Malattia
Una
malattia corrode il mio cuore, da quando sono nata.
Ora,
nulla è cambiato.
Madoka,
ricordo
il tuo sorriso la prima volta che ti ho incontrata, una stilla di
veleno
dolcissimo che mi inquinò l’anima, tra i banchi di
scuola, tante rivoluzioni di
tempo fa. Era una giornata luminosa, semplice e tranquilla come la vita
che
stavo vivendo fino a quel momento.
Ricordo quella
lieve puntura toccare il mio cuore, ed ora so che è stato
quell’attimo, quel
preciso istante, l’inizio di tutto.
Quello,
non quando mi hai convinta a diventare maga, non quando tu e Tomoe
siete morte
la prima volta, non quando ho venduto la mia anima.
No, è
stato quel tuo sorriso, quel momentaneo sbattere di ali di farfalla nel
mio
stomaco, il punto di svolta delle nostre vite.
Ti
avvicinasti a me e mi accompagnasti a prendere le medicine per il mio
cuore
malandato, ma già ti eri scavata un piccolo angolino in esso.
Diventare
una maga annulla le malattie del corpo, ma il mio cuore non
guarì, semmai
peggiorò.
Il dolore
che ho dovuto ingoiare,
la morte
che ho dovuto sopportare,
ancora e
ancora,
ed il
tempo, Madoka,
che io e
te spendevamo, in parallelo,
vicine ma
sempre più distanti,
altro non
ha fatto che alimentare la mia malattia
ed il mio
amore,
per te,
Madoka,
mi ha
riempita fino a farmi scoppiare.
Quando
poi, alla fine di tutto, il mio sangue e le mie lacrime ti hanno
finalmente
salvata,
hai
scelto di sacrificarti, di annullare le maledizioni di noi creature
rigonfie di
rancore, di diventare Speranza, la benedetta Legge della Ruota,
sei
scomparsa.
Hai
scelto di abbandonarmi, dopo tutto quello che avevo fatto per te.
Non puoi
biasimarmi, dopotutto, il mio cuore è malato.
Lo è
sempre stato, ed ora di più.
Quello
che ho fatto si giustifica in tutto il veleno che ormai mi scorre nelle
vene.
Madoka,
tu sei troppo buona, ed io non sono come te, non potrò mai
esserlo. Non mi
importa, in realtà, mi va benissimo così.
Ormai,
ti stringo fra
le mie dita, in trappola.
Ma sei mia.