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Autore: clifforton    08/03/2015    3 recensioni
Dove Luke ha perso una scommessa con Michael, e il negozio più vicino di tatuaggi è quel piccolo studio all'angolo della strada.
-Amico, sei serio? Lo sai che i tatuaggi sono per sempre, vero?-
-Purtroppo-
-
-Chissà, magari non è stato così uno sbaglio fare quel tatuaggio, no, Eveline?-
-
-Oh, Michael, scommetterei tutto quello che ho che Luke non prova neanche la metà delle cose che provo io-
Il giovane scosse la testa, un sorriso bonario sulle labbra e gli occhi puntati nei suoi.
-No, Eve, tu non hai capito. Prendi quello che prova per te, moltiplicalo per il numero di stelle nel cielo, portalo negli abissi più profondi e, giuro, avrai solo la metà dei suoi sentimenti-
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1-Bet
 
Give me therapy,
I'm a walking travesty
But I'm smiling at everything.


Luke Hemmings sospirava, mentre guardava gli occhi verdi del suo migliore amico illuminarsi.
Aveva appena perso la sua prima -e, se lo giurò, ultima- scommessa, e temeva con tutto sè stesso il verdetto di Michael, che lo guardava con un sorrisetto malizioso e divertito che prendeva in giro l'espressione preoccupata dell'amico.

-Devi fare un tatuaggio che decido io. Dove dico io. E non voglio obiezioni-

Gli occhi di Luke si allargarono, alle sue parole.
I tatuaggi gli piacevano, certamente, ma non era mai stato un tipo troppo intraprendente, per cose simili. Solo l'idea che un ago aveva, l'anno prima, trapassato il suo povero labbro per quel piercing che oramai lo caratterizzava, gli faceva venire la pelle d'oca. 

-Michael, per favore! Non puoi!-

-La prossima volta non fai una scommessa con me, Hemmo. Vorrei dire che mi dispiace, ma non è proprio così-

-E cosa dovrei tatuarmi, si può sapere?-

Il sorrisetto sulle labbra di Michael si fece ancora più grande, e Luke si disse che, no, di scommesse con uno come Michael non ne avrebbe proprio più fatte.

-

Eveline Bardeau si guardava intorno, indecisa sul da farsi.
Il cielo, a Londra, era come al solito uggioso e grigio, ed a Eveline non piaceva. Preferiva il sole, il caldo, la brezza che batte contro la pelle e la luce a dare riflessi color rame ai suoi lunghi capelli rossi. 
Non sapeva se dirigersi al suo negozio, quella piccola bottega vicino al centro che aveva aperto da poco, oppure stare semplicemente in casa, accovacciata sul divano sotto una coperta di lana ed il suo gatto, Sala, a miagolare dolcemente accanto a lei.

Per quanto la seconda proposta paresse allettante, aveva un disperato bisogno di soldi, e quello studio era la sua unica fonte di guadagno.
Era entrata nel mondo dei tatuaggi a sedici anni, quando la sua migliore amica ne aveva fatto uno, e, curiosa, aveva ottenuto faticosamente il permesso dai genitori di frequentare il corso.
Era sempre stata brava a disegnare, perciò imparò con poco, e a diciannove anni riuscì a raccimolare abbastanza risparmi per acquistare un appartamento a Londra e un piccolo bilocale arredato semplicemente, che, per il momento, le permetteva di vivere una vita normale.
Quindi sì, per lei sarebbe stato meglio andare al lavoro.

-

C'era una musica familiare che eccheggiava tra le mura color caffè della stanza. Eveline disegnava velocemente, la mano si muoveva sul foglio da sola, come se fosse la matita, a farlo.
Tracciava linee, chiaroscuri, volumi, animali, piante, fiori, oggetti, persino volti. Disegnava, e non si fermava facilmente.

Ma qualcosa la bloccò giusto alla fine dell'ennesimo schizzo: la porta.
Aveva concesso alla sua migliore amica di appendere quel piccolo campanellino allo stipite per segnalare l'entrata di un cliente, perchè ormai l'aveva capito anche lei, che con la musica e il disegno, non si sarebbe accorta facilmente di una persona. Alzò lo sguardo, posando la matita di fianco al foglio e smettendo di cancellare una peonia venuta non troppo bene. 

C'erano due ragazzi, alla porta. Il primo era biondo, i capelli tenuti in un ciuffo disordinato ed il viso dai tratti delicati, e a giudicare da come spostava il peso da un piede all'altro, giocherellando con le maniche della felpa, era anche abbastanza a disagio.
Il secondo, invece, sembrava molto più allegro e sfacciato, con quei capelli rossi che, diamine, erano più luminosi della lampada sopra di lei, e gli occhi verdi che brillavano, con un pizzico di malizia che Eveline non capì.
Non riuscì a vedere gli occhi del primo, però.
Li teneva bassi, e non alzò lo sguardo neppure quando Eve parlò.
"Ciao, ragazzi. Come posso aiutarvi?"


 
Buongiorno! 
Questa è la prima storia che pubblico su questo sito, e ringrazio anticipatamente chiunque recensirà o metterà la storia tra le seguite/preferite.
Essendo il primo capitolo ed una specie di "introduzione" è molto corto, i capitoli si allungheranno gradualmente.
Fatemi sapere che ne pensate, se dovrei continuare, se ci sono degli errori.
A presto xx

   
 
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