Nei giorni che intercorsero tra il suo compleanno e l’inizio della scuola, ossia poco meno di due settimane, lo specchio divenne l’oggetto preferito di Tom che nel tempo libero si divertiva a pensare che il suo riflesso fosse una persona reale con una propria personalità. Tuttavia il nuovo hobby destò le critiche di Georg e Gustav, avrebbero preferito che il loro amico rivolgesse le proprie attenzioni a persone in carne e ossa “Invece di parlare con uno specchio dovresti provare ad interagire di più con i compagni di scuola” gli aveva suggerito Gustav un paio di giorni prima dell’inizio del nuovo anno scolastico “I miei compagni sono tutti noiosi, non hanno molta voglia di parlare con me” era stata la risposta di Tom “Forse è colpa tua, prova ad aprirti di più con loro; a qualcuno dovrai pur stare simpatico” aveva aggiunto Georg “Va bene, ci proverò” aveva detto la prima bugia.
La mattina del giorno del rientro a scuola la sveglia del cellulare, posto sul comodino accanto al letto, faticò a destare il ragazzo dal suo sonno. Ci volle l’intervento di Simòne per convincerlo ad alzarsi “Forza Tom, non puoi fare tardi proprio oggi” lo rimproverò lei, forse ingiustamente dato che non erano neppure le 7.00, ma alla fine il ragazzo si arrese alla dura realtà e uscì da sotto le calde coperte. In verità a Tom piaceva andare a scuola, non era un secchione ma aveva superato il primo anno del gymnasium senza problemi e aveva potuto godersi le vacanze estive in pieno relax; trovava solamente la routine scolastica noiosa, probabilmente perché non aveva ancora instaurato dei veri rapporti di amicizia con i compagni di classe.
Si fece la doccia in tutta fretta così da poter consumare con più calma la propria colazione, dopodiché tornò nella sua camera per vestirsi. Sapeva bene cosa avrebbe indossato quel giorno, aveva già preparato tutto la sera prima, tuttavia quando si vide vestito con i jeans e la maglia rossa decorata con la scritta bianca si accorse che non aveva pensato al cappello da abbinarci. Aprì il cassetto dove teneva la sua piccola collezione di cappelli, ne aveva di tutti i colori, ma proprio non riusciva a decidersi “Dovresti mettere quello rosso con la visiera nera” gli disse una voce, ma non era la madre e in camera non c’era nessuno “Tu dici?” domandò il ragazzo scrutando qua e là alla ricerca di strane creature, poi vide la bocca del suo riflesso muoversi senza che lui lo facesse “Riprende il colore della maglia” l’immagine nello specchio stava sorridendo e aveva inclinato la testa verso la spalla sinistra.
Tom non riusciva a credere ai propri occhi, la propria immagine gli stava parlando e si muoveva mentre lui era immobile, sbigottito dalla scena “Stai pensando che è impossibile, vero?” domandò il riflesso appoggiandosi con la spalla alla cornice “Ma chi sei tu?” chiese Tom avvicinandosi, il riflesso stava per dare la sua risposta quando Simòne chiamò il figlio a gran voce “E’ ora di andare” aveva una gran fretta “Sarà meglio che tu vada. Se vuoi possiamo riparlarne più tardi” Tom gli obbedì.
Per tutto il viaggio in auto fino a scuola, e anche durante le ore di lezione, il ragazzo non fece altro che pensare a quello che gli era appena accaduto: forse era solo il frutto della sua immaginazione o uno spirito era entrato nello specchio e gli aveva parlato attraverso la sua immagine “E’ impossibile” si convinse. Se i professori non si fossero limitati a presentare il programma del nuovo anno ed a correggere a voce i compiti assegnati per le vacanze, quella sarebbe stata sicuramente una giornata disastrosa per Tom tanto era confuso e disattento a quello che usciva dalla bocca degli insegnanti.
Quando uscì da scuola aveva paura di quello che avrebbe trovato in camera sua. Pranzò il più lentamente possibile, anche se il suo stomaco brontolava già prima di mettersi a tavola, e rientrò nella stanza solo dopo che la madre era uscita per ritornare al lavoro. Per sicurezza non chiuse la porta della camera a chiave, come invece faceva tutte le volte per non essere disturbato, tuttavia nella stanza non trovò nulla di insolito e anche lo specchio sembrava normale. Sembrava.
La voce del riflesso lo colse di nuovo alle spalle, il ragazzo evitò di gridare anche se in casa non c’era nessuno “Ti piace così tanto prendere la gente alle spalle?” lo rimproverò Tom anche se era una situazione alquanto insolita “Volevo solo salutarti. Com’è andata la scuola?” gli domandò il riflesso, sul viso aveva ancora il sorriso innocente della mattina “Bene, ma tu chi sei?” ripeté Tom “Non ho un nome, sono solo l’abitante dello specchio” fu la risposta ma il ragazzo non ne era convinto, nella sua testa gironzolava ancora il pensiero che fosse tutto frutto della sua immaginazione “E perché non hai un nome?” “Perché sono l’unico qua dentro. A che serve un nome se nessuno lo può usare?” c’era un tono di sufficienza nella sua voce “Ci può stare ma perché sei uguale a me se stai lì dentro da sempre?” “Ovvio sono il tuo riflesso, sarebbe strano se avessi l’aspetto di tua madre” non aveva tutti i torti “Anche così però è strano” gli fece osservare Tom che intanto aveva deciso di sedersi sul pavimento a gambe incrociate “Sei molto sospettoso, eppure mi sembrava che ti piacesse quando facevi finta che io fossi il tuo fratello gemello. Non è forse il tuo desiderio più grande avere qualcuno che riempia il vuoto che hai dentro?”. Aveva colto nel segno e Tom si domandò se l’altro avesse tirato ad indovinare o se gli avesse letto nel pensiero “Il tuo silenzio mi dà ragione. Già che ci sei perché non provi a darmi un nome?” fu la proposta del riflesso “Sarebbe più giusto se te lo scegliessi da solo, potrei anche farti delle proposte che non ti piacciono” “Non sono mai uscito da qui, non conosco nessun altro nome oltre al tuo” aveva assunto uno sguardo triste “Va bene ci proverò, ma naturalmente non posso darti il mio stesso nome. Ci vuole qualcosa che tu riesca a ricordare facilmente, un nome figo – rifletté qualche istante, finché non gli venne l’illuminazione - . Che ne dici di Bill? E’ corto e credo che ti si addica” gli piaceva quel nome inoltre era uno dei possibili nomi che la madre aveva scelto per lui prima di decidere quello attuale “Bill… si mi piace”.
Nota autrice: eccoci arrivati al secondo capitolo, finalmente direte dal momento che ci ho messo un po’ però mi ha preso il blocco dello scrittore e buttar giù queste poche righe è stato difficile. Sfortunatamente l’inizio di un racconto è sempre complicato per me, è nella parte centrale che di solito riesco a dare il meglio perché le idee si fanno sempre più chiare quindi abbiate ancora un pizzico di pazienza per favore.