Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama
Segui la storia  |       
Autore: _Rainy_    25/02/2015    0 recensioni
Un regno diviso in quattro terre. Un governo sbagliato. Non un tiranno assetato di potere contro cui combattere, ma una malattia pericolosa. L'11a cacciatrice di taglie della Terra del Fuoco che torna al mestiere per cui è nata con un'ultima, pericolosa missione, che le cambierà la vita.
- - - - - - - - -
Un regno diviso in quattro terre. Un governo sbagliato, con a capo la propria madre. Una fragile principessa dovrà scontrarsi con una realtà che le è sempre stata nascosta fin da bambina : il suo regno sta morendo. E solo lei realizza che il nemico contro cui combattere è molto più vicino di quanto sembra.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Duncan, Gwen, Scott | Coppie: Duncan/Gwen
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

23. (Gwen)

La polvere le sferzava il volto.

Stava correndo giù dalla montagna alla massima velocità possibile, che fra l’altro non era molto elevata con Duncan sulle spalle, immobile.

Ogni tanto la ragazza sospirava, sussurrando qualche parola al corpo insanguinato che trasportava. Dei sussurri, niente più, ma ogni volta che il ragazzo non le rispondeva qualcosa dentro Gwen si rompeva.

<< Duncan… >> Sussurrava continuamente, disperata.

Il corpo era inerte sulle sue spalle e alla ragazza pareva di non udire neanche più il battito  incerto del cuore del ragazzo, suono che si ostinava a controllare ogni manciata di minuti, sentendosi allo stesso tempo confortata da quel ritmico tum-tum e disperata da come quel battito fosse sempre più debole.

Doveva fare in tempo.

Prese una via secondaria dotata di binari che si inoltrava tra le montagne e che veniva usata dai monaci come mezzo di trasporto per le loro merci.
Era una stradina molto ripida e Gwen la scelte appositamente per quella pendenza, pensando che sarebbe arrivata più facilmente a valle.

Nonostante tutto, però, la marcia da fare era considerevolmente lunga e Gwen era esausta al tramonto, tant’è che decise di fermarsi in un grotta per quelle poche ore necessarie a recuperare le forze.

Era un rischio però: e se fosse successo qualcosa a Duncan nel frattempo? Se le sue condizioni si fossero aggravate o peggio, se fosse morto mentre lei riposava?

- Cosa devo fare… - Sussurrò a se stessa.

Dormire o non dormire?

Entrò nella grotta e constatò che non c’era spazio né per un giaciglio, né per un focolare con il quale preparare delle medicazioni. Era rischioso fermarsi: avrebbero perso del tempo prezioso e la morte di Duncan diventava sempre più reale, minuto dopo minuto.

Non voleva dormire, ma non poteva farne a meno, quindi si sdraiò sulla dura pietra e si addormentò sul colpo, provata dalla fatica dei giorni precedenti in cui aveva dormito poco e male.

Non risposò affatto, però. Il suo sonno fu agitato e animato da terribili incubi che riguardavano sempre la tessa cosa, riproposta in scenari via via più terribili: la morte di Duncan.
Si svegliò di soprassalto dopo l’ennesimo incubo in cui lei stessa pugnalava Duncan al cuore e glielo strappava a mani nude dal petto, grondate di sangue. Inorridì a quella visione e si affrettò a controllare il battito cardiaco dal posto del ragazzo: debole, ma presente.

Non aveva dormito più di qualche ora, calcolò, e non poteva permettersene di più. La ferita, da sanguinante e slabbrata, stava diventato violacea e spirali nere si diradavano dalla carne martoriata.

<< Magia… >> Constatò amaramente Gwen.

Questo peggiorava le cose: se con una ferita normale Duncan non avrebbe potuto sopravvivere per un paio di giorni, forse meno, con una ferita magica e un veleno che di sicuro si stava diffondendo all’interno del corpo del ragazzo, le sue speranze di vita si riducevano a qualche ora ancora. Poi l’inevitabile.

La determinazione e la disperazione di Gwen crebbero all’unisono e si rimise in marcia più in fretta che poté, constatando che, però, anche lei avrebbe avuto bisogno di cure, anche se in maniera minore.

La stradina si interruppe bruscamente all’ingresso della foresta silente, luogo che le ricordò con una dolorosa morsa allo stomaco i suoi trascorsi con Duncan, che avrebbero potuto bruscamente finire lì se non fosse riuscita a trovare aiuto abbastanza velocemente.

Non poteva permettersi di attraversare la foresta in quelle condizioni, però: sarebbero morti entrambi. Era debole, disarmata e con un ferito a cui badare.

D’altro canto, però, non poteva aggirarla foresta, perché ci sarebbe voluto troppo tempo.

Pregò gli dei che non succedesse nulla e con un ultimo sospiro entrò nel fitto degli alberi, cercando di camminare più silenziosamente e rapidamente possibile.

Non fece in tempo a fare qualche chilometro che udì un forte sibilo che spezzò l’inquietante silenzio in cui la foresta era avvolta.

<< Ti prego, no… >> Pensò la ragazza, disperata.

Si mise a correre più veloce che poté, ma portandosi un peso tale sulle spalle la massima velocità che poteva raggiungere non ere elevatissima e ben presto fu esausta.

Rallentò e il sibilo dietro di lei divenne più acuto. Si rifiutò di fermarsi o voltarsi.

Una perfida vocina interiore le sussurrava: “Lascia il cadavere, tanto è impossibile che si salvi! Corri e vivi.”

Si, avrebbe potuto vivere, ma a quale prezzo?

Dopo pochi minuti sentì i primi graffi sulla pelle e il sibilare dei vermi intorno a lei.
Il suo cuore batteva all’impazzata e per la prima vera volta in vita sua ebbe seriamente paura. Paura di perdere l’unica persona che avesse davvero fatto breccia nel suo cuore, paura di morire o forse paura di vivere sola, terrore che accomunava tutti i suoi più segreti timori.

Le ferite sul suo corpo si accumulavano, il battito del suo cuore accelerò ancora e i passi rallentarono. Ogni nuova ferita era una fitta di dolore.

I vermi le sfrecciavano intorno, saltellando da dietro in avanti, da destra a sinistra e poi infilandosi nel terreno per rincorrerla. Le ferite erano aperte e grondanti di caldo sangue scuro.
La ragazza strizzò gli occhi umidi e si passò una mano sulla fronte madida di sudore, consapevole che non ce l’avrebbe mai fatta.

Ad un tratto inciampò in una radice e ruzzolò lontano dal corpo di Duncan, inerme.
I vermi le furono addosso più voraci e in poco tempo la ragazza perse i sensi, udendo un lungo fischio prima di chiudere gli occhi e concedendosi, finalmente, di piangere.

Le sue lacrime salate inondarono la terra e i vermi proseguirono implacabili la loro danza di morte.

-

Gwen si risvegliò con un dolore lancinante che serpeggiava in tutto il suo corpo.
La testa era piegata di lato e le pulsava, non sentiva più le gambe e poteva percepire del sangue secco su tutta la pelle. La sua pelle era cosparsa di tagli piccoli, ma profondi e ogni punto della sua pelle ferita le doleva.

Analizzò rapidamente l’ambiente facendo serpeggiare gli occhi per la stanza, anche se ci mise qualche secondo per mettere a fuoco ogni cosa.

La parte di stanza che riusciva a scorgere non era grandissima e i muri erano di tronchi di legno scuro impilati e stretti con delle corde robuste alle estremità. Il tetto aveva una struttura di legno, ma probabilmente era rivestito di pietra o paglia a seconda della zona. Nella stanza si trovavano un tavolino e uno scaffale fatti dello stesso legno delle pareti, con sopra diverse polveri colorate, ampolle di vetro e qualche cristallo lucente. Le pareti erano per lo più spoglie, a parte quella più lontano da lei che aveva diversi cappelli, casacche e mantelli appesi su dei chiodi infissi direttamente nel legno.
Una porta si stagliava sulla parete di fronte a lei, nell’angolo, e proiettava fasci di fastidiosa luce solare nella stanza.
La ragazza era stesa su un letto rialzato con una solida struttura anch’essa lignea ed era ricoperta da una leggera coperta grezza, color grigio. Sotto di sé sentiva lo scrosciare dell’acqua.

Ci impiegò qualche minuto a trovare la forza per girare la testa dall’altra parte e mugolò di dolore non appena ci provò, ma riuscì nel suo intento.

Quasi urlò.

Vicino al suo letto ce n’era un secondo e sopra di esso era steso proprio Duncan, una vistosa benda insanguinata avvolta sul petto e un tavolino accanto alla testa su cui stavano diversi utensili medici di metallo e del liquido verde in un’ampolla. Aveva gli occhi chiusi, ma Gwen poteva vedere il petto che si alzava e si abbassava leggermente, segno che almeno era ancora vivo.

- Ben svegliata! – Esclamò un’allegra voce vicino alla porta.

Gwen trasalì e mugolò di nuovo di dolore quando voltò la testa per vedere chi avesse parlato.
Le si presentò davanti agli occhi un giovane più o meno della sua età, con chiari capelli dorati e occhi color delle foglie d’autunno. Indossava delle semplici vesti grigie, dello stesso materiale della coperta che l’avvolgeva e in mano reggeva delle bende pulite.

- Scusami, non volevo spaventarti. – Si scusò immediatamente, accorato, ma non si avvicinò. – Io mi chiamo Jerith e sono un medico… Be’, quasi. – E rise tranquillamente, come se nulla potesse renderlo più felice della sua vita stessa.

La ragazza aprì la bocca per parlare, ma non riuscì ad articolare alcun suono. La gola le bruciava, secca com’era, e aveva tutta la bocca impastata.

- Si, ci vorrà ancora un po’ di tempo perché tu riesca a parlare di nuovo normalmente, ma non ti preoccupare: questione di minuti. – Sorrise di nuovo e Gwen cominciò a trovarlo seccante. – Ora immagino tu voglia sapere dove sei e perché ti trovi qui, quindi te lo spiegherò brevemente.

Gwen provò a drizzarsi a sedere, ma una fitta di dolore lancinante al fianco glielo impedì.
Jerith si avvicinò immediatamente con lo sguardo preoccupato:
- Non ti conviene provare a muoverti: sei ancora debole. Dunque, l’unica ragione per cui sei qui e non sei morta è che viaggiavi con Duncan. – Disse con naturalezza, come se stesse parlando di cosa preparare per pranzo. – Sei in un accampamento di ribelli al governo della regina poco lontano dalla Città delle Fiamme e Duncan è uno di noi, come ti avrà detto; uno dei capi, in realtà. L’altro nostro capo è in viaggio e lui è la massima autorità presente qui in questo momento. Capisci?

Gwen annuì debolmente, ignorando le fitte di dolore al collo.

- Bene, forse ti starai chiedendo perché sei ancora viva… - Sorrise, felice più che mai e cominciando a mescolare diversi ingredienti che tirava fuori dagli scaffali e metteva in una nuova ampolla pulita. - … La mia squadra di ricognizione ti ha trovato con Duncan nella Foresta Silente e entrambi eravate messi maluccio: lui era quasi morto per quell’inconfondibile maledizione dei Monaci del Crepuscolo e tu… Be’, sei stata fortunata: avevi così poco sangue nel corpo che temevano fosse troppo tardi. Avremmo voluto lasciarti lì a morire, ma in effetti ci è sorto il dubbio che potessi aver aiutato Duncan a fuggire dai Monaci del Crepuscolo o che magari volessi la sua testa per riscattare una ricompensa, quindi attualmente sei nostra prigioniera, ma non sei morta perché non siamo sicuri del tuo ruolo in questa faccenda.

Gwen lanciò delle ansiose occhiate a Duncan, provando ad articolare dei suoni:
- Lui… Bene…?
- Si, lui sta bene. Fortunatamente i migliori medici immuni al morbo si trovavano in questo accampamento quando vi abbiamo trovato e vi hanno guariti entrambi quasi del tutto.
- …Uasi? – Biascicò Gwen, tossendo violentemente.
- Quasi. Ora riposa e non tentare fughe improvvisate. Quando Duncan si sveglierà sarà lui a dirci cosa fare di te, chiaro? – La guardò, improvvisamente serissimo.

Gwen, per tutta risposta, chiuse gli occhi e si addormentò di colpo.

-

La spalla della ragazza venne violentemente scossa e lei si svegliò di soprassalto quasi urlando di dolore.

- Scusa… - Bofonchiò una vecchia bassa, rozza e dalla pelle estremamente rugosa che stava appoggiando una bacinella d’acqua con uno straccio pulito su un tavolino comparso magicamente vicino alla sua brandina.

Gwen non fece in tempo a rispondere che quella se ne andò, silenziosamente com’era entrata.

Non aveva idea di quanto avesse dormito, ma una luce meno intensa entrava dalla porta socchiusa e poteva indovinare che fosse il tramonto. Vicino al suo letto, sul tavolino, c’era una ciotola di zuppa ancora fumante, evidentemente portata dalla vecchia di poco prima.

Si girò mugolando di dolore e notò che tutte le sue ferite erano state cosparse di erbe e fasciate con delle bende pulite, anche se con poca cura. Afferrò tremante la zuppa e la ingurgitò in fretta, beandosi del calore  della pietanza che le arroventava la gola.

Lanciò un’occhiata a Duncan, steso nella brandina accanto a lei, immobile e sospirò sonoramente.
Ad un tratto, però, trasalì: il ragazzo emise un mugolio indistinto.

Gwen tentò subito di alzarsi, ma nella fretta rovesciò la ciotola di zuppa che si frantumò in mille pezzi producendo un terribile suono di cocci rotti e attirando l’attenzione dell’intero accampamento.
Jerith, la vecchia di prima e qualche altro sconosciuto si precipitarono dentro alla piccola stanza per vedere cosa stesse succedendo e trovarono una Gwen piegata in due sulla brandina, con una gamba a penzoloni protesa verso il pavimento e una smorfia di dolore dipinta sul volto.

- L’avevo detto che avrebbe tentato di scappare… - Bofonchiò la vecchia.
- Cosa sta succedendo? – Chiese Jerith con uno sguardo e un tono di voce severissimi.
- L-Lui… - Sussurrò Gwen con voce roca, stupendosi di riuscire a parlare.

L’espressione di Jerith cambiò in un istante e da fredda divenne accorata e tesa:
- Lui… Cosa? – La esortò, impaziente.
- Si è mosso… Credo… - Rispose debolmente la ragazza, guardandosi intorno agitata.
- Andate a chiamare il luogotenente subito! – Strillò la vecchia e una giovane donna dai folti capelli rossi uscì immediatamente dalla stanza per tornarvi subito dopo accompagnata da un uomo dai capelli nerissimi.

L’uomo sorrise bonario a Gwen:
- Quindi tu saresti la fedele compagna di Duncan o la sua futura assassina, dico bene? – Non c’era, però, traccia di disprezzo nella sua voce. Si rivolse poi a Jerith. – Cosa sta succedendo?
- Duncan si è mosso, a quanto dice la giovinastra, qui. – Rispose subito la vecchia.
- Per favore, Melsa. – Sospirò paziente. - Jerith?
- E’ come dice lei. – Annuì lui.
- Oh, bene… - Sorrise l’uomo. – Era ora. Jerith occupati della salute del nostro amato capo e avvisaci quando si sveglierà.

Jerith annuì e la folla che si era radunata nella stanza venne dispersa in poco tempo.
Nella stanza rimasero solo Gwen, ancora scossa, e l’apprendista, che si affaccendava intorno al corpo di Duncan, tastandogli ora il polso ora la gola o facendogli inalare una polvere.

- Si sveglierà? – Chiese timorosa Gwen.
- E’ sicuro, mia cara. La vera domanda è quando. In ogni caso, però, non posso solo badare a lui: ci sono altre persone da curare. – Sospirò pensoso e dopo aver spalmato un unguento verde sotto ad una benda all’altezza del cuore di Duncan si strofinò le mani soddisfatto e fece per uscire, intimando a Gwen: - Se si sveglia caccia un urlo, va bene?
- Va bene. – Sorrise la ragazza.

Le ore che passarono furono di estenuante attesa e lacerante dubbio: si sarebbe svegliato davvero? Jerith diceva di si, ma quanto era attendibile? Gwen si era immaginata quel mugolio?

Domande a cui non poteva dare una risposta, così cercò di impiegare il suo tempo elaborando il discorso che avrebbe fatto al ragazzo quando (non se, ma quando) si fosse svegliato e alzandosi lentamente per poi avvicinarsi alla branda di lui.

Stette lì accovacciata diverse ore, scrutando i lineamenti del ragazzo e sussurrandogli pensieri, dichiarazioni, dubbi, domande e preghiere.

Fino a quando lui non si mosse di nuovo; e stavolta Gwen era certa di quello che aveva visto.

La ragazza era stata sul punto di tornare a stendersi, perché le gambe le dolevano e le sue numerose ferite non avevano smesso di bruciare. Nonostante ciò, però, non lo aveva abbandonato neanche un istante.

E poi lui si era mosso.

Gwen trasalì, incapace di fare alcunché e assistette immobile al suo lento e doloro risveglio.

Vide spalancarsi i profondi occhi di lui e fissarla incapaci di realizzare subito chi fosse.

Un dubbio attanagliò immediatamente la mente della ragazza: e se non si ricordasse?

Ma tutti i suoi dubbi svanirono quando Duncan si rese conto di chi aveva davanti, spalancò maggiormente le palpebre e afferrò le spalle della ragazza con le sue forti mani, per poi farla rudemente avvicinare a sé e premere con veemenza le labbra sulle sue.

I due ragazzi non potevano sapere che, poco lontana, anche la fedele amica di Gwen stava scoprendo l’amore racchiuso nel suo primo vero bacio.

Le labbra si scontrarono, si cercarono, si assaporarono e quando si separarono sembravano non aver più bisogno d’altro.

I due ragazzi si guardarono negli occhi senza dire una parola e Duncan sorrise: quel suo sorriso strafottente che Gwen tanto odiava; o forse, ormai, amava.

- Bene bene, direi che è chiaro quale ruolo abbia la nostra prigioniera per il nostro capo. Ah, bentornato. – Ridacchiò Jarith alle spalle dei due ragazzi.

 


- CIAMBELLANGOLO -
Lo scorso chappy una DxS, finalmente una DxG :3
Ci siamo arrivati, dunque: yuppi!
Niente da dire se non che ormai macano 3/4 capitoli alla fine di questa luuunga ficcy c: Vi ringrazio per averla seguita.
Byeee,
_Rainy_
PS: http://raggywords.blogspot.it
HARRYPOTTER:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2625484
ORIGINALE:
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2822907

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama / Vai alla pagina dell'autore: _Rainy_