Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: cliffordsarms    25/02/2015    2 recensioni
Le amicizie sbagliate possono far finire in strane cerchie, ma se non fosse solo un’amicizia?
Se finalmente avessero trovato il pezzo mancante che li completa?
Per amore ci si può far trascinare in situazioni che mai si vorrebbero affrontare?
Una “good girl” può diventare una “bad girl”?
O sarà solo una maschera?
Se sì, in quale delle due situazioni si è veramente se stessi?
"'Cause good girls are bad girls that haven't been caught."
[TRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=1f6YmP-zVoY]
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic
 
She Hasn’t Been Caught

She’s a good girl, hasn’t been caught.
She’s a good girl, hasn’t been caught.
 
Erano passati due anni. Due anni da quando tutto quel casino con quella matta della sua ragazza era cominciato. Due anni che la conosceva, due anni che conosceva quello che ormai era il suo migliore amico.
E ora, chi l’avrebbe mai detto, stava per diventare padre. Sentirsi pronto? Neanche per sbaglio, aveva fatto troppi errori nella sua adolescenza per considerarsi un buon padre. Non credeva di essere in grado di educare da zero un figlio, o una figlia – che in realtà avrebbe preferito –, non credeva davvero che avesse avuto qualcosa da insegnargli. Più che fissargli le cose giuste che avrebbe potuto fare nella sua vita, avrebbe sicuramente potuto dirgli le cose che non avrebbe dovuto fare.
Camminava per la strada e fumava ancora le sue solite sigarette. Si vide una testolina bionda correre verso di lui, l’avrebbe riconosciuto tra mille: Luke, sempre il solito. Due anni dopo indossava ancora i soliti jeans neri attillati e una canotta con un orlo delel maniche talmente largo che persino da quella distanza Michael poteva intravedere la pelle del suo petto.
Sembrava arrabbiato, camminava a passo di marcia, era quasi sorpreso di vederlo lì così. Normalmente quando lo vedeva uscire da casa di Hilary aveva una faccia sognante, uno sguardo colmo d’amore, e quelle solite smancerie che Michael non poteva nemmeno lontanamente pensare. Nonostante Clary, che l’aveva comunque addolcito, tutto quel romanticismo continuava a non fare per lui.
Ma, ultimamente, le cose non andavano un granché bene tra Luke e Hilary. Spesso sentiva Clary rispondere alle chiamate della bionda – che era diventata ormai la sua migliore amica – sentendola gridare cattiverie nei confronti del biondo – che era invece ormai diventato il migliore amico di Michael –. «Purtroppo, non tutte le relazioni sono destinate a durare per sempre» pensava, riferendosi ovviamente alla sua relazione con la castana.
Quando ormai Luke era giunto vicino a lui, l’aveva afferrato per un braccio e trascinato dalla parte opposta. Lui, ormai troppo assorto nei suoi pensieri, non aveva fiatato, assumendo semplicemente uno sguardo misto tra il confuso e l’interrogativo.
«Io quella la odio!» aveva cominciato a dire Luke, digrignando i denti, tra una cattiveria e l’altra nei confronti della sua ragazza. «Come? Come ho fatto a stare con lei per questi due anni! Io, davvero, non lo concepisco!» continuava a dire a denti stretti, senza fermarsi e tirando Michael per il polso.
Perciò, decise lui di fermarsi. Non ci stava capendo nulla e sentiva di dover aiutare il suo amico. L’aveva visto spesso dopo i loro litigi, l’aveva spesso sentito dire cattiverie su Hilary, ma mai così arrabbiato, non era mai arrivato a vederlo così incazzato.
«Luke.» aveva detto, ma il biondo non si era girato, lasciandogli però il polso. E aveva dovuto chiamarlo un’altra volta per farlo girare e notare i suoi occhi chiusi strettissimi per cercare di tenere indietro le lacrime.
«È… è finita, Mike…» aveva sussurrato, asciugandosi con il dorso della mano quella lacrima birichina che non aveva voluto restare al suo posto. Michael non capiva di cosa stesse parlando. Aveva perciò lanciato la sigaretta per terra e poggiato una mano sulla spalla del suo amico.
«Luke, cosa sta succedendo?» gli aveva chiesto, quasi spaventato di conoscere la risposta.
«Dio, Mike, tra me e Hilary è finita, ci siamo lasciati davvero questa volta.» aveva detto tutto d’un fiato. E Michael avrebbe voluto fare qualcosa, dire qualcosa che potesse confortarlo.
Non aveva fatto in tempo, non era neanche riuscito a prendere fiato per iniziare la frase, perché una macchina della polizia con le sirene a tutto volume era passata accanto a loro, per poi fermarsi poco più avanti.
Si erano entrambi voltati a fissare quell’auto e l’agente che scendeva da essa. Michael aveva cominciato ad andare in panico, Luke rimaneva semplicemente confuso.
Ma Michael sapeva cosa sarebbe successo di lì a breve e la sua previsione non tardò ad avverarsi. Infatti, il poliziotto si era spostato alle sue spalle e aveva tirato fuori le manette. Lui stesso era rimasto interdetto, non parliamo di quanto ci fosse rimasto Luke.
«Michael Gordon Clifford, la dichiaro in arresto per spaccio di droga. Tutto quello che dirà potrà essere usato contro di lei durante un processo in aula. Le sono chiari i suoi diritti?» aveva detto l’uomo, freddo, piatto, come stesse ripetendo la solita tiritera, cosa che effettivamente stava facendo. Michael si era limitato ad annuire flebilmente, senza dire una parola.
«Ha diritto a un avvocato e una telefonata. Mi spiace ragazzo, davvero, sembri un tipo apposto.» aveva detto ancora, mentre lo accompagnava alla macchina.
«Mike…» aveva detto Luke, che ancora non realizzava cosa stesse accadendo. Il castano si era limitato a scuotere la testa e abbassare lo sguardo.
Il biondo aveva perciò guardato la macchina andare via, le sirene spente, il silenzio totale per la strada. Cos’avrebbe dovuto fare?
Si era voltato e aveva iniziato a correre verso casa di Hilary, tirando fuori il telefono e digitando il numero di Clary. Aveva citofonato e la bionda si era affacciata alla finestra, gridandogli di andarsene.
«Hilary, fammi entrare un attimo! Ho bisogno che mi presti la macchina, Michael è stato arrestato!» aveva urlato, giusto prima che la sua migliore amica rispondesse al telefono.
«Clary! Come stai, cara? Senti, mi serve che tu ti prepari immediatamente e scendi, io e Hilary ti passiamo a prendere tra qualche min-» aveva iniziato, ma l’urlo della ragazza dall’altro lato del telefono l’aveva fermato.
«Luke, m-mi si… mi si sono rotte le acque!» aveva detto per poi cacciare un altro strillo. Il biondo era sbiancato.
Nel frattempo Hilary era scesa e aveva già portato fuori la macchina dal garage.
«Abbiamo anche un altro problema.» aveva detto fissando la strada, con uno sguardo completamente vuoto. «A Clary si sono rotte le acque.» aveva aggiunto.
Anche la bionda al suo fianco era sbiancata. Aveva premuto sull’acceleratore, iniziando a dare istruzioni a raffica. L’avrebbe accompagnato a casa, cosicché lui sarebbe andato da Michael alla centrale e lei avrebbe preso la povera ragazza in travaglio e portata all’ospedale.
 
Nel frattempo Michael era arrivato alla stazione di polizia e, dopo aver firmato un miliardo di carte senza nemmeno leggerle, aveva finalmente potuto telefonare. Ovviamente, aveva fatto il numero di Clary, senza sapere cosa stesse succedendo.
«Michael!» aveva strillato quella dall’altra parte, nel pieno delle contrazioni.
«Clary! Che sta succedendo?» aveva esclamato lui, balzando in piedi, tanto che gli agenti lo avevano accerchiato e si era dovuto sedere, fulminato dagli sguardi di quelli.
Poi aveva sentito Hilary, dall’altra parte, che aveva preso il telefono e gli aveva detto che la sua ragazza stava partorendo, lì al suo fianco. Così lui se l’era fatta passare di nuovo, cercando di tranquillizzarla. Le diceva cose come “respira” o “andrà tutto bene”, ma più che calmare lei, sembrava stesse facendo training autogeno.
Le ragazze erano arrivate in ospedale e così Michael era rimasto al telefono con la bionda, che gli aveva comunicato che a breve sarebbe arrivato Luke, per cercare di capirci qualcosa.
E, infatti, pochi minuti dopo, il biondo aveva fatto il suo ingresso in commissariato, tutto trafelato e talmente bianco in volto che il camice di un chimico sarebbe stato invidioso del suo colorito così candido.
«Ehi, Luke, quaggiù!» aveva chiamato Michael, cercando di farsi notare. Intento realizzato: Luke si stava dirigendo verso di lui.
«Agente, mi scusi, potrei parlare in privato con lui?» aveva chiesto ingenuamente, sedendosi sulla sedia al fianco dell’inputato.
«Ragazzo, ma dove pensi di essere? In un film americano?» aveva domandato ironicamente l’uomo seduto dall’altro lato della scrivania, facendo arrossire il biondo, ridonandogli un minimo di colore. «Giovani.» aveva aggiunto sbuffando, tornando a scrutare centimetro per centimetro lo schermo del computer.
«Michael, puoi spiegarmi cosa succede?» si era rivolto quindi al suo amico, che aveva abbassato la testa.
«Luke… ricordi quando ci siamo conosciuti? Ti ricordi che come unico modo per pagare l’affitto del magazzino dovevo spacciare per conto di… ehm… del boss, insomma…» aveva detto piano. Aveva confessato, e Luke non riusciva a capire se fosse stupido o cosa.
Avrebbe potuto mentire, avrebbe potuto inventarsi una qualunque scusa. Ma no, lui aveva voluto dire la verità, perché Michael era stanco di nascondersi. Michael non ne poteva più di andare solo nei posti in cui sapeva che la polizia non l’avrebbe notato poi così tanto da identificarlo e portarlo dentro, come del resto stava succedendo.
«Michael, ma che cazzo fai?!» aveva sussurrato Luke bruscamente, tanto da riceversi uno sguardo congelante da parte dell’agente, che stava mettendo a verbale ogni cosa.
«Signor Clifford, le nostre fonti, di cui non posso riferirle i nomi, ci dicono che è stato spesso visto spacciare con l’aiuto di una ragazza. Di chi si trattava?» chiese l’uomo davanti a loro. Dire che Michael era sbiancato sarebbe poco, la sua pelle aveva totalmente perso colore, era diventata trasparente, le sue vene e arterie si potevano perfettamente distinguere.
«Beh, agente, sinceramente non ricordo. Probabilmente ero ubriaco o fatto, ma non ricordo di esser mai stato aiutato da qualcuno.» la stava salvando. Stava salvando Clary. Perché lo sapevano che era lei. Lo sapeva Michael, lo sapeva Luke e lo sapeva anche l’agente. Ma Michael non era stupido, era solo innamorato. Sin dall’inizio sapeva che l’agente che lo stava interrogando sarebbe arrivato anche a parlare di Clary, della sua dolce, piccola Clary, che stava dando alla luce suo figlio proprio in quel momento.
Anche Luke aveva capito, non aveva infatti proferito parola. Era stato zitto, pensando a quanto Michael potesse essere innamorato di lei. E pensava, Luke pensava – anche se forse non era esattamente il momento adatto – a Hilary. Pensava a come si fossero lasciati bruscamente, nonostante fosse un po’ preannunciata come cosa. Ma questo non significava che non potessero restare amici. Magari non esattamente migliori amici, ma qualche volta si poteva sicuramente uscire insieme.
«Signor… scusi, lei come si chiama?» l’agente richiamò Luke alla realtà.
«Eh? Oh, Hemmings, Luke Hemmings.» rispose, affrettandosi.
«Signor Hemmings, mi sembra di capire che lei fosse a conoscenza dall’attività, se così vogliamo definirla, del Signor Clifford. Sa se, effettivamente, qualcuno lo aiutasse nel suo… ehm… impiego? Se così vogliamo chiamarlo, ancora una volta.» Merda. E adesso? Cos’avrebbe detto Luke? Certamente doveva difendere Clary, su questo non c’erano dubbi, ma come? Quale bugia avrebbe potuto inventarsi?
«Beh, signor agente, il mio amico qui, non è certo il tipo di persona che si fa aiutare da qualcuno nei suoi impieghi. A lui piace fare le cose da solo. Quindi no, non si faceva aiutare proprio da nessuno.» disse Luke, sentendosi dentro un poliziesco. Ma, purtroppo, quella situazione era reale. Il commissario fece un grosso sospiro.
«Signor Clifford, le va bene che oggi sono buono, mi trova di ottimo umore. Comunque la pena per spaccio è un anno di lavori socialmente utili, perciò devo attenermi alla legge, su questo non posso certo darle una mano. Ma, dato che mi sembra di capire che la sua ragazza stia partorendo quello che deve essere suo figlio, questa notte non dovrà rimanere qui. Ora se ne vada, prima che cambi idea, vada ad assisterla!» disse quell’uomo, forse fin troppo gentile, mentre apriva le manette di Michael.
«Almeno lei non è stata beccata pensava il castano, mentre si dirigeva con Luke all’ospedale.
Arrivatovi corse immediatamente al reparto maternità e, individuata la stanza, spalancò la porta, trovandosi Clary in pieno travaglio. Hilary le stava di fianco, le stringeva la mano e le accarezzava la testa, sussurrandole che sarebbe andato tutto bene.
«Michael!» esclamò la nuova mamma, aprendo gli occhi tra una spinta e un’altra. Lui le corse di fianco, stringendole l’altra mano e baciandole la testa, la fronte, le guance.
«Andrà tutto bene, piccola. Ci sono io con te. Va tutto bene, resisti. Pensa che tra poco stringerai il nostro bimbo tra le braccia. O bimba, chi lo sa.» le sussurrava, tra un bacio e l’altro.
Poi un’ultima spinta, un ultimo strillo assordante e poi un sospiro di sollievo, il fiatone.
«È una femminuccia!» aveva poi esclamato il ginecologo, consegnando un bebè all’ostetrica, che l’aveva sculacciato – anzi, sculacciata – per l’apertura delle vie respiratorie.
«Come volete chiamarla?» aveva chiesto il dottore, mentre l’infermiera consegnava la bambina in fasce nelle braccia della sua mamma.
«Indy, come il genere musicale.» aveva detto Michael, scambiandosi uno sguardo d’intesa con la sua ragazza, facendosi scappare entrambi un risolino.
 
Notes
SONO UN’AUTRICE PESSIMA, SCUSATEMI, VI PREGO.
Lo so che mi odiate. Quanto vi ho fatto aspettare per questo capitolo? Quattro mesi? Forse di più, anzi sicuramente. Vi chiedo umilmente perdono. Siete tutte dolcissime con le vostre recensioni e io non aggiorno e sparisco per quattro mesi. Perdonatemi, se potete.
Allora, non so a chi interessa (chi mi segue su Twitter già lo sa), ma sono andata al concerto di Ed Sheeran a Milano, quasi un mese fa ormai (quanto mi manca *lacrime*). Non ci sono parole per descrivere quell’uomo in live davvero, se anche voi eravate lì sapete di cosa sto parlando, se non c’eravate mi dispiace davvero tanto, vi siete perse qualcosa di meraviglioso.
Tra meno di due settimane invece vado a sentire gli All Time Low, la fase sclero è già ovviamente cominciata, come non potrebbe. Dio, quanto amo quei ragazzi.
Ma quindi parliamo del capitolo. Sparisco per quattro mesi e quando torno sgancio una bomba del genere, sono meschina, lo so D:
Una piccola spiegazione: ho messo la frase “lei non è stata beccata” in grassetto perché è la traduzione che ho voluto dare (sperando che sia corretta) a “she hasn’t been caught”.
Sono curiosissima di sapere cosa ne pensate, davvero, e nelle recensioni potete anche insultarmi se volete. Anzi, fatelo, così magari imparo a non sparire.
Anyway, come aveva già accennato, questo è l’ultimo capitolo. Scriverò un epilogo, che prometto, anzi GIURO, caricherò prima di quattro mesi, spero di riuscire a caricarlo tra due settimane anzi.
La canzone di questo capitolo è ovviamente “Good Girls” dei 5 Seconds of Summer (perché dico le cose ovvie?).
Prometto di non scomparire nel nulla di nuovo prima di caricare l’epilogo.
Alla prossima,
@cliffordsarms

 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: cliffordsarms