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Autore: Lady History    07/03/2015    3 recensioni
Corre l'anno 1943: l'Italia é divisa in due.
La parte sud della penisola ospita il Regno del Sud, ed é occupata dagli alleati, ma Romano, che rappresenta appunto la parte meridionale dell'Italia, non é contento.
Nonostante sia riuscito a liberarsi di Germania, non sopporta che suo fratello Veneziano gli sia ancora fedele come un cane con il padrone.
Decide allora di scrivere una lettara al fratello, ma il suo carattere e i suoi pensieri pessimisti gli impediranno di portare a termine il suo scopo.
Dal Testo:"Tamburellava la penna sul labbro inferiore, mordicchiandone di tanto in tanto l’estremità, pensando a quel blocco che lo opprimeva, segno di una reale avversione per carta e penna.
Mandare lettere non era nella sua natura, lo faceva troppo “pappamolle e sentimentale”, ma in quella difficile circostanza, non poteva fare altro che affidare il suo pensiero ad un foglio, una sottile ala di carta rettangolare.
Doveva sfogarsi.
Doveva farlo."
[Prima storia su questo fandom e in assoluto, abbiate pietà.
Inoltre Romano potrebbe essere un po' OOC]
//ATTENZIONE!
Presenza di linguaggio scurrile//
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sud Italia/Lovino Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sicilia, anno 1943.
 
A quel tempo l’Italia era divisa in due blocchi:
Repubblica di Salò, sotto il controllo Nazi-fascista, e Regno del Sud, comandato dal re e occupato dagli alleati.

 
Seduto su una sedia, davanti a un grande tavolo rotondo in legno di mogano, il meridionale osservava pensante il foglio terso che gli era adagiato davanti.
Con quale parola avrebbe potuto iniziare a sporcare quell’immacolato foglio?
Un semplice “Ciao”? No, decisamente troppo banale.
“Bastardo”? Un vocabolo comune per lui, ma, in quel caso, non sarebbe stato coerente con ciò che intendeva comunicare.
Voleva fare qualcosa di diverso, per una volta.
Una cosa che avrebbe stupito pure se stesso.
Tamburellava la penna sul labbro inferiore, mordicchiandone di tanto in tanto l’estremità, pensando a quel blocco che lo opprimeva, segno di una reale avversione per carta e penna.
Mandare lettere non era nella sua natura, lo faceva troppo “pappamolle e sentimentale”, ma in quella difficile circostanza, non poteva fare altro che affidare il suo pensiero ad un foglio, una sottile ala di carta rettangolare.
Doveva sfogarsi.
Doveva farlo.
Lo richiedeva ogni cellula del suo essere.
Non poteva più tollerare che il suo fratellino si facesse ingannare in quella maniera.
Quel ragazzo così simile a lui, e al contempo così diverso.
Due facce opposte di una stessa medaglia.
Il sole e la pioggia,
La luce e il buio.
Veneziano era ingenuo si, ma perché? Perché continuava a stare dalla parte di quel dannato bastardo mangiatore di patate?
Perché essere così testardi nonostante il maresciallo Badoglio, il loro nuovo capo, avesse annunciato l’armistizio con gli alleati?
Sembrava quasi che provasse un affetto più profondo e sincero per quel tedesco, che lo aveva ingannato e continuava a farlo, che per lui, il suo fratello maggiore, con il quale condivideva anche il sangue, e non una comune amicizia.
Scosse la testa e strinse i denti, mentre alcune lacrime iniziarono a solcargli le guancie come un aratro sui terreni della sua amata terra.
Cercò di asciugarsi il viso con la manica della divisa color terra di Siena*, ma i fili di acqua argentea parevano non voler smettere di scorrere sulla sua pelle tendente all’olivastro.
Cercò invano di mantenere la calma, ma la rabbia e la gelosia che si erano sedimentati nella sua anima, furono più forti della sua volontà, e esplosero improvvisamente, come una bomba che tocca il suolo e che lascerà dietro di se solo distruzione.
Prese la penna, e decise che era il momento di iniziare a scrivere.
Mise tutta la sua essenza in quelle parole scritte con mano titubante.
Era più uno sfogo personale che una lettera, come quel pezzo di carta era stato inizialmente pensato per essere.
Ma non gli importava, non gli interessava il suo egoismo.
Dopo un’altra manciata di secondi, finalmente buttò giù qualcosa.
 
“Caro fratellino,
lo so che scrivere non è da me, ma tu devi spiegarmi molte cose, e ora come ora non ho altro metodo per farmi chiarire queste cose.
Come mai continui a seguire come un cane quel dannato crucco!?
Badoglio ha detto che lui ora è nostro nemico! SVEGLIATI!
Non capisci che lui vuole il tuo male? RAGIONA USANDO QUELLA PICCOLA TESTINA DI CAZZO!
Ti sta solo usando per fare da scudo al suo Reich!
Perché, dopo tutti questi anni in cui ce la siamo cavata da soli, ora vuoi un amico?
Cos’ha lui che a me manca?!
COS’HA CHE IO NON HO!?”
 
Si interruppe prima di terminare, mentre le lacrime, sempre più numerose, avevano iniziato a rendere inleggibile l’inchiostro lasciato dalla stilografica.
Romano, con un gesto brusco, tendente allo schizofrenico, prese il foglio e lo strappò in tanti piccoli pezzettini.
-Merda, stramaledetto crucco! Gli hai lavato il cervello!- urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
Prese i rimasugli di carta che erano sparsi sul pavimento e li appallottolò, gettando il tutto nel cestino.
-Te la farò pagare…non riuscirai a vincere questa guerra!- sussurrò a denti stretti, cadendo in ginocchio in preda alla rabbia e al pianto.
Sapeva che avrebbe mantenuto quella promessa.
Anche a costo della sua stessa vita.
 
*il colore della divisa di Romano, ovvero marrone chiaro
 
 
   
 
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