Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: wwwww    02/03/2015    2 recensioni
«Pronto? Taiga?»
Occristo ha risposto. Non volevi lo facesse, anche se ci speravi, e oh, al diavolo. Ormai hai chiamato, è tardi per tirarsi indietro.
«Tatsuya? Ho bisogno di un favore. È urgente. Scusa se ti chiamo all’improvviso» ti ricordi di aggiungere.
Resta in silenzio per un po’, attimi pieni di attesa e nervosismo e onore ferito. Poi sospira, sconsolato.
«È San Valentino»
Come se questo spiegasse qualcosa.
***
Kagami Taiga contro San Valentino. Partecipano una maestra irresponsabile, un circa fratello favoloso, un circa cognato in carenza di zucchero e Kuroko.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Alexandra Garcia, Atsushi Murasakibara, Taiga Kagami, Tatsuya Himuro, Tetsuya Kuroko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tuuut
Non ti sei sentito così imbarazzato neanche quando durante gli allenamenti ti sono caduti i pantaloni, proprio il giorno in cui avevi messo le mutande con sopra una tigre che ruggisce che ti ha regalato Alex a Natale, perché in fondo è profondamente malvagia.
Tuuut
Ogni squillo è come una palata di fredda terra sulla bara del tuo defunto orgoglio.
Tuuut
Adesso basta, non hai intenzione di umiliarti oltre aspet…
«Pronto? Taiga?»
Occristo ha risposto. Non volevi lo facesse, anche se ci speravi, e oh, al diavolo. Ormai hai chiamato, è tardi per tirarsi indietro.
«Tatsuya? Ho bisogno di un favore. È urgente. Scusa se ti chiamo all’improvviso» ti ricordi di aggiungere.
Resta in silenzio per un po’, attimi pieni di attesa e nervosismo e onore ferito. Poi sospira, sconsolato.
«È San Valentino»
Come se questo spiegasse qualcosa.
«Lo so, è questo il problema, io…» non sai più come continuare. O meglio, lo sai, ma non trovi un modo di dirlo che non ti faccia venir voglia di scioglierti sul pavimento.
Questa volta ridacchia – infame – e dice qualcosa che non riesci a capire a qualcuno di fianco a lui. Fantastico, è con Murasakibara. Come se questo non fosse già abbastanza imbarazzante.
Oh. Giusto. Per forza è con Murasakibara, a San Valentino. Non ti abituerai mai che tuo fratello stia con quel coso enorme vagamente bulimico. (Adesso almeno sai perché non ha mai badato neanche una delle ragazze che venivano al campetto solo per vederlo giocare. E anche perché il fatto che le ignorasse non acuisse il tuo disagio verso le ingiustizie del mondo come ai tuoi compagni di squadra.)
Una volta gli hai chiesto cosa ci trovasse in lui. Ti ha guardato da sotto il ciuffo con un’espressione da Jessica Rabbit e ha risposto con qualcosa che c’entrava con le proporzioni che non hai voluto capire, ma che ti ha comunque fatto diventare color amaranto.
«Vuoi davvero che lasci Atsushi solo il giorno dei cioccolatini?» Difatti.
«Io… devo uscire con Kuroko e nonsocomblrg»
Non ce la fai a dirlo, è troppo stupido. Lui probabilmente è lì che medita di spalmarsi di cioccolato e l’immagine ti fa accapponare la pelle, e intanto tu sei qui con un problema degno del peggior tredicenne alla prima cotta.
«Cosa?»
«Non so cosa mettere e ho bisogno d’aiuto» sputi fuori.
Dall’altro lato della cornetta senti forse un lontano scricchiolio di patatine e il silenzio siderale lasciato dalla tua enorme idiozia.
«Ti vede tutti i giorni in tuta e sudato fradicio, cosa vuoi che cambi?» prova, dopo qualche eone di pausa.
«È questo il problema, io… non lo so, aiutami e basta!»
«Non puoi chiedere ad Alex?» ride, e tu saluti con la manina il tuo orgoglio. Questa è stata l’idea peggiore che tu abbia mai avuto.
«Vuoi davvero che chieda consigli ad una che non mette altro che mie magliette da settimane?»
«In effetti. Dammi un’ora, arrivo»
Riattacca senza salutare, sempre ridendo.
Cos’hai fatto.

Cinquantasei minuti dopo Tatsuya è alla tua porta con una borsa di vestiti e un ingombrante fidanzato al seguito, che sembra felice di vederti almeno quanto tu sei felice di vedere lui.
Alex compare in una delle tue magliette e mutandine a righe, abbraccia Tatsuya entusiasta e prova a baciarlo, come al solito. Gli occhi di Murasakibara scintillano assassini. Inizi seriamente a pentirti di ogni tua azione che ti ha condotto fin qui, e mediti vendetta contro l’industria dolciaria tutta e chiunque abbia deciso di festeggiare questa pagliacciata di festa.
«Allora» Tatsuya sfoggia il suo miglior sorriso da top model, falso come l’ottone «qual è il problema?»
Guardi torvo Murasakibara, che guarda torvo te. Umiliarsi di fronte al tuo circa fratello è un conto, farlo davanti al suo fidanzato che è anche un tuo rivale e ti odia a morte un altro.
«Lo sai benissimo qual è il problema» borbotti.
«Qual è esattamente. Da quando in qua ti preoccupi di cosa ti metti addosso?»
Diventi rosso fino alla radice dei capelli. Come glielo spieghi? Non lo sai bene neanche tu, e non può certo capire, lui, con il suo neo da diva e i suoi movimenti eleganti come quelli di un gatto.
Tu sei elegante come un rinoceronte che carica una comitiva di turisti tedeschi durante un safari, e la cosa di solito non ti turba, ma stavolta vorresti essere figo. Attraente. Una versione migliorata di te stesso, perché… non lo sai perché, ma vuoi mostrarti al meglio. Kuroko è sempre così… beh, Kuroko. Così azzurro e composto e sobrio. Vuoi che veda la parte migliore di te, perché ha visto la peggiore ed è rimasto lo stesso.
Sei proprio andato, eh?
«Per quello! Sono sempre in tuta, voglio sembrare figo per una volta, ma non so come!» ti stai arrabbiando, e imbarazzando a morte, e questo ti fa infuriare ancora di più.
«Il mio dolce allievo innamorato» tuba Alex, e ti arruffa i capelli.
«Che carino» aggiunge Tatsuya. Li rispedisci in America a calci, tutti e due. Così impari a chiedere aiuto.
Rimani impalato sull’ingresso, fumante di rabbia, e gli altri due si dirigono verso la tua camera da letto. Tatsuya allunga un pacchetto di patatine a Murasakibara, che scruta giudicante il tuo appartamento, non ne sembra particolarmente colpito e infine si spiaggia sul divano, che si sposta sotto il suo peso. Quando attacca le patatine ti trattieni appena dall’urlargli di non riempirti la moquette di briciole, perché non sei ancora una casalinga disperata.
«Iniziamo dai pantaloni!» annuncia Tatsuya. Ti arrendi e lo raggiungi.
«Ne hai almeno un paio non sportivi?»
«Quelli dell'uniforme, credo?»
Alex ride, sdraiata sul tuo letto, Tatsuya ti guarda come se fossi un uomo delle caverne.
«In realtà, non so bene cosa ci sia nel mio armadio, a parte le cose che uso di solito» confessi.
«Quindi navigo in acque inesplorate» si immerge nel mobile con tutta la testa e ne riemerge con un paio di jeans che hai comprato almeno un anno fa e non hai mai più toccato.
«Prova questi. No, ti fanno un sedere che sembra un pacco di tovaglioli, levateli. Deve esserci dell’altro qui in fondo… rosso? Che roba sono questi?»
È la prima volta che vedi quei cosi in vita tua. Deve averli lasciati lì un inquilino precedente, o forse sono un vecchio cimelio di tuo padre che ha messo nel tuo armadio sperando avessero una seconda vita. Sono rossi, attillati e con i bordi in finta pelle scricchiolante. Quando te li provi, ti sembra di essere avvolto nella pellicola per alimenti, pronto per essere venduto in un banco frigo. Vendita di idioti al chilo, signore e signori.
Seduto sul pavimento, Tatsuya si spancia dal ridere.
Imprechi e i maledetti affari che stai cercando di toglierti ti si avvinghiano sempre più stretti alle gambe, mentre le due figure più importanti della tua infanzia rotolano dal ridere e fanno battute sugli insaccati. Alla fine riesci a strapparteli di dosso e li tiri a Tatsuya, furioso.
Lui li intercetta con un movimento aggraziato e ti passa un altro paio di jeans che forse hai messo un paio di volte l’anno scorso per poi abbandonare in un angolo remoto.
«Questi non sono male» concede magnanimo.
A te sembrano perfettamente identici ai primi che hai provato, o forse sono un po’ meno blu e un po' più stretti, ma in effetti è per questo che hai chiesto aiuto, quindi ti limiti ad annuire e tenerteli addosso.
Tatsuya riprende l’esplorazione del tuo armadio, affondando sempre più in profondità. Alex fischietta la colonna sonora di Indiana Jones e le sbraiti di smetterla. Una maglietta bianca ti piove addosso.
«Bianco… nero… grigio fumo, nero, bianco, rosso, nero, nero, rosso stinto ora rosa, blu!, ancora nero…»
«Oi, Tatsuya, piantala di sommergermi la camera di vestiti!»
«Questa ha un bordino verde, attenzione, o forse è solo muffa… bianca, nera con riga bianca, rosso, rosso più carico, rosso arancio… Taiga, tutta questa scelta mi sconvolge, non credo di essere all’altezza del compito» non riesce neanche a finire la frase senza ridere. Hai una voglia incredibile di prenderlo a schiaffi.
«Visto che è San Valentino, magari qualcosa a cuoricini?» suggerisce Alex.
«Giusto!» appoggia le mani sul letto e si china verso di lei, entusiasta «Magari con una collanona da rapper con su scritto I♥Kuroko o qualcosa del genere!»
Ricominciano a ridere. In realtà, non hanno mai smesso.
«Razza di idioti!» vendetta! C’è un solo modo di averla, e no, non è improvvisare un uno contro uno in casa usando come canestri il lavandino e il secchio della spazzatura. Arrivi di soppiatto alle spalle di Tatsuya, lo afferri per bene e gli solletichi la pancia fino alla morte.
«No!» squittisce, e si butta sul letto raccolto in posizione fetale in un inutile tentativo di difesa.
«Te la sei cercata… unf!» Alex ti piomba alle spalle e ti attacca alla pancia. Tatsuya aprofitta della distrazione e contrattacca. Due contro uno, non vale, ma non intendi arrenderti. Intanto crolli anche tu sul letto, un po’ ridi e un po’ urli sdegnato. Ti fanno già male gli addominali.
Alex ti dà anche un morso. D’ora in poi se lo fa da sola il bucato, la traditrice.
Tunf.
Un vago rumore riecheggia dall’oltretomba.
Tunf.
È come quando in Jurassic Park rimangono intrappolati con il velociraptor fuori dalla porta. Solo che questo sembra più Godzilla.
Tunf.
Murasakibara compare e vi fissa oltraggiato, perché in fondo ha ancora quattro anni e state giocando con il suo amico senza il suo permesso.
Sei per metà sdraiato su Alex, con la maglia mezza tirata su e Tatsuya a cavalcioni, e nessuno dei tre riesce a smettere di ridere. Lui non sembra altrettanto divertito.
«Atsushi, salvami!» si solleva per guardarlo, e tu e Alex ne approfittate, incuranti che Murasakibara stia valutando se sarebbe davvero così faticoso defenestrarvi.
Invece, solleva docile Tatsuya da sotto le ascelle, come se fosse di pezza, e lo trae in salvo a distanza di sicurezza. Tra le risatine, Tatsuya gli posa molle la testa sulla spalla.
«Che dici, Atsushi, meglio i cuoricini o il rosa pastello?»
L’altro mugola qualcosa di indecifrabile e sprofonda la faccia contro il suo collo. È quasi tenero. Ti stai decisamente rincretinendo.
Tuo fratello riprende a ridere, e gli sussurra qualcosa all’orecchio che lo fa chiudere ancora più a riccio e gli fa diventare le orecchie tutte rosse. Non vuoi sapere.
Con grazia, Tatsuya si scioglie dalla stretta del suo ragazzo e torna verso l’armadio.
«Dai, proviamo con una camicia» apre l’anta in alto a destra, che non ricordi di avere mai aperto. A quanto pare dentro ci sono due camicie bianche vagamente familiari e in cui non sei sicuro di entrare ancora, più una giacca formale grigio smorto. Devono essere i rimasugli di quello che hai comprato nello sventurato periodo in cui i colleghi di tuo padre sembravano non aver nulla di meglio da fare che sposarsi.
«Un giorno andiamo a fare shopping» sospira Tatsuya, sconsolato. «E ringrazia che le cose oversize mi stanno divinamente, magari riesci a entrare in qualcosa».
Prende la sua  borsa e ne cava prima di tutto un pacchetto di caramelle che porge a Murasakibara, in evidente carenza di schifezze, che lo prende e si siede sul letto non troppo vicino ad Alex. Ti rendi conto ora che non la sta ignorando, è che non ha proprio idea di come comportarsi con lei.
Dopo le caramelle, estrae e ti porge una camicia a quadri da boscaiolo. Difatti, te la provi e sembri uscito da una distilleria di whiskey in Nebraska. O da Brokeback Mountain, come non manca di farti notare Alex.
«Atsushi ha pianto tanto alla fine» tuba Tatsuya.
«Non è affatto vero» borbotta questo offeso.
Alex te l'ha fatto vedere, settimane fa, come parte del suo grande piano per farti ammettere di stare con Kuroko. Ti sei addormentato dopo venti minuti. L’idea di Murasakibara commosso ti strega, però.
«Forse con un maglione sopra, il colore non è male» valuta Tatsuya, pietoso verso il suo ragazzo ma non con te.
«Il maglione no, morirò di caldo»
«È febbraio»
«Io ho caldo»
Sospira, arreso alla tua incorreggibile e irrecuperabile idiozia.
«Allora proviamo…»
«No» lo blocchi. Sta tirando fuori una camicia hawaiana a fiori della cui bruttezza ti rendi conto persino tu.
«Ci ho provato» si scusa con Alex. Razza di bastardi.
Si rimettono a ghignare. Adesso basta, ti hanno visto in abbastanza tenute imbarazzanti.
«Potete piantarla di fare gli idioti e prendere la cosa seriamente che… merda! Manca mezzora!»
«Calmati! Ti sei fatto la doccia?»
«Certo che me la sono fatta!»
«Bene, sei a metà strada. Prova questa» ti lancia una bottiglietta bombata piena di scritte in francese.
«Che è?»
«Acqua di colonia, scemo. Dattene poca, mi raccomando»
La annusi, poco convinto. Odora di alcol e roba sintetica.
«Profuma di ora di chimica»
«È al gelsomino, idiota»
«Dove?»
Sembra indeciso se darti un calcio o ridere ancora.
«Lascia perdere, fammi vedere dove hai le scarpe. E sturati il naso» Ti dà una pacca sulla spalla e ti segue nell’ingresso.
Guarda l’interno della scarpiera sconsolato. Non sai se davvero possiedi altre scarpe, a parte quelle da basket, quelle che usi a scuola e le pantofole.
«Se vuoi ti presto i miei tacchi» suggerisce Alex due stanze più in là.
«Quali, quelli su cui non sai camminare?»
Ti fa una pernacchia. Intanto Tatsuya ha tirato fuori da qualche parte delle scarpe grigie non troppo da ginnastica. Speri ti entrino, probabilmente risalgono all’ultima volta che hai fatto compere con tua madre.
«E adesso, manca solo la camicia a cuori!»
Lo guardi malissimo.
«Va bene, va bene. Blu può andare?»
Non hai nulla contro il blu. Annuisci e ritornate in camera. Ti fa mettere una camicia blu a righine azzurre che ti va un pelo stretta, infatti ti raccomanda di non fare movimenti bruschi per evitare di conficcare un bottone in fronte a qualcuno. La cintura dove se l'è tirata fuori? Gli è comparsa in mano all'improvviso e te la infila nei passanti dei pantaloni. Ti senti gli occhi di Musarakibara conficcati addosso.
«Fatto!» si allontana soddisfatto e ti rimira. Ti guardi anche tu.
Non sei male, non... non sai bene come descriverti. Ti piaci. Ti senti a posto, ordinato. Pronto. Circa. Il colletto deve stare così storto?
Ti accorgi che tutti ti stanno fissando, persino Murasakibara, con la bocca mezza piena di orsetti gommosi.
«Che c'è?»
«Niente. Stai bene» Tatsuya ti sorride, sincero. Adesso che ci pensi, non lo vedevi così allegro da... beh, anni. Ne sei felice, davvero, anche se tutto il suo divertimento è stato a tue spese.
«Molto bene» approva Alex, sistemandoti il colletto.
La sensazione di famiglia ti avvolge e ti mette ancora più in imbarazzo che tutta la faccenda.
«Io... ecco, grazie. Ora...»
«Vai e falli secchi, tigre»
«Se ti serve casa libera, scrivimi un "spiumatura del pulcino imminente" e me ne vado fino a domattina!»
«Andate a quel paese!» gli urli, paonazzo, a metà strada verso l'ingresso.

Hai perso il treno e hai dovuto aspettare quello dopo. Ti sei quasi dimenticato i cioccolatini. Corri come uno scemo verso il café dove avete appuntamento, col terrore di sciogliere i tre strati di deodorante e arrivare sudato da far schifo.
Sei in ritardo di venti minuti. Ti starà aspettando al freddo, facendo finta di leggere, e ti fisserà con seccata disapprovazione. Cavolo.
Arrivi davanti al bar. Ci sono coppiette ovunque, sei l'unico dispari.
Non c'è. Ti guardi attorno, con attenzione. Controlli che non sia alle tue spalle mimetizzato nell'ombra, più volte, scruti bene ogni persona e oggetto e spazio tra di essi, ma non c'è proprio.
L'hai fatto arrabbiare per il ritardo e se ne è andato.
Ti si chiude lo stomaco. Non è da lui, però non c'è, non sai che altro pensare... ti avrebbe almeno mandato qualche velato insulto per messaggio. Guardi febbrile il cellulare. Niente.
Adesso cosa accidenti dovresti fare. Guardi dentro il locale, forse...
Il sollievo ti si scioglie dentro e ti scalda tutta la pancia. È lì, seduto nel tavolo all'angolo.
Corri dentro. Hai scelto questo posto perché sembra molto nello stile di Kuroko: tranquillo, musica bassa, colori sobri, il posto ideale per leggere e starsene in pace con un qualcosa pieno di vaniglia. Dipendesse unicamente da te avresti scelto un posto più rumoroso con gente che discute ad alta voce e panini giganti.
«Kuroko!» mezzo locale ti guarda male, ma sei felice di vederlo come un cagnolino. Orrore. Lui alza gli occhi e il suo sguardo si illumina, un pochino. Al diavolo le tue fobie, adesso scodinzoleresti davvero.
Ti precipiti verso di lui, ti levi la giacca nel tragitto.
«Scusa il ritardo, ho perso il treno e...» non è da solo. La noti solo ora, carinissima con i capelli rosa raccolti e un vestitino grigio che le sta molto meglio della solita felpa.
Che cosa accidenti ci fa qui Momoi. Perché diavolo ogni volta che ti distrai compare qualcuno della Teiko.
«Kagami-kun, calmati» ti anticipa Kuroko. Accidenti a lui.
«Kagamin! Come stai bene!» trilla lei.
Cosa cavolo. Momoi ridacchia alla tua espressione confusa.
«Passavo di qui e ho visto Tetsu-kun, quindi sono entrata a salutarlo!»
«Ah»
«Non dovresti fare aspettare qualcuno così a lungo, sai? Povero Tetsu-kun» diventi rosso fuoco per l'ennesima volta. Tanto varrebbe rimanere così fino al mese prossimo, consumeresti meno energie.
Un improvviso brivido di irritazione pura ti distrae.
«Tu»
«Tu!»
Aomine, con due cappuccini in mano, ti scruta così male che a confronto Murasakibara era affettuoso. Ricambi con pari trasporto.
«Cos'è, tu e Tetsu avete un appuntamento?» chiede, sarcastico.
«Sì» risponde Kuroko. Fissa Aomine dritto negli occhi, deciso. Vuoi baciarlo tantissimo. Aomine vacilla un attimo e poi torna al solito menefreghismo con una scrollata di spalle.
«Tu e Momoi, invece, passavate per caso?» chiedi, perché non hai intenzione di essere l'unico preso in giro per tutta la sera.
Entrambi fanno un salto.
«Mi sta solo accompagnando a fare un giro!»
«Avevo solo voglia di un cappuccino»
Tu e Kuroko vi guardate, poco convinti. Insomma, sembra strano persino a te, e tu ci hai messo mesi a capire che la cosa che hai allo stomaco quando vedi Kuroko non è uno strano virus intestinale.
«Fottuta coppietta» sbuffa Aomine, e si allontana a grandi passi. «Andiamo, Satsuki»
«Ma Dai-chan... uffa, sei impossibile!» gli corre dietro, poi cambia idea e si gira di nuovo verso di voi. «Fai il bravo, Kagamin! Ciao!»
Crolli sulla sedia che lei ha lasciato libera e sprofondi la faccia nelle mani. Questa faccenda è stata tutta una pessima, pessima idea.
Senti dei colpetti sulla testa. Alzi gli occhi e vedi Kuroko guardarti preoccupato.
È così carino.
Ti tiri su, un po' più fiducioso nel mondo.
«Scusa il ritardo. Non hai idea di che casini mi sono successi perché arrivassi qui»
«C'entrano con la camicia?»
Perché ti sorprendi ancora? Avvampi, per la millesima volta. Mugoli qualcosa di indistinto di cui neanche tu sai il significato.
«Stai bene»
Lo guardi, spiazzato. Lui rimane impassibile come al solito. Prendi un respiro profondo. Va tutto bene.
«Grazie» hai sopportato troppo per farti rovinare così il vostro appuntamento. Sarà la cosa più schifosamente romantica nel raggio di miglia.
Gli prendi la mano sopra il tavolo. Le maniche della camicia sono un po' corte, ti tirano e ti scoprono il polso. Senti i calli sui suoi polpastrelli sotto i tuoi. Ti piacciono da morire, dimostrano quanto Kuroko mette passione in quello che gli piace.
Vorresti baciarlo, ma non qui tra tutte queste persone. Dopo, quando sarete soli e potrai stringerlo e stropicciarlo. Adesso è il momento delle romanticherie.
Prendi i cioccolatini dalla tasca e glieli metti in mano. Sono in una scatola azzurra a cuore, col fiocco a quadretti. Non molto virile, ma fa la sua figura.
Ti sorprende sempre come le cose sembrino più grandi nelle sue mani. La guarda, attento, nota il piccolo "per Kuroko" scritto sul minuscolo bigliettino con la tua scrittura da bisonte.
Ti sorride.
Non tanto arricciando le labbra, ma con gli occhi. Gli scintillano come il sole all'alba. Non hai idea se il paragone abbia senso, ma tutte le volte che vedi il sorriso di Kuroko ci pensi. All'alba, allo scintillio bianco del sole che sorge.
Ti mordi il labbro per non fartelo sfuggire e sembrare ancora più scemo di quello che sei.
«Grazie» sussurra. È... oddio, è imbarazzato. E carino da morire.
Sei, sei, sei... sbufferesti vapore dalle orecchie per quanto sei felice. Tutte le tue paranoie hanno portato a qualcosa. Forse hai un po' esagerato. Oh, al diavolo, a chi importa più.
«Kagami-kun» è ancora un po' rosso, e guarda più le sue mani che te «non dovevi impegnarti così tanto per me»
«Sì che dovevo. Sei tu»
Alza gli occhi dalle sue mani. Nella sua espressione non si muove nulla, ma i suoi occhi scintillano. Sarà anche la tua ombra, ma ora è luminoso e abbagliante e non riesci a vedere nient'altro. Non vuoi vedere nient'altro.
Sei decisamente perso.
Vi guardate negli occhi. È... è... imbarazzante, sul serio. Distogliete lo sguardo tutti e due, insieme. Ci sono troppi sentimenti e cose non dette in ballo e nessuno dei due sa bene cosa farci.
«Ordiniamo, prima di affogare nella melassa. Se ti va» sospiri.
Ti sorride di nuovo, più o meno.
Ne è valsa la pena davvero.









Questa volevo pubblicarla per San Valentino (grasse risate registrate in sottofondo).
Momoi alla fine compare perché questa storia è nata da una discussione su cosa fare per San Valentino di molto forever alone con una mia amica. Dato che lei fa cosplay di Kuroko e io di Momoi... eccola lì. Aomine non era previsto ma ci sta bene. Himuro e Murasakibara erano d'obbligo perché li amoh in modo indegno (e so che non dovrebbero essere a Tokyo ma dall'altra parte del Giappone, ma sssht).
Taiga in crisi mustica in attesa di un divino intervento di Enzo&Carla è solo il contorno, insomma.
Spero vi piaccia <3
Tutto ciò non toglie che San Valentino sia un'orrenda trovata commerciale priva di ogni reale romanticismo a cui dovremmo ribellarci in massa, se solo il cioccolato non fosse così bbbbuono.
  
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