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Autore: lin_    01/03/2015    1 recensioni
‘Sbrigati Tyler.’
‘Arrivo Char.’
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Alla persona di cui sono innamorata, perché non leggerà mai questo mio scritto.
Alla mia Tigre.
Alle persone a cui tengo di più, perché mi sostengono.
All’amore, quel sentimento che ci divora dentro.
Inesorabilmente.
 
 
 
Il vento soffiava forte, i rami dell’albero- ormai spoglio- che si trovava in giardino sbattevano violentemente contro le pareti della casa, la pioggia cadeva copiosa e i tuoni si facevano sentire sempre di più. Charlotte aveva paura, se ne stava rannicchiata sul letto, troppo grande per un corpicino esile come il suo, aveva avvicinato le ginocchia al petto abbracciandole e aveva appoggiato la testa su di esse per cercare di calmarsi ma sembrava tutto inutile. Il temporale si faceva sempre più forte e violento e in lei si scatenavano una serie di brividi che le attraversavano la schiena, fino ad arrivare alla nuca e poi nelle braccia e poi sulle cosce. Più il temporale si faceva imponente e più sperava che qualcuno andasse ad abbracciarla, andasse a racchiudere il suo esile corpicino tra le braccia e le accarezzasse i capelli fin troppo scuri oppure che, sempre quel qualcuno, le guardasse gli occhi verdi e vi ci leggesse tutta la paura che la dominava. Si ritrovò a pensare a quanto le sarebbe piaciuto che qualcuno l’amasse, che la baciasse per scacciare via qualche brutto pensiero, che la abbracciasse nei momenti difficili e magari anche qualcuno con cui fare l’amore, al mattino appena svegli oppure la domenica pomeriggio, ma anche ogni sera. Sempre. Meccanicamente nella sua mente passarono le immagini di un paio d’occhi caramello e di un sorriso da far venire la voglia di vivere, perché Char lo sapeva, quel sorriso faceva vivere e non più sopravvivere. Pensò a quanto lo volesse vicino in quel momento, a quanto desiderava che il suo amore fosse- in qualche modo- ricambiato, pensò a quanto aveva paura di rimanere sola, a quanto si sentiva abbandonata, pensò anche al peso che- da un paio di mesi- si portava sul petto, ritrovandosi a vivere per due. Lei e il suo peso. E intanto che pensava a quanto la sua vita fosse sull’orlo del baratro le lacrime avevano preso corso lungo le sue guance andando a creare dei solchi, lunghi solchi che l’avrebbero segnata per molto tempo. Era un po’ come il dolore no? Arriva, si fa sentire e se anche si cerca di ignorarlo esso pretende di essere sentito, come se arrivasse a bussare alla porta del cuore e a chiederti di farlo entrare e alla fine siamo troppo deboli e  ingenui per dire di no. Tra il rumore dei suoi stessi pensieri riuscì a riconoscere la vibrazione del suo cellulare. Un nuovo messaggio.
‘Sei sveglia?’
Era lui, alle tre e cinquantasette le chiedeva se fosse sveglia. Forse non si ricordava del fatto che avesse paura dei temporali ma non gliene faceva una colpa, lei per quel ragazzo non era niente. Erano amici, amici che ogni tanto si baciavano, amici che qualche volta andavano a letto insieme, amici che litigavano per niente e infine amici innamorati con fin troppe paure per poterlo confessare. In effetti lei lo aveva anche fatto, gli aveva detto tutto ricevendo una serie di no urlati in faccia seguiti da altre mille cose che forse non c’entravano niente o magari, c’entravano tutto. Aveva deciso di lasciare perdere e di perdonarlo sperando che un giorno riuscisse a guardarla in un modo diverso, con occhi innamorati. Un po’ come faceva lei che lo ammirava con un luccichio nello sguardo e un sorriso mozzafiato, si sentiva una stupida ma alla fine ne era solo innamorata, che colpe aveva? Innamorata di un demone che lei vedeva come un angelo, innamorata di un angelo che gli altri dipingevano come un demone, innamorata della sua bellezza interiore e di quel viso dannato, innamorata in tutti i sensi. Inesorabilmente. E con ancora le ginocchia contro il petto e il peso sul cuore continuò a darsi della stupida, e forse lo era davvero.
Il ragazzo invece era disteso sul letto e ascoltava il ticchettio della pioggia che, forte, batteva sulla grondaia facendo  un rumore assordante che sicuramente avrebbe svegliato il suo fratellino. Se ne stava lì con gli occhi chiusi a chiedersi cosa stesse facendo Charlotte in quel momento, se stesse pensando a lui o stesse maledicendo chiunque avesse fatto la pioggia, si chiese come facesse a continuare quella specie di rapporto nonostante il modo in cui la tratta. Si decise a pensare ai suoi sentimenti, a cosa provava per lei e a come la sua vita era cambiata da quando la conosceva. Sapeva di amarla, lo sapeva già da un po’, lo aveva capito una mattina d’inverno in cui si era svegliato di soprassalto dopo averla sognata. Lui, lei e delle lenzuola bianche. Il sogno più bello di tutta la sua vita. Ma lui, come spesso diceva sua madre, non era il tipo da relazione, avrebbe fatto soffrire chiunque con la sua testardaggine e il suo orgoglio smisurato. Lo sapevano perfino i muri e il suo fratellino di appena due mesi. Ma perché non darsi una possibilità? Perché privarsi di tutto questo? Insomma a diciotto anni era lecito darsi delle opportunità, era giusto. Afferrando il cellulare mandò un messaggio a quella che era ormai la fonte di tutte le cose belle nella sua vita, messaggio semplice da cui scaturiva il loro futuro.
‘Sei sveglia?’ Sapeva già la risposta.
‘Si, non riesco a dormire.’ Infatti.
‘Posso venire ad abbracciati?’ Non era da lui.
‘Solo quello? Sei sicuro di stare bene?’ Rise, rise sul serio.
‘Solo quello. Vengo lì e cerco di farti pensare ad altro e non al temporale.’
‘Ti amo. So che non devo dirlo ma è così.’ Sorrise.
‘Anche io piccola tigre, anche io.’ La chiamava sempre così, perché era la sua piccola tigre.
‘Sbrigati Tyler.’ Prese tutto, giubbotto, cellulare e sigarette, scrisse un biglietto a sua madre e scappò da quella casa.
‘Arrivo Char.’





  
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