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Autore: marmelade    02/03/2015    2 recensioni
E Marie ed Ashton non possono fare a meno di guardarsi intensamente, facendo incastrare i loro sguardi così differenti, eppure così vicini tra loro; non possono fare a meno di capire che quegli occhi sono stati destinati ad incontrarsi forse da sempre, da quando loro non erano nemmeno nati, però era già scritto nelle stelle che loro, un giorno, prima o poi, che fosse stato in quel pub o in una folla di gente, che fosse stato in un negozio, al mare o chissà dove, prima o poi, quegli occhi, si sarebbero incontrati.
Si guardano ancora e, per la prima volta, si vedono davvero.
Condividono uno dei fenomeni più semplici e, allo stesso momento, più impossibili da capire; uno di quei fenomeni che solo due anime gemelle, due esseri umani destinati ad essere uno la persona dell’altro e viceversa, riescono a comprendere.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Vi consiglio di accompagnare la lettura con questa musica: the winner is*

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"Che cosa c'è? C'è che mi sono innamorato di te, c'è che io ora vivo bene se solo stiamo insieme, se solo ti ho vicino: ecco che c'è". 
Gino Paoli
 
 
 

Londra, Notthing Hill.
 7,40 am.

 
La sveglia che ha impostato la sera prima – come fa ogni sera prima di addormentarsi -  suona incessantemente, fracassandogli i timpani.
Capisce che è iniziata una nuova giornata nel momento in cui alza la mano e spegne con una sonora botta quell’aggeggio infernale ma, senza il quale, probabilmente, rischierebbe il licenziamento immediato.
Si alza facilmente dal letto – troppo grande e troppo vuoto per una persona sola – e si passa le mani sugli occhi, stropicciandoli per bene, come se volesse far svegliare anche loro, che ancora chiedono altri cinque minuti di riposo.
Ma il riposo non esiste: nel momento in cui la sveglia suona, il cervello deve già essere attivo per iniziare una nuova giornata.
E’ questo che pensa ogni mattina – ogni santa mattina – Ashton Irwin, ventottenne da cinque mesi e dieci giorni, progettista architettonico per un grande ed importante studio situato nel centro di Londra, single da troppo tempo, talmente tanto che nemmeno si ricorda il giorno preciso in cui la sua ex fidanzata è andata via, accusandolo di essere troppo preciso, troppo serio, troppo interessato al suo lavoro invece che a lei, sua compagna da anni. E Ashton ha pensato che fosse solo una scusa bella e buona, la sua, una scusa per scappare via da lui e vivere una nuova storia con un ragazzo più giovane di lui – e anche di lei, tra l’altro – che andava già avanti da qualche mese, che lui aveva già scoperto da tanto, ma non aveva avuto il coraggio di parlare.
Ed era rimasto in silenzio, in quella casa troppo spoglia, troppo grande per loro due, che di amore da regalarsi a vicenda ne avevano troppo poco.
Perché Ashton è sempre stato tutto un troppo, mai un meno: sempre troppo preciso, troppo pignolo, sempre troppo in orario agli appuntamenti, troppo eccellente nella sua carriera e, precedentemente, a scuola, troppo serio per alcuni scherzi da bambini, sempre cresciuto troppo in fretta.
Sua madre, certe volte, glielo dice che lui è nato vecchio, che è nato con la voglia di eccellere in tutto anche se non si può e gli ripete – risultando a lui noiosa - che non è una tragedia sbagliare, d’altronde errare è una cosa umana, ma lui non le ha mai dato retta e ha continuato ad essere troppo.
Ed ha finito per essere troppo solo.
Ma adesso non ha bisogno di pensare a queste cose, adesso deve mettere in moto il cervello e pensare a quale progetto in cui versare tutto il suo impegno per far sì che questo venga approvato – come la gran parte dei suoi progetti, d’altronde – e che venga poi messo in atto e costruito sotto il suo sguardo vigile ed attento, perché lui a tutti quei particolari – anche i più insignificanti – ci tiene, perché li ha fatti nascere lui, con le sue mani e con il suo impegno.
E’ fiero di se stesso, della sua carriera e dei risultati che sta raggiungendo, nonostante sia così giovane.
Si rende conto di essere un adulto in carriera quando indossa quella camicia bianca con le sue iniziali ricamate, quando indossa i pantaloni neri e gessati, quando indossa la cravatta, quando porta a spasso con sé la sua valigetta di cuoio in cui sono racchiusi tutti i suoi progetti, tutto il suo lavoro.
Perché Ashton si sente un adulto realizzato, e non ha voglia di tornare bambino.
Si avvia verso la cucina e si prepara un caffè bollente e forte, bevendolo senza nemmeno gustarselo, perché lui deve lavorare, lui non ha tempo di gustarsi i piccoli piaceri della vita e che gli danno la carica giusta per affrontare la sua giornata lavorativa. Lui ha tempo solo per il suo lavoro.
E non appena ha finito di bere velocemente il caffè, si butta sotto il getto caldo della doccia per sconfiggere il freddo di Dicembre, si strofina accuratamente ogni parte del corpo per poi uscire gocciolante da lì dentro, con indosso solo un asciugamano intorno alla vita. Si lava i denti – stando ben attento a pulirli accuratamente – e poi si sciacqua la faccia, ed incontra il riflesso dei suoi occhi.
Gli occhi che avevano fatto innamorare lei, quella che credeva fosse l’amore della sua vita, che aveva professato quello stesso sentimento nei suoi confronti a destra e a manca, ma che si era rivelata solo una gran bastarda, attaccata ai suoi soldi e non a lui in sé e per sé.
Gli occhi che adesso sono troppo stanchi, troppo spenti, troppo pieni di nulla. Gli occhi che nessuno guarderebbe in una folla di persone, perché chi vuoi che se ne accorga di quegli occhi che, adesso, sono troppo anonimi, ma che prima brillavano di luce propria. Chi vuoi che se ne accorga che i suoi occhi non gli appartengono più.
Nemmeno lui se n’è accorto.
Si asciuga la faccia con un asciugamano posto accanto al lavandino, poi esce da quella sottospecie di camera a gas – e si rende conto che il getto d’acqua, forse, era troppo caldo – e si avvia in camera da letto, una camera così spoglia, così senza vita, che mette tristezza perfino a lui, che a casa non c’è mai.
Apre l’armadio ed afferra dei pantaloni scuri riposti con cura su una delle grucce, poi apre uno dei cassetti e prende una camicia azzurro chiaro – senza le sue iniziali – e la infila con cura, attento a non rovinarla, perché lui non può avere niente fuori posto, lui deve rimanere equilibrato così com’è, sia nell’aspetto sia nel carattere.
Perché Ashton ha degli equilibri, degli schemi da seguire che non può di certo mandare all’aria o spezzare così, per puro e semplice diletto personale: no, lui deve rimanere serio così com’è la sua persona e così com’è la sua carriera.
Lui non può concedersi uno svago, lui non può concedersi nessuna distrazione legata a qualsiasi campo, che sia quello del gioco, dell’alcool, dell’amore.
Lui all’amore non ci pensa. O, perlomeno, non ha tempo di pensarci.
Ed è solo infilando il l’orologio al polso sinistro – perché a destra porta male – che si rende conto di essere in ritardo di un cinquantadue secondi nella sua tabella di marcia e che non potrebbe permetterselo, perché tutto ciò gli comporterebbe solo grane. Si fionda velocemente verso il salotto - arredato in stile troppo moderno – e afferra la giacca nera dall’appendiabiti, la cartellina di cuoio da sopra la scrivania di legno bianco ed esce fuori, sul pianerottolo, chiudendosi la porta a chiave alle spalle, per poi scendere gli scalini del palazzo a due a due e fiondarsi per strada correndo - incurante del freddo che gli smorza il viso – per raggiungere la metropolitana a pochi passi.
E correre non è una cosa che dovrebbe fare lui, perché lui è un adulto, e a correre ci riescono solo i bambini.
 
Londra, Kennington.
7,40 am.

 
E’ in ritardo e se ne rende conto, ma i suoi occhi non ne vogliono proprio sapere di aprirsi, quella mattina.
Ha ancora voglia di godersi il caldo tepore che le sta donando il piumone colorato sotto cui si sta nascondendo dai primi raggi solari che filtrano dalla finestra, ha ancora voglia di continuare quel bel sogno che aveva iniziato e che è stata costretta a terminare a causa del suono maledetto della sveglia, che continua a suonare, perché lei, di spegnerla, non ne ha voglia.
Vorrebbe tanto rimanere a letto e continuare a dormire, o magari a leggere un bel libro o a scrivere una poesia, una storia, o il continuo di quel bel sogno che stava facendo, fingendo di averlo finito o, semplicemente immaginandosi un finale diverso dal previsto, stravolgendolo come più le piace.
Ma, pur volendo, non può rimanere a letto, perché ha tante cose da fare e una giornata da iniziare.
Così - alle sette e quarantasette del mattino - Marie Pevensie, dopo essersi stiracchiata a lungo e con gli occhi ancora socchiusi, mette i piedi giù dal letto, poggiandoli sul pavimento freddo, mentre un brivido le percorre tutta la schiena dorsale, facendole salire quel freddo fin sopra al cervello non del tutto sveglio.
Infila le pantofole calde e, dopo aver messo gli occhiali – tastando alla ben’e meglio la mano sul comodino per trovarli – e aver infilato una calda sciarpa di lana, si avvia verso la cucina, dove una delle sue coinquiline ha lasciato una tazza vuota e briciole di biscotti sparse sul piccolo tavolo posto al centro della stanza.
Marie si avvicina alla macchinetta del caffè, afferra la sua tazza natalizia preferita, giusto perché siamo in tema – quella bianca con l’omino di pan di zenzero che da un bacio sul naso rosso di Rudolph – e si prepara del caffè forte e nero, con solo un cucchiaio di zucchero, poi afferra i biscotti al cioccolato – i suoi preferiti - dalla credenza e li poggia su un tovagliolino di carta colorato, perché lei non sopporta la vita senza colori.
Nonostante sia tardi, Marie Pevensie - ventiquattro anni quasi finiti, aiutante bibliotecaria la mattina e laureanda in letteratura il resto della giornata - si gode la sua colazione colorata guardando fuori dalla finestra il cielo grigio di Londra, che sta per essere bagnata da milioni di goccioline di pioggia fastidiose.
A Marie piace la pioggia. Le rilassa sentire quel rumore che batte piano sui vetri delle finestre e crea una dolce melodia orecchiabile. Non tutti, però, la pensano come lei.
Ogni tanto Marie, guardando fuori dalla finestra, si chiede se durante quella giornata cambierà qualcosa per lei o, semplicemente, per il resto delle persone fuori casa sua.
Sicuramente starà per nascere qualche bambino, mentre lei è ferma a guardare il cielo, e chissà quanti ne sono nati durante la nottata. Sicuramente qualcuno ha ricevuto buone notizie o, ahimè, cattive notizie.
Marie vorrebbe tanto saperlo, ma non per fare l’impicciona e farsi gli affari degli altri: lei vorrebbe semplicemente stare accanto a quelle persone, così, giusto per il gusto di condividere cose belle o brutte che siano; giusto per il semplice motivo di voler far sorridere qualcuno a cui la giornata non è andata nel migliore dei modi. Perché l’animo di Marie è buono, e lei ama portare sorrisi intorno a lei, lei ama vedere quei sorrisi sui volti delle persone, anche se non le conosce, anche se le incontra solo una volta nella sua vita.
Marie ama i sorrisi, ama gli occhi pieni di felicità e le lacrime di gioia. Lei odia la tristezza, quella tristezza che ogni tanto assale anche lei, che è tanto buona, perché la fanno arrabbiare, le dicono cose che non vorrebbe sentirsi dire o, peggio ancora, inizia a ricordare. Quei ricordi che Marie tiene richiusi in un cassetto chiuso a chiave e posto nel profondo di se stessa per paura che questo possa aprirsi e farla piangere a più non posso. No, Marie odia piangere e di certo non verserà lacrime su un passato che è stato troppo duro con lei.
Scuote il capo e cerca di trattenere le lacrime a quei pensieri, perché lei non può piangere, non adesso, non per nulla. Finisce di bere il suo caffè e mangia l’ultimo biscotto al cioccolato, poi poggia la tazza vuota nel lavandino e la sciacqua velocemente sotto il getto freddo del rubinetto, buttando via anche il tovagliolino su cui era poggiata la sua colazione.
Si stropiccia gli occhi da dietro le lenti degli occhiali mentre si avvia lentamente in camera sua, quella camera piccola ma accogliente e colorata, un po’ come è lei. Apre le ante dell’armadio dal legno scuro ed afferra un jeans chiaro, leggermente strappato da qualche parte, poi prende un largo maglione di un bianco sporco con le trecce e poggia entrambi sul letto dalle lenzuola ancora sfatte. Chiude le ante dell’armadio, toglie gli occhiali ed afferra l’accappatoio colorato per poi andare verso il bagno e buttarsi sotto il getto caldo della doccia, che le riscalda la pelle e la fa rilassare.
Marie pensa che anche lei vorrebbe essere come l’acqua, in certe occasioni: vorrebbe essere chiara, trasparente, buona e di vitale importanza per qualcuno. Vorrebbe bagnare le labbra di chi ha bisogno di lei, vorrebbe tanto soddisfare qualcuno, vorrebbe rendere pieni di lei quelle persone che necessitano un sorriso.
Marie vuole salvare le persone, e vuole salvare se stessa.
Vorrebbe trovare qualcosa di lei in chiunque le rivolga uno sguardo, ma certe volte è un’impresa talmente impossibile penetrare nella testa delle persone, che lei abbandona quel pensiero e si sente stupida e vuota.
Si sciacqua per bene le ultime parti del suo corpo insaponato, poi chiude il getto d’acqua calda e si nasconde nell’accappatoio, poggiando i piedi fuori dalla doccia.
Si avvicina al lavandino e si lava i denti, spazzolandoli con cura, poi si sciacqua la faccia velocemente e si guarda allo specchio: quanto si sente sbagliata, Marie, certe volte.
Si porta le mani sul naso, quel naso che tanto odia, che lei definisce troppo dritto e con quella piccola gobba di troppo che lo rende troppo greco; quelle guance troppo rosee che, alle volte, s’imbarazzano per una minima cosa, anche la più stupida; quelle lentiggini che sono spruzzate qua e là sul suo viso; quegli occhi troppo grandi, troppo anonimi, dal colore troppo comune, che mostrano tutta la sua debolezza quando lei vorrebbe dimostrare il contrario. Quegli occhi che la tradiscono quando non dovrebbero, quando lei non vorrebbe. Quegli occhi che s’innamorano troppo in fretta di altri occhi, quegli occhi che cercano ciò che gli manca negli occhi e nei sorrisi degli altri, quegli stessi occhi che sono in cerca di una luce nuova da riaccendere come fossero delle lampadine.
Si asciuga la faccia con le maniche dell’accappatoio e ritorna nella sua stanza. E’ tardi, ne è consapevole, ma non le importa: Marie ha voglia di godersi quei piccoli momenti mattutini per iniziare al meglio la giornata, non vuole sentirsi rincorsa dal tempo che le mette fretta, dirà di aver incrociato un incidente sulla sua strada, o che ad una delle sue coinquiline si è sgonfiata la ruota della bicicletta e ha dovuto aiutarla con la riparazione. Inventerà una scusa, tanto la signora Collins sa che tutto quello non è vero, ma le sorride e fa finta di crederle, perché lei ama il modo in cui Marie si gode quelle piccole cose, non lo vedeva fare da tempo ad una ragazza. E Marie è una ragazza speciale, anche se lei non se ne rende conto.
Si veste in fretta, allacciandosi poi le stringhe degli anfibi neri e consumati, infilando una sciarpa dalla lana morbida e rossa – perché siamo sempre in tema natalizio – poi copre con un po’ di correttore le occhiaie e passa un po’ di mascara nero sulle ciglia lunghe, perché non le piace avere il viso impastato di trucco, le piace essere semplice, anche se si reputa inguardabile comunque, sia con che senza trucco. Si pettina i capelli corti e troppo dritti, dal colore troppo spento a detta sua, poi si aggiusta la frangetta ed infila il giubbino caldo e nero ed esce via, afferrando il casco del motorino al volo e scendendo velocemente le scale, perché forse adesso è veramente troppo tardi.
Si siede sulla sella del motorino e sfreccia via, tra le strade ancora assonnate di Londra, guarda dritta avanti a sé per evitare qualsiasi tipo di scontro, anche se vorrebbe tanto guardare negli occhi della gente.
E un sorriso nasce sulle sua labbra rosee, un sorriso impercettibile, che nasconde quella innocenza di bambina che, fortunatamente, ancora possiede.
 
Londra City, Harvey’s Construction Company
11.30 a.m
 Ashton cancella ancora una volta quella linea che a lui sembra troppo sbagliata e per niente dritta.
Ci sta lavorando su da almeno quarantacinque minuti, ma ancora niente: quella linea proprio non ne vuole sapere di uscire dritta e di non essere così dannatamente sbagliata e storta.
Ashton le odia, le cose storte. D’altronde, come non potrebbe? Lui, che è così dritto, così tutto d’un pezzo, che non si smuove per nulla, come potrebbe non odiare le cose curve, le cose che non stanno su da sole e che sono sbagliate?
Si toglie gli occhiali da vista e si stropiccia un po’ gli occhi stanchi che sente bruciare come non mai, che gli chiedono un attimo di tregua, ma per lui la tregua non esiste, gli occhi non possono riposarsi, lui non può riposarsi.
E così - dopo aver passato le lunghe dita sulle palpebre mobili socchiuse - pulisce le lenti degli occhiali con l’apposito panno in microfibra scuro e poi le inforca nuovamente, rimettendosi a lavoro.
Scosta con la mano alcuni trucioli che la gomma da cancellare ha lasciato dietro di sé dopo aver svolto il suo lavoro su quel foglio bianco e pieno di linee, poi riprende la matita appuntita tra le mani e si rimette all’opera, cercando di tracciare meglio quella linea con l’aiuto della sua fidata squadretta.
E proprio mentre appoggia la punta della matita sul foglio, il telefono sulla sua scrivania inizia a squillare insistentemente, facendolo sobbalzare e sbagliare nuovamente il suo tentativo di disegno.
Ashton non può fare a meno di maledire mentalmente il telefono e lo sconosciuto che lo sta chiamando e del quale ancora non conosce l’identità, però sta zitto, si morde il labbro inferiore quasi come se volesse staccarlo dalla bocca e poi alza la cornetta di quell’aggeggio, portandosela all’orecchio.
La voce troppo allegra di Calum gli arriva dritta al timpano destro e gli occupa gran parte del cervello, facendolo sospirare. Rotea gli occhi al cielo, mentre l’amico gli chiede come se la passa, cosa sta facendo, se lo disturba, ma Ashton pensa che è inutile dirgli che sta lavorando ad un progetto importante e che non può proprio perdere tempo a parlare, tanto lui continuerebbe a ciarlare comunque con quel menefreghismo che tanto lo caratterizza. E Ashton non può fare a meno di pensare che Calum non è per niente come sé stesso: lui non lavora costantemente ventidue ore su ventiquattro, non è per niente preciso, per niente pignolo e sono più le volte in cui perde tempo a fare nulla che qualcosa di concreto per il suo futuro. Calum è uno spirito libero, un grande umorista che cerca sempre di farlo uscire, di farlo staccare dal suo lavoro, ma sono poche le volte in cui riesce nel suo intento. Ad ogni modo, a Calum sta davvero a cuore il bene di Ashton, ecco perché cerca sempre di farlo uscire e di farlo svagare, e un po’ si arrabbia quando lo sente parlare con quei termini che sono troppo adulti per lui; lui che ha solo ventotto anni, che è ancora giovane e bello, che potrebbe avere tante donne se volesse, ma che ha chiuso il suo cuore a chiave già tanto, troppo tempo fa.
Ed è per questo che Calum lo ha chiamato, salutandolo con quel tono di voce che utilizza quando ha delle belle notizie, e che Ashton ritiene sempre troppo alto ed acuto: vuole vederlo stasera, al Marley’s Pub, con il resto della loro combriccola, quella che Ashton non vede da tempo perché troppo occupato a lavorare.
E Calum parla, facendo da sottofondo ai pensieri lavorativi di Ashton, che continua a guardare quella linea ancora troppo storta per i suoi gusti. Sente distrattamente che Calum ha una ragazza da presentargli, la sua nuova fidanzata, una ragazza adorabile, bella, dolce, con degli occhi azzurri che lui non aveva mai visto in vita sua, che sono così distanti dagli occhi castani di lui, ma che s’incastrano perfettamente con i suoi. Stavolta è diverso, lo sente dire ancora, stavolta ne è sicuro al cento per cento, se lo sente nelle palle che è quella giusta, e Ashton non può fare a meno di pensare che gliel’ha sentito dire troppe volte e che, forse, dovrebbe farsi fare una visita alle sue palle sensitive, perché ultimamente perdono colpi. Ad ogni modo, Calum non accetta scuse, non vuole sentirgli dire nulla sul suo lavoro e sulle mille cose che ha da fare, ha bisogno di lui, il suo grande amico, quello che per lui è un fratello maggiore, quello senza il cui consiglio e l’approvazione smetterà di frequentare quella ragazza dagli occhi tanto belli, e Ashton non può fare a meno di sospirare e trattenere scuse, perché sa com’è fatto Calum. Perciò, all’ennesima supplica, gli risponde che sì, andrà in quello stupido pub per conoscere la sua nuova ragazza, ma potrebbe anche andare via presto, perché lui il giorno dopo deve lavorare e ha tanto da fare, ma Calum ha già attaccato – come suo solito – dopo che il suo migliore amico ha confermato la sua presenza e dopo averlo liquidato con un “grande!” entusiasta, e Ashton rimane ancora una volta esterrefatto dal suo modo di fare, poi attacca la cornetta anche lui dopo aver scosso il capo.
Posa nuovamente gli occhi verdi su quella linea, quella che lo sta facendo dannare come un matto, la linea sbagliata, la linea maledetta che lui vuole e deve rendere diritta, perché non può di certo permettere che una cosa fatta da lui sia storta.
Così si butta nuovamente a capofitto nel progetto davanti ai suoi occhi e un po’, in cuor suo, si odia, perché si sente come quella linea sbagliata: troppo dritto in un mondo storto.
 
Londra City, Dreams on Shelf
11.30 am.

 
Marie si aggira tra gli scaffali legnosi della libreria con un enorme scatolone pieno di libri tra le mani.
Quel carico è arrivato da poco e la signora Collins le ha chiesto gentilmente di riporli negli appositi scaffali, perché lei ha da terminare le ultime cose per l’inventario, e Marie non sa dire di no a quella donna, perché le sorride sempre in un modo tremendamente gentile e che lei adora.
Quindi, nonostante si stesse occupando di altro, sorride alla signora Collins e accetta il suo incarico, anche perché la donna, ultimamente, sembra fidarsi molto di Marie, affidandole compiti superiori al suo semplice impiego.
Perciò Marie non può che essere felice di tutta quella fiducia che viene riposta in sé stessa ed inizia ad afferrare i libri dallo scatolone, tirandoli fuori come fossero il tesoro prezioso migliore del mondo e sorride, accarezzando piano la copertina del libro, quasi come se non volesse fargli del male.
S’inginocchia e comincia a prendere due, tre libri tra le mani, accarezzandoli leggermente prima di metterli al loro posto, poi afferra lo scatolone e si avvia verso altri scaffali, che attendono impazienti di essere riempiti da nuovi libri.
Afferra dolcemente un altro libro e, prima che possa riporlo, si accorge che è Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, uno dei suoi libri preferiti, uno dei libri che ha utilizzato anche nella sua tesi di laurea e che rileggerebbe milioni e milioni di volte senza stancarsi mai. Sorride impercettibilmente e lo apre con cura, soffermandosi sulle frasi che più le piacciono e che ormai conosce a memoria come la poesia di natale che le veniva insegnata quando era bambina. Annusa leggermente quelle pagine che sanno di buono, di nuovo, di stampa fresca, poi le sfiora dolcemente come fossero il viso morbido di un bambino. Perché per lei i libri un po’ sono dei bambini mai cresciuti e che giocano insieme a te, facendoti correre e sudare, divertire ma anche arrabbiare quando si litiga per un gioco che non si vuole condividere o al quale non si vuole giocare, ma che, alla fine, anche se semplice, ti fa vivere una delle avventure più emozionanti della tua vita.
E’ talmente presa a leggere quelle meravigliose parole che Shakespeare ha creato, che quasi non si accorge della vibrazione del cellulare situato in una tasca dei jeans. Si affretta a prenderlo -  nonostante non voglia smettere di leggere – ed accetta la telefonata senza nemmeno controllare chi sia, tanto glielo rivelerà la voce che risponderà. E infatti, la voce di Gwen, la sua migliore amica, le invade l’orecchio, e Marie subito si accorge che è diversa dal solito, che è più acuta, e il suo tono di voce è molto più alto del solito.
Gwen la saluta, la riempie di parole divertite che fanno ridacchiare Marie – che intanto continua a leggere alcune parole shakespeariane – e non può che essere felice nel sentirla così gioiosa.
Non ha nemmeno il tempo di chiederle come stia, che subito Gwen la informa che quella sera l’aspetta al Marley’s Pub perché deve farle conoscere una persona, quella stessa persona che, ultimamente, la sta rendendo felice come non mai, che si rivela essere il suo fidanzato, una delle persone più splendide che abbia mai incontrato – a parte Marie, ovviamente, si sente in dovere di sottolinearlo – che è molto dolce, è così dannatamente simpatico, e Gwen sente la necessità di presentarglielo, perché ha bisogno di sentirsi dire dalla sua migliore amica le sue impressioni su quel ragazzo tanto carino che le fa battere il cuore.
E Marie, sentendola così felice, non può che dirle di sì, perché se lui la rende così gioiosa ed allegra non può essere che un bravo ragazzo che lei non vede l’ora di conoscere. Gwen allora dà un urlo di gioia che fa ridere di gusto Marie in mezzo a tutto il silenzio della libreria, poi la sua migliore amica la saluta, dice che deve aiutare la madre a fare chissà cosa e le ricorda nuovamente dell’appuntamento che hanno quella sera, e della fantastica persona che è, che è la migliore amica migliore del mondo, e Marie non può fare a meno di sorridere prima che Gwen chiuda velocemente la telefonata.
Quanto vorrebbe essere felice così, per una buona volta nella sua vita.
Scuote il capo, liberandosi da quei pensieri, poi il suo sguardo cade nuovamente sulle parole di quel libro che tiene ancora stretto tra le mani, e quasi si stupisce di come i suoi occhi siano finiti proprio su una delle frasi che ama di più, forse quella che più la rappresenta e che non smette mai di emozionarla.
“[...] non è mai notte quando vedo il tuo volto; perciò ora a me non sembra che sia notte, né che il bosco sia spopolato e solitario, perché tu per me sei il mondo intero; chi potrà dunque dire che io sono sola se il mondo è qui a guardarmi?”
E Marie chiude il libro, posandolo tra gli scaffali e, con un velo di malinconia e curiosità, si domanda quando, anche lei, s’innamorerà al punto tale di voler baciare il mondo giusto che la renderà felice.
 
Londra, Marley’s Pub
20.45 p.m
 

L’abbraccio caloroso di Michael gli stritola le ossa ed è talmente tanto forte che Ashton pensa che la sua spina dorsale sia completamente andata. Si stacca da quell’abbraccio e lo guarda negli occhi, che sono sempre di quel colore tra l’azzurro e il verde - che lui non è mai riuscito a capire – poi gli guarda i capelli e non può fare a meno di scuotere il capo per la rassegnazione: la settimana scorsa erano rossi, tre settimane fa erano biondi, due mesi fa erano verdi, e adesso sono di uno strano lilla misto al blu che gli ricorda il cielo al crepuscolo invernale. Michael guarda gli occhi severi e rassegnati di Ashton e sorride, indicandosi i capelli ed incitandolo a toccarli, poi inizia ad adularli e a dire quanto siano belli e quanto ami quel colore, che probabilmente – giura su sua madre – non cambierà più. E Ashton, allora, non può che ridere a quel suo falso giuramento e gli ricorda di averlo detto anche per il blu, poi per il rosso e anche per il nero ma, dopo almeno due settimane, aveva già cambiato colore di capelli. Gli ricorda ancora che dovrebbe smetterla di giurare su sua madre, perché quella povera Karen non merita tutto questo, e Michael ride e lo abbraccia nuovamente, perché è seriamente contento di vedere uno dei suoi migliori amici - il suo fratello maggiore – lì, finalmente libero da quel maledetto lavoro che si porta sempre dietro e, soprattutto, è finalmente felice di vederlo ridere così.
Gli avvolge un braccio intorno alle spalle e lo conduce verso il bancone, dove Calum e Luke - e altre tre graziose ragazze – stanno aspettando solo lui con le bottiglie di birra a mezz’aria e i sorrisi felici stampati sulle labbra. Calum li scorge da lontano ed alza una mano in segno di saluto, poi stringe ancor di più la presa sulla mano della ragazza dai capelli color miele accanto a lui e la fa voltare, dandole poi un leggero bacio sulle labbra, che la fa sorridere.
Quando Ashton è vicino a loro, Luke smette di parlare con le altre due ragazze accanto a lui e gli si fionda addosso, gli da una pacca su entrambe le spalle – ancora coperte dalla camicia azzurra, arrotolata fino ai gomiti – e gli sussurra che è felice di vederlo, che è felice che lui sia lì con tutti loro, e Ashton non può che sorridere e passarsi una mano tra i capelli mossi, perché anche lui è davvero felice di vederli.
Poi Calum gli si avvicina, tenendo stretta la mano della ragazza accanto a se, lo saluta calorosamente, urlando frasi sconnesse che fanno ridere a crepapelle Michael ed imbarazzare da morire Ashton, che gli molla un ceffone sul braccio per farlo smettere prima che l’amico lo abbracci fraternamente. Subito dopo, però, si stacca ed afferra nuovamente la mano della ragazza dai capelli color miele, ed Ashton pensa che sì, è vero: Calum non ha mai incontrato degli occhi azzurri come i suoi.
Lei gli sorride - forse un po’ imbarazzata - e si presenta come Gwendalyn, ma gli dice di chiamarla Gwen perché odia il suo nome e non sa cosa sia passato per la testa dei suoi genitori quando hanno voluto affibbiarle quel nome orribile; poi gli stringe la mano e gli confida che Calum le ha parlato molto di lui, che lo ha definito il loro fratello maggiore, il loro scorbutico papà orso lavoratore, e Ashton rivolge un’occhiata truce a Calum, che fa spallucce, celando una risata maliziosa, poi accerchia le spalle della sua ragazza con un braccio, cosa che fa poggiare la testa di lei sul petto di lui.
Ashton sorride e guarda quella scena con occhi inteneriti, perché forse Calum stavolta ha ragione, forse le sue palle ci hanno visto – o meglio, sentito – giusto, questa volta, perché non lo ha mai visto così, non gli hai mai visto quella luce così forte negli occhi, e tutto questo è merito di Gwen, che adesso sorride e parla velocemente con entrambi dei più svariati argomenti, gesticolando a più non posso.
E Ashton, vedendo quella coppia così affiatata, pensa - per la prima volta dopo tempo - all’amore.
 
Londra, Marley’s Pub
20:56 p.m

 
Marie ha appena parcheggiato il motorino fuori il locale, dove alcuni ragazzi stanno fumando indisturbati una sigaretta, chiacchierando tra loro del più e del meno, rilasciando parole alternate a nuvole di fumo dalle labbra.
Marie si toglie il casco con un po’ di difficoltà per poi aggiustarsi con una mano i capelli che ha cercato di arricciare alla ben’e meglio, nonostante la sua capigliatura sia composta da fili castani e dritti come spaghetti che manco se li pagasse oro riuscirebbero a durare tutta una serata. Ad ogni modo, tiene stretto tra le mani il casco e si aggiusta la sciarpa di lana grigia prima di sorpassare i ragazzi – che stanno ancora fumando – per entrare nel locale, spingendo la grande e pesante porta di legno con un po’ di difficoltà con la sua mano piccola. Subito un forte odore di fumo misto a quello della cipolla e di hamburger le invade le narici, e lei non può che trattenere una smorfia di disgusto, perché la cipolla proprio non la sopporta, però continua a camminare, facendosi spazio tra la gente che nemmeno la vede perché lei è troppo piccola, troppo bassa, troppo invisibile. Si alza leggermente sulle punte per cercare con lo sguardo la sua amica Gwen, che chissà dove si è cacciata, mentre qualcuno la spinge e le va addosso senza nemmeno rendersene conto, senza nemmeno la briga di chiederle scusa per averle pestato un piede, ma Marie non ci fa caso, al momento, perché è troppo impegnata a cercare la sua amica, che nemmeno risponde al cellulare.
Si guarda ancora un po’ intorno, incontrando sguardi di differenti colori, senza mai incrociare l’azzurro speciale che sta cercando e Marie sbuffa, perché le sta iniziando a dare noia il fatto che tutti le vadano addosso senza nemmeno chiederle scusa e vorrebbe tanto uscire da quel locale perché inizia a sentire caldo, ma poi pensa a Gwen e ai suoi occhi, al tono di voce che aveva oggi quando l’ha chiamata, a quanto era felice, e proprio non ci riesce ad allontanarsi da lì, perché Marie vuole davvero conoscerlo questo ragazzo speciale che ha fatto innamorare la sua migliore amica.
E solo dopo aver sorpassato un tipo alto quanto un palazzo, Marie riconosce la capigliatura color miele di Gwen - racchiusa in una treccia laterale – e il suo modo buffo di gesticolare con le mani mentre parla velocemente con qualcuno al suo fianco. Intravede accanto a lei un ragazzo dall’incarnato leggermente scuro, i capelli neri intrappolati in un cappello grigio, il braccio coperto da una maglia nera intorno alle spalle minute di Gwen e i tratti differenti da quelli della sua amica, che sorride felice. Marie si domanda mentalmente se quel ragazzo sia asiatico, poi storce il naso, perché non ha mai visto un asiatico dalla pelle così scura, quindi ci sarà sicuramente un’altra motivazione. Si aggiusta il lungo cardigan di lana morbida e blu scuro da sotto il giubbino, poi si avvicina a quel gruppo con un po’ di difficoltà, scorgendo anche altre figure accanto a loro: ci sono altre due loro amiche, Dana e Lauren, che chiacchierano allegramente con altri due ragazzi accanto a loro, uno alto quanto il collo di una giraffa e biondo, dalla pelle chiara, e un altro dai capelli colorati di una tinta assurda, con la pelle più chiara del biondo. Marie sorride, avvicinandosi a loro, pensando che il colore di capelli di quel ragazzo sia davvero originale e che non può che rappresentare la sua persona, poi vede Gwen notarla tra la folla e rivolgerle un sorriso enorme, che lei non può fare a meno di ricambiare con lo stesso calore.
Gwen sussurra qualcosa all’orecchio del ragazzo accanto a lei, che incontra lo sguardo imbarazzato di Marie, poi si avvicina alla sua migliore amica e le salta addosso con poca grazia, stritolandola forte.
Marie ridacchia, abbracciandola dolcemente, mentre Gwen le sussurra all’orecchio che quello accanto a lei era il suo ragazzo che non vede l’ora di conoscerla, ripetendole per l’ennesima volta quanto carino e simpatico sia, poi la prende per mano e la trascina in quello strano gruppo, dove anche gli altri due ragazzi la guardano curiosi.
Marie saluta Dana e Lauren con due baci sinceri sulle guance, si scambiano poche parole prima che Gwen l’afferri nuovamente per un braccio e la trascini verso il ragazzo dai tratti asiatici, che le sorride cordiale.
Le porge una mano - che lei non esita a stringere - e dice di chiamarsi Calum, mentre Gwen al suo fianco gli tiene stretta l’altra mano. Marie gli sorride dolcemente, affermando che è davvero un piacere conoscerlo, che Gwen le ha riempito la testa di chiacchiere, e Calum non può fare a meno di ridere divertito, mentre Gwen al suo fianco gli molla una gomitata nel fianco destro.
Calum le dice che Gwen ci teneva davvero che loro si conoscessero, perché gli ha ripetuto più volte che Marie è una persona speciale, che Marie è la sua migliore amica da una vita, l’unica che la capisce con uno sguardo e che è capace di farsi amare dalle persone con un semplice cenno di una mano, e Marie non può che arrossire a quelle parole perché crede proprio di non meritarsele. Poi Calum aggiunge che, no, non è asiatico, se proprio se lo sta domandando, perché tutti glielo chiedono e lui è stanco di rispondere a quella domanda per l’ennesima volta, e Marie ride, perché in realtà ammette di esserselo domandato mentalmente.
Gwen allora lo abbraccia, dicendogli che a lei lui piace in qualsiasi modo, anche asiatico, e Calum mette su un musino offeso che fa ridacchiare anche i suoi due amici, che si avvicinano a Marie e si presentano cordialmente come Michael e Luke.
Poi Marie si volta nuovamente verso la sua amica, e la vede lasciare un dolce bacio sulle labbra di Calum, che sorride dolcemente. Marie assiste teneramente a quella scena e, dopo aver fatto i complimenti a Michael per il colore dei suoi capelli, non può fare a meno di pensare che anche lei vorrebbe un amore così.
 
Londra, Marley’s Pub
21:01 p.m
 

Ashton insapona nuovamente le mani, sfregandole per bene, poi le porta sotto il getto caldo dell’acqua del rubinetto e le sciacqua velocemente, lasciando che quel tepore invada anche gran parte dei suoi polsi, sperando che si espanda per tutto il corpo.
Alza lo sguardo ed incontra ancora una volta i suoi occhi e si rende conto che è la prima volta dopo tanto tempo che incrocia i suoi occhi per due volte nella stessa giornata. Per lui è quasi un record, dato che non ha mai tempo nemmeno di sputarsi in faccia, come direbbe Calum con la sua solita finezza.
Osserva quelle occhiaie che gli si sono formate da un bel po’ di tempo, che sono i risultati della sua perenne insonnia notturna, che vorrebbe tanto non avere, ma che purtroppo sono lì.
Eppure non pensava di poter finire così, a non dormire la notte, a pensare e a ripensare alle cose da fare, al lavoro da svolgere; non pensava di potersi sentire così tremendamente solo in una casa che pensava di poter condividere con l’amore della sua vita.
Non pensava di potersi sentire così tremendamente solo nel suo cuore.
Ad ogni modo, sospira, guardando ancora una volta il suo riflesso nello specchio prima di uscire definitivamente dal bagno, dove fuori di esso, attaccati alla parete come due polpi, ci sono due tizi – un ragazzo alto e muscoloso e una ragazza dai capelli lunghi – che si stanno baciando appassionatamente.
Come direbbe Michael, si stanno facendo la laringoscopia a vicenda.
Ashton scuote il capo di fronte a quella scena raccapricciante, perché è orribile vedere due tipi che, forse, nemmeno si conoscono, limonare in questo modo senza nemmeno un minimo di pudore, senza un minimo di sentimento.
Forse è lui che è davvero troppo all’antica, forse sua madre ha ragione quando gli dice che è nato vecchio, ma lui queste cose davvero non le sopporta, perché lui i baci ha sempre amato darli di nascosto e alle persone di cui era seriamente innamorato.
Persone che lui ha lasciato andare senza nemmeno rendersene conto.
Si aggiusta ancora una volta le maniche arrotolate della camicia azzurra e le pieghe del jeans scuro – ne aveva uno nei meandri dell’armadio pieno zeppo di giacche e pantaloni eleganti e nemmeno se ne ricordava – e si avvicina al gruppo che ha abbandonato cinque minuti prima per recarsi al bagno, gruppo che è ancora lì, che chiacchiera allegramente tra i buffi modi di gesticolare di Gwen, le battute di Calum, la grassa risata di Michael e i tentativi di seduzione di Luke nei confronti di Lauren – l’amica riccia di Gwen – che chissà se andranno a buon fine.
Ashton gli si avvicina e Calum lo scorge tra la gente, afferrandolo con un braccio intorno alle spalle, raccontandogli una delle sue nuove barzellette.
Ma, prima che Calum possa iniziare a parlare, Gwen afferra la mano di una ragazza tra le sue e la fa voltare verso di se, interrompendo la chiacchierata che ha intrapreso con Michael e rivolgendole un sorriso.
Gwen la incita a seguirla, le dice qualcosa e la trascina verso Calum, che ha ancora il braccio intorno alle spalle di Ashton.
E nel momento in cui Gwen si avvicina a loro mano nella mano con la ragazza, quest’ultima alza lo sguardo timido, ed Ashton li vede.
E capisce di essere stato cieco per tutto questo tempo.
 
Marie alza lo sguardo dai suoi stivaletti neri ed incontra gli occhi di quel ragazzo affianco a Calum, che gli tiene le spalle circondandogliele con un braccio, e li scruta a fondo.
Sono occhi che hanno perso la loro luce da tempo, sono occhi stanchi, occhi troppo affaticati e contornati da occhiaie scure – sicuramente reduci da insonnie perenni – ma sono degli occhi in cui Marie amerebbe annegare ed annegare per il resto della sua vita.
Li guarda come ipnotizzata, come se ci fosse qualcosa da scoprire dietro di essi, come fossero un libro che lei non ha ancora letto e non vede l’ora di scoprirne il finale per poi iniziarlo nuovamente con la stessa curiosità; sono occhi magnetici, occhi che la fanno emozionare, occhi che crede di conoscere da sempre, occhi che sente esser stati destinati a lei per riportare in vita quella luce.
Occhi che sono stati destinati a lei per il semplice e puro scopo di farla innamorare.
 
E Marie ed Ashton non possono fare a meno di guardarsi intensamente, facendo incastrare i loro sguardi così differenti, eppure così vicini tra loro; non possono fare a meno di capire che quegli occhi sono stati destinati ad incontrarsi forse da sempre, da quando loro non erano nemmeno nati, però era già scritto nelle stelle che loro, un giorno, prima o poi, che fosse stato in quel pub o in una folla di gente, che fosse stato in un negozio, al mare o chissà dove, prima o poi, quegli occhi, si sarebbero incontrati.
Si guardano ancora e, per la prima volta, si vedono davvero.
Condividono uno dei fenomeni più semplici e, allo stesso momento, più impossibili da capire; uno di quei fenomeni che solo due anime gemelle, due esseri umani destinati ad essere uno la persona dell’altro e viceversa, riescono a comprendere.
Marie ed Ashton si vedono, guardano tutto quello scorrere di immagini davanti ai loro occhi nello stesso, preciso istante.
 Si vedono mentre escono insieme per la prima volta dopo una telefonata da parte di lui, un po’ impacciati, un po’ imbarazzati perché non sanno cosa dirsi, di quali argomenti parlare, di che caffè ordinare in quel bar così carino scelto da lei, dalle pareti pieni di quadri e trafiletti di giornali dalla carta ingiallita.
Si vedono mentre ordinano due cioccolate calde perché, alla fine, del caffè non avevano voglia, e fuori fa troppo freddo per non ordinare una tazza fumante di cioccolata, che lui non beve da tanto tempo e che lei confessa di amare alla follia.
Si vedono mentre escono per una seconda volta, dopo qualche giorno di distanza da quella cioccolata, mentre fanno una passeggiata tra le strade addobbate di Londra, che a Natale è sempre così bella, a detta di Marie, e Ashton non può che darle ragione, perché se ne rende conto solo adesso che è con lei che Londra è veramente speciale nel il periodo natalizio. Si vedono mentre camminano sotto il nevischio leggero che fa arrossare il naso di Marie e fa congelare le grandi mani di Ashton ma, infondo, loro quel freddo non lo sentono davvero, perché i loro cuori sono tornati ad essere caldi come il sole in estate.
 Si vedono mentre parlano allegramente tra le bancarelle che vendono caramelle gommose e zucchero filato; si vedono mentre si avvicinano alla pista di pattinaggio al centro di Hyde Park e ridono delle cadute prese dalle altre persone; si vedono mentre Marie si avvicina ad una bancarella piena di vecchi libri e ne annusa le pagine ed Ashton non può fare a meno di sorridere dolcemente, perché il modo in cui lo fa è davvero adorabile. 
Si vedono quando Ashton – durante la loro terza uscita – le circonda timidamente le spalle con un braccio, come ha visto fare tante volte a Calum con Gwen in un modo talmente tanto semplice da fargli invidiare tutta quella sicurezza che l’amico possiede; ma ha paura che lei possa ritrarsi, che possa pensare che lui si stia prendendo troppa confidenza, d’altronde è solo la terza volta che escono insieme e, invece, Marie si perde nei suoi occhi verdi e gli sorride dolcemente, lasciando che quel braccio la tenga stretta a sé, avvicinandosi ancor di più verso il suo petto, dove il cuore di Ashton sta saltando dalla gioia.
Si vedono quel ventiquattro di Dicembre, quando Marie lo chiama perché ha voglia di vederlo e perché dice di avere una sorpresa che non vede l’ora di rivelargli, e Ashton non può che correre da lei, perché anche lui e il suo cuore hanno tanta, troppa voglia di vederla. E Marie gli sorride e alza una mano in segno di saluto quando lo vede arrivare da lontano, chiuso in un cappotto nero e in una sciarpa scura, poi gli schiocca un bacio sulla guancia quando finalmente le si avvicina - facendo arrossire Ashton come fosse il più cotto dei bambini di sei anni – e gli sorride, mentre gli porge un pacchetto fatto con cura, dalla carta colorata e natalizia, con uno strano bigliettino pieno di parole scritte da lei che lo fanno sorridere, gli fanno scartare quel regalo che si rivela essere un caldo maglione a coste, uno di quei maglioni che lui non avrebbe mai comprato, ma che gli sembra bellissimo, perché è un regalo fatto col cuore da parte di un cuore che è il più meraviglioso che lui abbia mai incontrato. E Ashton l’abbraccia forte, avvolgendo la sua figura piccola nelle sue grandi braccia, le lascia un bacio su una guancia e le sussurra milioni di ringraziamenti all’orecchio che la fanno arrossire e la fanno stringere ancora di più a lui, il quale, intanto, caccia dalla tasca del cappotto due pacchettini per lei – uno quadrato ed uno rettangolare – e, non appena si staccano da quell’abbraccio, glieli porge timidamente, augurandole buon Natale, grattandosi la nuca bionda e facendo sorridere Marie.
Scarta quei regali e i suoi occhi iniziano a brillare non appena in uno di essi scorge il titolo di quel libro che tanto voleva e che non riusciva a trovare da nessuna parte e non può che saltargli al collo per poi lasciargli una scarica di baci sulla guancia destra, che lo fanno ridacchiare ed arrossire ancora; poi le intima di aprire il secondo, il più piccolo, e le fa una carezza sulla guancia fredda. Marie lo apre, trovandosi di fronte ad una collana con un semplice simbolo di un cuore, un ciondolo fin troppo bello, semplice come lei, che dice di non poter accettare, ma Ashton la zittisce, afferra il ciondolo tra le sue mani e glielo lega al collo con un po’ di difficoltà creata dall’enorme sciarpa che indossa. E Marie sorride, perché è talmente tanto felice che il cuore potrebbe scoppiarle dalla gioia da un momento all’altro, poi si volta verso di lui e, per la prima volta, gli prende la mano, intreccia le sue piccole dita con le sue - che sono così lunghe ed eleganti – e iniziano a camminare, parlando delle cose più disparate, con quelle mani che proprio non vogliono saperne di staccarsi tra loro.
Si vedono scambiarsi messaggini come due dodicenni mentre sono lontano l’uno dall’altra durante quelle feste natalizie, mentre lei è a Birmingham dai suoi genitori e lui è rimasto a Londra da sua madre, la quale, finalmente, lo vede sorridere dopo tempo, e non può che fare domande che lo fanno arrossire ancor di più, diventando oggetto di scherno di sua sorella.
Si vedono a Capodanno, proprio mentre manca un minuto alla mezzanotte, mentre Calum è intento a fare il conto alla rovescia per far si che Mickey stappi la bottiglia accompagnato dai fuochi d’artificio del nuovo anno appena iniziato, e Luke ride, perché Michael la bottiglia non la sa stappare ed ha paura di combinare un macello, provocando l’ilarità di tutti i presenti quando manda il biondo poco gentilmente a quel paese.
Si vedono, Ashton e Marie, allontanarsi da tutto quel macello e ridacchiare – forse per il loro essere un po’ brilli o, semplicemente, innamorati – mentre lui le tiene una mano e la porta in un'altra stanza, perdendosi nei suoi occhi dal colore così simile a quella cioccolata che hanno bevuto insieme per la prima volta, mentre lei sorride imbarazzata perché, senza rendersene conto, si trovano sotto il vischio e – grazie alle urla di Calum, che non è mai stato così preciso come adesso – sanno che mancano solo dieci secondi alla mezzanotte. E Ashton un po’ superstizioso lo è, soprattutto adesso, soprattutto in questo momento, che mancano otto secondi alla mezzanotte, all’inizio del nuovo anno, e lui si trova sotto il vischio con Marie, il vischio che è la pianta dei baci.
Proprio quando sente Calum urlare dall’altra stanza che mancano solo sei secondi, Ashton le sorride dolcemente e le provoca dei brividi incontrollabili che lei non sa spiegarsi; un vuoto allo stomaco assale entrambi quando mancano solo cinque secondi e fanno alzare sulle punte Marie, che appoggia la sua fronte a quella di Ashton.
E lui sente il cuore prendere la rincorsa e lanciarsi a capofitto contro il suo petto quando Calum urla che di secondi ne mancano solo quattro, e lui è così vicino alle labbra rosee di Marie che nemmeno ci crede.
Di secondi ne mancano tre quando Marie poggia le sue manine sui fianchi di Ashton e lui l’attira di poco a sé, sentendo il suo respiro fresco così vicino alle sue labbra, desiderose di baciarla.
Due secondi alla mezzanotte, urla Calum, e Ashton le carezza una guancia arrossata dal freddo e dalla gioia di essere lì con lui, sotto quel vischio, che Marie ricorda essere la pianta dei baci.
E quando Calum urla quell’ultimo numero, quello che fa scoccare la mezzanotte, quello che fa stappare la bottiglia di spumante a Michael senza più difficoltà ma con le risate di Luke in sottofondo, quello che fa urlare a tutti “Buon anno” , Ashton e Marie si scambiano il primo bacio – un po’ perché è Capodanno, un po’ perché si trovano sotto al vischio e un po’ perché lo vogliono davvero – il primo di tanti, il primo di troppi, il primo che li ha fatti innamorare per la prima, vera volta.
E si vedono ancora, qualche mese dopo, ancora insieme, a casa di lui a vedere un film d’azione che hanno scelto entrambi e a casa di lei a guardare Sex and the City con le sue coinquiline, che Ashton lo adorano da morire e che si complimentano sempre con Marie, perché persona migliore non poteva trovare.
Si vedono ancora tra le strade affollate di Londra sul motorino di lei, con quest’ultima che guida come una spericolata e Ashton che le urla di andare piano, di stare più attenta, cosa che fa ridere Marie, la quale lo definisce un “pappamolla”.
Si vedono fare una passeggiata, mano nella mano, in mezzo al mercato di Notthing Hill, dove abita lui, a Portobello Road, che è sempre piena di bancarelle che Marie ama spulciare con Ashton, il quale non ha mai amato i mercati così come li ama adesso, mentre li frequenta insieme a lei.
Si vedono ancora ai Kensington Gardens, mano nella mano sotto la statua di Peter Pan, che è il cartone e il film preferito di lei, che lui non ha mai visitato, pur avendocelo a due passi da casa sua.
Si vedono mentre fanno una gita, perché ad Ashton piace esplorare la natura e porta Marie tra i boschi, tenendole la mano , facendole annusare l’odore fresco degli alberi e delle margherite appena sbocciate, che lei raccoglie e infila tra i capelli biondi e mossi di Ashton, per poi ridere a crepapelle mentre lui le fa il solletico per dispetto.
Si vedono mentre Marie afferra due mele verdi dal bancone del signor Jefferson – il fruttivendolo sotto casa sua – e corre via, lanciandogliene una che lui prende al volo mentre la segue e la vede nascondersi dietro un angolo per mordere quella mela che, giura, pagherà al signor Jefferson, perché non lascia mai le cose in sospeso.
Si vedono quando Marie incontra la famiglia di lui e s’intrattiene a giocare con Harry, sotto lo sguardo entusiasta della signora AnnMarie – la madre di Ashton – che l’abbraccia forte nel momento in cui vanno via e che le raccomanda di tornare a trovarla presto; quando poi lui incontra la famiglia di lei, facendo innamorare sua madre all’istante a causa di quegli occhi verdi e quella gentilezza che tanto lo caratterizza, facendo arrossire Marie quando suo zio gli racconta qualche aneddoto buffo che riguarda la nipote, che Ashton abbraccia velocemente tra le risate, lasciandole un bacio sulla nuca.
Si vedono ancora quando lui compare tra gli scaffali della libreria dove lavora, mentre lei mette a posto qualche libro, lasciandola esterrefatta e sorpresa di trovarlo lì; lui che lavora sempre, ma che si è concesso cinque minuti di pausa per attraversare la città e lasciarle solo un semplice bacio. E si vedono quando lei va a trovare lui al lavoro, durante l’ora di pranzo, con dei contenitori trasparenti e pieni di cibo, pronti per essere divorati non importa dove, ma importa che ci siano loro.
Si vedono mentre escono con Calum e Gwen, in una di quelle uscite a quattro che Marie non troppo sopporta, ma sono Calum e Gwen, e a loro non può dire di no; si vedono mentre ridono agli aneddoti raccontati da Michael e ai disperati tentativi di seduzione di Luke nei confronti di Lauren, che proprio non ne vuole sapere di uscire con lui. Si vedono ancora mentre, troppo stanchi per tornare ognuno a casa propria, Marie si ferma da lui per la nottata e viceversa, tenendosi stretti durante la notte nel letto grande di lui – che adesso è finalmente pieno – e nel letto troppo piccolo di lei, intrecciando le mani l’una con l’altro, addormentandosi così, felici di essere insieme.
E si vedono ancora al mare, quando hanno fatto il bagno vestiti tra le onde salate, schizzandosi a vicenda come due bambini dispettosi e sono tornati zuppi dalla testa ai piedi, con la sabbia fastidiosa attaccata agli indumenti; si vedono mentre arredano casa di Ashton con qualcosa di nuovo, di più colorato, qualcosa che dia quel tocco di Marie che Ashton tanto ama; si vedono alla laurea di lei, felice di aver preso il massimo dei voti, che gli corre incontro e gli salta al collo, mentre Ashton le sussurra di essere tanto fiero di lei prima di baciarla dolcemente, in quel modo così unico che fa battere il cuore di Marie all’impazzata, sentendosi come una quindicenne alle prime esperienze.
Si vedono ancora mentre fanno l’amore, nel letto grande di lui e nel letto piccolo di lei, un po’ impacciati le prime volte, ancora un po’ imbarazzati di fronte ai loro corpi nudi, per poi prenderci sempre di più la mano, lasciandosi andare per amarsi appieno, con lei che sussurra dolcemente il nome di lui e lui che la bacia, perché quelle labbra non può proprio lasciarle sole.
E si vedono quando, per la prima volta dopo mesi, si dichiarano finalmente di amarsi, nonostante lo sapessero già da tempo, durante la visione del film preferito di lui - che lei non ha mai visto – sopra quel divano dal colore chiaro a casa di Ashton, dopo che hanno appena finito di mangiare una pizza d’asporto, dopo che lui l’ha appena baciata.
In una notte piena di stelle, entrambi, nello stesso momento, si sono guardati negli occhi e hanno semplicemente sussurrato all’unisono un dolce e timido “ti amo”, prima di scoppiare a ridere, di scoppiare d’amore.
 
Vedono tutto questo, Marie ed Ashton, nel preciso istante in cui i loro occhi si incontrano per la prima volta.
E non possono fare a meno di sorridersi imbarazzati, mentre i loro due migliori amici li presentano, ma loro sono troppo presi a guardarsi negli occhi per sentirli.
Improvvisamente, gli occhi di Ashton riacquistano la luce che avevano perso, si sente vivo dopo tanto tempo, e Marie si rende conto di aver trovato il mondo – il suo mondo – che la renderà felice.
Entrambi, sotto gli occhi curiosi di Gwen e Calum, si fissano intensamente ancora per un po’, poi l’uno afferra la mano dell’altra, assaporando il gusto della felicità con un unico e semplice gesto.
«Ashton» si presenta semplicemente lui, sfiorandole la mano.
I suoi occhi verdi le stanno sussurrando “e non vedo l’ora di passare il resto della mia vita con te”.
«Marie» dice dolcemente, sorridendogli ancora.
E non vedo l’ora anche io”, rispondono in un sussurro gli occhi castani di lei.
 
E s’innamorano così, grazie ad uno sguardo semplice, un sorriso timido che provoca una dose moderata di farfalle nello stomaco, un sorriso che nasce dal cuore di due persone così differenti tra loro.
S’innamorano così perché  l’amore ha bussato alle loro porte e ha deciso di farli incontrare su un pianerottolo spoglio e vuoto, lasciandoli soli, legando e fondendo i loro destini insieme, forse perché era semplicemente così che doveva andare. 

 

 
Buuonasera :)
Questa è la prima one shot in assoluto che pubblico in questo fandom e spero che a qualcuno possa piacere! 
E' una cosa che mi è venuta di getto, mentre ascoltavo quella melodia che vi ho lasciato ad inizio capitolo (che personalmente amo alla follia) tratta da un film stupendo che è "Little Miss Sunshine" che vi consiglio vivamente di vedere se non l'avete mai fatto :)
Comunque, mentre l'ascoltavo a ripetizione, mi sono venuti in mente Ashton e Marie, con le loro vite così diverse, le loro personalità differenti che finiscono per incontrarsi ed innamorarsi all'istante. Una oneshot un po' stupida e banale, forse, (anzi, sicuramente) ma alla quale tengo molto e in cui ho messo tutta me stessa, al punto tale da emozionarmi come una scema mentre scrivevo, ed era una cosa che non mi capitava da tempo :)
Per cui, nulla, non so che altro dire, se non che vi ringrazio tantissimo per esservi soffermate a leggere fin qui! 
Spero vi sia piaciuta e che vi siate ritrovate almeno un po' in queste parole e in quello che provano i due protagonisti :)
Se volete, mi trovate su twitter facebook ed ask :) 
Ancora grazie mille!
Un bacione enorme, 
Mary 
  
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