a raccontare: “Ero in un luogo buio e stretto e sentivo che dovevo raggiungervi, perché avevo una brutta sensazione. Ma ero nel panico puro e non sapevo cosa fare.”
Si interruppe quando le lacrime le solcarono il viso.
“è tutto ok” gli disse Rebecca, ma anche lei era inquieta.
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Dolore. Questo è quello che sentivo, oltre a un combattimento. Ero circondata dai nemici, ma dovevo continuare. Solo così avremmo vinto.
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Anche lei quella notte aveva fatto uno strano sogno che, per qualche motivo, sentiva fosse legato a quello dell’amica.
Decise di non parlarne e sorrise. “Su, andiamo a vestirci e parliamo di qualcosa di divertente, così non ci pensiamo più!”
Anche gli altri due sorrisero. “Giusto!” dissero in coro e si precipitarono a darsi una sistemata.
Dopo essersi lavati e aver fatto colazione, si vestirono.
Noemi indossava una camicetta country rossa, jeans blu scuro e scarpe nere, Rebecca un vestito stile impero nero e zeppe bianche, mentre Hiro una t-shirt blu, pantaloni beige e scarpe da ginnastica rosse.
Uscirono e si diressero verso scuola, accompagnati, come al solito, da Wasabi con la sua auto.
Appena arrivati, trovarono gli altri ed entrarono nell’edificio.
Giunti al laboratorio Hamada, discussero sull’accaduto del giorno precedente.
“Dobbiamo fare un piano d’attacco” spiegò il più piccolo del gruppo.
“Saremmo spacciati comunque: i robot sono troppi!” disse Honey che, ormai, aveva perso fede nella missione.
“Fai la donna” ribatté Gogo “Troviamo un’idea e la attuiamo”
“Ok, ma quale?” domandò Rebecca.
Nessuno parlava, si limitavo a guardarsi come se dovessero trovare una risposte sulle loro facce.
“Iniziamo bene” commentò Noemi a bassa voce, provocando una leggera risata della sua migliore amica.
“Ragazzi, non abbiamo ancora molto tempo! Dobbiamo sbrigarc-“
L’autoparlante interruppe Hiro. Il signorino Hiro Hamada è pregato di raggiungere la classe del professor Takishima.
Spaventati e basiti, il gruppo fissava il ragazzo, richiesto dal loro nemico. Egli fece un lungo respiro e uscì dal suo laboratorio, dirigendosi verso l’aula di robotica.
Camminava lungo i corridoi della sua scuola, teso, e poi notò qualcosa di davvero insolito: mentre camminava, tutti gli studenti lo guardavano, alcuni incuriositi e altri accusatori.
Hiro si strinse nelle spalle e proseguì, tentando di rimanerne indifferente.
In poco tempo arrivò a destinazione e, con immensa fatica e ansia, aprì la porta della classe.
Dietro la cattedra c’era il signor Takishima che correggeva i compiti di robotica delle classi terze.
Il ragazzo si mise davanti alla cattedra, attendendo che il professore gli parlasse.
Ma questo non dava nessun segno di volergli rivolgere la parola: stava lì, seduto, a correggere le sue verifiche come se fosse solo.
Hiro si schiarì la gola per far notare la sua presenza.
L’uomo non alzò gli occhi, ma disse semplicemente: “La pazienza è la virtù dei forti. Dovresti usarla ora”
Il giovane Hamada arrossì, ma domandò lo stesso, deciso a ritornare dai suoi amici il prima possibile. “Mi scusi professore, potrebbe dirmi perché sono qui? Vede, stavo lavorando a un progetto importante e-“
“Siediti” lo interruppe.
Il ragazzo ubbidì, sedendosi sulla sedia situatasi davanti alla cattedra.
Il professore, finalmente alzò gli occhi dai compiti e fisso il ragazzo per un tempo che sembrava infinito. Poi, finalmente si decise a parlare e disse due parole che Hiro non avrebbe mai voluto sentire uscire da quella bocca.
“io so”
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NOTA AUTRICE: e sì, vi lascio sulle spine. Sono crudele. Scusate il ritardo, ma ho avuto molti impegni, tra cui il compleanno di mio padre.
Ringrazio Pelelen_moon6, Rebianime e Chia29 per le recensioni. Un grazie anche Stella_1705 per il commento (per chi non lo sapesse, è una recensione corta, che viene visualizzata dall’autore con un messaggio privato).
Che ne dite? Vi piace questo capitolo?
Fatemelo sapere con una recensione! Kisses, Emy.
 
   
 
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