Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Segui la storia  |       
Autore: rachel_hetfield    07/03/2015    1 recensioni
Scossi la testa con nervosismo. Aveva uno sguardo così penetrante. Non poteva essere Gerard Way, lui era morto. Era morto ieri sera, davanti a me, davanti ai miei occhi, avevo assistito ai suoi ultimi secondi di vita. Mi sentii stringere il petto. Che sensazione orribile.
«Volevo chiederti se è libero accanto a te» disse con tranquillità, come se non avesse capito che ero terribilmente a disagio. [...]
Non sapevo nemmeno che faccia avesse Gerard Way, poteva essere chiunque. Forse il ragazzo della macchina era un soggetto, quello della panchina era un altro, e Gerard Way non era nessuno. Sì, non era nessuno. Dovetti ripetermelo diciassette volte per convincermi. Gerard Way non era nessuno. Non l’avevo mai visto. Stavo bene. Non ero pazzo.
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Spensi tutte le luci per restare nel buio più totale della stanza, in modo tale da non poter più vedere Gerard, e non potevo neppure valutare se fosse ancora con me o se ne fosse andato.
Che ore erano?, le due, di notte, probabilmente. Da quando avevo avuto quella discussione con mamma non ero uscito dalla mia stanza tranne che per andare al bagno, avevo una bottiglia d’acqua e non avevo alcun bisogno di uscire e vederla, o vedere la luce, o fare qualunque altra cosa. Dalle quindici fino a quel momento Gerard era sparito nel nulla, non l’avevo visto, non l’avevo sentito, da un lato mi stava distruggendo dentro il fatto che se ne fosse andato, dall’altro ne ero sollevato. Mi faceva credere più di chiunque altro che fossi impazzito, di nuovo.
Sei psicotico, Frank.
Sì, lo ero. Ero psicotico. Ed avevo un brutto presentimento su cosa sarebbe potuto accadere ora che ne ero consapevole. Decisi che mi sarebbe rimasto ben poco da fare quando mamma avrebbe iniziato a costringermi ad andare dal dottor Toro, quindi sarei voluto andare a vedere Gerard per l’ultima volta. Non sapevo dove trovarlo né come rintracciarlo, forse avrei solo dovuto aspettare che venisse lui ma no, non potevo saperlo. Forse se n’era andato e aveva deciso di non vedermi più.
Mi alzai dal letto, procedendo a tentoni e rabbrividendo per l’improvvisa differenza di temperatura che c’era tra la stanza e sotto le coperte. Presi il cellulare per controllare l’ora e l’improvvisa luminosità del display mi fece male agli occhi, solo dopo che mi abituai vidi che erano quasi le due di notte. Pensai che fosse l’orario meno adeguato per “uscire” di casa, chiamiamola vera e propria fuga, ma lo feci lo stesso. La temperatura era quasi sotto allo zero, dovetti coprirmi quanto più potei. Uscii dalla stanza in punta di piedi, presi le scarpe, scesi le scale con cautela. Presi le chiavi e indossai le scarpe solo una volta fuori di casa, dopodiché camminai velocemente senza sapere dove andare. Alla villa del paese? Nel parco a due isolati di distanza? Obiettai per la villa, era più grande. Ispirai a fondo l’aria notturna e rabbrividii per il freddo, sentendomi congelare la punta del naso e le orecchie. Mi rimproverai a non aver indossato il cappellino di lana.
Le luci erano accese, e le strade erano abbastanza illuminate, ma deserte, e quell’assenza di gente da un lato mi confortava, dall’altro mi intimoriva. Non ne feci una questione e non valutai nemmeno l’idea di tornare a casa, ormai ero fuori, a fare chissà che cosa, non lo sapevo neanche io, l’istinto mi aveva detto di fare così. Il cielo non era minaccioso, qualche nuvola chiara sparsa a macchiare il manto scuro della notte profonda. Raggiunsi l’entrata della villa in non così tanto tempo, e mi addentrai lungo il viale, sentendomi più al sicuro. Un pipistrello sfrecciò davanti a un lampione, e mi fece sobbalzare. Mi rannicchiai sotto un albero fissando il bloccaschermo dell’iPhone. Avvertii come un senso di vuoto e di smarrimento, a ritrovarmi da solo sotto un albero, in piena notte. Non avevo neanche sonno, perciò sarei stato capace di rimanere sveglio fino all’alba. Sbloccai il cellulare e cercai tra le canzoni una adatta a rilassarmi, ma neanche senza farlo apposta misi in riproduzione la playlist degli Avenged Sevenfold, che stavo cercando di evitare in quel momento. La prima canzone era I Won’t See You Tonight Pt.1, e fu un colpo basso. Era la mia canzone preferita in assoluto.
 
No more nights, no more pain
I’ve gone alone
Took all my strenght
But i’ve made a change
I won’t see you tonight.
 
«Frank.»
Feci un salto all’indietro sbattendo contro la corteccia per lo spavento. Accanto a me si stava sedendo un ragazzo, dai capelli rossi, e dovetti ancora riprendermi dallo spavento.
«Perché sei qui?» chiese con un tono di rimprovero.
Tenendomi una mano sul petto come per calmare il battito cardiaco che era aumentato vertiginosamente, inspirai a fondo. «Potrei farti la stessa domanda.»
«Non mandarmi via, Frank» mi pregò, avvicinandosi.
«Ma io non voglio essere pazzo.»
«Lo sei già, sciocco.»
Scossi la testa. «Non sono pazzo. Ho solo una malattia...»
«... che ti rende pazzo.»
Non risposi. Non lasciai nemmeno che si avvicinasse. Restammo così tutta la notte, fino al leggero schiarire del cielo, ascoltando la musica, e ogni tanto mi voltavo per accertarmi che fosse ancora con me, contro la corteccia, con la testa rivolta al cielo e gli occhi verdi che si spegnevano ogni minuto di più. Per un attimo ebbi l’impressione che stesse evaporando, o che stesse perdendo luminosità, come in una nuvola di fumo, ma era sempre lì. Non mi guardò neanche una volta, e un po’ mi ferì, ma il fatto che restava accanto a me mi faceva sentire meno male.
Quando vidi che erano circa le cinque, mi alzai e tornai verso casa, attardandomi girando per tutte le vie del paese. Erano quasi le sei quando rientrai, senza nemmeno preoccuparmi di aver fatto rumore. Risalii le scale con pesantezza, arrancando ogni tanto, e mi stesi di nuovo sul letto, beandomi del calore che c’era in casa rispetto al gelo all’esterno. Nel frattempo, qualche altra nuvola dall’orizzonte carica e scura era apparsa. Aprii la finestra, lasciando entrare la tenue e timida luce solare dell’alba, e osservai incuriosito le nuvole che fluttuavano veloci in aria. Una era molto scura, e il cielo non era più così blu come l’alba. Era di nuovo cupo, triste. Scesero dei fiocchi di neve. Pensai a Gerard. Mi mancava.
 
 
«Gerard Way, dici?»
Annuii al vecchio che stava davanti al cimitero a vendere le rose nel capannone tutte le mattine. Non sembrava così contento nel sentire il suo nome.
«Dovresti andare dritto dritto finché non sbucano quegli abeti, lì, ecco, ora ricordo bene, sì, devi andare dritto dritto fino agli abeti e poi svolti a destra. Hai capito? A destra. Là c’è una lapide con tanti di mazzi e di lettere. Quello là è Gerard Way. Sai quanta gente viene a vederlo ogni giorno?»
Scossi la testa.
«Tutti. Era il figlio maggiore del sindaco. Credo che oggi debba venire anche il più piccolo, come si chiama, quel ragazzo biondino e scheletrico. Anzi, dall’ultima volta ho visto che ha messo massa.»
«Grazie, devo andare.»
A passo svelto attraversai il cancello arrugginito e camminai “dritto dritto fino agli abeti”, poi esitai prima di svoltare a destra. Ne ero sicuro? Sì.
Erano iniziate le vacanze di Natale, e volevo vederla, la lapide. Sarebbe stato come rendermi conto sul serio che era morto. Inspirai e svoltai a destra. Più lontano da un paio di cespugli diventati bianchi per la neve di quella notte, c’era una specie di altare, con una foto al centro. Riconobbi subito i capelli rosso fuoco, ma più corti, più belli. Lo ammirai con tanta di quella malinconia che ero sul punto di accarezzarla, la fotografia. Mi mancava così tanto Gerard.
«Sei venuto a trovarmi?»
Alzai lo sguardo e lo vidi di nuovo accanto a me, ma non ci avrei mai fatto l’abitudine. «È qui che vivi?»
Scoppiò a ridere. «Se è così che vuoi chiamarlo, sì, vivo qui.»
«Ehi, tu!»
Sobbalzai davvero stavolta, e quando mi voltai di scatto vidi Mikey, l’amico di Bob.
«Che ci fai qui, Frank?»
«Niente» mentii, o forse no «niente, facevo... un giro. Non c’è Bob con te?»
Scosse la testa. Notai che aveva un fiore in mano. «Sono venuto a fare visita a mio fratello.»
Era come se mi fosse crollata la mascella per terra. Ecco perché mi sembrava di conoscere Mikey, era suo fratello. Ecco perché gli somigliava così tanto. Ecco perché non sorrideva mai, ecco perché fumava, perché ogni tanto lo vedevo uscire dal reparto psicologico dell’ospedale dove andavo io. Era Mikey Way. Ed era il fratello di Gerard, il figlio del sindaco.
«Perché mi guardi così?» domandò, infastidito. Mi sorpassò e posò il fiore accanto alla fotografia del fratello, che osservò per un paio di secondi. Avrei tanto voluto dirgli che Gerard era esattamente accanto a lui, a guardarlo con un sorriso divertito. Ci scambiammo un’occhiata.
«Senti, Frank, non l’ho ancora superata, va bene? Non ce la faccio, era una parte di me, era il mio migliore amico. Fammi il piacere di non girarmi intorno quando sono qui.»
Non sapevo esattamente come replicare. «Io lo vedo.»
«Cosa vedi?» sembrò ancora più infastidito.
«Gerard!» risposi con ovvietà. Mi avrebbe tagliato la lingua dall’occhiataccia che mi lanciò.
Gerard da dietro di lui mi fece segno di tacere.
«Tu sei matto» scosse la testa «te l’ho già detto, non ronzarmi intorno.»
«Mikey, io lo vedo, ci parlo, è mio amico.»
Stavolta assunse un’espressione più seria. «Giuro che se mi stai prendendo per il culo ti ammazzo, qui e ora.»
«No! Perché dovrei?»
Era spaventato, da me. «Frank, dovresti farti vedere da qualcuno.»
«Ho le allucinazioni. Lo so.»
Sospirò. «Pare proprio di sì.»
Riflettei sulla risposta che avrei potuto dare, ma non la trovai. «Gerard era innamorato?»
Sollevò un sopracciglio. «No.»
«Io sì.»
«Okay.»
Guardai di nuovo Gerard, ma teneva lo sguardo basso. Non era vero che non era innamorato, lo sapevo, come poteva non esserlo? Indietreggiai, ma senza incontrare gli occhi di Mikey. Uscii dal cimitero a testa bassa, sentendomi qualcosa bruciare da dentro. Mamma mi avrebbe mandato dal dottor Toro, quel pomeriggio, e non ero pronto a sentirmi chiedere di nuovo “chi c’è con te, Frank?”. Era odioso.
 
 
Tenni il brocnio durante tutta la seduta, borbottando qualche risposta accennata. Mi aveva chiesto inizialmente cos’avessi fatto durante la settimana, se avessi conosciuto qualche amico, e mi aveva chiesto se stavo bene. Alla prima risposi con un secco “niente di importante”, alla seconda mormorai un “no” bugiardo, e all’ultima esitai prima di dire “bene”.
«Dovresti essere più allegro, figliolo! Hai qualcosa che ti turba. È successo qualcosa? Qualcuno ti infastidisce
Non mi piacque quel termine. Avrei tano voluto sapere dove sarebbe voluto andare a parare. «Nessuno.»
«A me sembra che ci sia qualcuno che ti tormenta. Sei innamorato? Hai una ragazza?»
«No» arrossii. Non ce l’avevo e non l’avrei mai avuta, ma ero innamorato. Pazzo.
«E con tuo padre?»
Trasalii senza rispondere.
«Hai parlato con lui?»
Ancora tacqui.
«Vuoi parlarci?»
«NO!» sbottai. Gerard era seduto sulla sedia accanto alla finestra, un po’ a guardare me divertito, un po’ a osservare la neve che cadeva dal cielo. Ci scambiammo un’altra occhiata, più intensa, e il dottore se ne accorse.
«Cosa guardi, Frank?»
«Nessuno.»
Sollevò un sopracciglio, improvvisamente molto più interessato. «Nessuno? Ma io ti ho chiesto se guardavi qualcosa, non qualcuno
Un brivido mi risalì la schiena. «Mi ero distratto.»
«Chi o cosa ti ha distratto?»
Gerard mi sorrise, un sorriso triste. «Gerard.»
«Chi è Gerard?»
Mimò con le labbra due parole, due semplici parole che mi fecero esplodere in mille pezzi: ti amo.
«Frank» insistette.
«È il mio ragazzo» sussurrai ancora guardandolo mentre mi sorrideva con tristezza.
Il dottor Toro iniziò a scrivere delle cose su un blocco note. Guardai prima lui, poi Gerard, e mi passai una mano sugli occhi.
«Bene, Frank, direi che per oggi è abbastanza.»
 
 
Entrai a casa sbattendo tutte le porte, correndo verso la mia stanza. Chiusi la porta alle mie spalle senza delicatezza e mi accasciai contro il legno scoppiando a piangere. Mamma bussò per parecchie volte chiamandomi a gran voce, e se ne andò solo quando le intimidai urlando di andarsene. Ero un gran casino. Mi aveva detto che mi amava, e non avevo risposto. Avevo detto al dottor Toro della sua esistenza. Avevo rovinato la mia vita e la sua.
Mi trascinai contro il letto, e mi infilai sotto le coperte a continuare a piangere. Dov’era Gerard quando ne avevo bisogno? Perché non gli avevo detto che lo amavo anche io, che cosa me lo impediva?
Non volevo perderlo, non volevo vivere senza di lui. Mamma bussò di nuovo, e non trovò me che facevo resistenza contro la porta, perciò entrò con un bicchiere dal contenuto discutibile.
«Mi dispiace così tanto, amore mio, ma devi prendere questa.»
«Dove mi porteranno?»
«In un posto dove ti aiuteranno.»
Mi si riempirono gli occhi di lacrime di nuovo, e quelle più grosse scesero lungo le guance. Mi avrebbero portato via da Gerard. Lasciò sul comodino il bicchiere pieno fino a metà e mi raccomandò di berlo. Non appena chiuse la porta, Gerard camminò accanto a me verso il letto, abbracciandomi come non aveva mai fatto. Sorpreso e bisognoso di quel contatto, gli diedi un bacio sulla labbra che ricambiò con non poca delicatezza.
«Non potrò venire con te» mi sussurrò in un orecchio, e lo stomaco si contorse.
«Anche io ti amo» sussurrai contro la sua spalla.
«Addio, Frank.»
Mi lasciò un altro bacio più vorace, ma più passionale, più caldo, e poi si alzò. Quando riaprii gli occhi nella stanza ero già da solo. Mi sentii sprofondare. Volevo morire. Dovevo morire.
 
 
SPAZIO AUTRICE
Quanto tempo è passato da quando ho aggiornato? Cosa? Quasi due mesi? Le botte me le merito, lo so. Scusate per la brevità – come al solito – del capitolo, l’ho scritto molto di passaggio perché, eh già, mi duole dirlo, ma il prossimo sarà il finale.
Grazie delle tante letture che ricevo su wattpad e grazie delle poche – ma buone – recensioni su efp, spero di non annoiarvi troppo e di non fare errori madornali.
Un abbraccio, Adam Angelica
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: rachel_hetfield