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Autore: Alley    08/03/2015    5 recensioni
“Dean? Sei tu o è un ladro?”
(...)
“Come diavolo hai fatto ad entrare?” le domanda, fermandosi sulla soglia e poggiando una mano sul legno dello stipite “Cosa sei, un fottuto fantasma?”
“No” ribatte Charlie, senza smettere di picchiettare con le dita sulla tastiera “Se fossi una creatura soprannaturale sarei un Tulpa.”
“Un che?”
(...) “Lascia perdere.”

[daddy!Castiel; daughter!Claire] [AU] [pre-slash]
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Balthazar, Castiel, Charlie Bradbury, Claire Novak, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
- Questa storia fa parte della serie 'Freckles are angels' kisses'
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Questa storia fa parte della raccolta Freckles are angels'kisses. Per una miglior comprensione della stessa si consiglia la previa lettura delle one shot precedenti.





*





Castiel passa il pomeriggio a cercare di scacciare le immagini di lentiggini e sorrisi sgargianti che gli affollano la mente perché, Dio, non ha quindici anni, è un uomo adulto e non può permettersi di perder tempo a fantasticare su una persona che conosce a stento, soprattutto mentre è a lavoro. Ci manca solo che si metta a sospirare e a scarabocchiare cuoricini su un foglio – in realtà potrebbe aver sospirato un paio di volte, ma i cuori no. È fuori discussione.

Malgrado il suo livello di concentrazione non sia altissimo, s’accorge che c’è qualcosa che non va nelle carte che ha davanti; si tratta di ordini di pagamento che, ne è convinto, sono già stati inviati e saldati. Tira fuori il registro dove lui stesso riporta tutti i versamenti incassati per accertarsi che il nome del contribuente sia proprio quello, e riceve la conferma. Castiel ha evitato di recarsi nell’ufficio di Zaccaria ogni volta che ha potuto da quando è stato assunto, ma questa volta non vede alternative.

“Non ho intenzione di concederti altri permessi.”

Non è l’accoglienza che sperava di ricevere, ma è quella che si aspettava.

“Non sono qui per questo” replica sommessamente, avanzando per tendergli i documenti e il registro “Sono pagamenti che abbiamo già riscosso. Li ho annotati personalmente.”

Zaccaria sposta lo sguardo dal volto di Castiel al materiale portogli, poi torna a fissarlo senza afferrarlo. “Evidentemente si tratta di arretrati.”

“Veramente gli arretrati sono stati saldati tutti la settimana sco—“

“Non sei pagato per muovere obiezioni Novak. Abbiamo salvato l’azienda dei Johnson quando era indebitata fino al collo sborsando fior fior di quattrini, se non fosse stato per noi avrebbero chiuso i battenti. Ci stanno solo ripagando in maniera adeguata” tuona, la voce d’acciaio e lo sguardo duro di chi non ammette repliche "Limitati a svolgere il tuo lavoro e non porti domande.”

Castiel lascia l’ufficio in silenzio, i documenti ancora stretti tra le dita e l’umiliazione che striscia sotto pelle. Ha da molto il sospetto che ci sia qualcosa di losco dietro le attività di Zaccaria - sospetto generato e alimentato dalle entrate spropositate e non previste che ha sempre registrato con riluttanza -, ma la famiglia da mantenere e le spese da affrontare l’hanno spinto a seppellire i dubbi sotto strati di subordinazione e obbedienza. Metterli a tacere non equivale ad eliminarli, ma gli consente di convivere con se stesso meglio di quanto farebbe se gli permettesse di gridare a gran voce.

Zaccaria ha ragione, non è suo compito porsi domande.

Vorrebbe potersene convincere davvero.

*

“Finalmente!”

“Sono passato appena ho potuto.”

Balthazar libera la soglia e lo invita ad entrare con un cenno. “Tranquillo, Claire mi ha detto che Zaccaria ti sta spremendo come un limone. La mia torta ti rimetterà al mondo.”

Castiel lo segue in cucina e lo guarda tirar fuori dal forno un dolce ricoperto di zucchero a cui mancano diverse fette. L’odore che emana è delizioso e si spande per tutta la stanza mentre Balthazar ne taglia un pezzo e l’avvolge in un fazzoletto prima di offrirglielo.

“Dammi il responso” gli dice, con la consueta aria solenne che assume ogni volta che attende il parere suo o di Claire sulle proprie pietanze. Castiel avrebbe paura di doverlo deludere con un’opinione negativa se non avesse l’assoluta certezza che tutto ciò che esce dalle sue mani – e dai suoi fornelli - è irresistibilmente buono.

“È squisita” sentenzia, dopo aver mandato giù il boccone “Dovresti partecipare a MasterChef.”

“Sarebbe umiliante per gli altri concorrenti Cassie.” Balthazar ricopre il resto della torta con della carta stagnola e la infila in una busta. “Ecco. Ingozzatevi stasera.”

“Grazie. Sono sicuro che Claire l’adorerà.”

“Ha detto che rientra nella top three delle cose migliori che abbia mai preparato.”

Castiel aggrotta la fronte, perplesso. “Non hai detto che è una nuova ricetta?”

“L’ho detto e lo confermo.”

“E quand’è che Claire l’avrebbe assaggiata?”

“Dopo pranzo.”

Non posso venire. C’è la prima lezione del corso di recupero di matematica oggi. Me n’ero completamente dimenticata.

“Non ti ha detto che ha mangiato qui?”

“Ehm, certo. Mi era passato di mente.”

*

Quando Dean si chiude la porta alle spalle e sente un rumore proveniente da un punto non meglio precisato del suo appartamento, pensa che si tratti di Sam. È sul punto di chiedergli cosa diamine stia combinando quando si ricorda che Sam non vive più lì. Ha convissuto con Jessica per mesi prima di sposarsi, eppure la sua assenza è qualcosa a cui non è ancora riuscito ad abituarsi del tutto. Una parte di lui continuerà ad aspettarsi di trovarlo ancora lì anche tra vent’anni.

“Dean? Sei tu o è un ladro?”

Attraversa l’ingresso, gettando distrattamente le chiavi sul tavolino di fronte al divano, e raggiunge la sua stanza – è da lì che la voce è provenuta. Charlie è seduta sul suo letto con la schiena posata contro la testiera, il suo pc poggiato sulle gambe incrociate e una gigantesca busta di patatine – le cui briciole sono sparse sulle lenzuola – al proprio fianco.

 “Come diavolo hai fatto ad entrare?” le domanda, fermandosi sulla soglia e poggiando una mano sul legno dello stipite “Cosa sei, un fottuto fantasma?”

“No” ribatte Charlie, senza smettere di picchiettare con le dita sulla tastiera “Se fossi una creatura soprannaturale sarei un Tulpa.”

“Un che?”

Charlie solleva il capo per un istante, giusto il tempo di lanciargli l’occhiata sconfortata che le professoresse riservano all’ignoranza dei propri studenti. “Lascia perdere” sbuffa, infilando una  mano nel sacchetto “Ti aspettavo per pranzare insieme ma non sei tornato. Mi sarei preparata qualcosa se il frigorifero non fosse stato desolatamente vuoto. Per fortuna mi ero portata queste” brandisce una patatina nella sua direzione prima di addentarla “Eri con Lisa?”

“Io e Lisa non ci vediamo da più di un mese.”

Gli piaceva Lisa, molto più di quanto non gli piacessero le persone che ha frequentato negli ultimi tempi, ma tra di loro non ha funzionato. Mancava qualcosa, probabilmente la stessa che mancava con Cassie e con tutte le altre ragazze che hanno finito per uscire dalla sua vita senza lasciare particolari strascichi. Dean ha sempre preferito non indagare su cosa fosse quel qualcosa e si è semplicemente convinto di non esser portato per le relazioni durature. È una conclusione confortante, che rende le cose più semplici di quanto sarebbero se cominciasse a rimuginare e a chiedersi per quale motivo non sia in grado di tenersi stretti coloro a cui tiene.   

“Scusa, faccio fatica a stare dietro alla tua vita sentimentale-sessuale-più sessuale che sentimenta—Ma quanto ci vuole a bypassare il sistema di sicurezza? Il tuo computer è un catorcio.”

“E stai usando questo catorcio per fare qualcosa di illegale?”

“È illegale solo in alcuni stati” replica Charlie con nonchalance, e qualcosa gli dice che gli Stati Uniti rientrano nell’elenco. Se dovessero arrestarlo sarà lei a pagare la cauzione. “Allora, con chi sei stato? Non avresti pranzato fuori il giorno in cui l’officina è chiusa se non fossi stato in compagnia.”

Dean si avvicina al letto e allunga un braccio in direzione delle patatine. “Come va con Dorothy?” domanda, mentre Charlie gli lancia un’occhiata torva e colpisce il dorso della sua mano con quello che è più uno schiaffo che un buffetto.

“Ahi!”

“Giù le zampe, sono le mie patatine.”

“Se la metti su questo piano, quello che stai usando è il mio computer e quello su cui sei seduta è il mio letto e quella in cui sei entrata senza permesso è la mia casa.”

Charlie storce le labbra in una smorfia e gli porge il sacchetto in un gesto di resa. “Ok, hai vinto. Ma non ti lascerò impicciare nei miei affari privati se prima tu non mi lasci impicciare nei tuoi.”

“Non c’è niente in cui impicciarsi” replica Dean, infilandosi in bocca molte più patatine di quante una bocca normale potrebbe contenerne “Avevo appuntamento con la ragazzina a cui ho offerto il pranzo, Claire. Ha avuto un impegno all’ultimo momento, alla fine siamo stati solo io e suo padre.”

“Oh, quindi è un lui” commenta Charlie interessata, accompagnando le parole con un’eloquente alzata di sopracciglia “Era un bel po’ che non uscivi con un uomo. Dev’essere un tipo interessante.”

Dean pensa a Castiel, ai suoi occhi troppo blu e al modo in cui lo guardano – come se potessero vedere oltre. Non ha ancora capito se la cosa gli piaccia o meno. È spaventoso in un certo senso, sentirsi esposto e trasparente come vetro, ma è anche…rassicurante. E liberatorio. Non doversi preoccupare di nascondere le crepe e le ferite che è solito celare con tanto impegno, lasciare che vengano a galla.

Non sa se lui abbia voluto davvero scavare così a fondo, se abbia creduto che valesse la pena farlo, ma sa che interessante è un aggettivo decisamente riduttivo per definirlo.

“Non siamo usciti in quel senso. Eravamo soli solo perché Claire ha avuto un contrattempo.”

“Certo. E tu sei esattamente il tipo di persona disposta a pranzare da sola con qualcuno di cui non gli importa nulla.”

Colpito e affondato – e ne è consapevole, la stronza, altrimenti non si spiegherebbe l’espressione compiaciuta con cui lo fissa. Dean cambierà la serratura e farà murare le finestre per impedirle di intrufolarsi in casa sua e sbattergli in faccia che ha una cotta.

Quando il suo cellulare prende a squillare Dean, per la prima volta in vita sua, è grato all’abitudine di Sam di ignorare le sue raccomandazioni e al suo essere così insopportabilmente assillante.

“Non credere di averla fatta franca. Non uscirai da qui fino a quando non mi avrai detto come hai fatto ad entrare.”

“Ok” Charlie scrolla le spalle e torna a concentrarsi su qualsiasi malefatta da hacker stia compiendo con il suo computer “Mi è sempre piaciuta casa tua, ci passerò volentieri il resto della mia esistenza.”

*

“Com’è andata?”

“Cosa?”

“Il corso di recupero.”

Claire cancella in un istante lo smarrimento comparso sul suo viso un attimo prima. “Oh, bene. Ho capito più della metà delle cose che ci hanno spiegato. Un record.”

Se Castiel riuscisse a risultare credibile almeno la metà quando mente avrebbe l’Oscar come miglior attore assicurato.

“Sono contento.”

Pur non essendo all’altezza della figlia, anche lui è capace di fingere in maniera più che discreta.

“Tu? Com’è andata?”

“Cosa?”

“Dean.”

Claire mette su un’espressione così innocente che potrebbe persino pensare di essersi sbagliato sul fatto che abbia architettato tutto, ma a meno che non abbia acquisito il dono dell’ubiquità nelle ultime ventiquattro ore o Balthazar abbia solo immaginato che sia stata a casa sua mentre doveva essere a scuola – entrambe ipotesi che reputa improbabili - no, non s’è sbagliato affatto.

“Bene. Dean è…” niente di quello che gli viene in mente può essere utilizzato in una conversazione con sua figlia “…a posto.”

Claire lo fisse in silenzio per un istante lunghissimo, fino a quando un sorriso non le increspa le labbra – un sorriso morbido, assolutamente privo di malizia, uno di quelli che Claire dispensava ogni giorno prima che Amelia scappasse e che non gli vedeva da tanto, troppo tempo. “Sono contenta” dice, e Castiel sente il cuore stringersi nel petto.
  
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