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Autore: Selhen    03/03/2015    1 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quel pomeriggio intenso di scoperte ad Adma non accennava a finire. Quando io e Araziel raggiungemmo gli altri nella grande sala circolare in cui si era consumata la battaglia con i non-morti, Brahm aveva recuperato già parte delle sue forze e, con l'aiuto di Saephira, anche il profondo taglio alla sua schiena si era rimarginato. 
Non avevo più avuto tempo di rimuginare su quello che per poco non era accaduto tra me e Araziel. Lui era tornato il tiratore risoluto di sempre, il suo viso era di nuovo serio e concentrato, calcolatore.
Mi ritrovai a pensare che non avevo mai visto un Asmodiano più Asmodiano di Araziel.Tanto  feroce nei suoi tratti quanto nel suo carattere indomabile. Nonostante tutto c'era di Araziel una parte che più ammiravo. Per quanto potesse essere crudele e spietato con i nemici, era sopratutto leale.
Nel suo atteggiamento traspariva sempre una certa correttezza di fondo, una sorta di diplomazia, che gli permetteva di tirarsi fuori dalle situazioni più difficili e disparate.
Araziel poteva anche essere definito un bravo oratore. Un oratore per niente paragonabile a Shadow, che sì, era bravo ad incantare, ma forse era un po' meno coerente nei fatti.
Se Shad era ingannevole, Araziel trasmetteva una sicurezza tale da metterti a volte a disagio, come era successo a me innumerevoli volte.
Mi morsi il labbro pensierosa, proprio mentre nessuno mi notava. C'era una cosa che mi aveva sempre colpito di Araziel: la sua schiettezza, l'aura di sicurezza che incombeva quando ero nei suoi paraggi. Una sensazione ben diversa da quella che provavo quando ero con Velkam.
Era per gli Asmodiani leali e indomiti come Araziel che la nostra razza era da considerare esemplare. 
Abbozzai un sorriso tra me, e quando girai lo sguardo su di lui, lo sorpresi a scrutarmi.
Quell'iride verde, tendente quasi all'azzurro, percorse il mio aderente cappotto nero lasciandomi per un momento interdetta e a disagio.
Decisi allora di distogliere lo sguardo incamminandomi a ritroso verso la grande voragine sul pavimento. Era il caso di esplorare al meglio le segrete, e su questo, eravamo tutti d'accordo.
Mi soffermai sul ciglio del soffitto diroccato e guardai giù, voltandomi in seguito a richiamare i miei compagni d'avventura.
Dahnael era tornato il Daeva taciturno di sempre. Da quando gli avevo rivelato che avrebbe potuto perdere la sua natura divina era diventato anche più burbero del solito.
"E tu piantala di tenere il muso", lo avevo apostrofato con l'aria della maestrina. "Non è così che si risolvono le cose".
Dahn aveva grugnito per tutta risposta spiccando un balzo preciso dentro al vuoto e spalancando, proprio prima di toccare il suolo, le immense ali nere.
Scossi il capo esasperata e tirai un sospiro di rammarico, poi, senza aspettare che gli altri facessero lo stesso, provai a raggiungerlo.
"Ehi...", lo chiamai.
Il capo candido di Dahn non si voltò, mi stava dando le spalle e camminava con le spalle un po' ricurve per i soliti corridoi umidi e acquitrinosi che avevamo percorso poco prima.
"Dahnael!", lo chiamai indignata stringendolo per una spalla e costringendolo a voltarsi.
La sua espressione triste non era delle migliori, e nello scorgerla ebbi quasi un tuffo al cuore.
"Dahn, ho cercato di evitare i giri di parole, perdonami se ho potuto sembrarti indelicata".
Dahn sorrise sarcastico mentre proseguivamo per i corridoi. Il vociare indistinto alle nostre spalle ci disse che anche gli altri stavano per raggiungerci.
"Non è con te che ce l'ho... ce l'ho con me stesso. Come ho fatto a non capirlo prima?".
Non mi pronunciai. Dopotutto non ero stata io ad aver pensato a quella soluzione, ma Velkam.
"Inutile crucciarsi per questo, ormai dobbiamo solo pensare a risolvere il problema".
Dahnael annuì poco convinto. I nostri revolver sbatacchiavano sui nostri fianchi ad ogni passo mentre io senza preavviso lo strinsi in un abbraccio che lo costrinse a fermarsi
"Fidati di me".
Un sorriso tenero animò le sue labbra pallide. Vidi la sua mano artigliata sollevarsi per farmi una delicata carezza sulla guancia prima di lasciarmi andare.
"Certo che mi fido di te".
Ricambiai quel sorriso un po' dubbiosa. "Anche se... anche se mi frequento assiduamente con un elisiano ti fidi di me?", domandai in un sussurro prima che gli altri ci raggiungessero.
"Anche nonostante quello", disse lui pacato abbozzando un altro sorriso forse un po' più forzato.
Riprendemmo a camminare e giunti all'imbocco di un nuovo corridoio ci fermammo ad attendere il resto della combriccola. Le chiazze d'acqua emanavano un puzzo di stantio che penetrava pungente le nostre narici, e le pareti grondavano umidità.
"Selhen, dove siete?", era rimbombata squillante la voce di Sae tra le possenti mura di pietra di quelle segrete.
"Per di qui!", dissi sbracciandomi quando li vidi uscire dal luogo da cui poco prima avevamo svoltato io e Dahnael.
Saephira diede segno di avermi vista. Accelerò il passo nella sua attillata veste nera. Doveva essere un suo ultimo acquisto, a giudicare dalla lucentezza di quel nero. Era l'armatura Beritra, una delle migliori sul mercato, solo i daeva più benestanti potevano permettersela. Ecco da cosa si vedeva che la mia Sae non era più una principiante.
Sorrisi tra me, stringendomi al fianco di Dahn come a volergli trasmettere un po' di sicurezza.
Quando fummo tutti nello stesso punto riprendemmo la formazione di sempre e ci inerpicammo per una salita in un punto in cui il pavimento diventava scosceso.
I canali e l'umidità iniziavano a dare spazio ad ambienti più asciutti e meno muschiosi. Non c'erano più nè viverne nè fangospina e nel semibuio di quelle segrete erano solo le nostre armi l'unica fonte di luce.
I revolver miei e di Arazie e Dhanael aprivano la strada. Anche l'arpa di Saephira, alle mie spalle, emanava una luce sinistra e silenziosa. I nostri occhi erano rossi e luminosi, sull'attenti, pronti a cogliere il suono o il movimento più sospetto, che non fossero i versi lontani dei fangospina e i ticchettii delle gocce d'acqua.
Fu nel momento in cui svolammo l'angolo che lo scorsi. Io per prima.
Era piccolo. Un esile ragazzino dalla zazzera scompigliata e dagli occhi innocenti.
Le mie labbra si spalancarono dallo stupore. Ritrassi le pistole, senza pensarci, e mi coprii le labbra con la mano.
Potei scorgere in quei lineamenti quasi angelici qualcosa di macabro e misterioso. Il giovane era pallido e silenzioso. Seduto al centro di un ampia stanza circolare identica alla precedente tra larghe chiazze di acqua stantia, teneva le gambe incrociate e il capo reclinato finchè non notò la nostra presenza.
Fu Dahnael a estrarre per primo le pistole, la furia asmodiana accese i suoi occhi vitrei e il labbro assunse una curva minacciosa.
"Dahn....", mormorai toccandogli un braccio.
"E' lui...", aveva ringhiato il mio amico cercando i revolver ai suoi fianchi e caricandoli con uno schiocco che rintonò nella grande stanza vuota.
Vidi il bambino voltare lo sguardo innocente dalla nostra parte. "Chi siete?", domandò. Mi sorpresi nell'udire una voce così infantile e tremolante.
Trattenni Dahnael con più forza, affondando quasi gli artigli nel suo cappotto in pelle. "Aspetta", sibilai.
"Ci hanno parlato di te", cominciò Araziel col migliore tono eloquente che potesse esibire.
Nessuno di noi proferì parola a parte Araziel. L'unico rumore fu il tintinnio dell'archetto di Saephira.
"Chi vi ha parlato di me?", continuò il ragazzo senza muoversi di un centimetro.
"Gli spiriti della fortezza parlano di te...", chiarì il tiratore con voce paziente.
Il bambino abbozzò un sorriso, la sua espressione assunse una sfumatura di purezza inequivocabile. Non poteva trattarsi del ragazzo di cui Karemiwen ci aveva messi in guardia.
"Oh sì...", disse lui con tono compiaciuto. "Non sto loro molto simpatico, è per questo che vivo qui".
"Vivi qui?", intervenni curiosamente allungando un passo verso il piccolo soggetto davanti a noi.
Mi sentii trattenere da Araziel per il cappotto. Era chiaramente teso e sull'attenti.
"Vivo qui da molto, moltissimo tempo", sorrise placido rimanendo sempre nella medesima posizione.
Udii schioccare il caricatore di Araziel. E poi vidi Dahnael allungare un braccio avanti a sè per puntare alla testa del ragazzo. "Maledetto marmocchio, sei tu la causa della contaminazione, non è vero?".
Imprecai tra me, se era vero che lui fosse la causa della contaminazione non era proprio quello il modo ideale per approcciarglisi. Dahnael e la sua impulsività.
Il bambino per tutta risposta si alzò in piedi, cosa che ci portò a sguainare le armi e a disporci in posizione d'attacco. Sebbene potesse sembrare inoffensivo non era il caso di adagiarsi troppo sugli allori.
"Sì, sono io", annunciò lui con un sorriso compiaciuto.
Battei le palpebre meravigliata a quella risposta. Ma non ebbi il tempo di proferire nessun'altra parola d'incredulità perchè un rimbombo assordante mi aveva annunciato uno sparo improvviso.
Mi voltai sconvolta dalla parte di Dahnael, il quale stringeva tra le mani, ancora fumante, un revolver.
Il proiettile aveva trapassato la carne del braccio del giovane, ma notai con sgomento che dalla ferita non era fuoriuscito del sangue. La profonda lesione inferta dal proiettile di Dahnael si era rimarginata all'istante mentre il ragazzo aveva iniziato col solito sguardo pacato ad avanzare verso di noi.
C'era un che di inquietante in quell'espressione dolce e ingenua. Poi ad un tratto i lineamenti morbidi di quella figura infantile si erano induriti. Il suo viso era divenuto ostile e quella che sembrava la diafana corporatura di un giovane aveva iniziato a sbiadire, lasciando il posto alla limpida figura di uno spettro molto più adulto.
Poteva trattarsi di un giovane che aveva all'incirca l'età di Araziel. Un soldato, a detta dell'armatura che indossava. Un Daeva dalle candide ali che aveva pronunciato a voce forte e chiara un incantesimo che era piombato addosso al nostro gruppo scaturendo una pericolosa pioggia di dardi infuocati.
"Ci mancava il fantasma di un fattucchiere!" imprecò Araziel vicino a me sorprendendo lo spettro con una serie di colpi magici.
Ci avevano insegnato questo all'accademia: l'unica cosa che poteva mettere fuori gioco uno spettro era la magia. E il daeva in questione questo lo sapeva bene perchè aveva concentrato all'istante i suoi colpi più potenti su Brahm e Saephira che erano le classi magiche più pericolose presenti.
"Dahn coprila!", aveva urlato Araziel riferendosi alla mia amica mentre si gettava davanti a Brahm per fargli scudo con i propri colpi.
"Nessuno è mai riuscito a sconfiggere Villaire!", aveva esclamato lo spettro con chiara ilarità nella voce. "La Legione del cielo rosso reclama i suoi morti! Oggi, come sempre, e voi sarete i prossimi non morti ad abitare le segrete di questa fortezza", terminò prorompendo in una risata.
Un lampo di comprensione illuminò gli occhi di Dahnael, e mi chiesi cosa effettivamente avessero potuto significare per lui quelle parole.
"Morirete tutti, e sarò io... solo io, a nutrirmi della vostra natura divina, Asmodiani ingrati!"
Mentre Saephira era intenta a curare la salute di Brahm che cominciava a vacillare, si alzò tra noi un forte vento che ci offuscò la vista per qualche momento.
Mi guardai intorno spaesata, quando un potente attacco diretto su Sae, la quale si adoperava instancabilmente per tenerci in vita, non sfondò totalmente le sue difese.
Un urlo di dolore ci annunciò che l'incantesimo dello spettro era andato a segno.
"Seaph!", urlai allungando terrorizzata una mano nella sua direzione. Vidi la mia migliore amica accasciarsi inerme sull'umido pavimento in pietra. I suoi occhi si chiusero stancamente poi le sue ali si spalancarono in un suono lugubre e agghiacciante.
"Sae!", avevo urlato di nuovo inginocchiandomi al suo fianco, incurante degli attacchi dello spettro.
Non ricevetti nessuna risposta, e mentre il mio gruppo cominciava ad essere messo in seria difficoltà dai potenti incantesimi del fattucchiere i miei occhi rossi e luminosi tornarono ad accendersi.
Desiderosa di vendetta poggiai le pistole nei foderi e scansando un'altra pioggia di frecce di fiamma, quando mi rimisi in piedi, imbracciai il cannone ad etere.
Come potevo neutralizzare quello spirito?
Scorsi sul viso di Brahm una furia controllata. Mi ritrovai a pensare che forse era proprio questo che non faceva di me un'ottima Daeva. Ero troppo condizionabile dagli eventi che mi accadevano intorno e questo bastava a farmi distrarre, a farmi perdere il controllo. Ero facile preda delle emozioni. Non era stato così per Brahm  che invece aveva mandato all'attacco il suo spirito della terra, come uno scudo , e che intanto continuava a proferire con voce forte e chiara dei potenti incantesimi che sembravano in parte scalfire il corpo diafano di Villaire.
All'improvviso mi balenò un'idea nella mente. Lo avevo visto fare ad Araziel poco prima. Era sempre stato un incantesimo difficile, che non mi era mai riuscito alla perfezione, ma decisi che ci avrei provato. Per Sae e perchè infondo quello era l'unico modo che avevo io, da tiratore, di immobilizzare un avversario.
Scrutai Araziel e Dahnael, avevano ancora tra le mani i revolver e sembravano non avere pensato alla soluzione e così mi decisi. Caricai il colpo e sparai, con un braccio teso dentro al cannone ad etere.
Chiusi gli occhi, sperando di aver impiegato la quantità giusta di mana, sperando che Villaire non avesse alzato nessun altra barriera di difesa.
Quando sollevai gli occhi lo vidi. Lo spettro era sospeso in aria, si dimenava in una bolla di luce impossibilitato a muoversi e così sparai un altro colpo, preciso e potente col mio cannone.
Dahn e Araziel fecero lo stesso approfittando di quei pochi secondi di vantaggio e fu Brahm, con un incantesimo urlato quasi con violenza, a porre fine all'energia vitale dello spettro.
Come al rallentatore vidi la soffice figura del giovane, trasparente, abbandonarsi sulle ali e rimanere così, sospesa in aria.
Guardai Dahnael, come ad aspettarmi che qualcosa in lui fosse cambiata, con la morte di Villaire, eppure era identico a sempre.
Rimanemmo in silenzio. perplessi, spaventati, delusi.
"Non è successo niente", disse Araziel corrugando la fronte.
Notai Brahm gettarsi sul pavimento a a cercare una risposta di Saephira che non venne. "Sae...", la chiamò in un sussurro sfiorando con le dita le soffici ali rosee della mia amica richiuse.
"Dobbiamo portarla dal primo chierico disponibile", mi ero affannata ad urlare enfatica.
Non stavo nemmeno notando Dahnael nè mi ero curata di chiedergli come si sentisse. Dovevamo sbrigarci. Più un Daeva rimaneva incosciente e peggiori erano le conseguenze quando questo veniva resuscitato da un chierico o da un guaritore dell'anima.
"C'è una mia amica da queste parti...", aveva mormorato Dahn con un tono indecifrabile, "si fa chiamare Lady Pandora. E' una rispettabile asmodiana parecchio esperta nella resurrezione dei Daeva caduti in battaglia".
"Allora andiamo!", avevo detto frettolosa riponendo il cannone dietro la schiena.
"Ci vediamo al villaggio di Surt", aveva terminato il mio amico impassibile, poi aveva raccolto il corpo ciondolante della mia migliore amica e aveva pronunciato la formula che tutti i Daeva usavano per ritornare all'obelisco al quale erano legati.
Scorsi per un altro momento le lunghe ciglia di Sae richiuse, era come se dormisse, pallida come sempre. Rabbrividii al pensiero delle volte in cui quella sorte era toccata a me, ma per i Daeva era normale, morire in battaglia e rinascere.
"D'accordo!", annuii energica, "Ci vediamo lì!".
Dahn e Sae si dissolsero, così Brahm che li aveva seguiti in fretta.
"Credo che debba andare anche tu", aveva detto Araziel riponendo nei foderi le proprie pistole.
Spostai lo sguardo su di lui. Eravamo rimasti soli in quell'innaturale silenzio.
"Sì... credo di sì", mormorai con un nuovo imbarazzo.
"Sei stata brava, bimba", disse infine con la voce carezzevole e familiare di sempre. "Ci si vede", con un ultimo cenno del capo aveva estratto dalla tasca una pergamena per Pandemonium e pronunciata la formula vidi il rosso dei suoi capelli dissolversi nell'aria.
"A presto", mormorai. Ma ero rimasta da sola. Immersa in un malinconico e assordante silenzio.
Notai ai miei piedi qualcosa che prima non c'era. Un piccolo seme, dall'involucro duro e ruvido. Ci avevo messo un piede sopra per sbaglio.
"Cosa?", corrugai la fronte e sollevai lo sguardo sul cadavere di Villaire che aveva la mano aperta e pensoloni. Era come se quel seme fosse caduto di mano a lui.
Lo raccolsi cauta e lo infilai nella bisaccia. Di cosa poteva trattarsi?
"Hauw Affrei!" dissi secca ponendo entrambe le mani una di fronte all'altra avanti a me.
Un'energia scosse i miei candidi capelli poi anche io abbandonai Adma. Dovevo tornare da Sae, ma soprattutto dovevo capire perchè quel seme si era trovato sul pavimento di Adma e cosa fosse. Forse proprio Lady Pandora avrebbe conosciuto la risposta alle mie domande. Ed erano tante, forse anche più di quelle che mi affollavano la testa quando ero entrata dentro quella fortezza. Dahn aveva cessato di essere un non morto? O non si trattava ancora di un capitolo chiuso?
Possibile che questo seme c'entrasse qualcosa?
Non avevo avuto modo di conoscere Villaire, di capire di chi si trattasse. Aveva solo pronunciato il suo nome e il nome di una legione: la legione del cielo rosso.
Eppure a Dahn aveva scaturito una reazione, sentirlo pronunciare.
Mi ripromisi che quando Sae si sarebbe rimessa avrei chiesto informazioni sull'argomento. Il mio corpo si dissolse, e quando mi ricomposi avevo già posato i piedi sul suolo davanti all'obelisco di Brushtonin. 




[Ciaoooo, eccomi col nuovo capitolo della storia. Lo so, mi sono fatta attendere ma ci sono sempre, e quando ho un po' di tempo disponibile butto giù un nuovo capitolo per voi. Ma secondo voi, che legame ha Dahnael con la legione nominata da Villaire? Perchè proprio a lui questa maledizione? Lo scopriremo alla prossima puntata. Intanto cominciano a comparire le fantastiche pg di due delle mie lettrici u.u c'è sempre un posticino per tutti in questa storia. Ci si sente per lo speciale 45 recensioni! Un bacione!]
  
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