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Autore: Artemide12    02/03/2015    1 recensioni
Sono passati venticinque anni da quando alieni e MewMew combattevano sulla Terra.
Ora su Arret – il pianeta alieno riportato alla vita grazie all'acqua-cristallo – dominano forze oscure che hanno interrotto qualsiasi contatto con il resto dell'Universo e costringono l'intera popolazione a vivere nell'ombra, schiava dei suoi padroni.
Nel disperato tentativo di ribaltare le sorti del pianeta, i cugini Ikisatashi e gli altri Connect fuggono e atterrano sulla lontana e ormai dimenticata Terra.
Ma quanto può essere sicuro un pianeta lontano anni luce se nasconde il proprio passato?
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Premetto che le datazioni sono leggermente sbagliate. Dico che sono passati venticinque anni dalla fine della guerra in modo approssimitivo, perciò perdonatemi se facendovi due conti troverete degli errori e godetevi la storia.




CONNECT



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parte prima

la Terra





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Prima o poi



Diversi anni prima.

Strawberry si sedette sul dondolo che si trovava in un angolo riparato del giardino.
La poca luce del tardo pomeriggio filtrava tra i rami degli alberi intorno e poi si fermava sulle sue spalle e sulle sue gambe. Solo il viso rimaneva in ombra. I lunghi capelli rosso fiamma erano raccolti in treccia morbida e pratica che le ricadeva sulla spalla. Le braccia erano strette, serrate, intorno al cuscino beige.
Gli occhi erano gonfi e arrossati, così lucidi da risultare sfocati.
Le guance erano così rigate di lacrime da essere uniformemente bagnate. Quelle nuove, meno salate delle prime, si notavano appena sul percorso già tracciato dalle precedenti.
Ormai aveva smesso anche di singhiozzare. Aveva praticamente perso le forze a furia di singhiozzare o di trattenersi. Non si era lamentata davanti agli altri, si era trovata un posto isolato in cui poter piangere in silenzio, per tutto il tempo.
Il fatto che i figli di Lory facessero avanti e indietro nel giardino in continuazione, ignari di tutto ciò che stava per succedere, di tutto ciò che stava già succedendo, non aiutava.
Alzò lo sguardo verso gli alberi. Erano ancora verdi e folti qui. Era difficile credere che nel giro di pochi anni non cene sarebbero più stati. La sterpaglia avrebbe preso il posto di qualsiasi altro tipo di vegetazione. E poi anche la sterpaglia sarebbe scomparsa. La vita avrebbe abbandonato quel pianeta che per tanti anni era stata la sua casa.
Ma questo era niente, niente, in confronto a ciò che le corrodeva l'animo, le schiacciava il petto e le spezzava il respiro. Aveva l'impressione di non poter respirare, di soffocare. E non poteva lottare per impedirlo.
Si sentiva sola, svuotata dalla sua stessa anima, oppressa da un dolore lontano e attutito, ma ancora pesantissimo.
Non era giusto.
Avevano già lottato abbastanza. Avevano già dato fin troppo. Avevano già sofferto, già sanguinato, già curato le ferite. Le avevano viste rimarginarsi. Alcuni di loro erano già morti.
Non poteva essere stato tutto inutile. Un'effimera, fragile, gioia momentanea. Avevano già avuto il loro tanto agognato lieto fine.
Non potevano ricominciare da capo. Come se niente fosse successo.
Avevano solo ritardato la fine? Avevano contribuito a renderla ancora più dolorosa e distruttiva?
Appoggiò il collo allo schienale, in modo da poter rimanere con la testa all'insù senza faticare troppo.
Una folata di vento freddo la investì all'improvviso, ma non aveva la forza per rabbrividire.
Si sentiva un corpo inerme, svuotato a forza da ogni emozione, immobile in un angolo sperduto di un pianeta morente.

Tart cambiava canale apaticamente, senza neanche guardare veramente lo schermo del televisore. Alla fine lasciò sull'ennesimo telegiornale e abbassò il braccio che reggeva il telecomando abbracciando Paddy. Lei era accucciata sul divano accanto a lui, la testa appoggiata sulla sua spalla.
Passò la mano tra i suoi capelli biondi. Li aveva tagliati di nuovo. Era tempo che non lo faceva. Da lunghi fino alle spalle che erano, erano tornati cortissimi. Come quando, anni prima, combatteva contro di loro. Probabilmente lo aveva fatto apposta.
Li aveva tagliati anche ai bambini, dicendo che era perché stava arrivando la bella stagione. Una bella stagione che sarebbe cominciata con un risveglio senza genitori.
Tornò a guardare Paddy. Teneva gli occhi chiusi, ma era sveglia, semplicemente voleva sfuggire a tutto ciò che le succedeva intorno.
«È scandaloso!» esclamò Pai all'improvviso rompendo il silenzio e facendolo trasalire «Di vantano si avere strumenti di rilevazione efficienti, abili ricercatori, satelliti attivi e tanto altro e non riescono a vedere quello che hanno davanti al naso.» commentò fissando il telegiornale.
Tart si concentrò per capire di cosa parlavano.
Decimazione della popolazione. Malattie. Inizio di carestie. Terreni non più fertili. Moria degli animali. Estinzioni di specie a rischio.
Pai lo aveva predetto con un anno di anticipo senza neanche trovarsi direttamente sulla Terra. Se ne era già lamentato abbastanza. Stava solo cercando di non pensare troppo. Come tutti.
Era seduto al tavolo da pranzo, qualche metro dietro il divano. A capotavola. Dall'altra parte c'era Pam, la schiena dritta appoggiata alla sedia, le braccia incrociate e strette contro il petto. Lo sguardo fisso davanti a sé, ma non distante come quello degli altri.
Lory faceva avanti a indietro tra il tavolo e il divano, agitata. Si mordicchiava nervosamente le unghie delle mani. Arrivava alla finestra quando sentiva le voci dei figli venire da fuori e diceva loro di tornare dentro. Poi riprendeva il suo inconcludente via vai ascoltando le loro voci venire dalle stanze accanto. Nella loro camera, Mina si stava godendo il più possibile le sue figlie.
Gli altri erano nello studio di Ryan a discutere gli ultimi dettagli.
«Potremmo fare in un altro modo.» tentò per l'ennesima volta «Potremmo non andarcene, basterebbe...» non ebbe il tempo di finire la frase.
«Ne abbiamo già parlato Lory.» la interruppe Pai «Credi davvero che potremmo abbandonare i nostri stessi figli se ci fosse un altro modo?»
Lory finalmente si fermò. Lo fissò intensamente. «Lo so.» gemette «Lo so. Ma non puoi chiedermi di rassegnarmi.»
«Non sarà per sempre.»
«Lo so.» ripeté «Ma è ugualmente orribile. Sto sperando che il mondo finisca presto per poter tornare. È così...» non trovò le parole. Sospirò.
Pai appoggiò i gomiti al tavolo e si prese la testa tra le mani. «È noi che vuole.» spiegò per l'ennesima volta, per tenersi occupato «Anche se sa che abbiamo avuto dei figli, non li ha mai visti. Può rintracciare noi, ma non loro. Noi siamo come dei fari luminosi in mezzo all'universo. Loro... per quanto potenti sono al sicuro se stiamo loro lontani.»
«Se venissero con noi...»
«Lory.» la interruppe di nuovo «Se venissero con noi come potrebbero sapere cosa succede sulla Terra e su Arret? Come potrebbe essere la loro causa se non si tratterà neanche dei loro pianeti?»
«Questa è la nostra causa, non la loro.» replicò Pam, parlando per la prima volta, fissando Pai dritta negli occhi, ma non con rabbia o risentimento. Lei era d'accordo, la sua era solo un'affermazione.
«Spiegalo a Profondo Blu.» replicò Tart con un repentino scatto di rabbia. Paddy accanto a lui trasalì spaventata e spalancò gli occhi. «scusa» le sussurrò stringendola e posandole le labbra sulla fronte.
«I ragazzi devono rimanere a sorvegliare la Terra e ad occuparsi degli altri ibridi su Arret.» riprese Pai «Possono farcela. Possiamo farcela.»
Lory annuì.
«In ogni caso, Ryan dovrà comunque rimanere qui per qualche altro anno e Mark non se ne andrà.» concluse l'alieno dai capelli viola.
Paddy si divincolò dalla stretta di Tart e si alzò.
«Dove vai?» le chiese.
Lei non rispose. Rimase in piedi per qualche istante, poi raggiunse la portafinestra con passi brevi e rapidi e uscì fuori richiudendosela alle spalle. Scese la breve scaletta e si guardò intorno. Ci mise un po' ad individuare Strawberry, rintanata com'era. La raggiunse senza dire una parola.
La rossa la guardò spostando solo gli occhi, senza sollevare la testa. Si spostò un po' di lato, per farle spazio. La bionda si sedette accanto a lei, poi si accucciò contro il suo fianco.
Si sentiva esausta. Era sorprendente quanto le sole emozioni potessero stancare, come il dolore potesse levare le forze. Questa volta, quando chiuse gli occhi, si lasciò andare.

Quando Ghish uscì in giardino, trovò Strawberry nello stesso identico punto in cui lo aveva lasciata. Accanto a lei, Paddy dormiva profondamente. Il suo viso non era sereno – come avrebbe potuto esserlo? – ma almeno appariva più rilassato.
Strawberry lo guardò con espressione interrogativa.
«Siamo pronti.» spiegò fissandola. Era bella. Nonostante il dolore, Strawberry era bellissima. Sulla Terra, poi, era anche meglio. L'avrebbe mai più rivista così? «Stiamo partendo.» aggiunse «Gli altri stanno già salendo sull'astronave.»
Strawberry annuì, poi abbassò lo sguardo su Paddy. Era evidente che non voleva svegliarla.
Ghish si voltò nella direzione in cui era venuto. Individuò subito Tart, dietro la finestra. Gli fece segno di venire e l'attimo dopo il fratello adottivo era accanto a lui.
Tart prese in braccio Paddy con delicatezza. Lei si adagiò subito contro il suo petto. Immediatamente, seppur durante il sonno, sembrò più tranquilla, più sicura.
Strawberry conservò quell'immagine anche quando Tart si teletrasportò via.
Rimasero solo Ghish e Strawberry.
«Vuoi... vuoi salutare Ryan e Mark?» chiese lui non sapendo cosa dire.
Strawberry scosse appena la testa.
«Non li vedrai per anni.»
Lei gli lanciò un'occhiataccia. Gli occhi ormai asciutti, prosciugati, e le guance ancora completamente bagnate parlavano chiaro. Non ce l'avrebbe fatta a sopportare un altro quasi-addio.
Ghish allungò la mano e le asciugò il volto. Non ce la faceva a vederla così.
«Smettila.» le disse «Ormai ci siamo.» ritirò la mano, non aveva migliorato molto la situazione a dire il vero «Sei orribile quando piangi.»
Strawberry lanciò uno strano verso, a metà tra un gemito e una risata, poi gli gettò le braccia al collo stringendolo più che poteva. Ricambiò volentieri l'abbraccio.
«Torneremo, bambolina. Te lo prometto, mi hai sentito?»
«Sì.» sussurrò Strawberry.
«Torneremo.» ripeté mentre si teletrasportava via e la realtà intorno a lui di increspava e cambiava tragicamente.
«Torneremo.» promise di nuovo, questa volta a se stesso.
«Prima o poi.»







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Salveee
questo capitolo è particolarmente depresso, lo so, ma dovevo scriverlo. Gli altri non sono assolutamente così, dopotutto.
Artemide ;)

  
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