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Autore: Lau_Micia    25/02/2015    0 recensioni
Amelia e Marco, come ogni giovedì pomeriggio, condividono qualche ora guardando insieme un film... ma sarà il solito pomeriggio fra amici?
NOTE: la storia sarà conclusa entro qualche giorno... Riuscirete a pazientare?
DAL TESTO Ora erano abbracciati sotto alle coperte, i loro corpi combaciavano come pezzi di un puzzle e Amelia riusciva a sentire il respiro di quel ragazzo solare sul proprio viso. Si rese conto che la scena tanto attesa era passata senza che lei neanche se ne accorgesse; ma poco importava, ciò che davvero le interessava guardare era proprio dietro di lei.
Genere: Commedia, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Le immagini scorrevano sullo schermo e i loro sguardi le rincorrevano all'unisono, salvo perdere ogni tanto la rotta per sistemare le coperte o guardare l'ora.

Il film del giovedì pomeriggio era ormai per i due amici una tradizione che andava avanti da mesi: durante la scuola per non pensare ai compiti, d'estate perché a nessuno dei due interessava la serata del “mojito in infradito”. Era iniziata proprio in uno di quegli afosi giovedì di agosto, come una sfida: lei era sicura che un film con Bruce Lee non le sarebbe mai potuto piacere, lui voleva dimostrarle il contrario. Aveva vinto lui. La settimana dopo i ruoli si erano scambiati ed era toccato a Donnie Darko. Poi a Indiana Jones, Arancia Meccanica, Harry Potter (“come si può arrivare a 18 anni senza aver visto il prigioniero di Azkaban?”). Film che avevano conquistato uno dei due o pietre miliari ad entrambi sconosciute, ma anche le ultime uscite al videonoleggio. Questo giovedì era il turno di “Colpa delle stelle”, e per superarlo indenni erano necessarie coperte calde e tanta, tanta cioccolata. Necessarie, ma non sufficienti.

Amelia, che non aveva paura di piangere, sentiva già le prime calde lacrime scenderle lungo la guancia e bagnarle l'orecchio sinistro. Marco cercava invece di trattenerle, e di asciugare con il dorso della mano quelle che gli sfuggivano, senza farsi notare. Impresa tutt'altro che facile, dato che il braccio destro era intrappolato sotto alle spalle dell'amica, mentre con l'altra mano reggeva la scatola di cioccolatini dalla quale lei pescava fondenti ad una velocità preoccupante. Reagiva così alle scene peggiori, e lui lo sapeva bene.

“Che abbiamo qui, le cascate del Niagara?” la stuzzicò.

“Qualche problema a riguardo? E tu sta' zitto, che è mezz'ora che piangi come un bambino!”

“C-cosa?!” si sorprese lui.

“Oh, andiamo! Sul serio pensavi che non me ne fossi accorta? Quei lacrimoni si vedono a un chilometro di distanza” continuò lei dandogli un pugno leggero sul petto.

“Sisi, certo, intanto tu a forza di piangere mi stai inzuppando la Polo, quindi sei l'ultima che può parlare” le rispose a tono.

“Ma sentilo! Mi stai dando la colpa di...essere una ragazza sensibile?”. Fece il broncio per intenerirlo ma, prevedibilmente, la cosa non funzionò come con gli altri ragazzi. La conosceva bene, la capiva fin troppo facilmente; non poteva pensare di trarlo in inganno con il suo faccino triste.

“E un ragazzo non può esserlo neanche un po', dici? Ma come signorina, lei non era per la parità dei sessi?”

“Ehi non travisare quello che dico! Mettiamola così, ognuno è libero di piangere quanto gli pare”

“Certo, quando sorridi sei più bella però” le disse per chiudere il discorso, accarezzandole la nuca.

Amelia non poté non sorridergli sentendosi fare un complimento così ben piazzato. Ma il suo orgoglio le impediva di cedere: era pur sempre un bisticcio, e non poteva lasciare che Marco avesse la meglio. Lui intanto aveva ripreso a guardare il film, le cui scarne battute non riuscivano a dissolvere l'imbarazzante silenzio che era sceso nella stanza.

“Pensi davvero che basti un complimento per farmi rinunciare?” disse infine Amelia.

“Farti rinunciare a cosa? Ad avere ragione?”

“Esattamente”

“Ma dai, fai sul serio? Scommetto che neanche ti ricordi per cosa stavamo litigando”.

“Non era un litigio, era uno scontro costruttivo. E certo che avevo ragione io”

“E va bene, mi arrendo; congratulazioni signorina Amelia, ha ragione lei. Ora possiamo vedere la fine del film?”

“Certamente, signorino Marco”. Nel momento in cui lo diceva si rese conto che quella frase suonava tutt'altro che bene. Difatti, l'amico la stava guardando con aria interrogativa, le labbra piegate in una posa forzata e innaturale. Scoppiarono entrambi a ridere, senza poi riuscire a smettere, arrivando ad avere le lacrime agli occhi per la seconda volta nell'arco di pochi minuti.

“Dai, che ti perdi la scena migliore!” lo rimbeccò Amelia.

“Ma... cosa? Lo hai già visto?”

“Certo che l'ho già visto! Come facevo a sapere che era il film perfetto da vedere con te sennò?”

“Addirittura! Proprio perfetto dici?”

All'annuire volutamente saccente dell'amica, Marco non poté trattenersi dal chiederle

“Come mai dici?”

“Ti rispondo solo se la smetti di dire 'dici'!”

“E va bene... saputella... Ma ora dimmi!” la incitò, sorridendo imbarazzato come solo lui faceva.

“Perché... Perché fra un paio di scene avrò bisogno di un abbraccio”

“E così sono questo per te? Serio? Un... distributore di abbracci?”

“Sì, sei il mio orso abbracciatutti” rispose lei arricciando le labbra, per poi accorgersi dell'espressione poco soddisfatta dell'amico e correggere il tiro

“Dai, lo sai che scherzo... L'ho scelto perché so che in quella scena sarai tu a voler abbracciare qualcuno”

“Se lo dici tu... Vedremo se mi conosci davvero così bene! Intanto però posso sempre prendermi avanti” e così dicendo poggiò a terra i cioccolatini per stendersi dietro di lei e stringerla a sé, affondando il viso in quella nuvola di capelli che profumava di lavanda.

Amelia si accoccolò ancor più vicina a lui sotto alle coperte, fino a sentire il movimento del suo torace ad ogni respiro. Non si sarebbe mai aspettata una simile reazione da parte dell'amico: fra i due era sempre stata lei la più dolce e affettuosa, lui un tipo più spigliato, scherzoso. A volte fin troppo schietto, e spesso impacciato quando si trattava di aprirsi a qualcuno.

Ma quando si erano conosciuti, Amelia non poteva immaginare tutto ciò: le era semplicemente sembrato un ragazzo simpatico e alla mano, e aveva voluto saperne di più su chi fosse quel ragazzo con cui aveva scambiato qualche battuta in autobus. Alla fine della corsa era arrivata la sorpresa: lui infatti era sceso alla sua stessa fermata. 'Peccato che ora ricominceremo ad ignorarci...' stava pensando lei, quando il ragazzo, dopo aver salutato gli amici, si era girato dicendo “Ah e, ciao anche a te, ehm... vorrei salutarti ma non so neanche come ti chiami...” “Io... Amelia” gli aveva risposto incredula, per poi realizzare che lui le stava porgendo la mano. “Piacere, Marco!” le disse, ma prima che le loro mani potessero incontrarsi la scenetta idilliaca fu interrotta da un'anziana signora appena uscita dal negozio di fronte che, una mano impegnata da un sacco della spesa e l'altra appoggiata al bastone, si era presa tutto il suo tempo per attraversare il marciapiede passando fra i due ragazzi. Entrambi l'avevano seguita con lo sguardo, per poi tornare a guardarsi increduli e scoppiare a ridere.

Ora erano abbracciati sotto alle coperte, i loro corpi combaciavano come pezzi di un puzzle e Amelia riusciva a sentire il respiro di quel ragazzo solare sul proprio viso. Si rese conto che la scena tanto attesa era passata senza che lei neanche se ne accorgesse; ma poco importava, ciò che davvero le interessava guardare era proprio dietro di lei.

 

  
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