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Autore: thugswearuggs    05/03/2015    1 recensioni
«Non ricordi come ci sei arrivato, ma d’un tratto ti ritrovi sulle panchine del campo da baseball.»
[Riprende gli eventi della 5x07]
Genere: Introspettivo, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Non ricordi come ci sei arrivato, ma d’un tratto ti ritrovi sulle panchine del campo da baseball. C’è troppa luce, e ti sembra che tutto sia fottutamente sbagliato. Il sole non dovrebbe essere così insistente, tutto questo calore ti dà alla nausea.

Ian ama il sole. Ama la sensazione di bruciore che si infila nelle ossa nelle giornate d’estate a Chicago. Ama guardare l’alba, se tutte quelle cazzo di foto scattate alle cinque del mattino sono un indizio.
Tu non ami il sole, ma ami il modo in cui gli occhi di Ian si illuminano alla sua luce.
Tu non ami il sole, ma quando il tiepido raggio che filtra dalle finestre della tua – vostra – camera colpisce i suoi capelli al mattino, non puoi far a meno di notare che il rosso prende delle sfumature così luminose da sembrare ci siano fili d’oro intrecciati ai suoi capelli.

Scuoti la testa, le lacrime che si accumulano agli angoli degli occhi. Non puoi permetterti di pensare a lui così tanto, non quando la tua ultima immagine è il suo sguardo vuoto e spento. Vitreo. Non ammetterai mai a nessuno quanto ti abbia fatto male, nonostante gli altri sembrano sapere tutto di te ormai. Rilasci una risata che somiglia spaventosamente ad un singhiozzo. Quand’è che la tua vita è diventata questa? Non lo sai, fa parte delle domande a cui non ti sforzi di dare risposta. Invece, prendi la bottiglia di vodka e ne mandi giù due sorsi disperati. Vuoi sentire qualcosa oltre il vuoto che spinge e si espande e spinge ancora al centro del petto. Il bruciore dell’alcol non è abbastanza, niente sembra essere abbastanza ormai. Tu non sei abbastanza.
Uno, due, tre, quattro sorsi.
Bruciore.
Guardi il campo da baseball alla luce del tramonto – tramonto? Quanto tempo è passato? – e non puoi pensare ad altro se non “Ian amerebbe tornare qua un giorno”. Ti maledici, flashback della visita davanti ai tuoi occhi.

Ian in una maglia gialla, pantaloni grigi. Anonimo.
Ian con le borse sotto gli occhi, le labbra strette in una linea.
Ian con lo sguardo spento.

Senti le lacrime scendere a ruota libera, stavolta non sei riuscito a fermarle. I Milkovich non piangono ti dice la voce di tuo padre. I Milkovich non amano, i Milkovich non sono dei cazzo di froci.
Ma tu sei un Milkovich e stai piangendo e ami un uomo. Questo cosa ti rende?
Bevi ancora, ti alzi ed inizi a camminare. Ti trascini, inciampando su massi e dondolando leggermente. La testa gira un po’, ma riesci ancora a pensare abbastanza lucidamente.
Entri in casa, è tutto buio e silenzioso. Cerchi Iggy – seriamente, dove cazzo è tuo fratello quando hai bisogno di farti? – ma non c’è risposta. Chiami Svetlana, non ricordando che quello stesso pomeriggio, poco prima di andare in clinica, l’hai cacciata di casa. Inciampi su qualcosa e la bottiglia ti cade di mano, sgretolandosi sul pavimento in mille schegge di vetro.
La guancia destra brucia, finalmente senti qualcosa. Quasi ti viene da sorridere, se non fosse che la realizzazione ti colpisce nuovamente in faccia appena sollevi le palpebre e vedi accanto a te quella stupida uniforme. Quella stupida uniforme che ha l’odore di Ian e quella piccola targhetta con scritto Gallagher in lettere maiuscole. Non sei più abituato a dormire da solo, non sei abituato a sentire tutto questo e ora i ricordi ti invadono la mente e ti fanno mancare il respiro.

Ian e le scopate nel freezer del Kash n’ Grab. Ian e gli stupidi sorrisi lanciati quando pensava tu non stessi guardando. Ian e quello sguardo ricco di affetto. Ian e le sue mani sulle tue, suoi tuoi fianchi, sul tuo collo, dappertutto e dipiùdipiùpiùvicino. Ian e quegli stupidi pantaloncini dorati. Ian e i suoi baci e le sue braccia lunghe aggrappate a te, come fossi l’unica cosa ad ancorarlo alla realtà. Ian e le vostre serate passate a fumare erba, ridendo e condividendo birre e pizza e Seagal o Van Damme?
Ian in quella stupida uniforme. Quella che ora stringi a te, singhiozzando più silenziosamente che puoi; a cui ti aggrappi per ricevere ancora un po’ di forza e di coraggio necessario ad affrontare tutto questo.
Sospiri, inalando l’odore di ammorbidente economico e sigaretta e quello che è indiscutibilmente il profumo del tuo ragazzo.

Solo altri due giorni.





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Note:
Ciao a te, coraggioso lettore che sei arrivato fino alla fine di questo lungo manoscritto piccolo sgorbio! Ti ringrazio per aver letto con tutto il cuore, perché non scrivevo da circa un anno e, dopo qualche mese, la Gallavich mi ha fatta tornare la voglia di prendere carta e penna e buttare giù due parole. 
*lancia cupcakes*

 
   
 
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