Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Emmastory    08/03/2015    3 recensioni
La mia prima storia scritta senza pretese. All'apparenza un lavoro come tanti altri, ma in realtà molto diverso. Fra queste righe, la favola d'amore vissuta da Jackson e Carly, due giovani felici e sicuri di sè. In un giorno pieno di sole, la benevola sorte legherà i loro cuori l'uno all'altro, e questi, battendo all'unisono, daranno vita ad un rapporto che solo la loro forza di volontà unita al destino e a quella del loro amore saranno in grado di decretare. Disponibile anche sul mio sito www.emmastory.it
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
16-anni-Io-e-le-mie-scelte-mod
16 anni: io e le mie scelte
 
Capitolo I
 
L’inizio
 

 
Sono Carly Thompson, ho sedici anni e vivo nella classica famigliola felice composta da papà Dave, mamma Lorraine, mio fratello Justin, mia sorella Courtney, me e il nostro cane Shadow. Vita perfetta, non trovate? Se la risposta è si avete ragione perché il bello deve ancora venire: qualche mese fa, in un giorno di scuola apparentemente normale, ho incontrato Jackson il ragazzo dei miei sogni odierno amore della mia vita e fidanzato. Gli ultimi tempi con lui sono stati un’autentica favola. Giuro, è il ragazzo ideale per me, è dolce, gentile e anche molto simpatico. Devo dire che la cosa che mi piace di più di lui è il fatto che riesca a capirmi in ogni situazione, nel bene e nel male. Riguardo alla nostra relazione va tutto a gonfie vele ma, di recente, per la precisione qualche giorno fa mi ha confessato di amare un’altra ragazza. Ho subito pensato che volesse piantarmi in asso e lasciarmi, fino a che non ha aggiunto che quella “ragazza” sarebbe stata nostra figlia e mi avrebbe chiamato mamma. Subito dopo, senza neanche lasciarmi il tempo di respirare, mi ha stretto forte a sé e ci siamo scambiati un lungo e tenero bacio appassionato che sembrò durare quasi eternamente ma che mi piacque così tanto che non volevo che finisse. Ho pensato fosse strano perché non aveva mai fatto nulla del genere prima, o meglio sì, ma mai fino a questo punto. Ora è del tutto ufficiale: sto vivendo un sogno. Non potevo crederci: eravamo io e lui l’uno accanto all’altra che, dopo quel meraviglioso bacio, ci fissavamo intensamente con i nostri occhi che lasciavano trasparire chiaramente l’ immenso amore che entrambi proviamo l’uno per l’altra. Mentre mi guardava, Jackson si morse un labbro, fece un respiro profondo e aprì la bocca per parlare ed io che ero lì ad ascoltarlo pensai che stesse per dichiararmi i suoi sentimenti nei miei confronti, cosa che in tutto quel tempo né lui né io avevamo mai fatto entrambi per timidezza. Subito dopo, Jackson fece una pausa di silenzio ed io, che in quel momento ero ancora abbracciata a lui, gli strinsi le mani come per incitarlo a finire la frase che aveva lasciato in sospeso. D’improvviso però lui mollò la presa, indietreggiò di qualche passo come per andarsene e lo fece sul serio, voltandosi verso la porta di casa mia. Ero atterrita: dopo tutto quello che era successo in quel pomeriggio non potevo lasciarlo andare via così, con mille dubbi e senza una risposta circa ciò che provasse per me. L’unica cosa che sapevo in quel momento era che la faccenda non poteva finire lì. Dovevo, in un modo o nell’altro, ricevere quella dannatissima risposta una volta per tutte. Fu così che lo fermai, mi avvicinai di nuovo e gli chiesi: ”Jackson, dove stai andando?” “A casa.” Rispose, continuando a camminare. “A casa?” Pensai. Come poteva andarsene in quel modo così frettoloso sapendo di essere ormai arrivato al culmine dell’importantissima discussione che stavamo avendo? Così, senza esitare, gli chiesi: ”Si può sapere cosa intendessi con quelle parole?” Subito dopo, tornando a guardarmi, disse: ”Vuoi davvero saperlo? Ne sei proprio sicura?” “Sì.” Gli risposi impaziente. In quel preciso istante ci fermammo di nuovo, lui mi guardò e dopo un’ attesa che mi parve interminabile disse:” Tu, Carly Thompson sei la cosa migliore che mi sia mai capitata, e scusa se non te l’ho mai detto così durante questi tre mesi. Ma bando alle ciance: vuoi diventare ufficialmente la mia ragazza?” Detto questo, Jackson si frugò nella tasca dei jeans che portava, e ne estrasse nientemeno che un bellissimo anello scintillante di puro argento, e infilandomelo all’anulare della mano destra mi chiese se mi piacesse, ed io, in lacrime per la gioia gli dissi: ”Stai scherzando?? Certo che mi piace! Anche io ti amo e voglio essere ufficialmente la tua ragazza.” Dopo quelle mie parole, Jackson mi disse che sapeva che mi sarebbe piaciuto e ci scambiammo di nuovo un bacio sulle labbra. Dopodiché diede uno sguardo all’orologio del suo cellulare, e vista l’ora tarda, mi salutò e mi disse che era per lui ora di tornare a casa per cena. Così lo salutai a mia volta e chiusi lentamente la porta mente lo guardavo avviarsi verso casa sua. Quella sera poi, durante la cena, feci capire a Courtney, mia sorella, che dovevo parlarle al più presto possibile, tutto questo  senza dire una parola. Ovviamente lei afferrò al volo la cosa, e continuò a mangiare come se nulla fosse, assicurandosi di non far capire niente ai nostri genitori. Finita la cena, io e Courtney andammo nella mia stanza e ci sedemmo sul tappeto a gambe incrociate. Lei, impaziente di conoscere ciò di cui dovevo parlarle, ruppe il silenzio che c’era nella camera dicendo: ”Va bene Carly spara, che hai da dirmi di così importante?” Sulle prime non risposi, e il mio silenzio le fece mangiare la foglia, così disse:” Dì la verità, si tratta di Jackson, vero? Dimmelo, perché giuro sulla mia testa che se ti ha fatto qualcosa di male deve solo aspettare che gli metta le mani addosso.” Seccata dalle parole di mia sorella, che tenta sempre di fare la dura ma ha una natura completamente diversa, sospirai e le risposi: “Courtney sei fuori strada. Voglio dire, sì, si tratta di Jackson, ma ho buone non cattive notizie.” “Ah si? Allora dai raccontami tutto, disse lei felice ed eccitata. Allora le risposi:” Va bene Courtney, andrò dritta al punto: Jackson oggi pomeriggio mi ha fatto un’importante domanda.” “Beh? Che genere di domanda?” Mi chiese lei, evidentemente curiosa di saperlo.  “Hai notato l’anello che porto al dito?” Le chiesi, attendendo una sua risposta. “Sì e allora? Che cosa c’entra adesso?” continua, annoiata e confusa.2 Come cosa c’entra Courtney!” Sbottai. “Me l’ha regalato Jackson prima di andarsene perché ora siamo ufficialmente fidanzati!” continuai, alterandomi di colpo e non badando al tono che utilizzai nel risponderle. Dopo aver sentito quelle meravigliose parole, mia sorella si mise a urlare di gioia. Non riusciva proprio a credere che la sua “sorellina” più piccola di lei di appena un anno, fosse già ufficialmente fidanzata con il ragazzo che amava. Dopo quella, per così dire, “confessione” decidemmo che era ora di andare a letto per entrambe. Quella sera mi addormentai felicissima ripensando al favoloso pomeriggio trascorso con Jackson. La mattina dopo, mi svegliai tutt’altro che contenta. Un’ennesima domenica era  passata, eravamo di nuovo a lunedì e dovevo tornare a scuola. Non potendo evitare di farlo, seppur controvoglia, mi feci una veloce doccia, dopodiché mi vestii e mi feci accompagnare come di consueto da mia madre. Come se non fosse bastato, poi, appena arrivata in classe, in ritardo per giunta, mi ritrovai a dover seguire nolente la lezione di filosofia, materia che trovavo indescrivibilmente noiosa, ma che dovevo studiare per evitare note, ramanzine o peggio ancora, interrogazioni a sorpresa da parte del mio puntigliosissimo professore, che, vedendomi distratta, scelse di chiamare proprio il mio cognome. Colta alla sprovvista, non risposi a nessuna delle domande che il professore mi fece, né seppi esporre autonomamente nessuno degli argomenti trattati nel trimestre. Fortunatamente ciò che ottenni da quella disastrosa interrogazione, fu un semplice richiamo, ma compresi di dovermi ritenere fortunata, perché se disgraziatamente mi avesse messo una nota o dato un brutto voto, arrivata a casa ne avrei viste delle belle.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo II
 
Il mio primo appuntamento
 

 

 
Come si suol dire il tempo vola, specialmente quando ci si diverte ed io, che in tre mesi ne ho passate di cotte e di crude, posso proprio confermarlo. Ora che ci penso, è anche passato un bel pò di  tempo dall’ultima volta che Jackson e io ci siamo visti e in questo lasso di tempo lui non si è fatto sentire per niente. Voglio dire, non una telefonata, né un messaggio sul cellulare, né un’e-mail, niente. Il nulla più totale. Per l’intero pomeriggio ho cercato di contattarlo ma non risponde al cellulare né ai messaggi di cui gli tempesto ormai da ore la segreteria telefonica e la casella di posta elettronica. Il che è alquanto strano da parte sua, insomma, solitamente se si rende conto che lo cerco, si fa sentire, ma ultimamente non è così e non posso fare altro che chiedermene il perché. Ad ogni modo, mentre ero seduta alla mia scrivania a studiare, sentii il telefono squillare e mi precipitai in  cucina per rispondere, ma mia madre, che è lì da sola a lavare i piatti, rovina i miei piani. ”Carly! C’è qualcuno al telefono per te!” Sento gridare da mia madre, ancora indaffarata con le faccende domestiche. A quel punto torno trafelata in cucina e mia madre, che ha le mani  bagnate, mi passa la cornetta del telefono lasciandomi parlare in tutta tranquillità. “Pronto? Feci io, attendendo una qualunque risposta. ”Carly? Sono io, Jackson. Dì sei libera stasera? Se hai da fare dillo subito così vediamo di risentirci.” Non riuscivo a crederci. Era Jackson. In quel momento, il mio povero cuore perse un battito, e con la voce rotta dall’emozione, risposi: ”Cosa? Da fare? Chi io? Starai scherzando spero!” Intanto il cuore mi batteva all’impazzata, e la vergogna sembrava essersi impossessata di me. Ah davvero? Quindi se sei libera usciamo insieme, ti va? Propose, sperando nella positività di un mio responso. “Certo!” Dissi, felicissima della proposta. “Passi a prendermi tu in auto?” chiesi, dubbiosa. Sì, se per te va bene. Ottimo, allora a dopo. Risposi, per poi porre fine alla nostra conversazione telefonica. Alla fine della telefonata, corsi in camera a vestirmi e truccarmi. Essendo quello il mio primo appuntamento, volevo sembrare carina. Non avendo le idee chiare su cosa mettere, chiesi consiglio a mia madre, e insieme scegliemmo un favoloso abito da sera rosso, una bellissima catenina dorata con ciondolo a forma di cuore regalatami da Jackson per il nostro primo mesiversario, e delle strepitose scarpe col tacco nere. Appena finito di prepararmi, sentii il suono di un clacson, e guardando fuori dalla finestra scoprii che era Jackson, passato a prendermi in auto proprio come aveva detto. Così, una volta scesa in strada, Jackson mi vide, aprì la portiera, aspettò che salissi in macchina, accese il motore e partimmo. Quasi per tutto il viaggio nessuno di noi due disse nulla, ma dopo un po’ Jackson si complimentò con me per come ero vestita, e io aggiunsi che a mio avviso lui non era certo da meno. Ai miei occhi sembrava un damerino. Quella sera, Jackson mi portò a cena in pizzeria, ma nessuno dei due aveva molta fame, ragion per cui ci dividemmo una pizza facendo poi un brindisi al nostro neo-fidanzamento. Finito di cenare, Jackson, da gran galantuomo qual era, chiese che ci venisse portato il conto, pagò e subito dopo uscimmo dalla pizzeria per tornare assieme in macchina. Durante il viaggio di ritorno a casa, mi addormentai sfinita e lui, che probabilmente se ne era già accorto, preferì non disturbare pensando di svegliarmi appena arrivati di nuovo a casa mia. Non fece nemmeno in tempo a sfiorarmi con la mano che mi svegliai di soprassalto, rischiando di farmi davvero male. Jackson, che era lì ad assistere alla scena mi disse di calmarmi e scendere dall’ auto perché eravamo arrivati a destinazione. Detto fatto. Fu così che scesi, lo ringraziai per la bellissima serata passata insieme, lo salutai e mi avviai verso il portone di casa. Mentre camminavo, notai qualcosa di strano. Le luci del salotto erano accese. Pensai fosse insolito, essendo ormai praticamente notte fonda. Ad ogni modo, entrai in casa tremante come una foglia visto il freddo che faceva fuori. Una volta entrata mi richiusi la porta alle spalle, sbattendola inavvertitamente di nuovo per via del vento. Stavo, per tentare di arrivare in camera mia senza farmi scoprire da nessuno, muovendomi più silenziosamente che potevo. Fatti pochi passi, mi ritrovai davanti al corridoio che conduceva alla mia stanza, così, senza esitare lo attraversai e finalmente ci arrivai. Una volta lì, aprii la porta, che emise un flebile cigolio, e una volta entrata la richiusi piano per evitare altro rumore. Ai miei occhi ci volle un po’ perché si abituassero all’oscurità della mia camera e subito dopo, scorsi una sagoma nel buio. Decisi quindi di accendere la luce. Ad essere sincera, ero stufa di non riuscire a vedere nulla.  Una volta accesa la luce, notai che il losco figuro che credevo di aver visto poco prima non era altri che mio fratello Justin, seduto su una sedia al centro della stanza. Lui, che inizialmente sembrava tranquillo come sempre, appena mi vide, tuonò: ”Carly! Si può sapere dove sei stata finora? E se non ti spiace, potresti magari anche spiegarmi perché non hai telefonato neanche una volta in tutta la sera?” Io, con voce rotta dall’emozione, risposi: ”Justin, vedi di darti una calmata e lasciami parlare, così ti spiego tutto. Vedi, ero semplicemente fuori a cena con Jackson, d’accordo? Anche tu, se ci pensi bene, il più delle volte esci con Juliet, rincasi tardissimo ma nessuno in questa casa ha mai nulla da ridire a riguardo. Che mi dici ora?” Le mie parole avevano sortito l’effetto contrario a quello che speravo. Infatti, invece di calmare mio fratello, lo fecero innervosire e arrabbiare ancor più di quanto già non fosse. Così mi disse, in quel suo solito tono perentorio, che chiude all’istante qualunque discussione, che la storia fra lui e Juliet era solo loro e di nessun altro e che non dovevo mai più ficcare il naso in affari che non mi riguardavano. Detto ciò se ne andò dalla mia stanza lasciandomi completamente sola. In quel momento, mi sentivo una perfetta idiota. Non mi piaceva affatto litigare né con mio fratello maggiore né con nessun altro dei miei familiari, eppure, l’avevo appena fatto, ben sapendo che andava contro ogni fibra morale del mio corpo. Subito dopo, triste e amareggiata com’ero per ciò che era successo, chiusi a chiave la porta della mia stanza, mi buttai sul letto e una volta lì mi lasciai andare a un pianto dirotto per mezzo del quale speravo di dimenticare l’accaduto. ero lì ferma a piangere e disperarmi, e d’un tratto sentii bussare alla mia porta. Era semplicemente mia sorella Courtney che voleva entrare a parlarmi con la speranza di darmi una mano a levarmi quel peso di dosso. Riflettendo, dovetti ammettere che lei e il mio ragazzo erano specialmente in un periodo come questo, i miei unici confidenti, così la lasciai entrare e mi sfogai con lei riguardo ciò che mi aveva turbato fino a portarmi alle lacrime. Più tardi, dopo la fine della discussione avuta con mia sorella, mi sentii subito meglio, proprio come se nulla fosse accaduto. Molti sostengono che nei momenti bui della vita, l’aiuto di un familiare può essere di gran conforto e personalmente penso sia vero, perché è proprio quello che è successo grazie all’intervento di mia sorella senza il quale avrei continuato a piangere inutilmente per tutta la notte, cosa che sapevo non mi sarebbe servita a nulla. Quello che mi serviva in quel momento era semplicemente l’aiuto o il consiglio di qualcuno di cui mi fidassi, che è poi, inaspettatamente arrivato senza che lo richiedessi. Onestamente, penso di essere davvero fortunata ad avere una sorella come lei, anche se a volte tendo a dimenticarlo, e altre vorrei davvero che non facesse parte della mia vita, ma è solo dopo rapide riflessioni che tali e orribili pensieri diventano solo un vago ricordo. Voglio bene a mia sorella, ma questo è certo, motivo per cui ribadirlo sarebbe perfettamente inutile. L’ unica cosa di cui non mi stancherò mai è di ringraziarla di essere sempre lì per me.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo III
 
Un nuovo anno scolastico
 

 
Ebbene sì, ci risiamo. Le vacanze estive sono finite letteralmente in un soffio, e a dire il vero mi dispiace, poiché proprio durante questo periodo mi sono successe le cose migliori nelle quali potessi sperare. Sono fidanzata col ragazzo che amo, io e mia sorella abbiamo passato un sacco di tempo insieme, sono stata spesso e volentieri invitata alle feste delle mie amiche. La lista potrebbe continuare all’infinito, ma in breve posso affermare di aver passato delle vacanze fantastiche, dei momenti meravigliosi di cui al solo pensiero ho nostalgia e che un giorno spero vivamente di poter ripetere. Finito o meno, l’importante è che io mi sia goduta tutto il tempo che ho avuto per rilassarmi. Il mese scorso poi, è stato anche il mio diciassettesimo compleanno, che ho festeggiato invitando un gruppo di amiche a casa il pomeriggio e uscendo poi con Jackson quella sera stessa. All’inizio pensavo si fosse dimenticato di che giorno fosse quello per me, ma con mia grande sorpresa, quando venne a casa mia a prendermi per il nostro appuntamento, me lo ritrovai vestito di tutto punto con un mazzo di rose in mano. Appena lo raggiunsi scendendo in strada, mi porse elegantemente quei fiori dicendo che erano per me, ed io lo ringraziai. Le sorprese per me quella sera sembravano non aver fine. Difatti Jackson, durante il viaggio in auto mi chiese se avessi voglia di andare a ballare, ed io accettai di buon grado. Quella del proprio compleanno è una data speciale, ragion per cui godersi quel giorno come meglio si può non è che la scelta migliore. Come al solito, passai con lui una serata indimenticabile, ma purtroppo arrivò anche il momento per me di tornare a casa, così gli chiesi di riaccompagnarmi. Lui non se lo fece ripetere, ma  sfortunatamente, il giorno seguente non fu certo uguale agli altri, fatto per me di svago e divertimenti, bensì, mio malgrado, il primo giorno di scuola dopo le vacanze estive. Ad essere sincera, la scuola non rappresenta per me un peso, ma solo una noiosa incombenza.  Riflettendo, capisco che frequentare una scuola ha un lato positivo. Nonostante i numerosi impegni riguardanti la mia istruzione, il tempo per stare con loro non manca mai. Tuttavia, questa metaforica medaglia ha anche una seconda faccia. In primo luogo sono contenta di finire la scuola superiore e di poter andare all’università e portare avanti i miei studi, ma in secondo luogo sono triste. Difatti, stando a quanto i miei amici hanno avuto il coraggio di dirmi, prenderemo inevitabilmente tutti strade diverse, ognuno per le proprie motivazioni. Inoltre, c’è anche il ballo di fine anno, al quale, almeno a detta di mia madre, non andrò sicuramente. Un cavaliere non è certo quello che mi manca, quello posso benissimo chiederlo a Jackson che di sicuro accetterebbe, ma questo non è il punto. Ciò che manca è la fiducia di mia madre in me. Lei stessa, dice spesso di non sentirsela affatto a mandare la sua “bambina” fuori casa fino a tarda notte senza nessuno di cui lei si fidi, assieme a suo dire, a quel branco di idioti dei miei compagni di scuola. A volte penso proprio che mia madre esageri arrivando a dire quelle cose. Intendiamoci, sono una liceale, ho ormai compiuto diciassette anni e mia madre si ostina ancora a pensare che io non sia abbastanza matura né per prendere decisioni ragionevoli né per scegliere cosa penso sia meglio per me, poichè teme che un giorno possa pentirmi delle decisioni che prendo o delle scelte che faccio. Con tali parole, non sto assolutamente tentando di dire che odio mia madre, poichè lei, dando giustamente retta al suo istinto materno, cerca a suo modo di proteggermi, cosa d’altro canto più che giusta, ma intendo solo dire che ormai sono cresciuta, e francamente trovo imbarazzante il fatto di dover ancora dipendere da mia madre in tutto e per tutto. Anche in questo frangente non tento di dire che odio mia madre, essendo consapevole del fatto che assume determinati comportamenti al solo fine di proteggermi. So quanto mi voglia, bene e ancora una volta, ammetto unicamente di volere un pizzico di libertà in più da parte sua. Ad esempio, non fa che paragonare sia me che mia sorella Courtney a due uccellini che non sono ancora pronti a lasciare il nido, o a delle mele ancora acerbe, o anche a dei fiori che non sono ancora sbocciati. Il punto è che Courtney ha modo di sopportare tale comportamento ben sapendo che nostra madre vuole solo il meglio per noi, cosa ormai risaputa da entrambe, ma io no. Ad essere sincera, trovo irritanti tutti quei comportamenti iperprotettivi nei miei confronti. A questo punto, voi lettori potreste avere di me un’idea ben precisa, secondo la quale non sono che una stupida e ribelle ragazzina incapace di dare un freno a se stessa, adeguarsi o accettare i consigli di nessuno e via dicendo, ma non è affatto così. Difatti, e come sono ormai stanca di ripetere sono solo seccata dai comportamenti di mia madre, che esagera spesso e volentieri quando si parla di decidere per conto di qualcuno. Andando alla ricerca di conforto, ho esposto la situazione anche a Jackson, che avendo la mia stessa età, capisce perfettamente come mi sento in un momento del genere. Inoltre, oltre ad appoggiarmi completamente, pensa anche che, la cosa migliore da fare per dimostrare a mia madre la mia indipendenza sia trasferirmi a casa sua, che d’altronde non è poi lontana dalla mia, così da permettermi di andare e tornare a seconda dei miei desideri. Quel pomeriggio, strinsi con lui un accordo secondo il quale sarebbe venuto a trovarmi la mattina seguente, così da avere modo di discuterne con entrambi i miei genitori. Detto fatto. Come avevamo di comune accordo stabilito, Jackson passò a trovarmi e io lo accolsi in casa invitandolo ad accomodarsi sul divano mentre  avvertivo i miei genitori del suo arrivo. Quando finalmente furono in salotto, ci sedemmo tutti e tre sul divano e ad un tratto lei chiese: ”Allora ragazzi, di che cosa dovete parlarmi di preciso?” E io le risposi: ”Sarò breve. Ti voglio davvero bene, ma non desidero altro che la libertà. Vorrei semplicemente andare a vivere da Jackson.” Inizialmente mia madre non rispose affatto, mantenendo il silenzio e facendomi preoccupare, ma alla fine si decise e disse: ”Carly, capisco perfettamente, ma ne sei  davvero sicura? di questa decisione?” “Non me ne pentirò mai.” Risposi convinta. A quel punto mia madre sospirò e disse:” D’accordo Carly, se è così che la metti non posso che darti il mio consenso,  ma ricorda, io sono sempre qui, e la porta di questa casa è sempre aperta per te.” Ad ogni modo, dopo essere usciti vincitori da quella discussione con mia madre, Jackson ed io ci siamo abbracciati ed ero talmente felice da non smettere più di ringraziarla. Solo in seguito decidemmo che quella sarebbe stata la mia ultima notte a casa, e che la mattina dopo avrei fatto le valigie e salutato i miei cari prima di andarmene e trasferirmi definitivamente. Più tardi quella notte, mi assicurai di mettere al corrente della cosa anche Courtney che, piangendo di gioia mi confessò di trovare veramente incredibile il mio trasferimento. Il giorno dopo, con l’aiuto di mia madre preparai le valigie per il “gran giorno” e aspettai che Jackson passasse da casa mia in auto per prendermi e accompagnarmi alla sua. Ad essere sincera, non credevo fosse possibile. Dopo anni passati tentando di affermare la mia indipendenza c’ero finalmente riuscita. Da quel giorno non ero più una bambina.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo IV
 
Il trasferimento
 

 

 
Sono ormai passati due giorni, e mia madre mi ha dato il permesso di trasferirmi da Jackson, ma per ora sono ancora a casa e aspetto che venga a prendermi ormai da ore. Nel frattempo, comprendendo di non poter restare perennemente seduta sul divano fissando il mio cellulare e  la porta di casa, ho deciso di andare velocemente nella mia camera per dare un’ultima occhiata alle mie valigie e a come le avevo preparate, così da essere sicura di non aver dimenticato di metterci dentro qualcosa, data la mia inguaribile sbadataggine. Ero ancora in camera mia a controllare i miei bagagli, quando d’un tratto sentii mia madre e mia sorella urlarmi di scendere perché finalmente, dopo ben due ore di attesa, Jackson era arrivato. Fu così che scesi al piano di sotto come mi era stato detto di fare, ma invece di uscire subito fuori casa, aprii la porta e feci segno a Jackson di entrare, anche se solo per un attimo. Obbedendo a quella sorta di ordine, fece segno di sì con la testa, fermò la macchina, la parcheggiò e scese, dirigendosi poi verso la porta di casa mia. Non ebbe nemmeno il tempo di varcare la soglia che subito si trovò davanti mia madre, che, dopo aver pazientemente atteso che si sedesse sul divano accanto a me, ci guardò e disse: ”Ragazzi vi devo parlare.” Noi due, che eravamo ancora lì seduti l’uno accanto all’altra, la guardammo senza capire cosa intendesse, pensando infatti di aver chiarito la faccenda con la discussione del giorno prima. Evidentemente per mia madre non era cosi. A quel punto io, che ancora non riuscivo a spiegarmi il perché di quello strano comportamento e mi scervellavo per capirlo, ad un tratto ci arrivai pregando che non mi facesse sfigurare. Nel salotto di casa c’era un silenzio di tomba ma io, che iniziavo davvero  a non sopportarlo più, guardai mia madre con aria decisamente seccata. “Hai cambiato idea, vero?” chiesi, tacendo nell’attesa di una risposta. Mantenendo il silenzio, mia madre mi guardò, per poi decidersi a parlare e dirmi:” Brava Carly, ottima deduzione per una diciassettenne come te. Ti sbagli davvero di grosso se pensi sul serio ciò che mi hai appena detto. Voi due andrete a vivere insieme, e voglio solo augurarvi il meglio. Come già sai, io ti voglio bene, e mi scuso con te per tutte le volte in cui ho esagerato facendoti sentire in imbarazzo. Potrai mai perdonarmi?” Non avendo il coraggio di parlare, trovai la domanda postami da mia madre, retorica. In fin dei conti, era la donna che mi aveva donato la vita, come potevo non perdonarla? Abbracciandola, decisi di farlo, e appena un attimo dopo, io e Jackson ci scambiammo un’occhiata d’intesa. Tornando quindi a guardare mia madre, notai che non riusciva a trattenersi dal piangere, così la invitai a sfogarsi. Dopo le mie parole, mia madre, che era tra l’altro ancora in lacrime, mi abbracciò così forte che pensavo stesse per soffocarmi. In quel mentre, continuava a ripetermi che le sarei mancata, che mi avrebbe pensato ogni giorno e  che non credeva ai suoi occhi. Con mia grande sorpresa mi disse anche che era giusto che mi fossi “ribellata” a lei e che finalmente avessi avuto il coraggio di prendere una decisione così importante come quella di trasferirmi. D’altro canto le avevo preannunciato che non mi sarei certamente potuta pentire di questa scelta e che comunque non ero sola perché con me c’erano il mio fidanzato e la sua famiglia, che tra parentesi ancora non mi conosceva ma che, a detta di Jackson, non vedeva l’ora di farlo. In fin dei conti, tutta la mia famiglia era felicissima del fatto che con il mio trasferimento, stessi affermando la mia indipendenza e la mia libertà, l’unica pecca era che sfortunatamente c’era ancora qualcuno, come ad esempio mia madre, che all’inizio non lo accettava, ritenendomi troppo piccola per andare a vivere con il ragazzo che era riuscito a stregarmi rubandomi il cuore. Ripeteva incessantemente che dovevo dare tempo al tempo, di aspettare la giusta occasione per farlo, che alla mia età era troppo presto e che me ne sarei sicuramente pentita, ma per fortuna, dopo varie discussioni, l’ho convinta  lasciarmelo fare dicendole che almeno dal mio canto mi sentivo pronta e abbastanza adulta da compiere quest’importante passo. Così, dopo mille peripezie, quella mattina riuscii a trasferirmi da Jackson. Ad essere sincera, non vedevo davvero l’ora di arrivare a casa sua così lui mi presentasse alla sua famiglia che anch’io desideravo di conoscere, e malgrado l’esigua distanza fra le nostre rispettive abitazioni, che, per la cronaca, distavano l’una dall’altra soltanto tre chilometri, a me il viaggio parve veramente interminabile. Ad ogni modo, giungemmo finalmente alla tanto agognata destinazione e arrivò il momento di scendere dall’auto, e pur non dimostrandolo, ero fuori di me dalla gioia. Jackson, vedendomi seria e muta come un pesce, mi chiese se c’era qualcosa che non andava, e io gli risposi che stavo bene ma ero solo stanca visto il lungo viaggio. A quelle parole si tranquillizzò, e insieme continuammo a camminare fino ad arrivare davanti a casa sua. Senza esitare, Jackson suonò il campanello e aspettò che la porta venisse aperta. Dopo pochi minuti di attesa ci accolse quella che solo dopo scoprii essere sua madre. Appena lo vide, la donna gridò: ”Jackson! Si può sapere dove sei stato?” Rimanendo calmo, lui le chiese di calmarsi perché con lui c’era un’ ospite. A quel punto sua madre gli rispose: ”Ospite? Quale ospite? Di chi parli?” Fu così che Jackson fece il mio nome e io, che ero ancora ferma sull’uscio di casa, entrai. Ad assistere alla scena c’erano anche suo padre e suo fratello Alan, corsi in salotto appena sentite tutte quelle urla. Dopo qualche minuto, tutto sembrò essere tornato alla normalità, Jackson si avvicinò a me e in tono solenne, disse: ”Mamma, papà, lei è la mia fidanzata Carly”. Appena Jackson finì la frase sua madre, che era evidentemente sorpresa nel vedermi, mi salutò, mi strinse la mano e disse: ”Beh, così sei tu la famosa Carly di cui Jackson non  fa che parlare eh? Comunque, piacere sono la madre di Jackson, Christine.” Poco dopo, anche il padre di Jackson mi si avvicinò per presentarsi ed essendo anche lui piuttosto curioso di conoscermi, disse: ”Così ti chiami Carly, eh? Complimenti hai davvero un bel nome! Non sai quante volte nostro figlio si sia ripromesso di portarti qui per lasciare che ti conoscessimo. A proposito, mi chiamo Stan e sono il padre di Jackson. Finite le presentazioni, mi misi a cercare nella borsetta che mi ero portata, il mio cellulare e, dopo averlo trovato, inviai un veloce messaggio a mia sorella Courtney per dirle che andava tutto bene. Subito dopo, visto come premevo freneticamente i tasti del cellulare, Jackson mi mise una mano sulla spalla e mi chiese se fosse tutto apposto. Io, per non lasciare che iniziasse a insospettirsi, annuii, spegnendo in tutta fretta il telefonino e rimettendolo nella borsetta. Passai quel pomeriggio a interloquire con i genitori di Jackson, che mi posero varie domande fra cui come stesse la mia famiglia, come andava la scuola, perché avessi deciso di trasferirmi e, cosa più importante, com’è che i miei genitori l’avevano presa a riguardo. Quella domanda inizialmente mi spiazzò, non perché non sapessi cosa rispondere, anzi, era il contrario, ma perché non trovavo le parole per descrivere la reazione che mia madre aveva avuto il giorno in cui ne avevamo parlato. Alla fine mi decisi e risposi dicendo che all’inizio aveva faticato non poco ad accettare questa mia decisione, ma che poi, dopo le migliaia e migliaia di volte in cui glielo avevo ripetuto in maniera ferma e decisa, aveva finalmente ceduto a questo, come lei soleva chiamarlo, ”capriccio”. Inevitabilmente, poi arrivò la sera, e con essa  l’ora di cena, che data la mia fame, aspettavo piuttosto impazientemente  Quando fu il momento, mi sedetti a tavola assieme a Jackson e alla sua famiglia, e consumai il pasto facendo, una volta finito, feci  i complimenti a sua madre per le sue incredibili doti culinarie. Dopo cena,  mi offrii gentilmente di dare una mano a sparecchiare, ma la madre di Jackson, rifiutò educatamente questa mia proposta. Così, rimasta praticamente sola e senza nulla da fare, chiesi al padre di Jackson dove fosse la camera del figlio e lui mi rispose senza esitare. Dopodiché, senza attendere un istante, mi misi a camminare per la casa fino ad arrivare alla stanza di Jackson. Una volta arrivata davanti a quella porta, bussai un paio di volte e, veloce come un razzo, Jackson si precipitò ad aprirla. Appena entrai mi invitò a sedermi accanto a lui sul suo letto e disse: ”Allora, che impressione ti hanno fatto i miei genitori?” “Sono delle persone squisite.” Risposi. Voltandomi verso di lui, lo notai distratto, così gli chiesi cosa stesse facendo, ma non rispose, limitandosi a ignorarmi e ad accarezzarmi i riccioli. Sinceramente, pur essendo fidanzata con lui da un anno, non ho ancora imparato a sopportare il fatto di essere ignorata, così, pensando che quello fosse l’unico modo di farlo smettere, schioccai le dita nella sua direzione un paio di volte, cosa che lo fece desistere dal farlo. Poi, curiosa e stranita dal suo precedente comportamento, gli chiesi: ”Si può sapere che ti succede?” Successivamente, sebbene alquanto sorpreso dalla mia domanda, rispose: ”No niente, va tutto bene, ero solo sovrappensiero. A quelle parole, io, che da un lato non mi accontentavo di quella risposta così misera, e dall’altro ero curiosa, decisi di informarmi ”A cosa stavi pensando?” gli chiesi. Lui, in tono abbastanza malinconico, disse” A mia nonna Rose, che ci ha lasciati ormai da cinque anni. Certo, ormai l’ho superato, ma credimi, stare con te, che con quel tuo carattere adorabile, sorridi sempre, scherzi e fai battute, mi leva questi pesi e questi brutti pensieri di dosso. Ti amo”. A quella notizia, mi sentii mancare, e sbiancando, dissi: ”Accidenti, non lo sapevo, sul serio scusa, se è stata colpa mia non avevo alcuna intenzione...”. Non ebbi neanche il tempo di finire la frase che lui mi zittì e replicò:” No, ma dai, scherzi? Non ne hai alcuna colpa. Va tutto bene.” Successivamente, dopo quella triste conversazione avuta con lui, lo abbracciai, ci baciammo e mi scusai di nuovo. In fondo non era affar mio, e non avrei certo dovuto intromettermi. Dalla fine di quella conversazione in poi, nella stanza di Jackson cadde un silenzio di tomba, e io, comprendendo quanto sciocca e invadente fossi stata nonostante lui mi avesse già perdonato, abbassai la testa e incrociai i piedi, triste com’ero per ciò che era accaduto poco prima. Jackson, che invece non sopportava vedermi in quello stato, mi ripeté per l’ennesima volta di non avercela con me, poichè non avevo alcuna colpa e che non dovevo essere così dura con me stessa. In fin dei conti, ogni persona a questo mondo commette degli errori e ha delle giornate in cui il buio predomina sulla luce, compresi noi. A tal proposito, anch’io, che reputo la mia vita perfetta, ho le mie a volte, ma quella di oggi, come giornata nel suo insieme, mi è sembrata tutto fuorché una brutta. In fin dei conti poi, non posso neanche lontanamente immaginare di lamentarmi perché è proprio oggi che la mia vita, seppur assieme a tutte le sue piccole sfaccettature e i suoi insignificanti lati negativi, si è ancora una volta dimostrata perfetta per me che la vivo. Quando dico cose di questo genere, fidatevi, sono seria. Diciamoci la verità. Ho una famiglia meravigliosa pronta a sostenermi su tutti i fronti e un ragazzo a dir poco incredibile, sempre lì per me nel momento del bisogno in qualsiasi situazione e anche lui sempre pronto a sostenermi e capirmi come solo lui sa fare. Che può esserci di meglio?
 

 
Capitolo V
 
Da liceale a universitaria
 

 
E così, il ciclo ricomincia: ho compiuto da qualche mese diciassette anni, sono fidanzata da uno e mezzo e  ho finito il liceo venendo promossa con degli ottimi voti. Per tale motivo ho deciso, dopo la fine delle superiori, di iniziare a frequentare, come la maggior parte delle mie amiche, l’università. Ora come ora, non sono più una liceale, ragion per cui, mi ritrovo da quasi una settimana a dovermi far accompagnare dal mio ragazzo all’università alla quale mi sono iscritta, distante da casa sua cinque chilometri o poco più. Onestamente non credo sia per lui un problema poichè entrambi studiamo nello stesso Istituto. Riflettendo, posso tranquillamente constatare la sparizione dei miei problemi. Inoltre, per quanto riguarda i corsi che ho scelto di frequentare, ho optato per uno di storia e filosofia, lasciando perdere la matematica, mio immemore “tallone d’Achille”.  Jackson, contrariamente a me, ha scelto invece di frequentare un corso di medicina, volendo, come io stessa mi aspettavo, diventare un giorno uno stimato medico. Onestamente gli ho parlato tantissime volte dei corsi da frequentare, tentando, seppure invano, di convincerlo a fare la mia stessa scelta, cioè seguire un corso come il mio, ossia uno che si incentri maggiormente sulle materie letterarie, sperando poi, con un pizzico di fortuna, che alla fine mi ha voltato le spalle, di persuaderlo a voler diventare, come me del resto, un’insegnante anziché un medico. Lui, però, testardo e irremovibile com’è, e peraltro fedele alla sua decisione, ha preferito non darmi retta, asserendo in seguito che, se avesse cambiato idea e quindi ascoltatomi, avrebbe sicuramente finito per passare tutto il suo tempo a concentrarsi su di me e sul nostro rapporto, anziché stare, come in realtà voleva, curvo sui libri. Come già detto, ho provato varie volte e con mille stratagemmi diversi a fargli cambiare idea, senza però mai ottenere i risultati sperati. Io rispetto Jackson, e quindi lascio correre, dandogli la libertà di fare le sue scelte. Ora come ora, non sto affatto tentando di dire che non m’importi, affermando unicamente di pensare che sia giusto lasciare che maturi e impari a scegliere cosa crede che sia meglio per se stesso. In fin dei conti, se ha bisogno di una mano, o se magari la decisione da prendere è troppo importante e gravosa, è lui a chiedere aiuto o a me o ai suoi genitori, visto che entrambi non disdegnamo affatto dargli qualche consiglio o dire la nostra sull’argomento di turno, ma se stavolta pensa di potersela cavare da solo, tanto meglio per lui. Sono convinta, inoltre, che l’incominciare a prendere questo tipo di decisioni e fare questo tipo di scelte, che, vista la nostra giovane età, sono da considerarsi un trampolino di lancio verso il mondo degli adulti e quello del lavoro, lo aiuteranno sicuramente a crescere. All’ inizio, devo ammettere che l’idea di frequentare l’università un po’ mi spaventava, ma adesso ho capito che le mie paure erano sciocche e del tutto infondate. Infatti, durante questa mia prima settimana, mi sono fatta subito delle nuove amiche, che inizialmente, per dirla tutta, non mi guardavano neanche di striscio, e solo più tardi hanno accettato la mia amicizia. Sinceramente, vado d’accordo con tutte le persone che ho conosciuto al corso di storia e filosofia, ma specialmente con due ragazze. Karen e Britney. Loro due sono sorelle gemelle, ma per qualcuno che le incontra per la prima volta come me, può non sembrare affatto così. sono totalmente diverse in tutto, iniziando dal carattere e finendo con l’aspetto fisico. Ad esempio, Karen è la più alta delle due, quindi Britney e più bassa di lei seppur di solo pochi centimetri. Inoltre, Karen è leggermente più chiusa di Britney, che invece è molto più spigliata, schietta, decisa e sicura della sorella. A prima vista possono sembrare un pò strane, ma c’è da riconoscere che insieme formano un duo davvero eccentrico. Entrambe mi fanno davvero morire dal ridere, cosa che, tra l’altro, ci ha messo nei guai svariate volte con i vari professori e professoresse, ma fortunatamente, tutte e tre osserviamo, nelle rare volte in cui non ci beccano a ridere per le stupidaggini più svariate, un comportamento a dir poco esemplare durante le lezioni. Qualche giorno fa però, ci siamo incontrate al centro commerciale e abbiamo iniziato a discorrere del più e del meno, arrivando alla conclusione che, visto il fatto che ne va delle nostre future carriere di insegnanti di lettere, dobbiamo tutte e tre, nessuna esclusa, cercare di darci una regolata smettendo di comportarci in quel modo a lezione. In quanto a Jackson, entrambi non abbiamo avuto modo di parlare di come si trovi in questo nuovo e prima sconosciuto ambiente, dato che siamo entrambi impegnatissimi e oberati di lavoro per via dei corsi universitari, senza dimenticare che dei suoi corsi di medicina non mi ha ancora parlato. A volte mi chiedo davvero come vadano le cose per lui, dato che è quasi una settimana che pur convivendo, non ci parliamo Difatti, ogni volta che tiro fuori l’argomento, finge di non sentire ciò che gli dico o le domande che gli pongo circa la sua questione scolastica iniziando a inviare messaggi con il cellulare ai suoi amici o a volte, piantandosi gli auricolari nelle orecchie. Cercando un consiglio, ho messo Courtney al corrente di questa sua improvvisa chiusura  quando mi ha telefonato proprio ieri sera, per avere mie notizie. Lei, non sapendo cosa rispondere, e volendo evitare di ferirmi, mi rispose che forse stavo leggermente esagerando, tempestandolo di domande in quella maniera e, che prima di parlarne, dovevo lasciare che ci si abituasse senza continuare a mettergli pressione. Ringraziandola, Trassi conforto dalle sue parole e le diedi ragione salutandola e spegnendo il mio cellulare subito dopo la fine della telefonata. Proprio mentre spegnevo il cellulare stando seduta sul divano, sentii uno scatto, e voltandomi verso la porta di casa, la fissai senza staccare gli occhi fino a che non la vidi aprirsi. In quel momento stavo decisamente morendo di paura, ma mi tranquillizzai scoprendo che era semplicemente Jackson, che era tornato da un’ uscita con dei suoi amici. Durante quell’ intero pomeriggio però, ho notato in lui degli strani ed insoliti comportamenti. Era molto nervoso, preferiva starsene da solo chiuso nella sua stanza, non gli andava di svagarsi in alcun modo, e se per puro caso gli chiedevo cosa c’era che non andava, senza neanche degnarsi di rispondere, si voltava e si allontanava da me evitando di parlarne. Tutta questa storia va avanti ormai da giorni, ed io, sinceramente, inizio a non poterne più. Non riesco proprio a sopportare il suo comportamento nei miei confronti negli ultimi tempi, così ho deciso di chiedere consiglio a mia madre telefonandole oggi stesso, sicura di ricevere da lei l’ausilio che mi serviva per tentare di superare quel difficile momento della mia vita. Detto fatto. non appena la misi al corrente dell’alquanto insolito comportamento di Jackson negli ultimi giorni, mi disse che, almeno secondo il suo parere, la cosa migliore da fare era mettersi pacificamente a discutere della cosa, in modo da appianare tutti questi nostri momentanei dissapori. Così, dando retta a mia madre, il giorno dopo decisi di ritagliarmi del tempo da passare con Jackson per discutere della sua quasi totale indifferenza verso di me, e lui, evidentemente dispiaciuto del fatto di avermi molto trascurata per un lasso così lungo di tempo, mi rispose dicendomi che non dovevo prendermela o starci male più di tanto, ma che se in quel periodo mi ignorava, era semplicemente perché stava concentrandosi di più sui suoi studi di medicina, che, a detta sua, vanno perfino meglio di come si aspettasse che sarebbero andati, perché infatti anche lui, ora che ci ha fatto l’abitudine, si trova bene in questo nuovo contesto scolastico. Devo decisamente ammettere che sulle prime pensavo che la quasi totale indifferenza di Jackson riguardo a me e al nostro rapporto, fosse dovuta ad altre cause, ma ora capisco che mi sono sbagliata e anche di grosso a farmi un pensiero così del tutto insensato. Insomma, quello che ora voglio dire è: siamo fidanzati da quasi due anni, come accidenti può essermi venuto in mente che il mio ragazzo avesse mai potuto pensare di smettere di amarmi o ancora peggio, rompere il fidanzamento con me? Sinceramente non so spiegarmi da sola l’origine di questo mio pensiero, o meglio, posso solo dire che forse, il fatto che da quando era iniziata l’università non ci parlavamo quasi più né passavamo più del tempo assieme come una coppia, possa avermi portato a crederlo. Ad ogni modo, l’importante è che so che nessuna di queste cose accadrà mai proprio perché entrambi ci amiamo e non abbiamo, malgrado i nostri alti  e bassi, intenzione di porre fine al nostro amore.
 
Capitolo VI
 

 
Un regalo inaspettato
 

 

 
Quello odierno, appariva per me come un giorno normale e uguale tanti altri, con la solita routine che continuava, inesorabile, a ripetersi. Tutte le mattine mi sveglio, faccio una veloce colazione, mi lavo, mi vesto e dopodiché io e Jackson andiamo all’ università insieme. Ad ogni modo, da stamattina ho il sentore che qualcosa di strano stia per accadere. Certo, la lezione odierna all’università è andata bene e  io e il mio ragazzo non abbiamo problemi fra di noi, ma ora che ci penso, non sto più avendo alcuna notizia della mia famiglia da circa tre settimane, cosa che, tra l’altro, mi turba non poco, visto che da quando i miei genitori sanno che vivo da Jackson, telefonano praticamente ogni due giorni. Dato che né mia sorella, né i miei genitori si sono messi in contatto con me, ho cercato di farlo io, telefonando a casa svariate volte senza ricevere alcuna risposta. Con l’arrivo della sera, ho iniziato a perdere le speranze e ho deciso di desistere dal contattare la mia famiglia. Perfino Jackson, che cerca sempre di non ficcare il naso nelle mie questioni personali, stavolta era visibilmente preoccupato. Fu così, che vedendomi sdraiata sul letto in camera sua, mi invitò a mettermi seduta, dopodiché si avvicinò a me e guardandomi negli occhi mi chiese: ”Carly, cos’hai? Sicura che vada tutto bene?” A quel punto io, che pur non volevo farlo preoccupare né stare in pensiero per me, mi decisi e risposi:” Io sto bene, ma sono preoccupata per la mia famiglia, che ormai non si fa più viva da settimane. Subito dopo, sentendosi davvero male per ciò che avevo appena finito di raccontargli, cercò subito di consolarmi. “Ma allora è per questo che sei così dispiaciuta! Ora ascoltami, se può farti sentire meglio ora ceniamo, poi andiamo a letto e domani andiamo a far visita ai tuoi. Che ne dici? Ti va l’idea?” Disse, terminando il suo discorso con quella domanda.  Non appena lo sentii pronunciare quelle parole lo ringraziai abbracciandolo e accettando la sua proposta. Il giorno seguente mi alzai prestissimo e mi preparai in gran fretta, ansiosa e felice di rivedere finalmente  i miei genitori dopo tutto quel tempo. Il viaggio verso casa dei miei mi parve letteralmente interminabile, ma, quando finalmente arrivammo, la mia intera famiglia mi accolse festosa. Dopodiché, mia madre invitò me e Jackson a sederci sul divano perché doveva comunicarci qualcosa di davvero importante. Prima di svelarci questo suo segreto, si scusò per non aver telefonato neanche una volta durante quelle tre intere settimane, asserendo quindi di non aver potuto avendo avuto vari problemi legati al suo lavoro di veterinaria. Dopo essersi scusata, si decise a darci l’importante notizia che lei stessa aveva menzionato poco prima, così, senza lasciarci il tempo di riflettere e capire quello che stava succedendo, si alzò di scatto dal divano, fece un respiro profondo, e disse: ”Ragazzi, ciò che sto per dirvi è di grande importanza per me e voglio che sappiate che mi sto rivolgendo ad entrambi, ma soprattutto a te, Carly. Come già ben sapete, ho avuto vari problemi con il mio lavoro, ma non perché mi sia ammalata o cose del genere, bensì perché... sono incinta.” Appena mia madre finì di parlare, Jackson la guardò attonito, ed io, che ero la persona a cui era principalmente rivolta la bella notizia, mi sentii pervasa dalla felicità, a un punto tale da non rendermi conto di stare praticamente piangendo di gioia. Per me era letteralmente incredibile. Stavo per avere un fratellino o una sorellina. Non ci sono parole per descrivere la gioia che ho provato in quel momento. Ero felice, perché non mi sarei mai potuta aspettare una notizia di questo genere da mia madre, ma anche un pò triste perché ora che vivevo lontana dai miei genitori e dalla mia famiglia, sapevo che non avrei potuto aiutare mia madre col neonato in arrivo, o comunque, starle vicino e sostenerla quanto avrei voluto. In ogni caso, dopo ciò che era accaduto, non potevo certo rimanere lì muta come un pesce, così dissi a mia madre che nonostante il gran da fare mio e di Jackson con i corsi e le lezioni universitarie da seguire, qualora lei avesse sentito il bisogno di una spalla su cui piangere, visto quel che stava attraversando, per quanto mi sarebbe stato possibile aiutarla con il bebè, l’avrei fatto. Mia madre, che ha sempre cercato di non scaricare su noi figli il peso dei suoi problemi personali, mi ringraziò e aggiunse che apprezzava il mio gesto, ma che visto il già pesante fardello che mi portavo dietro da mesi, non avrei dovuto affatto farmi carico anche di questo suo problema, e io replicai dicendo che l’aiutarla per me non sarebbe stato per niente un impegno gravoso perché ad ogni modo avrei dovuto entrare a far parte della vita del nascituro essendo sua sorella maggiore. Quella visita mattutina ai miei genitori, si concluse con una gran bella sorpresa, qualcosa che nessuno, specialmente in un periodo così movimentato, avrebbe mai potuto aspettarsi. Ad ogni modo, sono felicissima di aver ricevuto questa meravigliosa notizia da parte di mia madre, che in questi ultimi tempi, non fa altro che ripetere che figli fantastici abbia, quanto sia fortunata ad averci, quanto sia felice di sapere che io, Courtney e Justin saremo sempre lì per lei, pronti a darle una mano e ad aiutarla a risollevarsi nonostante le mille avversità della vita di ogni giorno che, agli occhi di chi non la vive appieno, può sembrare un percorso semplice e privo di ostacoli. Purtroppo però, per quanto positivamente ci si possa affacciare alla vita stessa, essa non è mai così facile come a un primo impatto può apparire, anzi, è un cammino costellato di difficoltà di ogni genere, che ci vengono fatte affrontare per testare la nostra forza d’animo, la nostra voglia di vivere e la nostra volontà di stare al mondo. Io, che sono una normale diciassettenne, ho imparato tutto questo  non solo a mie spese, ma anche grazie ai preziosi consigli e insegnamenti di mia madre che mi ha reso la bella, gentile e scherzosa ragazza che sono oggi.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo VII
 

 

 
Un’ardua decisione
 
Il tempo continua a passare inesorabile, senza che nessuno possa far niente per arrestarlo. Tutti avranno sicuramente rievocato ricordi appartenenti a un tempo ormai lontano, al passato, che, senza neanche lasciarci il tempo di realizzarlo, è andato, svanito, così, in un battito di ciglia. In effetti, sono ormai trascorse parecchie settimane dall’ultima volta in cui sono andata a far visita alla mia famiglia, ma in particolar modo, a mia madre e a mia sorella Courtney, che nonostante tutti i vari litigi e diverbi avuti, mi vogliono bene e mi accettano per quella che sono. Oggi come oggi, sono di nuovo sdraiata sul letto in camera di Jackson, con ancora addosso il pigiama, mentre guardo fuori dalla finestra con fare decisamente annoiato frattanto che aspetto il suo risveglio. Nonostante sia già mattina inoltrata e la luce del sole illumini a giorno la stanza, lui è ancora lì che dorme come un sasso. Io, che non voglio affatto disturbarlo, preferisco lasciarlo dormire, pensando, per ingannare il tempo, di andare a farmi una rapida doccia e dopodiché vestirmi, non sopportando affatto oziare quando fuori è una così bella giornata, una di quelle che si vedono solo nei film, praticamente perfetta, senza nessun particolare fuori posto. Proprio mentre sono chiusa in bagno a fare la doccia, sento il mio cellulare, poggiato per precauzione sopra alla pila di vestiti che intendo indossare, squillare. Ovviamente, non posso rispondere, ma stranamente, il mio telefonino non smette di squillare fino a che non ne esco, così, in tutta fretta, lo afferro e faccio appena in tempo a rispondere. Ad avermi chiamato, non era stata altri che mia madre, che era felice di risentirmi di nuovo dopo tutto quel tempo. Ad ogni modo, disse che mi aveva telefonato semplicemente per avere mie notizie, per sapere come stavo e come andava l’università. A quella domanda, mi bloccai. Non sapevo proprio cosa rispondere. Andava tutto bene, ed era positivo, ma nel frattempo, mi interrogavo. “Come le dico che ho intenzione di lasciare l’università?” Pensavo, torturandomi con le mie stesse mani. In quel momento la paura mi stava letteralmente assalendo. Ero davvero confusa. Non sapevo cosa avrebbe potuto rispondermi, nè se si fosse arrabbiata, e in altri termini, avevo mille pensieri per la testa. Infine, senza più alcun inutile ripensamento, decisi che dovevo farlo, in un modo o nell’altro, così, mi feci coraggio e le dissi: ”Mamma, finora è andato tutto bene, ma ho deciso di smettere.” Confessai, per poi tacere e ascoltare la sua immediata risposta. Non appena finii la frase, sentii mia madre scoppiare a piangere mentre era al telefono con me, e fra un singhiozzo e l’altro ripeteva: ”Carly! Cosa ti è venuto in mente? Hai lavorato sodo per fartici ammettere e ora vuoi ritirarti? Come mai?” Aveva il solo coraggio di chiedere, faticando a respirare e controllarsi. Io, che l’ascoltavo disperarsi a causa mia, le risposi, con voce ferma e decisa: ”Ascolta, mamma, io so che cosa stai passando e in che condizioni ti trovi in questo momento, e c’è un motivo ben preciso se ho preso questa decisione. Aiutarti”. Dopo aver ascoltato le mie parole, mia madre sembrò aver smesso di piangere ed essersi risollevata, ma mi disse che non c’era ragione per cui io lasciassi l’università una volta arrivata così lontano. Ancora una volta, ripeté che apprezzava molto il mio gesto e la mia buona volontà, ma che non c’era motivo di preoccuparmi tanto, poiché se avesse avuto bisogno d’aiuto con il neonato, sapeva che le sarebbe bastato chiedere. Fu così che, dopo quella conversazione telefonica con mia madre, che aveva realmente avuto il potere di aprirmi gli occhi, compresi quanto stupido fosse stato il mio pensiero, e malgrado la mia precedente decisione, scelsi finalmente di rigare dritto.
 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo VIII
 

 

 
Fiocco azzurro in casa Thompson
 

 
Un nuovo giorno è iniziato, e questa mattina tutto sembra andare per il meglio. L’unica pecca è, però che mi sto letteralmente fossilizzando sulla mia ormai parecchio ripetitiva, routine giornaliera. In effetti, dover ripetere, da ormai quasi un intero anno, per giunta, le stesse e  medesime azioni ogni singolo giorno, sta davvero iniziando a darmi noia. Ad ogni modo, comprendendo che ne va della mia futura carriera di insegnante di lettere, mi tocca stringere i denti e continuare a farlo, così come ho fatto finora. Oggi, mentre seguivo la consueta lezione universitaria, chiusa in un’aula a malapena grande abbastanza da permettere a me e ai miei compagni di muoverci, non potei fare a meno di notare che il mio cellulare, non smetteva di vibrare dall’interno del mio zainetto, segno che stavo ricevendo svariati messaggi. Inizialmente, cercai di non badarci concentrandomi sulla lezione, ma poi, quando la costante vibrazione del mio telefonino divenne insopportabile, decisi di aprire lo zaino, prendere in mano il cellulare e spegnerlo in tutta fretta, senza neanche guardarne lo schermo. Alla fine della lezione, quando fu il momento per me e per Jackson di tornare a casa, entrambi iniziammo a dirigerci verso la sua auto e, non appena mi sedetti aspettando che avviasse il motore e partissimo, frugai per qualche minuto nel mio zaino, alla ricerca del mio cellulare, del quale prima avevo totalmente ignorato il continuo vibrare. Una volta che lo ebbi ritrovato, lo accessi, e rimasi sconcertata dal contenuto di uno dei messaggi inviatimi da mia sorella Courtney. Difatti, il messaggio diceva:” Carly, dove sei? Mamma sta male. Vieni subito a casa, fai presto.” Così, dopo aver realizzato la gravità della situazione, chiesi a Jackson di portarmi subito a casa di mia madre perché, visto il messaggio che mia sorella mi aveva inviato, avevo il timore che stesse accadendo qualcosa di veramente grave. In quel momento apparendo, anche lui visibilmente provato da ciò che gli avevo appena riferito, cercò di accompagnarmi a casa il più veloce possibile e, quando finalmente giungemmo a destinazione, suonai il campanello un paio di volte, aspettando nervosamente che la porta venisse aperta. Poco dopo, fu Courtney ad aprire e appena mi vide disse ”Carly! Finalmente ce l’hai fatta ad arrivare! Che spavento mi hai fatto prendere!” Io, che in quell’importante momento ero tesa e nervosa almeno quanto lei, lasciai perdere i convenevoli e le chiesi dove fosse nostra madre. La mia preoccupazione aveva ormai raggiunto livelli stratosferici, così, senza perdere un attimo, mia sorella mi condusse nella stanza occupata da nostra madre. La porta della camera era ancora chiusa, e l’unico suono udibile era rappresentato da delle urla strazianti. Ero spaventata. sapevo che lì dentro c’era mia madre, ma quelle grida mi facevano letteralmente gelare il sangue nelle vene. Ad ogni modo, io e mia sorella decidemmo di entrare, e non appena mi madre esclamò: ”Carly! Grazie al cielo sei qui! È arrivato il momento! Devi subito portarmi in ospedale!” In quel momento, tremavo di paura, ed ero talmente agitata da non riuscire neppure a muovere un passo. In ogni caso, decisi di non menare il can per l’aia e aiutai mia madre ad alzarsi dal letto dove era sdraiata, accompagnandola alla porta. A Jackson, che era ancora fuori, ci vollero pochi secondi e una mia occhiata per capire quello che stava succedendo. Così, senza ulteriori indugi, tutti e tre aiutammo mia madre a sedersi nell’ auto del mio ragazzo e, quando anche io e mia sorella prendemmo posto, lui avviò il motore e partimmo in direzione dell’ospedale più vicino, che era, fortunatamente, poco lontano da casa mia. Come se non fosse già abbastanza, però, ci trovammo imbottigliati nel traffico, cosa che, agitò ancor più fortemente, noi tutti. Io e mia sorella, entrambe concentrate sull’ evitare che accadesse qualcosa di davvero grave a nostra madre e al suo futuro bebè, le chiedemmo di calmarsi e di stare tranquilla, asserendo sarebbe andato tutto bene e che, in ogni caso, non doveva agitarsi. Poi, dopo mezz’ora di viaggio, che invece sembrò non passare mai, arrivammo finalmente in ospedale, sapendo però di dover fare in fretta. Per nostra fortuna, non appena l’equipe medica vide mia madre e lo stato in cui versava, capì subito quale fosse il problema, così le vennero affidate tutte le cure del caso, e venne immediatamente trasportata in sala parto. Quando a mia madre venne chiesto se volesse qualcuno accanto, lei scelse me e mia sorella, e noi, felicissime dello stare per  avere un nuovo fratellino, o una nuova sorellina, accettammo di buon grado di assistere al vero e proprio miracolo che era in procinto di palesarsi davanti ai nostri occhi. Quel giorno, mia madre venne subito fatta sdraiare su un lettino, e i medici le raccomandarono di rilassarsi. Lei, che dopo aver avuto me, mia sorella e mio fratello, ed  era ormai arrivata al quarto figlio, sapeva già molto bene quello che sarebbe accaduto in sala parto, ma vi assicuro, che a guardarla lì sdraiata e tremante come una foglia, mentre ripeteva di non volere che nessuno la lasciasse da  sola, non sembrava affatto sapere a cosa andasse incontro.  In quel momento, mia madre appariva letteralmente sopraffatta dall’ansia, e la tensione si poteva tagliare con un coltello. Finalmente poi, dopo ben tre lunghe ore di travaglio, i medici le dissero che era per lei arrivato il momento di spingere. Mia madre aveva davvero molta paura che avesse potuto esserci qualche complicazione ed era restia a farlo, ammettendo di provare molto dolore, ma alla fine decise di dare retta al medico e all’ostetrica che erano lì con lei sapendo di potersi fidare. Così, dopo ore passate in ospedale, mia madre diede alla luce un bel maschietto che era il ritratto della salute e che, secondo mia madre, somigliava molto a mio padre, avendo gli occhi verdi e un piccolo ciuffetto di capelli neri. Ora, l’unica cosa che restava da fare, era dare un nome a quell’adorabile creatura. Prima di averlo, mia madre aveva passato mesi a decidere come chiamare il bambino una volta che sarebbe nato. Così, dopo averlo tenuto in braccio per un pò, mia madre suscitò la curiosità dell’ostetrica che, dopo averla guardata, le chiese: ”Allora, com’è che chiamerete vostro figlio?” Senza esitare, mia madre rispose che il piccolo si sarebbe chiamato Damien, un nome che le era sempre piaciuto. Dopo un pò  di tempo passato in braccio a mia madre, il bimbo cercò subito di aprire gli occhi, e una volta vista la moltitudine di gente che aveva intorno, si spaventò e iniziò a piangere. Fu allora che mia madre iniziò a cullarlo fino a quando non si calmò e non si addormentò spossato fra le sue braccia. Io, che ero proprio lì accanto, a circa due metri di distanza, mi feci scappare qualche lacrima, tanta era la mia contentezza. A pensarci, non avevo mai assistito alla nascita di un bambino, eppure, oggi ero lì che lo stavo facendo. Il punto era un altro. Quella a cui avevo appena assistito, non era stata una nascita qualunque, bensì la nascita del mio fratellino, il piccolo e adorabile Damien Thompson.
 

 

 
Capitolo IX
 

 
Benvenuto Damien
 
È ormai passata quasi un’intera settimana dalla nascita del mio fratellino Damien, ma, per nostra sfortuna, abbiamo dovuto passarla in ospedale poiché stando al parere dei medici, mia madre e il bimbo stavano entrambi bene, ma dovevano restare dove sono ancora per un po’ di tempo, visto quanto mia madre si fosse stressata prima, durante e dopo il parto. Inoltre, qualche giorno fa, dopo un accuratissimo esame per il controllo delle condizioni di salute di Damien, si è scoperto che è sano e che non presenta problemi di particolare entità, salvo il fatto che, a quasi una settimana dalla nascita, non pesa ancora quanto dovrebbe. Per tale motivo, né lui né mia madre possono essere dimessi, così, mia madre è stata di nuovo fatta sdraiare su un lettino, con l’ordine di non stressarsi e mantenere la calma, e il piccolo Damien è stato trasferito nel reparto di terapia intensiva neonatale fino a che i medici non ritennero che il suo problema di peso si fosse finalmente risolto. Fortunatamente, oggi, dopo una settimana di straziante attesa, sia mia madre che il mio fratellino sono stati finalmente ritenuti in grado di lasciare l’ospedale e tornare a casa, così che Damien possa iniziare una nuova vita alla scoperta del mondo e di ciò che lo circonda, lasciandosi alle spalle questa brutta esperienza. La cosa più importante è che ora che lui e mia madre sono stati dimessi, ho finalmente modo di  calarmi nei panni di sorella maggiore e dare una mano a mia madre nel prendersi cura di Damien. Per poterlo fare, non devo fare altro che restare a casa mia lontana da Jackson, ma per pura sfortuna, lui non sa ancora nulla di ciò che è successo in ospedale durante l’ultima settimana, ho deciso di chiamarlo al cellulare per metterlo al corrente di tutto. Quando gli ho telefonato questo pomeriggio, sembrava essere felicissimo della nascita del mio fratellino, ma, sfortunatamente, cosa che non volevo che accadesse, sembra che non gli vada a genio il fatto che io torni a stare da mia madre per aiutarla con il bebè. Mantenendo la calma, ho ovviamente cercato di spiegargli che il periodo di tempo che trascorrerò a casa di mia madre sarà breve, ma lui non vuole sentire ragioni. Ora come ora, non so proprio cosa fare. Ultimamente, ho sempre un miliardo di pensieri per la testa, fra cui il dover cercare di dividermi fra il mio rapporto con il mio fidanzato, il dover aiutare mia madre con il piccolo Damien, e il dover presto sostenere il mio primo esame universitario legato alla facoltà da me scelta, ovvero storia e filosofia. Ad ogni modo, anche se in questo periodo sembra che il mondo mi stia crollando addosso, comprendo di dover fare finta che tutto vada bene e fare ciò che va fatto, seppur andando per gradi. Riflettendo, ho deciso di iniziare parlando con Jackson della mia intenzione di tornare a stare da mia madre per aiutarla con Damien, e proprio oggi, mi sono fatta coraggio e gli ho di nuovo telefonato spiegandogli tutto e andando dritta al punto senza usare mezzi termini, e almeno stavolta sembra avermi dato retta e capito le mie ragioni, dandomi quindi modo tornare a casa da mia madre e occuparmi assieme a lei del mio fratellino, poichè, in caso contrario, il piccolo Damien finirà per crescere senza una delle due sorelle maggiori, e ad essere sincera, non voglio certamente che questo accada. Inizialmente pensavo che prendersi cura di un neonato fosse facile, ma dopo la mia prima giornata passata a prendermi cura del bebè insieme a mia madre, ho capito che non è affatto così. In tutta la serata né io né mia madre abbiamo avuto un attimo di tregua. il piccolo aveva sempre e costantemente bisogno di noi, ogni volta per un motivo diverso, partendo dal fatto che non dormisse e finendo al dovergli dare da mangiare praticamente ogni ora. In altre parole, sia io che mia madre siamo entrambe a pezzi. Non avevo mai sperimentato la difficoltà del prendersi cura di un neonato, e lei non era più abituata a quei ritmi di vita così frenetici, essendo giustamente, passati anni dall’ultima volta. Poi, dopo circa un mese e mezzo di tempo passato a dividermi fra il migliorare il rapporto con il mio ragazzo, tra parentesi, tornato ad essere quello di prima. Tutto va quindi a gonfie vele, e l’imparare a prendermi cura del mio fratellino da sola in caso dovessi mai sostituire mia madre in questo, sarà sicuramente un punto a mio favore. Per tale motivo, ho deciso di restare un pò sola con me stessa senza pensare, almeno per un limitato periodo di tempo, a niente e a nessuno, avendo così modo di godermi al meglio gli ultimi attimi di tempo libero che mi sono concessi. Per mia grande sfortuna, tutto ha una fine, quindi anche il mio tempo libero, che, in molti casi, sono stata costretta a dover sacrificare, viste le mille cose che ho avuto da fare ultimamente e i mille pensieri che sto recentemente avendo per la testa. In ogni caso, di aver investito il mio tempo libero nella risoluzione dei miei problemi personali e familiari, non mi tocca, poichè almeno in quest’ultimo periodo, so di stare facendo le cose giuste per far sì che nella mia vita tutto fili liscio come l’olio. Come se tutto ciò che è successo non bastasse, alla mia già lunga lista di cose da fare, si è aggiunto anche il dover studiare per il mio primo esame universitario, che sosterrò a breve, quindi, ora come ora, non ci sono per nessuno. In questi ultimi tre giorni che ho per studiare e ripassare, avrò come unica compagnia circa una decina di vecchi e polverosi libri di storia, grandi ciascuno, almeno il doppio di me. Beh, che dire? Me la sono proprio cercata. Dopotutto, non è certo colpa mia, ultimamente sto avendo tutta questa serie di problemi uno dopo l’altro, ma questa scusa da un lato non regge, e dall’altro non sarà sicuramente utile per ciò che voglio ottenere, e cioè, superare questo difficile esame una volta per tutte, in modo da levarmelo di torno. Visto come si mettono le cose, non posso fare altro che darmi da fare. Certo, al momento la mia situazione non è affatto rosea, ma forse sto esagerando. In fin dei conti, non è nient’altro che un esame di storia, e poi, nel drammatico caso in cui non riuscissi a passarlo e venissi bocciata, potrei concedermi del tempo per raccogliere le idee, concentrarmi e riprovare a sostenerlo solo ed esclusivamente quando saprò di essere realmente pronta. D’altronde, questo è solo il primo della lunga serie di esami che dovrò sostenere e passare per poter realizzare il mio sogno di diventare insegnante di lettere, e in ogni caso, voglio essere ottimista. Credo di potercela fare anche se in questo periodo l’ansia mi sta letteralmente divorando. Ad essere onesta, penso di riuscire a passare quest’esame, ma ho sempre svariati dubbi sull’argomento. Ora come ora, l’unica cosa che posso fare è studiare, o almeno provarci, visti i mille pensieri che ho per la mente e le mille cose che sto avendo da fare. Considerato l’attuale stato delle cose, poi, credo sia meglio cercare di non saltare a conclusioni affrettate e impegnarmi a fondo per raggiungere questo mio obiettivo.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo X
 
L’esame
 

 

 
Dopo settimane e settimane di attesa e scrupolosa preparazione da parte mia, il giorno in cui finalmente sosterrò il mio primo esame universitario, è arrivato. Stamattina tutto sembra essere come vorrei che fosse. Difatti, non c’è nulla che non vada in questa splendida mattinata. È  tutto così bello, fuori il sole splende, i prati sono in fiore e posso perfino sentire gli uccellini cinguettare semplicemente volgendo lo sguardo alla mia finestra. Dopo essermi concessa qualche minuto per ammirare il magnifico spettacolo che questa mattina la natura ha da offrirmi, decisi, pur nolente e svogliata, di alzarmi dal letto e prepararmi per andare all’università. Proprio mentre ero occupata a vestirmi, sentii il mio cellulare squillare e, dopo aver indossato in tutta fretta, una semplice e sobria maglietta bianca, lo presi velocemente in mano e risposi. Avevo di nuovo ricevuto la solita telefonata mattutina da parte di mia madre, che durante l’intera conversazione, mi era sembrata alquanto nervosa. Così, senza esitare, decisi di chiederle perché, e lei mi rispose dicendo che lo era semplicemente a causa del fatto che stava di nuovo avendo problemi al lavoro, e che Damien non le dava tregua, quindi lei era sempre costretta a doversi dividere fra il suo lavoro e il ruolo di madre. Successivamente, ne ha anche approfittato per ricordarmi che oggi, era il giorno in cui avrebbe voluto portare Damien dal pediatra per le consuete vaccinazioni. In tutto ciò un unico problema, ovvero il dover andare a lavorare, e il non riuscire quindi in nessun modo a spostare l’appuntamento che quella mattina aveva fissato con il medico. A quel punto io, che ero lì ad ascoltarla, e non volevo per nessuna ragione al mondo che saltasse il lavoro per una banalità del genere, pur sapendo che quella stessa mattina avevo il mio da fare, mi offrii di portare io il bimbo dal pediatra, e così feci. Fortunatamente, arrivai in tempo, e in meno di mezz’ora, riuscii a riportare Damien a casa da mia madre e tornare da Jackson in modo da farmi accompagnare, come di consueto, all’università da lui. Sfortunatamente, non appena arrivai a casa, lo trovai ancora profondamente addormentato, anche se, dopo una decina di minuti al massimo, si svegliò ricordandosi del fatto che oggi dovevo sostenere quel dannatissimo esame, dal quale poi, in futuro, sarebbe dipeso il diventare o meno insegnante. Mentre aspettavo che Jackson finisse di prepararsi, passavo il tempo guardando nervosamente l’ora sul display del mio telefonino, tentando di levarmi dalla mente un singolo pensiero, secondo il quale erano le nove e mezzo del mattino e che avrei dovuto presentarmi nell’aula universitaria designata in appena un quarto d’ora. Quando finalmente Jackson uscì dalla sua stanza, si scusò con me di essersi completamente dimenticato del mio esame. Io, che in quel momento volevo solo arrivare puntuale, sostenere l’esame sperando vivamente di passarlo e dopodiché tornare a casa non pensandoci più e lasciandomi il tutto alle spalle, feci finta di nulla dicendogli che il tardare per me non era per niente un problema di grande rilevanza, quando in realtà, a dirla tutta, lo era eccome. In ogni caso, quella mattina ci affrettammo nel raggiungere l’università, per evitare di fare un’altra delle mie solite e magre figure. Quando arrivammo, io, che ero davvero agitatissima visto ciò che mi aspettava, salutai Jackson e lo ringraziai per avermi accompagnata. Mentre mi affrettavo per raggiungere l’aula in cui il mio esame di storia e filosofia si sarebbe svolto, rischiai di cadere inciampando, goffa, distratta e maldestra come ben sapevo di essere. Una volta arrivata davanti alla porta dell’aula, ovviamente chiusa, bussai un paio di volte, aspettando che venisse aperta. Ad aprirla, qualche minuto dopo, non fu altri che la persona che in seguito scoprii essere il professore che ci avrebbe somministrato tutte le domande e i quesiti che l’esame prevedeva. Fortuna volle che io non fossi sola, poichè lì con me, sedute l’una accanto all’altra, c’erano Karen e Britney, le mie vecchie compagne di corso. Ero decisamente sorpresa nel vederle, poichè nonostante avessimo discusso varie volte del nostro futuro, non ricordavo affatto che mi avessero detto di voler diventare anche loro insegnanti. Ovviamente, quello era un semplice e noioso dettaglio, per cui decisi di non badarci troppo. Eravamo sedute l’una accanto all’altra da un bel pezzo, quando d’improvviso, sentii il prof chiamare il mio cognome. Io, senza esitare, mi alzai e mi avvicinai alla cattedra. Dopodiché il professore cominciò a pormi molte domande, tutte diverse, che però avevano un chiaro e preciso collegamento con l’argomento principale. Per fortuna, tutto sembrava andar bene. Esponevo con notevole calma e sicurezza tutti gli argomenti, ricevevo sorrisi dalle mie compagne, rispondevo a tutte le domande in maniera esauriente ed esaustiva, e, cosa più importante, non tentennavo, cosa della quale, all’inizio non facevo che preoccuparmi. Difatti, avevo molta paura di bloccarmi, di strascicare parole, o di non riuscire a far fluire un chiaro discorso dalle mie labbra. Il mio esame andò avanti per quasi un’ora, e visto che avevo iniziato, sapevo di non dovermi fermare e soprattutto di non mostrarmi insicura. Mentre parlavo, concentrata esclusivamente sul discorso che stavo articolando, notai con piacere che il professore, almeno ai miei occhi, sembrava soddisfatto di come stessero andando le cose. Alla fine, dopo quasi un’ora passata a rispondere a varie domande tutte differenti, il professore dichiarò che avevo passato brillantemente l’esame, ottenendo come voto trenta e lode. A quella notizia, non seppi fare altro che ringraziarlo educatamente, salutarlo con un semplice “arrivederci” e dopodiché congedarmi uscendo con tutta calma dall’aula. Una volta fuori, iniziai a dirigermi verso l’uscita dell’edificio, e, quando finalmente mi trovai all’esterno, decisi di telefonare a Jackson perché venisse a prendermi. Detto fatto. Dopo non meno di cinque minuti dalla mia telefonata, lo vidi arrivare e cominciai ad avvicinarmi alla sua auto, che poi fermò per farmi salire a bordo. Non appena mi sedetti in auto, ne approfittai per tirare fuori dalla borsetta che avevo, il mio cellulare, per mezzo del quale inviai un veloce messaggio a mia sorella Courtney per avvisarla che avevo passato l’esame. Ebbi a malapena il tempo di rimetterlo a posto, e subito dopo Jackson mi guardò e mi chiese: ”Allora, com’è andata? Bene spero, insomma, ti preoccupavi tanto!” Con il sorriso sulle labbra, lo guardai e gli risposi felice: ”Benissimo! Non ci crederai mai ma ho ottenuto trenta e lode!” Non appena finii la frase, Jackson, senza distrarsi, mi avvolse un braccio intorno alle spalle senza dire niente, senza aggiungere una parola, finché, qualche secondo dopo, non fece scivolare la sua mano vicino alla mia iniziando a stringerla, maniera tutta sua di dirmi, senza usare le parole, che era veramente contento. All’inizio, dovetti  ammettere di trovare alquanto strano il fatto che non avesse avuto nulla da dire riguardo la notizia che gli avevo appena dato, tuttavia, decisi di non badarci troppo. Jackson, mi tenne stretta la mano fino a quando non arrivammo a casa, e gli toccò lasciarmela per scendere dall’auto. Poi, appena arrivammo davanti alla porta di casa, lo fissai per una manciata di secondi finché non iniziò a frugarsi nella tasca della felpa, estraendone dopo, la chiave con cui aprì in maniera calma ma decisa, la porta. Quando entrammo in casa, però, notai di colpo un silenzio tombale. La cosa mi parve piuttosto strana, così, mentre entrambi camminavamo verso camera sua, lo guardai e gli chiesi: ”Come mai non c’è nessuno? Di solito c’è un’accoglienza così festosa qui dentro.”  Subito dopo, Jackson mi guardò e rispose sorridendo: ”Beh, la casa è vuota soltanto perché i miei sono al lavoro e Alan è fuori con un paio di amici, niente di che. Dai, non avrai mica paura?” Dopo quelle parole, tornai a guardarlo e gli risposi: ”Cosa? Paura? Ma che accidenti vai dicendo?” Non appena finii la frase, però, d’istinto abbassai la testa come un coniglio spaventato. Non avevo affatto avuto paura, ma ho diciannove anni, e detesto quando la gente, specialmente le persone a me care, mi considerano una povera bimba paurosa. Ad ogni modo, capendo che scherzava, decisi di sorvolare e lasciar cadere la questione, in modo che non se ne parlasse più, e in effetti, la cosa funzionò. Era pomeriggio inoltrato, e pur essendo primavera, con quelle nuvole grigie che vedevo avvicinarsi guardando fuori dalla finestra, sembrava di essere di nuovo in pieno inverno, stagione in cui, a volte senti il sangue gelarti nelle vene, hai talmente freddo da non riuscire a muovere un passo, e le raffiche di vento sembrano sfigurarti il viso. Quello di oggi, ad ammetterlo, è davvero un pomeriggio uggioso, e ora come ora, l’unica cosa che mi aiuta a combattere la noia che mi assale è stare sdraiata sul letto in camera di Jackson, con lui che mi guarda mentre sono lì ferma a scambiarmi messaggi con mia sorella Courtney, tramite il mio telefonino. Dopo un pò però, quando anche quello sembra avermi dato noia, decido di spegnere il cellulare, posarlo sul comodino accanto al letto e invitare Jackson, che durante tutto il precedente lasso di tempo, era rimasto con la schiena  poggiata contro la parete, a sdraiarsi accanto a me. Quando finalmente lui si decide a farlo, dopo avermi di nuovo preso delicatamente la mano, inizia ad accarezzarla, con me che lo guardo negli occhi con lo sguardo di chi è follemente innamorato. Dopo un po’ inizia a fare lo stesso, ed è così che iniziamo a scambiarci tenere occhiate per i successivi cinque minuti, o forse anche di più. Tutto d’un tratto, però, mentre è ancora lì che mi guarda, Jackson mi stringe forte la mano, e mi bacia dolcemente sulle labbra. Quel bacio non durò poi molto, un minuto al massimo, ma a me non importava affatto. Apprezzavo il gesto e alla fine ed era questo quel che contava. Più tardi, con il passare delle ore, calò la sera, ed io, indecisa se restare a casa per mettermi a letto, o uscire con Jackson e passare una serata divertente, titubai. Tuttavia, mi concessi del tempo per rifletterci e compresi di aver avuto una giornata piuttosto faticosa, optando quindi per la prima delle due opzioni che avevo. Decisi quindi di rimanere a casa e andare a dormire visto quante ne avevo passate durante l’intera giornata. E fu così che, sfinita dalla stanchezza, mi addormentai sprofondando in un sonno senza sogni.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XI
 

 
Antichi rancori
 

 
È mattina presto, e il suono della sveglia di Jackson unito allo squillo del mio cellulare, mi costringono ad alzarmi. Dopo averlo fatto, seppur controvoglia, do uno sguardo al display del mio telefonino, che segna le nove e mezza. In quel momento, l’unico pensiero che ho è il voler tornare a dormire, ma comunque, decido di non farlo e iniziare come al solito la mia giornata. Così, presi in mano il cellulare per cercare di capire come mai avesse squillato. Presto detto. Avevo appena perso una chiamata dalla mia amica Karen, che non vedo dal giorno in cui, insieme, avevamo sostenuto il nostro primo esame di storia e filosofia. In principio, decisi di ignorare la cosa. In fondo, avevo molto da fare prima di richiamarla, compreso il dover fare la doccia e vestirmi, visto che mi ero praticamente appena alzata dal letto ed ero ancora in pigiama. Più tardi, quando mi fui vestita, decisi di richiamare Karen per due motivi. Non la vedevo da ormai un bel pezzo, e volevo assolutamente scoprire perché mi avesse telefonato e cosa avesse da dirmi. Dopo una lunga conversazione telefonica avuta con lei, durante la quale parlammo del più e del meno, capii che l’unico motivo per cui mi aveva telefonato, era fare una chiacchierata. Qualche ora dopo, mentre io, Jackson e la sua famiglia stavamo pranzando, il mio cellulare squillò di nuovo. Mi ero completamente dimenticata di spegnerlo, quindi lo afferrai e mi affrettai a farlo, ma mentre ero nell’atto di spegnerlo, notai che avevo ricevuto un messaggio. Era di nuovo Karen, che voleva invitarmi a passare il pomeriggio in giro per negozi assieme a sua sorella Britney, aggiungendo, che, sempre se avesse voluto, anche Jackson avrebbe potuto unirsi a noi. Dopo aver ricevuto quel messaggio, feci finta di niente appoggiando il cellulare sul tavolo vicino a me, in modo tale da riuscire a controllarlo nel caso in cui avesse squillato di nuovo. Finito il pranzo, dissi a Jackson del messaggio che avevo ricevuto e gli chiesi se gli andasse di uscire assieme a me alle mie amiche, ma lui rifiutò asserendo di avere altri piani per il pomeriggio. Ovviamente, accettai questa sua risposta senza insistere nel convincerlo. Difatti, anche se io e lui siamo una coppia da ormai tre anni, non mi dispiace rinunciare a stare con lui per passare un pomeriggio con le mie amiche, anzi, è l’esatto contrario. In fondo, è ormai cosa risaputa, che, in una relazione, ognuno ha bisogno dei propri spazi, senza eccessiva invadenza da parte del partner. In fin dei conti, io non sono una di quelle ragazze che una volta fidanzate, tendono a passare tutto il loro tempo incollate al loro fidanzato quasi per paura di perderlo da un momento all’altro,  Ad ogni modo, quel pomeriggio sembrò letteralmente volare, perché lo passai interamente in giro per negozi con le mie amiche. Dopo un giro per il centro commerciale, decidemmo, tutte e tre di comune accordo, di fare una passeggiata, e, proprio mentre stavo passeggiando assieme a loro, mi capitò di incrociare l’odiosa e insopportabile Ashley Brook, una mia vecchia compagna di liceo. Fra me e lei non era mai corso buon sangue, e ad essere sinceri, lei era stata, seppur non per lungo tempo, mia rivale in amore. Sì, c’è da dire che io e lei ci eravamo innamorate dello stesso ragazzo, ossia Jackson, che alla fine scelse me come fidanzata semplicemente perché gli piacevano i miei modi di fare e il mio carattere, e perché odiava la costante e continua altezzosità di Ashley nei confronti degli altri. Confesso che pensavo che una volta finito il liceo, mi sarei lasciata Ashley e il suo caratteraccio alle spalle, ma a quanto pareva, non era stato affatto così. Difatti, non appena mi vide e mi riconobbe, mi salutò in maniera piuttosto calorosa, come se non avessimo mai avuto alcun litigio o diverbio, cosa in realtà non vera. Dopo tutto quel tempo, ero ancora in collera con lei per tutti i torti subiti in passato, e non mi sto riferendo alla nostra temporanea rivalità in amore, bensì al fatto che, quando eravamo compagne al liceo, non ha mai perso un’occasione per farmi sentire inadeguata, sciocca e inferiore agli atri. Tuttavia, per evitare di fare la figura dell’attaccabrighe davanti alle mie amiche, la guardo e decido di salutarla dicendo: ”Ashley! Come va? È un bel pò di tempo che non ci si vede, eh?” Avevo a malapena avuto il tempo di finire la frase, e lei era già lì con la risposta pronta, che mi diede dopo essersi scostata i suoi lunghi e biondi capelli dal viso dicendo: ”Carly! Sei proprio tu? Ma guardati! Sono passati anni e nemmeno ti si riconosce! Come va?” In quel momento avrei davvero voluto non esserci, scomparire e sprofondare per sempre. Stavo avendo la più banale conversazione possibile con la persona, a mio parere, meno gradevole del pianeta. Ad ogni modo, le risposi dicendo che ero fidanzata da tre anni e che frequentavo l’università locale. Lei, con la sua solita e innata sfrontatezza, mi derise, dandomi della perdente e aggiungendo che, al contrario di me, studiava da privatista, che aveva da poco compiuto ventidue anni, e che era vicina al terminare gli studi. Dopo averla ascoltata, e visto come mi aveva fatta sentire, le mie amiche mi difesero, dopodiché cambiammo strada, e mi augurai di non incontrarla mai più. Sinceramente, pensavo che in tutti questi anni, almeno in parte, fosse cambiata, ma mi illudevo sbagliandomi di grosso, perché a dispetto del tempo che è passato, lei è rimasta la solita acida, sfrontata e maleducata ragazza di sempre. Una vota tornata a casa, decisi di non dire nulla a Jackson, e, quando mi chiese come fosse andato il pomeriggio con le mie amiche, mentii dicendo che era andato a meraviglia, quando in realtà dentro di me sapevo che era accaduto l’esatto contrario. Dopo che gli risposi, raccontandogli una bugia, dentro di me avvertii una strana sensazione, che ancora non riuscivo a spiegarmi. L’unica certezza che avevo, era che quella sensazione doveva essere, in qualche modo, legata al mio incontro con Ashley. Infatti, quando quella stessa sera andai a dormire, feci degli strani sogni, che non furono sogni veri e propri, bensì parvero un insieme di flashback, durante i quali, ripercorsi mentalmente, tutte le angherie da lei subite anni prima. Può sembrare incredibile, ma a quanto pare, svolgere una certa attività o incontrare una certa persona, può riportare a galla memorie, ricordi ormai lontani. Quella sorta di visioni, mi tenne sveglia per tutta la notte, perché continuavo, seppur non volendo, a ripensare a quel che Ashley mi aveva fatto passare: scherzi pesanti, burle di pessimo gusto, e svariate umiliazioni una peggiore dell’altra. Quella stessa notte approfittai della mia insonnia per riflettere, e d’un tratto compresi che, se volevo che tutto finisse, dovevo andare dritta alla radice del problema, e affrontare quella smorfiosa una volta per tutte, così da sfogare la collera che avevo nei suoi riguardi, e levarmi quel peso di dosso. Così, l’indomani pomeriggio, mentre Jackson era uscito con alcuni suoi amici, e io ero a casa completamente da sola, decisi di fare ciò che andava fatto, così, prendendo il cellulare, composi il numero di Ashley, e le telefonai. Ad essere sincera, non vedevo davvero l’ora che rispondesse per dirle davvero ciò che pensavo di lei, e quando finalmente lo fece, sfogai tutta la rabbia che avevo accumulato in quegli anni, intimandole infine, di non provare mai più a mettersi contro di me. Certo, ero e sono ancora oggi una ragazza gentile, solare e scherzosa, ma quando qualcuno si prende gioco di me o mi manca di rispetto, può star certo che un giorno, anche a distanza di anni, la pagherà cara. Ognuno è diverso, e unico nel suo genere, ma io a volte mi chiedo perché si faccia di tutto per rendere infelice la vita degli altri, conseguentemente rendendosi a dir poco detestabili. Subito dopo il mio incontro con Ashley, mi sono posta questa domanda varie volte, tentando poi di trovare una risposta, arrivando quindi ad una semplice conclusione. Se vuole davvero isolarsi da chiunque, con la sola compagnia del suo squallido gruppetto di amiche snob, invidiose e irrispettose degli altri almeno quanto lei, che faccia con comodo. A quanto sembra, lei è felice così, chiusa nel suo mondo, formato dalla costante invidia verso gli altri, e dai suoi pochi, banali e futili interessi. D’altronde, è impossibile cambiare la realtà, né io posso intervenire per convincere Ashley a cambiare, visto dove i suoi comportamenti da ragazza presuntuosa, la stanno portando. In effetti, anche se con mille sforzi, e con tutta la mia buona volontà, facessi un tentativo e ci provassi, credo che finirebbe male, proprio come ieri, quando mi ha deriso e trattato in maniera orribile davanti alle mie amiche, dandomi della perdente. Ora come ora, ho diciannove anni, ragion per cui, restare ferma e immobile  a prendersela, rimanerci male e combattere con le ferite e i torti del passato, potrebbe certamente sembrare una pazzia,  ma per me non è affatto così. Indipendentemente dalla mia età, ho sempre odiato le offese e le prese in giro che mi venivano spesso e volentieri rivolte, non solo dalla stessa Ashley, ma anche dal suo gruppo di amiche, quindi, visto il modo in cui mi ha trattato in tutti questi anni, non sono affatto disposta ad accettare che continui, impunita, a farlo, ragion per cui, ieri sera ho deciso di telefonarle e sfogare tutta la rabbia e la collera che avevo nei suoi riguardi. Subito dopo averlo fatto, nella stanza dove mi ero rintanata, è entrato Jackson, rivelandomi di essersi preoccupato sentendo tutte quelle urla. In quel momento, mi accorsi che la bugia che gli avevo raccontato, aveva ormai smesso di reggere, così sospirai e gli raccontai tutta la nuda e cruda verità. Dopo la fine del mio discorso, lui rimase attonito ed esterrefatto. In cuor suo, non riusciva a capacitarsi di quanto Ashley, una ragazza all’apparenza come tante, avesse potuto essere così meschina nei confronti di qualcuno, in special modo, nei miei. Dopotutto, almeno che io sappia, non ho mai fatto nulla per attirare verso di me l’attenzione di Ashley, in modo che si accanisse contro di me con quei comportamenti. È davvero strano, sono ormai passati anni, e ancora non riesco a spiegarmi la ragione di questo suo modo di comportarsi. Ad ogni modo, mi pare perfettamente inutile restare qui a rimuginare circa quel che mi è successo a causa sua, perché, dopotutto, ho fatto il possibile per cambiare le cose, dall’ignorarla, al telefonarle e sfogarmi. Sono convinta, poi, che l’averle telefonato ed essermi finalmente levata quel peso dal cuore, mi abbia profondamente aiutato. In fondo, non potevo certo rimanere lì immobile come una statua lasciando che continuasse a farmi subire tutte quelle angherie. Finalmente, dopo averle davvero detto ciò che penso di lei, mi sento più libera, senza più quei brutti pensieri che, tempo prima, avevo in testa come chiodi fissi. Mi sento meglio, finalmente è acqua passata, e sono libera di essere quella che sono, senza dovermi più preoccupare di venire giudicata, né da Ashley, né da nessun altro. Mi auguro, però, che sia davvero così, e che lei smetta di giudicarmi e deridermi per come sono fatta. A conti fatti, io vado bene a me stessa, e a coloro che mi vogliono bene, così come sono. Molte persone, inclusa la mia famiglia, sanno cosa ho passato durante i cinque lunghi anni di liceo, e hanno continuato a dirmi di sopportare, che prima o poi lo schernirmi e il deridermi le avrebbero dato noia, che sarebbe tutto passato, finito per sempre. Si sbagliavano. Sapevo fin dall’inizio che non sarebbe andata mai a finire come i miei cari speravano, ero certa che le cose avrebbero preso una piega ben diversa. Difatti, gli scherzi pesanti, le prese in giro di cattivo gusto, lo scherno e la derisione, a distanza di anni, continuano. Ne ho decisamente avuto abbastanza. Ognuno è padrone della propria vita, così come io lo sono della mia. Non posso lasciare che qualcun altro mi condizioni o ne prenda il controllo al mio posto. Vado bene a me stessa e agli altri, perciò, se non piaccio a lei, non mi importa. Ho ormai scelto di voltare pagina e dare un taglio netto alla lotta contro le ferite passate. Il giudizio delle persone, conta se positivo, mentre va ignorato se negativo, proprio come ho deciso di fare io. È vero, il tempo passa, ma le ferite restano, e l’unico e il solo modo di guarirne, non è il tempo stesso, ma la voglia di riuscire a cambiare le cose e superare il dolore, proprio come ho volutamente deciso di fare io, dopo anni passati nel dolore derivante dal giudizio altrui. Molta gente, quando si trova nella mia stessa situazione, decide di reagire in maniera passiva, tentando di ignorare ciò che gli succede attorno o lasciandosi scivolare tutto addosso.  Devo poi confessare che inizialmente ci avevo provato anch’io, finendo pero, per sentire ancora di più il già di per sé immenso dolore che provavo. Durante gli anni di liceo, visto quello che passavo, ho finito per non sentirmi completamente padrona della mia stessa vita, e solo oggi, ho capito che era tutto un enorme errore. Adesso, infatti, ho deciso che non m’importa più nulla del giudizio degli altri. Non gli piaccio? Non mi apprezzano? La cosa non mi tocca. Vado bene a me stessa, e questo è ciò che conta.
 
Capitolo XII
 
Libertà
 

 

 
Siamo giunti alla fine della primavera, e questo, significa per me due cose: è arrivata l’estate, che, per la cronaca, è la mia stagione preferita, e posso passare le vacanze estive come più mi piace, per cui ho un sacco di tempo libero da dedicare alle mie attività preferite, fra cui leggere, ascoltare musica, passeggiare e stare assieme alle mie amiche e a Jackson, il mio ragazzo. Tutti e due abbiamo aspettato con grande ansia che l’estate arrivasse, perché abbiamo intenzione di andare in vacanza al mare, in una località marittima, per l’appunto, vicina a dove viviamo. Inizialmente volevo passare le vacanze estive assieme alla mia famiglia, e infatti è così, ma, di comune accordo con i miei genitori, posso passare una settimana al mare con Jackson. L’unica pecca è che, sebbene io e lui pensavamo di aver pianificato tutto, ed essere pronti ad ogni evenienza, proprio questa mattina, giorno fissato per la partenza, mia madre mi ha telefonato dicendomi che  ormai da tre giorni il mio fratellino Damien ha la febbre alta e vomita, e che essendo arrivate le vacanze estive, non può portarlo dal pediatra, ragion per cui avrà bisogno del mio aiuto. La cosa non sembra affatto essere un problema per Jackson, che, quando l’ho messo al corrente di tutto, si è dimostrato piuttosto comprensivo, asserendo che, se io avevo un problema in famiglia, la nostra settimana di vacanza assieme avrebbe potuto anche aspettare. In fin dei conti il periodo di vacanza estivo dura tre mesi, perciò c’era ancora molto tempo per riorganizzarci in futuro. Così, il giorno seguente, Jackson mi riaccompagnò a casa di mia madre, dicendomi che sarebbe venuto lui stesso a riprendermi non appena il mio fratellino si fosse sentito meglio. Quelli che passai a casa di mia madre, furono due giorni decisamente molto stressanti. Sapevo che Damien si sentiva male, ma non mi aspettavo che prendersi cura di lui per accelerarne la guarigione sarebbe stato così stancante. Tuttavia, cercai di non badarci, concentrandomi solo sull’aiutare mia madre con il bambino. Alla fine, quei due giorni passarono, e, dopo aver salutato la mia famiglia, telefonai a Jackson perché venisse a riprendermi, come lui stesso, d’altro canto, aveva già promesso. Quando tornammo entrambi a casa, ricominciammo a pensare a come organizzarci per la vacanza al mare. Avevamo già scelto la località e la durata della permanenza, per cui, l’unica cosa rimasta da fare, era preparare ognuno le proprie valigie. Nulla di più semplice: sapevo già in partenza che la vacanza non sarebbe durata molto, perciò misi nella mia valigia soltanto due costumi da bagno, di cui uno, che sarebbe servito come ricambio, nel caso in cui il primo si fosse sporcato o cose del genere. Poi, ovviamente, non scordai di metterci dentro anche un paio di magliette e dei jeans, miei capi d’abbigliamento, ormai da tempo immemore preferiti. Le mie vacanze assieme al mio ragazzo furono, a dir poco, memorabili. Ho amato svegliarmi tutte le mattine sapendo di dover fare solo una cosa: andare in spiaggia a divertirmi con lui. Oltre a farci spesso e volentieri una nuotata insieme, ci è piaciuto anche più semplicemente passeggiare sul bagnasciuga, con la sola compagnia dello sciabordio dell’acqua di mare che, ad ogni passo che facevamo, cancellava le impronte da noi lasciate sulla riva. Altre volte, abbiamo invece preferito prendere il sole stesi ognuno sul proprio asciugamano. Per la sera, contrariamente a come passavamo le giornate, spesso decidevamo di rimanere in spiaggia fino a tardi, passeggiando l’uno accanto all’altra , sulla sabbia fresca e non più bollente data la scomparsa del sole, che sparendo lasciava il posto alla luna e al cielo stellato, che mi piaceva ammirare sdraiata accanto a lui. Ci sono stati giorni in cui, durante la settimana, abbiamo preferito passare il tempo con le nostre famiglie, visto che, tra parentesi, io non vedevo la mia da un bel pezzo. Ad ogni modo, ho passato le mie ultime giornate di vacanza a casa da mia madre assieme al resto della famiglia, compreso il mio fratellino Damien, che, avendo appena compiuto due anni d’età e avendo imparato a parlare con il solo utilizzo di singole parole e non di frasi di senso compiuto, non appena mi vedeva, cominciava a correre verso di me ripetendo il mio nome, e quando mi raggiungeva, iniziava a stringere forte con le minuscole manine che aveva, i miei pantaloni, facendomi così capire che voleva essere preso in braccio. Io sapevo bene che era felicissimo di vedermi, quindi, il più delle volte lo accontentavo, sollevandolo per pochi minuti prima di rimetterlo a terra, o qualche volta, nella sua culla per la nanna. Passavo le giornate a discutere con mia madre dei soliti e monotoni argomenti, fra cui, inevitabilmente, l’andamento dei miei studi universitari. Ovviamente, se mi chiedeva come andavano, le rispondevo che tutto procedeva bene, sapendo di starle dicendo la verità, anche perché, la mia vita da giovane studentessa universitaria non mi causa alcun tipo di problema al momento, quindi, posso stare tranquilla. Altre volte, ingannavo il tempo parlando con mia sorella, ponendole le domande più stupide e assurde possibili, così, tanto per farci una risata assieme, finché una di noi due non dava inizio a una discussione più seria e sensata. Difatti, un giorno, mentre stavo parlando con lei, ha iniziato a farmi domande su come andassero le cose fra me e il mio ragazzo Jackson, e io le ho risposto asserendo che andava tutto a gonfie vele, e che fra noi due non c’era alcun tipo di problema. Dopo che lei mi pose questa domanda, io ne approfittai per chiederle come stava, ovviamente riferendomi anche, alla sua vita sentimentale. Lei, che di solito risponde sempre senza esitare quando qualcuno le fa una domanda, stavolta non lo fece, e la cosa mi lasciò un pò perplessa. Noi due siamo sorelle, e ci confidiamo spesso l’una con l’altra, ogni volta che ne abbiamo l’occasione, quindi a me il suo improvviso silenzio, inizialmente parve piuttosto strano, finché, dopo aver riflettuto per qualche istante, non mangiai la foglia e le dissi:” Courtney, che c’è che non va? Avanti, dimmi, in fondo non puoi tenermelo nascosto per sempre, quindi sputa il rospo.” Dopo un pò, si decise a rispondermi dicendomi che, qualche mese prima della mia visita, aveva trovato anche lei un ragazzo, Kevin, a cui, però, non riusciva a dichiararsi. Mi raccontò anche che avevano passato del tempo insieme, e che lei aveva capito, durante quel lasso di tempo, che quello sembrava proprio essere il ragazzo giusto per lei, che era, stando a come me lo descrisse, un tipo gentile, simpatico e comprensivo. Mi chiese anche dei consigli circa come risolvere questo suo “problema d’amore”, ma io, non sapendo affatto cosa risponderle, e dissi semplicemente che per conquistare Kevin non doveva fare salti mortali ma semplicemente essere sé stessa e aspettare che a decidere fossero solo ed esclusivamente il tempo e il destino.  Mia sorella disse che trovava confortanti le mie parole e decise di darmi retta senza indugio, ritenendomi molto più esperta di lei in questo campo. Io la ringraziai del complimento, ma dentro di me pensai che stesse definitivamente esagerando. In fondo, non le avevo dato niente di più che un consiglio sul tipo di comportamento da adottare in una situazione del genere. Che dire, visto ciò che mi ha raccontato, posso solo affermare che le auguro tutto il meglio e che spero che lei riesca a vivere la sua favola d’amore proprio come lei stessa la immagina.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XIII
 

 

 
Il mondo degli adulti
 

 

 
Una nuova giornata sta oggi avendo inizio, ma quella odierna non è una giornata come qualunque altra, infatti, oggi è il giorno del mio ventesimo compleanno. È davvero incredibile: a volte sembra che il tempo  non passi mai, e altre sembra che voli, e infatti nel mio caso, il tempo è letteralmente volato, perché ancora non riesco a credere di aver vissuto per due decadi. Oggi ho anche ricevuto una telefonata da mia madre che mi chiamato per farmi gli auguri di buon compleanno, festa che per me, è sempre stata molto speciale. Per me è sempre stato importante ricevere gli auguri di compleanno da parte dei miei cari e dei miei amici, e infatti, quando ero bambina, e qualcuno se ne dimenticava, ci rimanevo davvero male essendo il compleanno una festa che viene, per ognuno di noi, per l’appunto una volta l’anno, per cui se qualcuno se ne scordava, mi toccava aspettare l’anno seguente per riceverli di nuovo. Ad ogni modo, questa mattinata sembra essere iniziata esattamente come avrei voluto che iniziasse. Difatti, va tutto secondo i piani: mi sono svegliata d buon’ora e piena di energie, ho avuto tutto il tempo per organizzarmi per andare all’università, e soprattutto non ho fatto tardi e la lezione è andata benissimo. La giornata sembrava andare di bene in meglio. Infatti, una volta tornata a casa, una sorpresa era lì ad aspettarmi. Non appena varcai la soglia della camera di Jackson, lui stesso mi fermò e mi abbracciò forte, augurandomi buon compleanno. Ma non era finita lì. Infatti, subito dopo avermi abbracciato, mi invitò d andare a sedermi con lui sul divano dicendo che aveva qualcosa da mostrarmi. Appena ci sedemmo l’uno accanto all’altra sul divano, lui m guardò negli occhi, mi baciò sulle labbra e dopodiché mi disse di chiudere gli occhi e di tendere una mano verso di lui tenendo gli occhi chiusi. Jackson mi fece mantenere quella posizione per circa una ventina di secondi, allo scadere dei quali riaprii gli occhi, curiosa, perché non avevo ancora capito quello che stava succedendo. Ad ogni modo, quando riaprii gli occhi, non riuscii a credere a quello che stavo vedendo. Il mio ragazzo mi aveva appena regalato un favoloso paio di orecchini dorati. Ero totalmente allibita. ai miei occhi, tutto appariva irreale, eppure non era così.  Era stato un pensiero bellissimo da parte sua, ed essendo fidanzata con lui da ormai quattro anni, sapevo di potermi aspettare di tutto, ma non avrei mai potuto pensare ad una cosa del genere. Farmi quel regalo è stato un ottimo modo per migliorare il mio umore e rendermi felice. Essendo quest’oggi per me un giorno speciale, ho deciso di dedicarlo interamente al rapporto con il mio fidanzato. Infatti, come era prevedibile, siamo usciti e abbiamo passato la serata fuori, iniziando con una cena al ristorante vicino casa, e finendo con l’andare a ballare in discoteca. Devo ammettere che questo è stato forse il compleanno migliore che io abbia mai festeggiato. Questa giornata è stata a dir poco perfetta. È andato tutto, ma proprio tutto, come speravo che andasse, senza nessun dettaglio mancante o particolare fuori posto. Oggi mi è davvero sembrato di vivere una vera e propria favola. È stato bellissimo avere l’occasione d passare una giornata di questo genere con il mio fidanzato, che l’ha resa davvero divertente e piacevole. Ovviamente, non bisogna sempre e solo pensare che nel mondo tutto sia rosa e fiori, ma anche rendersi conto che il tempo che passa, porta tantissimi cambiamenti sia alla nostra vita che a quella degli altri, infatti, l’aver raggiunto i vent’anni d’età, mi ha fatto molto riflettere. Ad esempio, sono un anno più vicina alla fine degli studi, sono molto più libera e indipendente, e, stando alla legge, posso anche sposarmi e avere dei figli, cosa che certamente non accadrà prima che io finisca gli studi e diventi, realizzando il mio sogno nel cassetto, insegnante di lettere. L’aver compiuto vent’anni, perciò, simboleggia per me l’ingresso nel mondo degli adulti. Difatti, ora che sono ufficialmente diventate una ventenne, s che non verrò più considerata una ragazza, bensì un’ adulta, una donna fatta. Sinceramente, non ho mai desiderato crescere in fretta, poichè ho sempre saputo, sin dall’inizio, che se l’avessi fatto, sarei diventata ansiosa, avrei messo fretta alle cose e non mi sarei affatto potuta godere i miei anni da adolescente che, con l’arrivo dei miei vent’anni , sono ufficialmente finiti. Ora  come ora, sono più che sicura di poter affermare che sono riuscita a godermi il mio periodo adolescenziale nel migliore dei modi. Durante questi anni, infatti, mi sono successe tante cose, una migliore dell’altra, e ho passato tanti momenti a dir poco indimenticabili che spero, un giorno, in un futuro non troppo lontano, di poter ripetere.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XIV
 

 
Una notte indimenticabile
 
Giorno per giorno, la vita va avanti, e, con i giorni, vengono via anche le settimane, i mesi, ed infine anche i lunghi anni. Non mi sembra quasi vero, eppure da oggi inizia la mia vita da ventenne vera e propria. Oggi, come del resto praticamente ogni giorno in questo periodo, tutto sembra andare per il verso giusto. Però, stranamente, è tutto il giorno ormai che avverto una strana sensazione. Non so di preciso cosa sia, né a cosa sia collegata, e l’unica cosa di cui sono certa è, che se smetto di pensarci, passerà. Infatti, per mia fortuna, la cosa sembra aver funzionato. Quando più tardi, dopo la consueta lezione universitaria, sono tornata a casa, no ho potuto fare a meno di notare che Jackson aveva iniziato ad assumere dei comportamenti piuttosto anomali nei miei riguardi. Per qualche strana ragione che in quell’esatto e preciso momento non capivo, infatti, seppur solo per poco tempo, cambiò totalmente approccio verso di me. Era sempre più insicuro, timoroso e titubante quando eravamo insieme. Mi bastava semplicemente guardarlo per fare in modo, involontariamente, che la fronte e il collo gli si imperlassero di sudore. Era decisamente tutto troppo strano per stare accadendo veramente. Ormai stiamo insieme come una coppia da quattro anni, e conoscendolo, questo tipo di comportamento è a dir poco inspiegabile da parte sua. In cuor mio sapevo che qualcosa non andava, si comportava come se stesse cercando di nascondermi qualcosa. Non sapevo se fosse un segreto, una colpa, o altro, ma in quel momento ero sicura di una cosa sola. Dovevo, in qualche modo, conoscer l’origine di quei comportamenti. Non sopporto, come persona, di vivere immersa nei miei stessi dubbi e interrogativi, perciò, guardandolo negli occhi, mi avvicinai e gli chiesi:” Jackson, si può sapere cos’hai? Sembri strano ultimamente, va tutto bene?” Inizialmente, sembrò innervosirsi ancora di più ed evitò di rispondere. Poi, però, mi disse che aveva da comunicarmi qualcosa che, almeno stando al tono che utilizzò nel parlarmi, sembrava essere di vitale importanza. Vedendolo tanto nervoso, gli dissi di calmarsi, fare dei respiri profondi, e dopodiché, ricominciare a parlare. Lui mi diede retta, e, dopo essersi finalmente calmato, mi disse di seguirlo in camera sua perché non voleva farsi sentire da nessuno. Perplessa, acconsentii a seguirlo, e, non appena arrivammo in camera sua, mi guardò negli occhi e, con voce rotta in parte dal nervosismo e in parte da quella che mi parve essere paura, disse:” Carly, tu sei la mia fidanzata, stiamo insieme da quattro anni e sai che ti amo, perciò, almeno per come la penso io, dovremmo portare la nostra relazione a un livello più alto.”Le sue parole furono bellissime, ma mi confusero ancor più di quanto già non fossi. L’alone di mistero che si celava dietro quel suo discorso stava decisamente diventando troppo fitto per i miei gusti, e, non potendo certamente leggergli nel pensiero, senza esitazione alcuna, gli chiesi::” Di cosa stai parlando? Che cosa significano queste parole? Si può sapere, una volta per tutte, cosa intendi e che ti passa per la testa?” Jackson non rispose affatto. Evidentemente il mio essere troppo schietta e diretta, e la durezza delle mie parole sembravano averlo piuttosto spaventato, poiché dopo avergli parlato, notai che stava di nuovo iniziando a sudare. Dopo un po’ però, sembrò decidersi a darmi una risposta, e infatti, disse:” Andiamo Carly, sai di cosa sto parlando! Non sei mica nata ieri! Non fare l’ingenua!” Stava cercando di spiegarmi in tutti i modi quello che voleva, ma io continuavo a non capire le sue intenzioni. Così rimasi lì immobile e muta a fissarlo, aspettando che si ripetesse, o che, perlomeno, si spiegasse meglio. Mentre lo guardavo, mi misi a riflettere, e mi ci volle qualche minuto prima che un vero e proprio lampo di genio mi attraversasse la mente come un fulmine. D’un tratto capii quel che intendeva. In quello stesso momento però, ricominciai a sentirmi strana. Ora che avevo capito cosa voleva da me, dovevo dirgli, in un modo o nell’altro, come la pensavo a riguardo. Fu così, che, tornando a guardarlo, gli dissi::” Jackson, ascolta, capisco perfettamente quel che intendi, ma non mi sento pronta.” Lui rimase lì fermo davanti a me ad ascoltare le mie parole in un silenzio quasi religioso. Avevo, seppur invano, tentato di oppormi, cercando di farlo ragionare e capire il perché, al suo volere, ma ogni resistenza fu totalmente inutile. Dentro di me sapevo di amarlo con tutto il mio cuore, e se la cosa l’avesse reso felice, avrei, malgrado le mie paure ed esitazioni, accettato di farlo. Fu così che, chiusi tutti e due a chiave nella sua stanza, per nostra stessa volontà, in trappola come topi, ci lasciammo andare alla nostra prima “notte d’amore”, una notte che non dimenticherò mai.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XV
 

 
Una dura verità
 

 
Ieri per me, è stata una giornata bellissima, considerando il fatto che l’ho passata quasi interamente con il mio fidanzato. Questo mi fa ripensare a quello che abbiamo fatto l’altra sera. Ieri notte, quando sono andata a letto, sembrava andare tutto bene, al contrario di oggi. Infatti, fin da stamattina, mi sento veramente strana. Mi gira la testa, ho un inspiegabile senso di nausea, e anche un leggero dolore alla pancia. Visti i miei sintomi, nel primo pomeriggio, ho deciso di prendere un appuntamento con il mio dottore, tanto per fare un controllo e accertarmi che vada tutto bene e che non sia nulla di grave. A essere onesti, non sono una di quelle persone che, al minimo segno di malattia o malessere, si precipitano dal proprio medico, aspettandosi sempre il peggio, ma, non essendomi mai sentita così, volevo ascoltare il parere di un esperto. Perciò, go chiesto al mio ragazzo, Jackson, di accompagnarmi dal medico perché, per l’appunto, non mi sentivo affatto bene. Quando arrivammo, ci toccò aspettare, per quasi un’intera ora, nella sala d’attesa. Attendere un po’ per me, non era per niente un problema, ma la cosa diventò abbastanza complicata quando i capogiri, che già avevo, peggiorano. Alla fine, arrivò il mio turno di essere visitata, e io mi diressi, assieme a Jackson, nello studio del medico. Appena entrata, mi sedetti, incrociando le gambe, su una delle sedie lì presenti e, subito dopo, cominciai a presentare il mio intero corredo sintomatologico al dottore, che ascoltò senza proferire parola. Mentre parlavo, prestavo molta attenzione al mio interlocutore, notando che, di tanto in tanto, faceva segno di sì con la testa. Finite le spiegazioni, gli chiesi cosa potesse significare, e il dottore, prima di rispondere, mi pose un paio di importanti domande, fra cui quanti anni avessi, se facessi attività fisica o meno, e se svolgessi mansioni gravose o stressanti. Mantenendo la calma, risposi che avevo da poco compiuto vent’anni, che conducevo una vita attiva, e che non credevo che gli studi universitari potessero essere, per me, motivo di stress. Secondo il medico, di cui io mi fidavo, tutti i miei malesseri erano causati da sforzi eccessivi ed elevati livelli di stress, perciò mi consigliò di evitare di agitarmi troppo e di prendermela con calma, senza alcuna pressione. Non sapendo cos’altro fare, decisi di seguire i consigli del medico, e infatti, per i successivi tre giorni, tutto sembrava essere tornato alla normalità. I capogiri e il dolore di stomaco cessarono, ma un nuovo e inaspettato sintomo mi sconvolse letteralmente. Con mia grande sorpresa, la mattina dopo, scoprii un ritardo nel mio ciclo mestruale. Non era mai stato irregolare, ma in ogni caso, decisi di non dare troppo peso alla cosa, perché, riflettendo, mi venne in mente che era un semplice ritardo, nulla più, perciò non dovevo lasciarmi prendere dal panico o dall’ansia. Pochi giorni dopo, i capogiri e i dolori di stomaco si ripresentarono, così decisi di ritornare dal dottore. Una volta arrivata, fui sottoposta a una lunga serie di esami, tutti con esito negativo. Inoltre, notando un leggero rigonfiamento della mia pancia, il medico stesso mi chiese se fossi incinta, e io risposi di no, ma ad ogni modo, per sicurezza, il dottore mi consigliò di effettuare un test di gravidanza, per eliminare ogni mio dubbio e confermare i suoi sospetti. Lo ringraziai del consiglio, e subito dopo, uscii dal suo studio. Non appena io e Jackson uscimmo per raggiungere la sua macchina e tornare a casa, lui mi chiese, in tono parzialmente preoccupato, come fosse andata la visita dal medico, e io gli risposi affermando che non c’era alcun problema, che andava tutto bene, e che potevamo dormire sonni tranquilli. Non appena Jackson accese il motore dell’auto, mi ritornarono in mente le parole del dottore, e feci presente a Jackson che, se era possibile, dovevamo raggiungere in fretta la farmacia più vicina. Lui mi chiese perché, ed io, non sentendomi affatto pronta a dirgli la verità, mentii dicendo, per evitargli preoccupazioni, che dovevo prendere delle pillole per il mal di testa. Generoso com’è, si offrì lui di scendere dall’auto e comprarmi lui le medicine, ma io lo fermai, asserendo che potevo farlo benissimo da sola. Alla fine, come era prevedibile d’altronde, fui io a scendere dalla macchina e ad entrare in farmacia e prendere, invece che delle pillole per il mal di testa, un kit per il test di gravidanza, che avevo intenzione di fare, per essere sicura che il medico che mi aveva visitato consigliandomelo, avesse torto. Fortunatamente, per tutta la durata del viaggio fino a casa, smisi di mostrare segni di malessere, e appena rientrai in casa, corsi trafelata in bagno, intenzionata a fare quel dannato test una volta per tutte. Ero del tutto sicura che l’esito si sarebbe rivelato negativo, ma quel che lessi mi scioccò. Il test era positivo. Non potevo credere a ciò che avevo appena visto con i miei stessi occhi, ero talmente sorpresa e confusa, che per poco non caddi. Quello che ero stata appena costretta a incassare, era stato davvero un brutto colpo. Ad ogni modo, cercai di calmarmi, e scossi la testa un paio di volte, tanta era la mia incredulità. Un attimo dopo, chiusi gli occhi, e quando li riaprii, diedi un’ultima occhiata al risultato del test, sperando di essermi sbagliata, e pregando che quel che mi stava accadendo, fosse solo il frutto della mia immaginazione, che, in quel momento più che mai, galoppava vista anche la gran confusione che avevo in testa. Purtroppo, dovetti accettarlo. Ero in dolce attesa. In quel momento, fui letteralmente pervasa da un fiume di emozioni. Ero felice, ma allo stesso tempo anche triste, perché non avrei mai voluto che una cosa del genere, per quanto bella potesse essere, mi accadesse così presto. Poco tempo dopo, sentii qualcuno bussare alla porta del bagno. Era Jackson, che, visto il lungo lasso di tempo che avevo trascorso lì dentro, sembrava essersi preoccupato. In realtà, quella preoccupata ero io, perché, la mia mente fu invasa da migliaia di pensieri e domande. Che dovevo fare? Come l’avrebbero presa il mio ragazzo e i miei familiari? Che ne sarebbe stato della mia carriera universitaria? Non potevo saperlo, ma in quell’istante, fui sicura di una sola cosa. Dovevo assolutamente dire a Jackson e alla mia famiglia, la verità. Prima o poi, tutti i nodi vengono a pettine, e sapendolo, non potevo continuare a nasconderlo all’infinito. Così, presi una decisione. Uscii dal bagno e raggiunsi subito Jackson, che trovai seduto sul divano del salotto. Non volevo perdere neanche un secondo di tempo, così mi avvicinai e gli dissi:” Jackson, dobbiamo parlare. Ricordi l’altra sera? Bene, mi sto riferendo proprio a questo. So che forse non dovrei dirtelo in questo modo ma, io aspetto un bambino di cui tu sei padre.” Dopo averglielo detto, mi sentii subito molto meglio. Non c’è assolutamente modo per descrivere quanto mi sentissi sollevata. Nulla, però, avrebbe mai potuto prepararmi alla sua reazione. Difatti, mi guardò negli occhi ed esclamò:” Carly! Sei davvero incinta? Non posso crederci! È una cosa bellissima, non sei contenta?” In quel momento, ero certamente felice, perché in fondo sapere di aspettare un figlio è una notizia incredibile, ma quel che trovai ancor più incredibile, fu l’inaspettata reazione di Jackson. A dire il vero mi aspettavo che si pentisse di ciò che era successo, e decidesse di lasciarmi dopo il “guaio” che aveva combinato. Fortunatamente, però non fu così, e potei finalmente tirare un grosso sospiro di sollievo. Che dire, il più era fatto, ora, l’unica cosa che restava da fare, era dare la notizia alla mia famiglia. Io non sono affatto una persona frettolosa, ma volevo solo togliermi quel pensiero dalla mente, perciò, quella stessa sera, telefonai a mia madre, per invitare lei e il resto della famiglia a casa di Jackson, per far sì che avessimo l’opportunità di discutere dell’accaduto. L’impresa però, si rivelò tutt’altro che semplice. Infatti, quando la mattina dopo, così come era stato previamente stabilito, la mia intera famiglia venne a trovarmi a casa del mio ragazzo, devo confessare che provai molta vergogna nel dover raccontare loro la verità. Mi vergognavo, non perché non riuscissi a trovare le parole per dirglielo, bensì perché ancora non sapevo come i miei genitori, mio fratello e mia sorella, avessero potuto reagire. Decisi, tuttavia, di dire loro la verità senza mezzi termini, e fortunatamente, tutto andò come io e Jackson avevamo sperato. Tutta la mia famiglia, nessuno escluso, era raggiante di felicità una volta ricevuta la notizia della mia gravidanza, e dopo che gliela diedi, iniziarono tutti quanti a pormi domande riguardo la gravidanza stessa, fra cui come e quando l’avessi scoperto, se avessi già almeno una vaga idea per il nome del nascituro, e se avessi preferito avere un bimbo o una bimba. A quest’ultima domanda risposi affermando che avrei preferito avere una femmina, aggiungendo che, anche se il bambino che portavo in grembo, fosse stato un maschio, per me non ci sarebbe stato alcun tipo di problema. Vista la maniera in cui ho scoperto la mia condizione, devo ammettere che è stato un po’ una sorpresa, infatti, all’inizio avevo paura ad affrontare quest’ostacolo con le mie sole forze, ma ora, sapendo di poter contare sull’aiuto e sul sostegno della mia famiglia e del mio ragazzo, mi sento molto più tranquilla e ogni sorta di timore iniziale è completamente scomparso diventando semplicemente un vago e lontano ricordo.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XVI
 

 

 
La scoperta
 
Oggi, sono ufficialmente passati due mesi da quando ho scoperto di essere incinta, perciò anche dall’inizio della mia gravidanza. Non riesco ancora a crederci, è successo tutto così in fretta, la mia vita sembrava essere così monotona e ripetitiva, almeno fino a due mesi fa, eppure ora ho vent’anni, sono felicemente fidanzata con il ragazzo che amo da quattro anni, e sono in procinto di diventare madre di una splendida creatura. Inoltre, negli ultimi giorni, appena ho avuto l’occasione, l’ho colta al volo, e ho approfittato per parlare della mia condizione, al telefono con mia sorella Courtney. Lei era letteralmente pazza di gioia durante l’intera conversazione telefonica, ed essendo al corrente del fatto che sono al secondo mese di attesa, mi ha consigliato di andare dal medico per la mia prima ecografia, per far sì che mi accertassi delle condizioni di salute del bebè che porto in grembo. Io, ovviamente, la ringraziai del consiglio, e senza perder alcun istante, telefonai subito il dottore per prendere un appuntamento e  con certezza la data della suddetta ecografia. La telefonata non durò molto, infatti, mi ci vollero solo pochi minuti per prendere accordi con il dottore circa la visita alla quale intendevo sottopormi. Ad ogni modo, fissai l’appuntamento per l’indomani, e, la mattina seguente, dopo essermi preparata, mi feci accompagnare da Jackson nello studio del medico. Visto quanto ero nervosa, il viaggio, che pure non è poi così lungo, mi è parso letteralmente infinito. Poi, dopo venti minuti di macchina, arrivammo, e dovetti aspettare, in sala d’attesa, il mio turno di essere visitata. Io cercavo di non dare nell’occhio, mantenendo la calma, ma devo confessare che, più l’attesa si allungava, più la mia ansia cresceva. A essere onesti, ero davvero molto preoccupata circa la condizioni di salute del bambino, perché in fondo, in quegli ultimi giorni mi ero stressata parecchio a causa degli studi universitari che non intendo abbandonare. Un’altra cosa che non faceva altro che aumentare i miei livelli di ansia e preoccupazione, era il pensiero di aver dovuto assumere dei farmaci diverse volte al giorno, visti i dolori di stomaco provocati dalla mia condizione stessa. Senza neanche accorgermene, finii per passare un’intera mezz’ora tormentata da questi pensieri, allo scadere della quale, sentii un improvviso scatto metallico, e, alzando lo sguardo, mi resi subito conto che la fonte di quel rumore era semplicemente la porta dello studio del medico che si apriva. Tutto d’un tratto, mi sentii sollevata, perché sapevo che era finalmente arrivato il mio turno. Senza perdere tempo, sia io che Jackson ci avviammo verso la porta aperta, ed entrammo così nello studio del dottore, il quale, non appena mi vide, si presentò, strinse la mano ad entrambi, e mi fece sdraiare sul lettino posto accanto alla sua scrivania. Non appena mi fui sdraiata, il medico iniziò ad effettuare l’ecografia. L’ intero processo, non ebbe una lunga durata, e devo ammettere che inizialmente ero abbastanza nervosa dei risultati, ma mi sentii sollevata quando affermò che poteva mostrarceli direttamente, invitandoci a guardare lo schermo di una sorta di piccola telecamera, posta anch’essa, di fianco al lettino dove ero sdraiata. Voltarmi per guardare, fu leggermente difficile, ma con un po’ d’aiuto ci riuscii, e fui felice di scoprire quel che, durante quei due mesi, stava accadendo all’interno della mia pancia. A detta del medico, sembrava essere tutto nella norma, sembravano non esserci problemi e sia io che Jackson, potevamo tranquillizzarci. In quel momento, notai che Jackson mi stava sorridendo, e io feci lo stesso guardandolo negli occhi. Da quel momento in poi, sapevo che tutti i miei dubbi avevano cessato di esistere. Andava tutto bene, e né io né Jackson, dovevamo più preoccuparci. Qualche minuto dopo averci mostrato quelle immagini, il dottore ci disse che aveva una sorpresa per noi due. Confusi, entrambi gli chiedemmo cosa intendesse, e, cercando di farcelo capire senza dover fornire indizi, ci invitò nuovamente a dare un’occhiata, stavolta più da vicino, alle immagini che ci aveva previamente mostrato. Noi gli demmo retta senza proferire parola, salvo poi asserire che, nonostante aver guardato, ancora non capivamo cosa intendesse, perdonando la nostra quasi totale ignoranza in campo medico. Alla fine, fu il dottore stesso a rivelarci quale fosse la sorpresa che aveva per noi, così, senza esitare, ci disse che dovevamo essere orgogliosi, poiché stavamo per diventare genitori di due bellissime gemelline, che erano entrambe sane come pesci. A quella notizia, io e Jackson, che eravamo a dir poco felicissimi, ci abbracciammo. Entrambi, non riuscivamo proprio a credere a ciò che avevamo appena sentito, eppure era vero. C’è da ammettere poi, che non mi sarei mai potuta aspettare una notizia così bella. Continuavo, in preda all’incredulità, a guardare Jackson che sorrideva, anche lui felice di questa scoperta. Ora come ora, sono incinta di due mesi, e non vedo l’ora che le gemelle nascano. Non voglio assolutamente mettere fretta alle cose, l’unica cosa che voglio fare è stringere fra le braccia le mie due future bimbe. Comunque, comprendo, ora che sono in dolce attesa, di dover rinunciare, pur non volendo, a tante cose, che prima erano parte del mio vivere quotidiano, fra cui gli studi universitari, che ho intenzione di riprendere in un secondo momento, sicuramente dopo la nascita delle bambine, e lo stare con le mie amiche quanto vorrei. Loro, per inciso, non sanno ancora nulla della mia attuale condizione, visto il fatto che, puressendo compagne di università, ognuna di noi sembra avere i propri piani per il futuro, e ognuna ha i propri impegni, perciò si può dire che i miei contatti con loro sono molto diminuiti negli ultimi tempi, ma non si può dire lo stesso del nostro rapporto di amicizia, difatti, quello non è cambiato di una virgola. Conosco la maggior parte di loro, comprese Karen e Britney, dai tempi del liceo, e devo ammettere che lo studio sembra avermi leggermente allontanata da loro, ma voglio rimediare. Infatti, domani ho intenzione di uscire assieme a loro per divertirmi come facevamo prima, e confidare loro questo “piccolo segreto”.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XVII
 
Segreti rivelati
 
Stamattina, come ogni giorno del resto, mi sono svegliata di buon’ora, e, dopo essermi opportunamente preparata, ho deciso di andare all’università, e comunicare, a chi di competenza, il mio ritiro dall’università stessa, poiché penso di non riuscire a conciliare l’andamento degli studi con quello della mia gravidanza, ragione principale per la quale ho deciso appunto, di ritirarmi, sapendo però, che continuerò a studiare seguendo degli appositi corsi online, ottenendo poi, a tempo debito, un diploma per corrispondenza. Inizialmente, non volevo affatto mettere al corrente mia madre della cosa, ma ho dovuto farlo per forza, poiché, conoscendola, sapevo che prima o poi, anche per vie traverse, sarebbe venuta a saperlo. Fortunatamente, dopo che glielo comunicai, andò tutto come avevo previsto, infatti, non si arrabbiò per niente, proprio come speravo che accadesse. Ora che la pressione che gli studi universitari esercitavano su di me e sulla mia vita stessa, si è, a parer mio, molto allentata, ho deciso che il prossimo passo da fare è riprendere i contatti con le mie amiche, con le quali non mi vedo ormai da un bel pezzo, invitandole a passare il pomeriggio assieme. Difatti, la prima cosa che ho fatto nel primo pomeriggio, appena arrivata a casa, è stato telefonare alle mie amiche Karen e Britney, per accordarci circa cosa fare e dove andare nel pomeriggio. Fu così, che dopo svariati ripensamenti, optammo per qualcosa di semplice, ossia andare in gelateria e fare quattro chiacchiere. Ovviamente, mi assicurai d arrivare nel luogo designato in orario, e quando arrivai, entrambi le mie amiche mi salutarono, e insieme, ci sedemmo a uno dei tavolini posti proprio al di fuori della gelateria stessa, iniziando a gustarci i gelati che avevamo ordinato. Fra una leccata e l’altra, ne approfittai per chiacchierare con le mie amiche del più e del meno, ma poi, senza che io riuscissi ad accorgermene, Britney iniziò a guardarmi, squadrandomi letteralmente dalla testa ai piedi. Io le chiesi perché, e lei mi rispose che mi stava osservando in quel modo semplicemente  perché le sembravo leggermente diversa. C’è da dire che con quel comportamento mi aveva colta alla sprovvista, infatti, non sapevo proprio cosa rispondere, per cui mi limitai a sorridere rimanendo in silenzio, ma non era affatto finita lì. Difatti, sembrava che avessi superato quello scoglio, ma proprio quando mi convinsi di ciò, mi accorsi che anche Karen aveva cominciato a guardarmi in maniera piuttosto strana. Io voglio bene a tutte e due, ma non sopportavo che entrambe mi fissassero in quel modo. Era vero, non ci vedevamo da molto tempo, ma non riuscivo proprio a capire il perché di quel loro comportamento, che, oltretutto, non avevano mai mostrato prima d’ora. Poco dopo, iniziai a riflettere, e subito dopo, ripensai alle parole di Britney. Era chiaro che avevano entrambe capito che qualcosa in me non andava, così, comprendendo che si erano accorte della mia gravidanza, decisi di confessare. All’inizio ero un po’ spaventata circa la loro reazione, poiché credevo che una volta scoperta la mia condizione, avessero voluto smettere d frequentarmi, ma in fin dei conti, non fu così. Al contrario, entrambe si mostrarono molto felici per me, tanto che iniziarono a pormi le stesse identiche domande che altri prima di loro, mi avevano già posto. In fondo, la curiosità era abbastanza comprensibile, e io, decisi di soddisfarla rispondendo a tutte le domande che mi fecero. E così, il copione si ripeteva. Mi posero svariate domande, fra cui da quanto tempo fossi in dolce attesa, se conoscessi già il sesso del nascituro, e cosa più importante, come il mio ragazzo e la mia famiglia avevano reagito. Risposi, per l’ennesima volta, che aspettavo due gemelle, che ero incinta di due mesi, e che sia il mio fidanzato che la mia famiglia stessa, avevano avuto una reazione molto positiva. Devo ammettere, poi, che all’inizio ero molto spaventata e nervosa circa la piega che le cose avrebbero potuto prendere, quando avevo appena scoperto di essere in dolce attesa, ma ora tutto sembra procedere bene. In effetti, va tutto secondo i piani, e almeno per ora, non c’è assolutamente nulla di cui io debba preoccuparmi. Il fatto che, ora come ora, non ci sia alcun tipo di problema, né nella mia gravidanza, né nella mia vita stessa, è un bene, e lascia presagire che le cose proseguiranno su questa linea, proprio come spero che continuino ad andare, cioè splendidamente. Inoltre, c’è da ammettere che all’inizio pensavo che la gravidanza mi avesse letteralmente sconvolto la vita, e per certi versi, anche se non totalmente, è stato così. Non scorderò mai quella fatidica data  di due mesi fa, serata in cui scoprii la mia inaspettata condizione. Quando lo scoprii, ricordo che mille pensieri iniziarono a ronzarmi in testa. Ero confusa, non riuscivo a crederci, tanto che ricordo di aver desiderato che fosse soltanto un brutto sogno, un incubo. I miei pensieri però, erano troppo brutti per essere reali, e infatti, ancora oggi, a volte ripenso a come mi sono sentita quella sera, e a quello che ho pensato. Ormai sono passati due mesi da allora, e ora sono totalmente consapevole di quel che mi sta accadendo, ma ancora oggi no riesco a capacitarmi di come sia riuscita a formulare dei pensieri così orribili. A quanto sembra, quella sera la confusione mi aveva letteralmente fatto andare fuori dai gangheri, portandomi a pensare quelle cose. Ovviamente, ora come ora, sono davvero molto eccitata all’idea di diventare madre non di una, ma di due splendide bambine. Sono letteralmente fuori di me dalla gioia al solo pensiero di avere due figlie, tanto che da qualche tempo, ho iniziato addirittura a fare il conto alla rovescia dei giorni che mi separano dalla nascita delle mie due bimbe. Anche Jackson, almeno a detta sua, sembra essere felicissimo di diventare padre, infatti, da ormai giorni, non fa altro che ripetere che non sta più nella pelle, che l’attesa lo sta uccidendo, e che no vede l’ora di stringere fra le braccia le sue due future figlie. Io condivido pienamente le sue emozioni, tuttavia, sono appena al secondo mese di gestazione, per cui, entrambi dobbiamo portare pazienza ancora per un po’ di tempo. L’attesa è davvero straziante a volte per noi due, essendo noi persone molto poco pazienti. Si dice che eventi del genere portino dei cambiamenti, oltre all’ovvio allargarsi della famiglia, ed io, che sono sempre stata una ragazza molto impulsiva, ammetto di esser pronta a cambiare per il bene delle mie future figlie. Ho davvero intenzione di cambiare, e diventare una persona più paziente, poiché credo che la pazienza, appunto, sia una qualità  che ogni genitore che si rispetti, deve avere.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XVIII
 
Un nuovo inizio
 
Tempo addietro, mi sono ripromessa una cosa, cioè cercare di cambiare in meglio il mio carattere per il bene delle bimbe che porto in grembo, promessa che intendo mantenere. Il  tempo continua a passare, e ora che sono incinta da cinque mesi, le cose stanno iniziando a diventare più difficili di quanto no fossero già all’inizio della mia gravidanza. Infatti, vista la mia attuale condizione, perfino le cose più semplici, che prima per me erano un gioco da ragazzi, ora cominciano a non essere più così facili. Con ciò, non intendo dire di aver perso un qualche tipo di particolare abilità, infatti non è così, l’unico problema è che, visti i continui dolori di stomaco, capogiri e sbalzi d’umore che sto avendo ultimamente, stanno procurandomi non poche difficoltà nella vita di tutti i giorni. Difatti, per quanto riguarda i capogiri e i frequenti dolori di stomaco, mi trovo il più delle volte costretta a letto, con l’unico desiderio di stendermi per riposare, mentre, in secondo luogo, gli sbalzi d’umore, mi portano sovente a litigare con Jackson e con la mia famiglia, a volte anche per delle assurdità. A causa del mio malessere, la gravidanza si sta mostrando ardua e piena di problemi, ai quali ero tutt’altro che preparata. Dopo questo calvario, mi chiedo davvero cos’altro mi aspetti, anche perché non riesco ad immaginare nulla di peggio che stare così male, per giunta durante una gestazione gemellare. Ad ogni modo, spero che la situazione si ribalti al più presto, perché non riesco quasi più a sopportare il mio continuo e incessante malessere unito alla mia irritabilità dovuta agli sbalzi d’umore. Inoltre, visto quanto mi sta accadendo ultimamente, ho deciso di andare di nuovo dal medico, in cerca di chiarimenti. All’inizio, non volevo farlo, ma dopo poco tempo, mi sono convinta. Dalla visita di controllo, è emerso che le bambine sono sane, e che quel che sento è del tutto normale, essendo tutti questi sporadici problemi di salute, caratteristici dell’ingresso nel secondo trimestre di gravidanza. Anche se ora le mie preoccupazioni posso dirsi svanite, sento di aver bisogno di conforto, che so per certo di trovare all’interno della mia famiglia. Così, ho deciso di telefonare a mia madre, che, quando finalmente rispose, sembrò essere felicissima del fatto che l’avessi chiamata, dato che non mi facevo sentire da ben tre mesi. Evitando inutili perdite di tempo, le raccontai tutto circa il prosieguo della mia gravidanza, senza tralasciare alcun dettaglio, menzionando quindi, anche i problemi di salute che stavo avendo. Lei ascoltò senza parlare, dopodiché rispose, rassicurandomi, che era completamente normale, e che presto il mio malessere sarebbe svanito, insomma, era solo una questione di tempo. Poi, continuando a parlare, aggiunse che non dovevo essere triste, bensì felice, perché, almeno a detta sua, lei stessa aveva una sorpresa per me. Le sue parole mi confusero, poiché non sapevo a cosa si riferisse. Tentai di chiederle cosa intendesse, ma si rifiutò di rispondere, affermando che altrimenti, la sorpresa non si sarebbe più rivelata tale. Ero curiosa, ma cercai di resistere, sapendo che prima o poi, la risposta sarebbe arrivata da sé. Così, continuai ad aspettare, paziente e ottimista. Mi toccò aspettare per quasi tre intere settimane, ma a quanto sembrava, il gioco era certamente valso la candela. Infatti, dopo aver aspettato per tre settimane, riuscii finalmente, dopo averci provato per lungo tempo, a scoprire quale fosse la sorpresa che, entrambi i miei genitori, mi avevano riservato. Sapendo che ero ormai in dolce attesa da quasi sei mesi che convivevo con il mio ragazzo, e che casa sua stava diventando decisamente troppo affollata, i miei genitori, avevano comprato una casa in periferia, per me, Jackson e le bambine. Quando me lo dissero, non riuscii davvero a crederci, continuavo a ringraziarli, e al contempo, piangevo di gioia. È vero, i miei genitori hanno sempre cercato di sostenermi su tutti i fronti, e hanno sempre accettato, seppur a volte, con qualche difficoltà, tutte le mie decisioni, anche quelle più avventate, ma non riuscivo davvero a credere che fossero seriamente arrivati a tanto per me. Ero felicissima, avevo il cuore gonfio di gioia, e allo stesso tempo, sentivo che qualcosa stava per cambiare, cosa che, difatti, è successa. Sembrava che tutto andasse bene, e che non potesse accadere niente di meglio, e invece, sono pronta per andare a vivere con il mio fidanzato in una casa tutta per noi e per le nostre future bimbe. Era il cambiamento migliore in cui avessi mai potuto sperare, la chiusura di un capitolo, una nuova vita, un nuovo inizio.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XIX
 
La fine dell’attesa
 
Sono ormai passati, anzi fuggiti, altri quattro mesi. Se dovessi descrivere la mia vita per come la sto vivendo adesso, direi semplicemente che è stupenda. In fondo, almeno a parer mio, non può esserci nulla di meglio che avere vent’anni, essere fidanzata da quattro, e aspettare l’arrivo di due bellissime e sanissime gemelline. Ormai, l’attesa è praticamente giunta al termine, infatti, dall’ultima ecografia alla quale mi sono sottoposta appena ieri, è emerso che dovrei essere pronta a dare alla luce le mie due bimbe nei prossimi tre giorni. A dir la verità, oltre ad essere felice per l’aver scoperto la mia dolce attesa, sono sempre stata molto preoccupata dell’eventualità di veder nascere le mie figlie prematuramente. Le nascite premature non sono un male, ma il più delle volte stanno a significare, da quanto ho letto documentandomi via internet, che il bambino in questione presenta problemi di salute o difficoltà nello sviluppo, perciò credo di aver avuto tutte le ragioni al mondo, per mostrarmi tanto ansiosa. Fortuna vuole, però, che questo non sia affatto il mio caso, che le bambine stiano bene, e che finalmente anche io mi sia ripresa dai capogiri e dal mal di stomaco. Inoltre, al fatidico momento che io e Jackson aspettiamo da ben nove mesi, mancano soltanto tre giorni, e c’è da dire che la tensione sta salendo alle stelle. Non vedo l’ora di vederle nascere, poterle guardare negli occhi e tenere strette fra le mie braccia. Quando ero piccola, chiedevo spesso a mia madre come si fosse sentita quando mi mise al mondo, e lei tutte le volte rispondeva dicendo che non c’erano assolutamente parole belle abbastanza per descrivere l’immensa gioia, felicità e letizia che aveva provato in quel preciso momento. Quello di cui era certa, era che un giorno, io avrei sicuramente provato quelle stesse identiche emozioni provate da lei quel giorno. Ebbene, a quel giorno tanto aspettato, bramato ed agognato, ne mancano appena tre, e penso che se già ora non riesco a contenere la felicità, essa stessa sarà ancora maggiore quando arriverà il tanto atteso momento. Al momento non ho altri pensieri per la testa, se non quello della fine di questa lunga attesa durata ben nove mesi. È davvero incredibile. Questi nove mesi sono davvero volati, difatti, senza che io abbia avuto il tempo di rendermene conto, sono ormai vicinissima alla data in cui metterò al mondo le mie due splendide bambine, e le vedrò per la prima volta, dopo aver aspettato per tutto questo tempo. Molte madri, quando si accorgono che la data del parto si avvicina, tendono ad innervosirsi e preoccuparsi, e non nego che anche per me inizialmente è stato così, ma adesso sono molto più tranquilla sapendo di avere tutto sotto controllo. Infatti, mentre tenevamo il conto dei giorni che mancavano all’arrivo in famiglia delle bimbe, io e Jackson ci siamo assicurati di essere completamente pronti alla loro nascita. Abbiamo arredato casa in maniera sobria ma elegante, sfruttando al meglio, tutto lo spazio disponibile in ogni singola stanza, senza ovviamente dimenticarci, della cameretta dove dormiranno le bambine una volta a casa. Per affrontare tutta quest’immensa mole di lavoro, ci sono voluti due giorni, ed io, a dispetto della mia condizione, non ho esitato a dare una mano. In fondo, ogni singolo malessere che avevo accusato in precedenza, era ormai completamente svanito, perciò, adesso che mi sono ripresa, ho subito pensato di voler fare la mia parte, in modo che io e Jackson ci dividessimo equamente il lavoro. Durante quei due giorni, tutto sembrò andare proprio come da copione, salvo fino alla fatidica sera del secondo giorno. Avevo appena finito di svuotare un paio di scatoloni pieni di vestiti da riporre nell’armadio della nostra stanza, ed ero stanchissima, perciò decisi di sdraiarmi sul letto per riposare e prendermi una pausa. Stavo quasi per riuscire ad addormentarmi, e alla fine, spossata, ci riuscii, ma il mio sonno non durò molto, perché tutto d’un tratto venni svegliata da degli acutissimi, frequenti e lancinanti dolori allo stomaco, che sembravano coincidere con il mio respiro. Non tentai di trattenere il fiato, bensì iniziai a emettere respiri meno profondi nella speranza di lenire il dolore che sentivo. Purtroppo, nulla da fare. In preda al dolore, chiamai, con tutto il fiato che avevo in gola, Jackson, aspettando che mi raggiungesse per aiutarmi. Lui non si fece attendere, e una volta che mi raggiunse, mi aiutò ad alzarmi, chiedendomi cosa avessi. In quel momento stavo letteralmente piangendo dal dolore, ma gli risposi comunque, dicendogli che pensavo fosse arrivato il momento tanto atteso. Veloce come un fulmine, mi diede una mano a scendere le scale e uscire di casa, dopodiché aspettò che salissi in macchina, e una volta acceso il motore dell’auto, partimmo alla volta dell’ospedale più vicino. Durante l’intero viaggio, il dolore non aveva affatto accennato a cessare, né tantomeno diminuire, ma ad ogni modo, cercai di mantenere la calma evitando di lamentarmi. Quando arrivammo, venni subito visitata da uno dei medici presenti, e subito dopo trasferita nella sala parto dell’ospedale stesso. Una volta lì, venni fatta sdraiare su di un lettino. Io, senza emettere neppure un fiato, seguii le istruzioni che avevo appena ricevuto dal medico, che poco dopo procedette facendomi rompere le acque. Subito dopo mi venne chiesto se sentissi dolore, e io risposi di sì. Il dolore che sentivo in quel momento, era un chiaro ed evidente segno dell’inizio del travaglio, perciò delle contrazioni. Queste ultime si ripresentavano a intervalli di due minuti l’una dall’altra, il che, secondo i medici, era un ottimo segno, poiché significava che per me, dopo quasi tre ore di travaglio, era arrivato il momento di spingere. Di nuovo, senza parlare, diedi retta ai medici, e dopo circa cinque minuti, misi al mondo la prima delle mie due figlie: l’adorabile e bellissima Emily. A qualche minuto di distanza dalla sorella, fece il suo ingresso nel mondo la seconda delle bambine: la stupenda Elizabeth. Appena nate, erano talmente piccole, fragili e indifese, che avevo quasi paura di far loro del male semplicemente tenendole in braccio. La cosa più bella dell’averle viste venire al mondo, oltre certamente al poterle stringere fra le mie braccia per la prima volta, è stato sentire il loro primo vagito. Ero talmente felice che fossero finalmente nate, che mi commossi e iniziai a piangere, con Jackson che, in piedi accanto a me, mi teneva stretta la mano in segno di contentezza, abbracciandomi subito dopo. La venuta al mondo dei propri figli, è qualcosa che una madre, come me, non può dimenticare. Momenti come questo sono ricordi indelebili, che rimangono impressi nella mente e nel cuore della madre fino alla fine dei  
 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XX
 
La vita da madre
 
Circa due giorni fa, dopo mesi di attesa, ho finalmente dato alla luce le mie due bimbe, Emily ed Elizabeth. Entrambe sono state dimesse dall’ospedale subito dopo la nascita, e io con loro. Ora come ora, le abbiamo portate a casa, e invitato la mia famiglia a conoscerle. Mia madre e mia sorella, si sono subito mostrate felicissime per me quando gli ho comunicato di essere incinta, e sono sicura che saranno raggianti di felicità, ora che stanno per vedere le bambine per la prima volta in vita loro. Ad ogni modo, sono passate ormai due ore, da quando ho chiamato per invitarle da noi, e stranamente, ancora non si sono fatte vive. Volendo evitare di telefonare di nuovo, ho deciso di inviare un veloce messaggio a mia sorella, per assicurarmi che stessero arrivando e che non fosse successo niente di male. Fortunatamente, rispose quasi subito, scrivendo che dovevo scusarle, perché erano imbottigliate nel traffico. Mi tranquillizzai, e continuai ad aspettarle, dedicandomi, nel frattempo, ai miei doveri di madre. Stavo per perdere le speranze, e iniziai a pensare che non sarebbero più venute, quand’ecco che, mentre stavo dando da mangiare  ad Emily, sentii il clacson dell’ auto di mia madre. Così, tenendo in braccio la bambina, decido di guardare un attimo fuori dalla finestra, e noto che, per l’appunto mia sorella e mia madre erano appena arrivate. Prima di andare ad aprire la porta, feci segno a entrambe di aspettare, e corsi al piano di sopra a chiamare Jackson, avvisandolo che c’erano mia madre e mia sorella a casa con noi. Quando finalmente si decise a scendere, aprii la porta e le accolsi in casa. Entrambe sembravano molto felici di vedermi, ma, per quanto riguarda Courtney, lei era anche impaziente di conoscere le sue due nuove nipotine. Lo stesso discorso, valeva anche per mia madre, che era ansiosa di conoscere le bambine. Dopo avermi salutato, mi chiesero di vedere le bimbe, e io le accontentai. Stavo ancora tenendo in braccio la piccola Emily, così, decisi di presentarla a mia madre. Non appena la vide, mi disse che era davvero bellissima, e che sembrava somigliarmi avendo i capelli castani proprio come i miei. Poi, fu la volta di Elizabeth, che rubò il cuore a mia sorella. Infatti, mi disse che, proprio come la piccola Emily, anche la stessa Elizabeth era meravigliosa, e subito dopo aver finito la frase, iniziò ad accarezzarle lentamente la guancia. Lasciai che Courtney e mia madre tenessero in braccio le bimbe per un po’, finché per loro non arrivò l’ora di dormire. Detto fatto: dopo all’incirca una decina di minuti, chiesi sia a mia madre che a mia sorella, di lasciare che fossi io a prenderle in braccio per portarle nelle loro rispettive culle, e far sì che dormissero almeno per qualche ora. Sfortunatamente però, non fu così, perché no appena le adagiai nelle loro culle sperando che si addormentassero, iniziarono entrambe a piangere. Jackson, che era rimasto al piano di sotto assieme a mia madre e mia sorella, sentì le bimbe urlare, e corse di sopra nella loro stanza per chiedermi cosa c’era che non andasse. Risposi che non lo sapevo, e visto che entrambe avevano appena mangiato e non avevano bagnato i pannolini, io e lui facemmo la cosa più logica che c’era da fare in quel momento, ossia prenderle di nuovo in braccio e passeggiare, aspettando che, una volta sfogatesi, si calmassero. Alla fine, questo stratagemma sembrò funzionare, e infatti, dopo circa venti minuti di continuo andirivieni per il corridoio, le bimbe si addormentarono i braccio a noi, spossate. Quindi, facendo attenzione a non svegliarle, le adagiammo di nuovo con cura nelle loro culle, spegnendo poi la luce della stanza e lasciandole riposare. Dopodiché, tornai giù in salotto, dove c’erano ancora mia madre e mia sorella ad aspettarmi. Passai una buona mezz’ora a chiacchierare con loro del più e del meno, ma in special modo di quanto fosse difficile per me, la vita di madre. Mia sorella mi rassicurò, asserendo che prima o poi mi ci sarei abituata, ed io, ringraziandola, sperai che avesse ragione. A quanto pare, questa sembra essere la mia nuova routine giornaliera, dedicata soprattutto alla cura delle bambine, ma anche al prosieguo dei miei studi universitari. Infatti, di recente, ho deciso di continuare a studiare seguendo degli specifici corsi online, sperando poi, in un prossimo futuro di prendere un diploma per corrispondenza. Ad ogni modo, riesco a dedicarmi ai corsi online, solo quando le bimbe riposano, o comunque, mi danno un pizzico di tregua, ma fortunatamente, grazie proprio a questo tipo di corsi, sono riuscita a recuperare tutte le lezioni universitarie perse dall’inizio della mia gravidanza. Per quanto riguarda il prendermi cura delle gemelle, non è affatto un compito difficile, sapendo che anche Jackson svolge a dovere il suo ruolo di padre, e mi da una mano ogni volta che può. Anche lui, in questo periodo si sta rimettendo in pari con gli studi attraverso i corsi online. Abbiamo entrambi deciso di seguire questa tipologia di corsi, per due semplici motivi. È più comodo e pratico vista la situazione in cui attualmente ci troviamo, ed è l’unico modo che abbiamo per continuare gli studi ed evitare di abbandonarli, sicché entrambi vogliamo ottenere un lavoro, io come insegnante, e lui come medico. L’unica pecca è che, almeno per ora, dobbiamo valutare cosa sia più importante, se lo studio, o le bambine. Decisioni di questo genere, a volte finiscono per farmi trovare in situazione di stallo, ma ad ogni modo, so di dover decidere abbastanza in fretta, e spero vivamente che la scelta che intraprenderò, non intacchi il benessere familiare. D’altronde, come ribadisco, mi piacerebbe davvero tanto diventare insegnante, ma credo che, per il bene delle bambine, sia molto meglio di no. Mi dispiace veramente smettere di inseguire questo mio sogno, m vista la situazione in cui mi trovo, penso che arriverò alla fine degli studi, mi diplomerò, e rinuncerò a cercare lavoro, lasciando che sia Jackson a farlo, in maniera tale da riuscire a mantenere me, se stesso e le bimbe senza problemi. Difatti, ora come ora, dedicarmi alla cura della casa e delle bambine, diventando quindi una casalinga, sembra essere l’unica delle opzioni disponibili, perché, anche se riuscissi a trovare un lavoro, proprio come Jackson, non ci sarebbe nessuno a prendersi cura delle bimbe in nostra assenza. L’unica soluzione che mi viene in mente riguardo questo, sarebbe chiedere aiuto alla mia famiglia, ma sfortunatamente nessuno può darmi una mano. D’altro canto mia madre ha già un gran da fare nel dividersi  fra il suo lavoro e la cura del mio fratellino Damien, mia sorella e mio fratello sono sempre impegnati per giorni interi con l’università, e mio padre anche lui è spesso in giro per lavoro. Gettare la spugna dopo quasi tre anni di studi potrebbe sembrare una follia, ma viste le circostanze, non credo affatto che, dopo il diploma, inizierò a cercarmi un impiego, bensì, mi limiterò, più semplicemente, a diplomarmi, dopodiché, l’intera faccenda potrà dichiararsi definitivamente chiusa. È senz’altro una decisione sofferta, questo lo capisco da me, ma è un sacrificio, il prezzo che si paga per una vita familiare stabile e felice.
 

 

 
Capitolo XXI
 
Il giorno del diploma
 

 

 
Sono ormai passati tre anni da quando ho iniziato gli studi universitari che ho poi abbandonato con la nascita delle mie due figlie, e ripreso da poco, studiando a casa, attraverso degli appositi corsi universitari on line. Dopo tre intensi anni di studi, è finalmente arrivato il giorno del mio diploma. Sono davvero felicissima. In fondo, sapevo che prima o poi, tutto il mio duro lavoro e i miei sforzi sarebbero stati ripagati. L’aver ottenuto il diploma universitario in storia e filosofia, per cui ho tanto lavorato, mi sono impegnata, e ho compiuto sforzi e sacrifici, è sicuramente una grande emozione, una gratifica, ed è ancora meglio sapere di poter condividere questa gioia assieme a tutta la mia famiglia. Ho già comunicato la notizia a mia madre e mia sorella, ma a loro dispiace di non poter venire e passare la giornata assieme a me come avevano promesso, perché il mio fratellino di tre anni si è di nuovo ammalato, quindi non possono lasciarlo a casa da solo, ma non importa, dopotutto, non sono affatto sola, perché con me ci sono comunque Jackson e le bambine, che, tra parentesi, più passa il tempo e più crescono, rendendomi sempre più orgogliosa di loro. Comunque, visto che oggi è sia per me che per Jackson, il giorno in cui ci diplomiamo, vogliamo essere sicuri di passare questa giornata nel migliore dei modi, e difatti, per festeggiare, abbiamo deciso, prima di uscire insieme nel pomeriggio, e poi di cenare in un ristorante vicino a casa. Ovviamente abbiamo dovuto portare con noi anche Emily ed Elizabeth, ma la cosa non si è affatto rivelata un problema. In effetti, all’inizio pensavo che non ci avrebbero fatto godere la serata, interrompendo la cena con continui pianti, ora per un motivo, ora per un altro, ma mi sbagliavo. Difatti, non emisero un fiato per tutto il tempo, poiché fortunatamente assopitesi. In fin dei conti, quella sera filò tutto liscio come l’olio, proprio come io e Jackson avevamo sperato, salvo poi, l’aver dovuto passare la prima mezz’ora del viaggio di ritorno a casa, a calmare Emily, che si era svegliata dal pisolino perché affamata. Io, che in quel momento tenevo in braccio entrambe le bambine, sapevo di non poter dare da mangiare alla piccola Emily, che, giustamente, stava cercando di esprimere, a modo suo, questo desiderio, così, sperando di risolvere in fretta la cosa, iniziai a cullarla, nella purtroppo vana speranza che si calmasse e tornasse a dormire. Visto che quel che avevo fatto, non aveva funzionato per niente, decisi di fare un ultimo tentativo, sempre sperando che i suoi pianti cessassero, così le diedi il suo ciuccio, che cominciò a succhiare ridacchiando divertita. Un’ora dopo, arrivammo finalmente a casa, e siccome sia io che Jackson eravamo letteralmente distrutti dall’inconveniente con le bambine, decidemmo di portarle nella loro cameretta e subito dopo, andare a letto anche noi. La serata, tutto sommato andò bene, e almeno siamo riusciti a goderci la cena, durante la quale, abbiamo anche brindato a questo nuovo traguardo. Mentre eravamo entrambi a letto, proprio prima che io mi addormentassi, Jackson si voltò verso di me, dicendomi che, ora che ci eravamo entrambi diplomati, pensava fosse davvero arrivata l’ora per lui, di cercarsi un lavoro, così stringemmo un patto, io, mi sarei dedicata completamente ed esclusivamente alla cura della casa e delle bimbe, e lui, avrebbe provveduto lavorando, al mantenimento di noi quattro. Ho pensato che la sua decisione di cercarsi al più presto un buon impiego, stata molto ben ponderata e peraltro presa al momento giusto. D’altronde, stiamo entrambi finendo i risparmi, e sappiamo molto bene che non possiamo continuare a vivere grazie al denaro dei nostri genitori e delle nostre rispettive famiglie. Inoltre,  miei genitori, mi hanno chiaramente detto e ribadito più e più volte, che qualora io e Jackson avessimo bisogno di un qualunque tipo d’aiuto, anche economico, loro sarebbero stati disposti ad offrircelo per quanto avessero potuto, precisando però che le cose non sarebbero potute andare così all’infinito, e che avremmo dovuto anche imparare a cavarcela da soli, con l’aiuto perciò, delle nostre sole forze. Jackson è un tipo molto attento e previdente, perciò penso che abbia intrapreso forse la migliore delle decisioni. Lui tiene molto sia a me che alla famiglia che insieme abbiamo creato, ed è attraverso gesti del genere, che, giornalmente me lo dimostra. Io lo amo, e questo non cambierà mai, ma credo che sia del tutto inutile dirlo, poiché lui ne è già a conoscenza. Dopotutto, se lui non mi amasse, non credo affatto che arriverebbe dov’è ora, bensì, lascerebbe perdere, lasciandomi completamente sola con due bambine a cui badare. Nel profondo, so che lui non adotterebbe mai questo tipo di comportamenti, perché adottandoli, finirebbe per essere qualcuno che non è, rischiando quindi, di diventare l’ombra di se stesso. Come coppia, noi due abbiamo sempre avuto i nostri alti e bassi, e continueremo sicuramente ad averli, ma amandoci ed essendo innamorati l’uno dell’altra, abbiamo ormai imparato ad accettare le nostre diversità, ci amiamo per come siamo, e questo è l’importante.
 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XXII
 
Sviluppi positivi
 

 
Come era inevitabile, un’altra settimana se n’è andata, finendo e lasciando il posto all’inizio di una nuova. Oggi, mi ritrovo a dover seguire scrupolosamente la mia solita routine giornaliera, che consiste nell’alzarmi presto, aspettare che le bimbe si sveglino, dar loro da mangiare, far loro il bagnetto, vestirle, e dopodiché, lasciare che si divertano con i loro giocattoli nel salotto di casa. Il tempo sta passando, e sia Emily che Elizabeth stanno crescendo. Infatti, proprio oggi, compiono un mese. Sono letteralmente stupefatta. È incredibile pensare che sia già passato un mese dalla loro nascita, eppure è così. Come tutti i bambini, andando avanti con la crescita e l’età, imparano ogni giorno nuove cose, e questo mi rende davvero orgogliosa di loro. Mi piace pensare che ogni giorno di vita sia per loro un viaggio alla scoperta dell’ignoto. Con l’andar del tempo, imparano a scoprire il mondo che le circonda e a modo loro, affrontarlo. Imparare, è per i bambini la base della crescita, poiché è proprio imparando che capiscono com’è fatto il mondo attorno a loro, affrontando e superando le sfide che giorno per giorno vengono proposte loro. A proposito di scoperte quotidiane, proprio ieri è successa una cosa che mi ha davvero reso felice ed incredula al tempo stesso. Sembrava essere un giorno come ogni altro, per una famiglia come la nostra, e infatti tutto stava filando liscio. Emily ed Elizabeth stavano tranquillamente giocando sul tappeto del salotto. Io ero con loro, ma non volevo interromperle, così mi limitai ad osservarle. Proprio mentre guardavo, mi accorsi che uno dei giocattoli preferiti di Elizabeth, un orsacchiotto di pezza, per essere precisi, le era accidentalmente scivolato di mano, cadendo per terra e finendo proprio sotto al divano. Alla bambina, ci vollero alcuni secondi per guardarsi attorno e realizzare che il suo giocattolo era sparito. D’improvviso, notai che stava per mettersi a piangere, e per evitare che accadesse, feci per alzarmi dalla poltrona dove ero seduta con lo scopo di raccoglierlo e restituirglielo, ma mi bloccai alla vista di quel che accadde subito dopo. Difatti, Emily cominciò di sua completa iniziativa, a gattonare verso il divano, fino a raggiungerlo, e riprendere l’orsacchiotto della sorellina, incastrato sotto quel pezzo d’arredo. Ma non era affatto finita lì, infatti, una volta raccolto da terra quel giocattolo, Emily ricominciò a gattonare, stavolta verso la sorella. Quando finalmente la vidi raggiungerla, assistetti al loro primo gesto d’affetto l’una verso l’altra. Emily restituì il giocattolo alla sorellina, che stava ancora piangendo, convinta di averlo perso per sempre, ed Elizabeth si calmò di colpo, accettandolo, e stringendo la piccola Emily a sé. La scena alla quale avevo appena assistito, era stato qualcosa di davvero incredibile. Insomma, hanno entrambe appena compiuto un mese d’età, ma non avrei mai potuto pensare che già a un mese, fossero capaci di gesti di questo genere. L’intera scena, mi lasciò stupefatta. Tutto lasciava presagire che il loro sviluppo cognitivo sarebbe proseguito su questa linea, sicuramente, continuando a crescere, avrebbero continuato ad imparare. Si poteva definirel’inizio di una catena di sviluppi positivi. Infatti, durante quella giornata, ci fu un’altra svolta positiva. Infatti, quel giorno, Jackson mi diede la notizia che aspettavo da tempo. Dopo innumerevoli tentativi, era finalmente riuscito a trovare un lavoro come medico nell’ospedale dove erano nate le nostre bambine. Quando me lo disse, non riuscii a crederci, continuavo a guardarlo incredula, non riuscendo davvero a capacitarmi della velocità con cui fosse riuscito a trovare lavoro. Ad ogni modo, quella era la verità, e io ne ero felice, perché sapevo che finalmente la nostra vita come una vera famiglia sarebbe potuta iniziare così come avremmo voluto. Finalmente avremmo potuto iniziare a vivere una vita completamente nuova, proprio come una famiglia. Certo, lo eravamo già, ma per iniziare a dovere la nostra vita familiare, l’unica cosa che mancava, era un lavoro stabile, con il quale avremmo potuto provvedere  al mantenimento dell’intera famiglia. Ora come ora, io credo, spero e desidero, che questo concatenarsi di sviluppi positivi, continui senza interrompersi né spezzarsi mai.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XXIII
 
Aspettative deluse
 

 

 
Come di consueto, il tempo continua inevitabilmente a passare, scandendo in maniera precisa e puntuale, i ritmi di vita di ogni singolo essere vivente sulla Terra. Ogni tanto, decido di fermarmi per un attimo a pensare. Di giorno in giorno, specialmente in questo periodo, mi pongo migliaia e migliaia di interrogativi diversi, molti dei quali, rimangono però senza risposta. A proposito di ciò, a volte inizio a riflettere e mi chiedo in che modo la mia vita andrà avanti d’ora in poi, comprendendo poco tempo dopo, che non devo affatto aspettare che sia il tempo stesso a fornirmi una risposta adeguata, bensì, quella che deve darsi da fare e cercarla, sono io. Pensandoci, capisco che un interrogativo del genere è a dir poco, retorico. Insomma, sono proprio io che decido con l’andar del tempo come voglio che la mia vita vada, ed è cosa risaputa che questa mansione non è riservata a nessun altro all’infuori di me. Certo, ognuno gestisce la propria vita e prende le proprie decisioni, ma a volte deve rendersi conto di non potere nulla contro il destino. Oggi, tutto sembrava andar bene. Io ero a casa con le bambine, Jackson era al lavoro e i miei genitori mi avevano finalmente telefonato per avere mie notizie. Naturalmente, dissi loro che stavo bene, che tutto andava per il verso giusto e che non c’era nulla di cui preoccuparsi. Il modo in cui risposi, sembrò far svanire le loro iniziali preoccupazioni, cosa che fece sentire risollevata anche me. Dopotutto, visto il mio gran da fare come casalinga madre di due figlie, non sto avendo molto tempo per mettermi in contatto con i miei genitori e con il resto della mia famiglia. Così, ogni volta che ne ho l’occasione, cerco di farlo, anche se solo per pochi minuti alla volta. Infatti, la telefonata che ricevetti da parte dei miei stessi genitori in quella tarda mattinata, non durò poi molto, all’incirca cinque, dieci minuti al massimo, ma la cosa non mi dava fastidio, anzi mi rallegrava. Più tardi, quando Jackson tornò dal lavoro, mi assicurai di fargli trovare il pranzo pronto, in modo che non dovesse aspettare molto tempo per mangiare. Ad ogni modo, consumammo il pasto come al solito, con l’unica differenza che il cellulare di Jackson squillasse praticamente ogni cinque minuti. Ovviamente, lasciavo che si alzasse da tavola e lasciasse la cucina per rispondere, chiedendogli, una volta tornato, chi era stato a telefonargli. Gli posi la stessa identica domanda varie volte, e tutte le volte si rifiutava di farlo, ignorandomi o fingendo di non sentire. Sulle prime cercai di non dare troppo peso alla cosa, ipotizzando che fossero chiamate legate, in qualche modo, al suo lavoro di medico, ma più il tempo passava, più quelle telefonate si facevano frequenti. dopo un pò, iniziai a non poter più sopportare l’andazzo delle cose. Ne avevo decisamente abbastanza. Io sono una persona paziente, ma in quel momento ero sicura solo e soltanto di una cosa: volevo vederci chiaro. Avevo bisogno di far luce su ciò che stava ormai andando avanti da tre intere settimane. Tuttavia, cercai di non mostrare il mio essere sospettosa a Jackson, sicché non volevo si facesse una cattiva idea di me. Intanto però, il tempo passava, e quelle misteriose telefonate continuavano ad arrivare, a volte anche ad orari piuttosto insoliti. In cuor mio, sapevo che qualcosa non andava, e avevo il timore che Jackson mi stesse nascondendo qualcosa. Così, per tutta la settimana successiva, cercai in ogni modo possibile di chiarire il tutto, svelando, una volta per sempre, questo mistero. Purtroppo però, seppur dopo innumerevoli tentativi, non ci riuscii. Ma non mi sarei arresa né data pace fino a che non fossi arrivata alla soluzione di quell’enigma. Continuavo, perplessa, a chiedermi il perché di quelle telefonate, tentando anche di farmi un’ idea circa chi avesse potuto farle. Alla fine, i miei sforzi vennero premiati. Infatti, la settimana dopo, tutto andò come di consueto, con l’eccezione che Jackson, nella fretta, aveva dimenticato a casa il cellulare. Come era prevedibile, ad intervalli regolari di circa dieci minuti, il telefonino squillava. Io, che fra i lavori di casa e la cura delle bambine, avevo un sacco di cose da fare, tendevo a lasciare che squillasse aspettando che smettesse automaticamente. Tollerai quei continui squilli un paio di volte, ma la terza, fu quella che fece traboccare il vaso. Infatti, ormai stanca di ascoltare per l’ennesima volta, quella dannata e ridondante suoneria, decisi, una volta per tutte, di prenderlo in mano e controllare di persona il motivo per cui squillasse ininterrottamente. Con grande sorpresa, notai, guardando per un attimo il display, che Jackson aveva ricevuto un messaggio. Non avrei voluto leggerlo, sapendo che sarebbe stato scortese da parte mia, ma ero determinata a scoprire di cosa si trattasse, così, pigiai il tasto apposito e visualizzai quel messaggio. Scoprii poi, che non era un messaggio di testo, bensì una fotografia, la cui vista mi lasciò attonita. Difatti essa ritraeva Jackson nell’atto di baciare un’altra ragazza, che, dopo qualche minuto di attente e scrupolose osservazioni, scoprii essere nientemeno che la sfrontata e acida Ashley Brook, mia acerrima nemica sin dai tempi delle scuole superiori. Dopo aver guardato quella fotografia, montai su tutte le furie. Ero letteralmente fuori di me, arrabbiatissima. Non riuscivo davvero a credere a quel che avevo appena visto con i miei stessi occhi. Poco dopo, andai in camera da letto, mi guardai allo specchio, e notai che una lacrima mi stava rigando il volto. D’improvviso, la mia rabbia si era trasformata in tristezza. D’altro canto, il motivo era palese. Ero stata tradita dal mio ragazzo, con il quale ero fidanzata da quasi cinque anni e dal quale avevo avuto due figlie. Stavo ancora guardandomi allo specchio, e tutto d’un tratto, iniziarono a tornarmi alla mente tutti i ricordi legati ai bei momenti passati con lui. Ripercorsi mentalmente ogni singola sfaccettatura della mia vita con Jackson, dal primo bacio, al giorno in cui nacquero le nostre bambine. Ero distrutta. Al solo pensiero stavo malissimo. Non riuscivo davvero a credere né ad accettare, che dopo tutti quegli splendidi momenti passati insieme, e dopo quella moltitudine di ricordi condivisi, lui ora mi stesse tradendo con Ashley. Pensai che fosse tutto finito. Il mio fidanzamento, il mio sogno di una vita felice, tutte quante le mie aspettative, tutto. Quel che mi restava erano solo tante e tante aspettative ormai deluse.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XXIV
 
La verità viene a galla
 
Sono passati due giorni da quando ho scoperto del presunto tradimento di Jackson nei miei riguardi. Sinceramente, sulle prime non pensavo che fosse capace di arrivare a tanto dopo tutto il tempo che abbiamo passato insieme, e i ricordi che abbiamo condiviso. Ai miei occhi, questa sembra essere una cosa del tutto incredibile, inaudita, ma la foto che ho visto sul suo cellulare appena due giorni fa, pare aver confermato i miei sospetti. Tuttavia, fatico ancora ad accettare il fatto che mi abbia tradita, perché io, in cuor mio, sento di amarlo e non voglio affatto che la storia d’amore che sto vivendo con lui, finisca così, di punto in bianco. La questione non riguarda soltanto me, poiché il mio pensiero va anche alle piccole Emily ed Elizabeth, perché se Jackson ha davvero deciso di tradirmi, le bimbe finiranno per crescere senza un padre, parte essenziale del nucleo familiare e figura autoritaria attraverso la quale avrebbero potuto sperimentare la gioia di una famiglia felice, completa, composta sia da una madre che da un padre. Purtroppo, visto come stanno le cose, credo che ormai questo sia il mio futuro. Una ventenne single con due bimbe a cui badare, tristemente tradita dal ragazzo che ama. Certo, sarà dura, ma volente o nolente, dovrò imparare ad accettare quello che mi è successo. Nulla dura per sempre, a tutto c’è una fine, e purtroppo, anche gli amori inizialmente più idilliaci e perfetti, finiscono. Al momento, soltanto pensare alla mia attuale situazione, mi fa stare malissimo, mi gonfia il cuore di tristezza e mi distrugge. D’altronde, credo che qualunque ragazza si sentirebbe esattamente come me, se fosse nei miei panni. È orribile pensare che una persona possa legarsi a te e condividere miriadi di momenti felici, e poi, come se nulla fosse, sparire dalla tua vita, quasi a voler dire che tu, per quella persona, non abbia mai significato niente. Questa tipologia di pensiero non è per niente bella già di per se, ma finisce per diventare ancora peggiore e fare ancora più male, quando mi fermo a pensare e realizzo che ciò che sto passando, non è un brutto sogno, un incubo, dal quale ci si può svegliare in un battito di ciglia. Attualmente, è la mia realtà. Inoltre, quel che mi rende ancora più triste e mi trascina sempre più in fondo al baratro di sconforto nel quale ora mi trovo, è il non essere neanche lontanamente a conoscenza del motivo che possa aver spinto Jackson a tradirmi. Quest’interrogativo mi ronza in testa ormai da giorni, e mi porta alle lacrime tutte le notti. Mi trovo letteralmente in una posizione di totale stallo. Mi sento come se la mia vita fosse finita. Tuttavia, comprendo di non poter continuare a tormentarmi con questi pensieri, anche se vorrei davvero conoscere la ragione del tradimento del mio ragazzo. Emotivamente a pezzi a causa della mia attuale condizione, comincio ad isolarmi dal resto del mondo. Sono giorni che non esco di casa, non parlo con nessuno, e passo le giornate chiusa nella mia stanza a soffrire in silenzio. Così facendo, spero di lenire il dolore emotivo che provo, ma la cosa non sembra affatto funzionare né sortire alcun effetto. Ora come ora, in molti mi consiglierebbero lasciar perdere, voltare pagina, e ricominciare tutto da zero. Io però, non mi sento affatto pronta a farlo. In fondo amo ancora Jackson, e non mi va proprio di vederlo andare via dalla mia vita. In questi ultimi giorni, la tristezza, lo sconforto e lo scoramento la fanno da padrone in casa, ma oggi, ho deciso di voler essere ottimista e sperare che Jackson si ravveda, in modo da tornare a stare con lui. Inaspettatamente, infatti, oggi la fortuna mi ha sorriso. Ho iniziato la mia giornata come faccio di solito, con la sola ed unica differenza di essere in compagnia solo ed esclusivamente delle mie due bambine. Loro hanno soltanto tre mesi, e sono ancora troppo piccole per capire cosa mi sta succedendo, e da un lato credo sia un bene, perlomeno loro, non soffrono come me. Ad ogni modo, oggi, mentre pranzavo ho sentito qualcuno bussare alla porta di casa. Così, mi sono alzata per andare ad aprire, e quando lo feci, fui letteralmente sbalordita da ciò che vidi. Fermo in piedi proprio sulla porta di casa, infatti, c’era Jackson, che sembrava stranamente serio. Visto come mi sentivo, non avevo assolutamente alcuna voglia di farlo entrare, tuttavia, lo feci comunque, e una volta entrato, Jackson mi disse che doveva urgentemente parlarmi. In quel momento, ero davvero arrabbiatissima con lui per come si era comportato, e più lo guardavo, più la rabbia e la mia collera aumentavano. Poco dopo, lui iniziò a scusarsi con me per tutti i suoi comportamenti scorretti nei miei confronti, ammettendo che aveva commesso un grandissimo errore a tradirmi. Era sinceramente pentito, tanto che cominciò addirittura a implorarmi perché lo perdonassi. Io ero molto arrabbiata con lui per tutto il dolore che mi aveva causato, ma d’improvviso, sentii i miei veri sentimenti per lui, riaffiorare. Sapevo di amarlo, e ora che si era sinceramente scusato e pentito, deciso di perdonarlo, offrendogli così, una seconda possibilità. Inizialmente, avrei preferito non farlo, ma, come recita il proverbio, “al cuor non si comanda”. Difatti, tutto d’un tratto lasciai che il dolore che avevo provato, passasse in secondo piano, in modo da riuscire a perdonare Jackson. Sembra incredibile, ma ora che io e lui siamo di nuovo insieme e abbiamo superato la temporanea rottura del nostro fidanzamento, mi sento rinata. Sento di essere diventata una persona completamente nuova, pronta a ricominciare la mia vita con il ragazzo dei miei sogni di nuovo al mio fianco.
 

 

 

 
Capitolo XXV
 

 
Di nuovo insieme
 

 

 
Ho finalmente deciso di perdonare Jackson riguardo al suo tradimento, avendo compreso che ne era sinceramente pentito. Ora che siamo di nuovo insieme e posso tornare a fidarmi di lui, entrambi possiamo dedicarci completamente alla nostra vita come una famiglia completa. La mia vita è davvero molto migliorata da quando ho deciso di perdonare Jackson. Non sono più triste né arrabbiata, anzi sono davvero felicissima. Quando mi aveva lasciata e tradito con la mia acerrima nemica Ashley, ricordo di essermi sentita malissimo. Ero sempre triste, scoraggiata e giù di tono, cosa che ora è cambiata, da quando stiamo di nuovo insieme. Adesso la famiglia può dirsi di nuovo rinsaldata e completa. Perfino le bambine sembrano essere felici della cosa. Difatti, quando scoprii del tradimento di Jackson, era come se la mia tristezza e il mio sconforto si trasferissero  a loro. Credevo che fossero troppo piccole per capire come ci si sente in momenti del genere, e invece non era affatto così. Difatti, erano spesso tristi e giù di morale anche loro. Non avevano voglia di giocare, non riuscivano a dormire, e quando le tenevo in braccio, iniziavano a piangere senza un apparente motivo. La motivazione dei loro pianti però, era abbastanza evidente. Ad Emily ed Elizabeth mancava il loro papà. Inoltre, adesso che io e Jackson siamo di nuovo una coppia, riusciamo a dividerci molto meglio fra i vari impegni che avevamo, essendo genitori di due bambine. Il tempo continua a passare, e le bambine continuano a crescere. Ora hanno sei mesi, e rendono sia me che Jackson, molto orgogliosi. Vederle crescere ed imparare giorno per giorno, è a dir poco meraviglioso. Il loro sviluppo sta procedendo bene, senza alcun tipo di problema. Al contrario, con l’andar del tempo, imparano nuove cose, e ora che sono cresciute, cominciano a preferire altri tipi di giochi. Al posto dei peluche, per esempio, iniziano a distrarsi utilizzando le costruzioni, giocando a palla, o con le loro bambole. Inoltre pur avendo soltanto sei mesi di vita, oggi, mentre stavo mettendole a dormire nelle loro culle, hanno entrambe pronunciato la loro prima parola. Infatti, prima che lasciassi la loro cameretta in modo tale da permettere che si addormentassero, incredibilmente, hanno iniziato a chiamarmi, ma non con i soliti pianti e le solite lacrime, bensì, chiamandomi mamma per la prima volta in vita loro. Le bambine avevano appena sei mesi, e quindi, il fatto che avessero già pronunciato la loro prima parola, mi aveva davvero sorpreso. Normalmente i bimbi imparano a parlare, o dicono e prime parole, al compimento del primo anno d’età, ma questo non era affatto il loro caso. Ho spesso sentito parlare di bambini prodigio, ma non avrei mai potuto pensare di essere madre di due bambine di questo genere. Ovviamente, sono felice del fatto che abbiamo pronunciato la loro prima parola, chiamandomi mamma, sono semplicemente sorpresa della cosa. Non credevo che sarebbe successo così presto, ma era così, ed io non lo vedevo come qualcosa di negativo, anzi, era l’esatto contrario. Emily ed Elizabeth sono due bimbe sane e attive, che amano scoprire il mondo che le circonda, e che vista la loro dolcezza e tenerezza, riescono a farsi amare da tutti. Per quanto riguarda la mia relazione con  Jackson, ci siamo lasciati per due settimane dopo che scoprii che mi aveva tradita, ma ci siamo subito rimessi insieme, perché stavamo male l’uno senza l’altra, eravamo entrambi tristi, addolorati ed apatici. Ci mancavamo molto. Noi due ci amiamo, ed è per questo che ho deciso di perdonarlo ed accettarlo di nuovo nella mia vita. Dopo ciò che avevo passato a causa sua, tuttavia, non volevo farlo, ma dopo che lui mi comunicò il suo grande pentimento, mi sciolsi come neve al sole, ascoltando il mio cuore e decidendo quindi di perdonarlo senza esitazione alcuna. Noi due siamo entrambi molto felici di essere tornati insieme, dopo due settimane di lontananza l’uno dall’altra. Io e Jackson ci siamo conosciuti durante il liceo, ed è tutto iniziato in modo normale. Scherzavamo, passavamo il tempo assieme e ci divertivamo come amici, e più il tempo passava, più la nostra amicizia si saldava, diventando sempre più forte, fino a sfociare in amore vero e proprio. Stare insieme, in compagnia l’uno dell’altra, era molto bello, e stando insieme ci divertivamo, e prima che ci fidanzassimo all’età di sedici anni, il divertimento che ne  derivava, ci spingeva a ripeter l’esperienza.Ecco il perché del nostro fidanzamento e del nostro voler diventare una coppia fissa. Onestamente, quando l’ho conosciuto, non avrei mai pensato di innamorarmene fino a tal punto, ma su alcune cose, come è d’altronde risaputo, non si può avere controllo. Così, il mio cuore ha avuto la meglio sulla mia mente, e mi sono subito innamorata, scoprendo poi, che il mio sentimento era peraltro ricambiato dallo stesso Jackson. Entrambi, siamo legati da un sentimento veramente profondo, indissolubile, ci amiamo con tutto il cuore, ci vogliamo un bene dell’anima, e sappiamo entrambi che ciò che proviamo non subirà mai alcun cambiamento. La nostra storia d’amore, malgrado una brusca e involontaria interruzione, dura da quasi cinque anni, e nessuno dei due vuole che finisca senza alcun motivo. Quando si ama una persona, si tende a volerci passare più tempo, divertircisi e ad evitare che venga maltrattata o ferita e proteggerla, proprio come io e Jackson facciamo l’uno con  l’altra. Se mi vede triste, mi si avvicina, e me ne chiede il perché, cercando subito di risollevarmi, riuscendoci tutte le volte. Lo stesso accade se sono io a vederlo triste. Io sono una persona molto sensibile, e non mi va proprio di vedere né lui né nessuna delle persone che conosco, giù di morale o scorate, poiché la cosa finisce spesso per far sentire male anche me. Questo è il semplice motivo per cui cerco sempre di far sì che Jackson sia felice, sorrida e non sia triste. Cinque anni fa, io e lui abbiamo ufficializzato il nostro fidanzamento, ma dopo ben cinque anni passati con lui, oggi, all’età di ventun anni, ho capito cos’è che voglio realmente. Finalmente mi sento pronta, e sento che è davvero arrivato il momento di dire a Jackson la verità. In cinque anni, ne abbiamo passate davvero tante, fra risate, pianti e alcune volte anche arrabbiature, e ora so di volere che lui diventi l’uomo della mia vita. Desidero sia la persona con cui passare il resto della mia vita stessa, in modo da non permettere più alla tristezza di assalirmi, venendo invece rimpiazzata da molteplici attimi di immensa gioia da condividere con lui.
 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XXVI
 

 

 
La proposta
 

 

 
Finalmente, dopo aver superato la temporanea rottura del nostro rapporto, io e Jackson siamo ritornati ad essere una coppia, ormai sei mesi fa. Penso che non esistano davvero parole belle o ricercate abbastanza da esprimere la gioia che entrambi proviamo a riguardo. Quando ci siamo lasciati a causa del tradimento dello stesso Jackson, lui mi è mancato molto, e ad essere sinceri, non avrei mai voluto che mi tradisse, ma quando è successo, ne ho sofferto davvero tanto. Anche quando non stavamo insieme, dopo esserci temporaneamente allontanati l’uno dalla vita dell’altra, dentro di me sentivo di non potere affatto accettare la cosa. Ha fatto malissimo scoprire che il mio ragazzo mi tradiva, per giunta con la mia peggior nemica, una vecchia compagna di liceo che entrambi odiavamo visti i suoi modi di fare altezzosi. La scoperta, mi aveva totalmente sbalordito, poiché non riuscivo a spiegarmi il motivo del comportamento del mio ragazzo nei miei confronti. Dopotutto, mi aveva detto di odiarla, e ricordo che ci rimase male quando gli raccontai delle angherie subite ai tempi del liceo per mano di questa stessa ragazza, che ha un nome che ancora mi lascia l’amaro in bocca. Ashley. Certo, lei era ed è tuttora una ragazza bellissima, e infatti, sin dal liceo, ha sempre avuto decine di ragazzi ai suoi piedi, che le facevano la corte. Quello che mi fa infuriare è il fatto che lei, stando a ciò che mi ha raccontato Jackson, sia riuscita ad attirarlo nelle sue grinfie asserendo che io stessa l’avevo tradito e che quindi doveva farmela pagare. Per fortuna, questa diceria si è dimostrata falsa, e non ha retto, riportando tutto alla normalità. Ad ogni modo, le lancette del tempo stanno continuando, come è inevitabile, a scorrere. Infatti, io a breve compirò ventidue anni e le mie bimbe uno. Ovviamente sono felicissima della cosa, ed è proprio in momenti del genere che posso realmente fortunata ad avere questo tipo di vita. Il mio ventiduesimo compleanno si sta avvicinando, così come quello di Emily ed Elizabeth, e la cosa mi rallegra. Da quando io e Jackson ci siamo conosciuti, lui ogni anno, nel giorno del mio compleanno, mi ha sempre fatto dei regali semplicemente fantastici, e se per esempio l’anno scorso  il regalo consisteva in un  paio d’orecchini, mi chiedo davvero quale sarà il prossimo quest’anno. Ho tutto il tempo di fantasticarci sopra, visto che alla data del mio compleanno, mancano ancora tre settimane. Intanto, i giorni continuano a passare, e io sono sempre più curiosa. Alla fine, la mia pazienza sembrò essere valsa qualcosa. Difatti, proprio oggi è il giorno del mio ventiduesimo compleanno. La giornata di oggi è iniziata come al solito, in maniera piuttosto ordinaria, almeno finché Jackson non è tornata dal lavoro. Quella sera infatti, dopo cena, mi ha chiesto se avessi voglia di uscire con lui, e io accettai di buon grado. Siamo semplicemente usciti per andare al cinema a guardare un film, nulla di che, ma almeno avevo passato questa giornata in maniera diversa dal solito. Mentre eravamo al cinema, abbiamo passato tutta la serata abbracciati l’uno all’altra, scambiandoci effusioni. Quella serata fu davvero bellissima. Quando più tardi tornammo a casa, andammo subito al letto perché ci eravamo divertiti, ma eravamo oltremodo spossati, stanchi morti. L’indomani, ricominciammo la nostra routine giornaliera. Ci alzavamo presto, lui andava al lavoro ed io, da brava casalinga, rimanevo a casa con le bambine, il cui primo compleanno continua ad avvicinarsi. Ormai, alla tanto attesa data mancavano solo tre giorni. Il pensiero delle mie due bambine che fra appena pochi giorni compiranno il loro primo anno di vita, rende sia me che Jackson, raggianti di felicità. Infatti, sapendo che al tanto atteso giorno manca veramente pochissimo tempo, stiamo entrambi facendo del nostro meglio per organizzare ad Emily ed Elizabeth una festa di compleanno memorabile. Nei preparativi, abbiamo investito gran parte delle nostre energie, e per organizzare il tutto, ci sono voluti ben due giorni. Le bambine stesse non sapevano nulla della festa che stavamo loro organizzando ed essendo curiose, continuavano a chiedermi il perché di quel fervore in casa. Avevano appena compiuto un anno, perciò per loro tutto è una novità, il fatto che pongano così tante domande riguardo ciò che le circonda, è un bene, poiché è proprio la curiosità, a forgiare e plasmare le menti dei bambini. Facendo domande, dissipando i loro dubbi, imparano ed espandono le loro conoscenze, il che è qualcosa di molto positivo. Quel pomeriggio, festeggiammo il compleanno delle bambine tutti insieme, invitando anche mia madre e mia sorella, rispettivamente nonna e zia delle bimbe. Penso che la parte migliore dell’intera, festa sia stata, almeno per le bambine, il momento in cui dovettero scartare i regali ricevuti. Ricevettero entrambe dei completi nuovi, e anche qualche nuovo giocattolo, regali che le resero felicissime. Difatti, entrambe passarono i successivi tre giorni a ringraziarmi dei regali. Quello era stato il loro primo compleanno, e sembrava che si fossero divertite durante la festa. Il giorno del compleanno di Emily ed Elizabeth è stato davvero bellissimo, e la festa è davvero riuscita bene, difatti non c’è stato nessun inconveniente. Il fatto che durante la festa per le bambine nulla sia andato storto, è un bene, poiché, se fosse successo qualcosa, la stessa festa sarebbe stata un completo fiasco, venendo rovinata. Fortunatamente è filato tutto liscio, quindi non c’è stato da preoccuparsi. Ora come ora, dalla festa in questione, sono passati tre giorni, e niente al mondo avrebbe potuto prepararmi a quel che mi sarebbe accaduto oggi. Quella odierna, si presentava come una giornata normale, ordinaria, totalmente priva di imprevisti, e infatti ogni cosa andò bene fino a ora di cena. Fuori cominciava ad imbrunire, ed io ero appena tornata a casa da una visita a mia madre, che mi aveva invitato a passare con lei qualche ora del mio tempo, è così è stato. Le sorprese iniziarono sin dal momento in cui misi piede in casa. Le luci erano soffuse, e non c’era apparentemente nessuno oltre a me all’interno. Colta alla sprovvista, iniziai a cercare Jackson, e lo trovai seduto sul divano del salotto. Non appena mi vide, mi abbracciò, dicendo che mi stava aspettando da oltre un’ora. Mi scusai, ma a lui l’attesa prolungata sembrò non importare affatto. Sorprendentemente, stavolta aveva preparato lui la cena, ed io lo trovai un bel gesto. Mentre stavo per sedermi a tavola con l’intenzione di iniziare a mangiare, mi chiesi cos’altro mi aspettasse. D’altronde, dopo quell’atmosfera così perfetta che aleggiava in casa, e il fatto che fosse stato lui a cucinare al mio posto, devo ammettere che mi aspettavo una specie di tocco finale, che si presentò lasciandomi senza parole per la contentezza. Difatti, una volta finita la cena, Jackson mi allungò qualcosa che sembrava essere una cartolina, ma mi sbagliavo. Non era una cartolina, ma un semplice foglio di carta sul quale aveva scritto quel che poi mi chiese di leggere. Mentre leggevo mentalmente il contenuto di quel manoscritto, la mia felicità cresceva, e crebbe ancora di più quando realizzai che ciò che aveva scritto si rivelò essere una lettera che testimoniava quanto mi amasse. Trovai quel regalo splendido, e nei fui talmente felice da non rendermi conto di stare quasi per piangere. Lui, accorgendosene, mi asciugò con la mano una lacrima che mi stava ancora una volta solcando il viso. Dopodiché, mi prese per mano, mi guardò negli occhi e disse:” Carly, siamo fidanzati da cinque anni, durante i quali mi hai reso felicissimo. Assieme a te, ho scoperto la gioia di diventare padre, e voglio continuare a passare la mia vita con te e con le nostre meravigliose figlie. Vuoi sposarmi?” Dopo averlo sentito proferire quelle meravigliose parole, che erano una chiara e limpida testimonianza del suo immenso amore per me, mi concessi qualche istante per rendermi conto di ciò che stava accadendo in quel preciso attimo. Non avrei mai potuto pensare che una cosa di questo genere sarebbe mai potuta accadere, eppure era così. Il mio ragazzo, dopo aver passato ben cinque anni al mio fianco, e aver condiviso con me un’incalcolabile quantità di momenti felici, stava davvero chiedendomi di sposarlo. Io non riuscivo a crederci, ed ero talmente felice che gli sorrisi e arrossii subito dopo. A lui la cosa sembrò non importare poi molto, e infatti, anche avendomi vista, non disse niente, rimanendo calmo e aspettando una mia risposta. Come ribadisco, non mi aspettavo davvero un gesto del genere da parte sua, difatti, il suo silenzio mi spiazzò. Lui era lì di fronte a me, che mi guardava e aspettava, paziente, che gli rispondessi. Ovviamente, non mi ci volle poi così tanto tempo ad accontentarlo, così, dopo averlo guardato negli occhi per qualche minuto, gli risposi di sì. In fin dei conti, la mia risposta non poteva essere diversa, poiché io lo amavo con tutta me stessa, e sapevo bene che se avessi risposto in maniera negativa, avrei sicuramente rovinato tutto. A dirla tutta, non mi sono trovata con le spalle al muro, in posizione di stallo, o in qualunque modo costretta a dire di sì, l’ho solo scelto. Ora come ora, vista la mia situazione attuale, cioè quella di ventenne diplomata con due bambine di un anno d’età di cui prendersi cura, penso che il matrimonio sia il pezzo mancante nel puzzle della mia vita. Dopotutto, ogni persona prima o poi sente il bisogno di formare un indissolubile legame con un’altra, ricorrendo al sacro e inviolabile vincolo del matrimonio stesso. Questo, è proprio ciò che io e Jackson abbiamo sentito dopo cinque anni di impegno in una relazione. Noi due ci amiamo, e dopo tutto questo tempo passato insieme come una coppia, il momento ci è sembrato propizio, perché, in fin dei conti, avevamo già una nostra famiglia, per cui sposarci sembrava essere l’ultimo passo da compiere per suggellare definitivamente la nostra unione. Io, ho deciso di accettare la proposta di matrimonio di Jackson, però c’è ancora un piccolo ostacolo sul nostro percorso, consistente nel dover ancora informare i nostri genitori di quel che abbiamo scelto di fare. Jackson sembra abbastanza nervoso all’idea di mettere al corrente della cosa la sua famiglia, cosa che invece, non accade nel mio caso. Infatti, riflettendoci mi viene in mente che, da quando io e Jackson ci siamo messi insieme stabilmente, la mia famiglia ha dovuto affrontare parecchi cambiamenti, fra cui il mio trasferimento a casa sua, la mia gravidanza e la nascita delle bambine, perciò credo che non faticheranno affatto ad accettare l’idea del mio matrimonio. Tuttavia, passò quasi un’intera settimana, prima che decidessi di informare i miei genitori, e quando finalmente lo feci, le mie aspettative non vennero deluse. Infatti, mia madre e mio padre, erano molto contenti di sapere che la loro figlia minore, stava finalmente per sposarsi, e mia sorella fu ancora più felice quando le chiesi di farmi da damigella d’onore nel giorno destinato. Fortunatamente, anche i genitori di Jackson si sono mostrati molto aperti e comprensivi, visto che quando è toccato a lui metterli al corrente della nostra decisione, ne hanno dovuto discutere parecchio, seppur senza che la stessa discussione sfociasse in litigio. Com’era prevedibile, ci sono ancora un sacco di cose da preparare prima del fatidico giorno del mio matrimonio, fra cui la data, il luogo, e ovviamente, anche il vestito che sceglierò di indossare. Né io né Jackson vogliamo affrettare le cose, perciò ci siamo presi un bel pò di tempo prima di decidere definitivamente quale sarà il giorno in cui io e lui ci sposeremo. Dopo lunghe riflessioni e innumerevoli ripensamenti, abbiamo deciso che il matrimonio avverrà fra due mesi. In fondo, essendo il matrimonio stesso, un’occasione speciale, non vogliamo che accada troppo presto, anche perché desideriamo prima, essere veramente sicuri e pronti a compiere questo così importante passo nel cammino della nostra vita insieme. Ad ogni modo, il tempo continua a passare, e più la fatidica data si avvicina, più io mi emoziono. Sposarmi, è stato, sin da quando ero soltanto una bambina, uno dei miei sogni più grandi, che ora, fra appena due mesi, sarò finalmente in grado di realizzare. Il tempo che io e Jackson stiamo trascorrendo insieme prima delle nozze, ci sta facendo riflettere, e sta anche, almeno a mio avviso, facendo emergere il suo lato romantico che, anche prima, è sempre stato capace di mostrarmi, seppur non nella stessa maniera di adesso. Per esempio, di questi tempi, ogni mattina trovo un messaggio differente sul cellulare, che ad ogni modo esprime il suo amore per me. Di norma, due futuri coniugi non dovrebbero vedersi prima del matrimonio, ma come si dice, l’amore vince ogni cosa, e le nostre famiglie hanno deciso di fare uno strappo alla regola, permettendoci così, di evitare di stare separati a lungo. Dopotutto, i miei genitori ricordano bene quel che è successo quando io e Jackson ci siamo lasciati a causa del suo tradimento, e non vogliono assolutamente che io torni a sentirmi come allora. Se dopo sole due settimane senza di lui mi ero ridotta a non uscire di casa e a non voler parlare con nessuno, i miei genitori possono solo immaginare ciò che accadrebbe se noi due stessimo lontani l’uno dall’altra per ben due mesi. E così, il tanto atteso giorno delle mie nozze si avvicina sempre di più, in famiglia sono tutti letteralmente elettrizzati, e siamo a buon punto con i preparativi. Difatti, mia madre mi lascerà indossare il suo vecchio abito da sposa, e abbiamo di comune accordo, deciso che le nozze si terranno in una piccola chiesa vicino casa nostra, secondo la cerimonia tradizionale. Pur essendo un giorno importante, il mio matrimonio non sarà nulla di poi così sfarzoso. Certo, voglio assicurarmi che gli invitati si divertano, ma chiaramente non mi va che tutta l’attenzione sia sempre e costantemente su di me. Più ci penso, e meno riesco a contenere l’emozione. Sogno di sposarmi ormai da tempo immemore, e ora, fra circa una settimana, finalmente accadrà.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
Capitolo XXVII
 

 
Carly e Jackson oggi sposi
 

 
Finalmente, dopo due mesi di trepidante attesa, il giorno del mio matrimonio è arrivato. L’ho voluto così tanto, che sembrava che il tempo non passasse e che quindi questo stesso giorno non arrivasse. Ora però, per fortuna l’attesa è finita, e posso finalmente celebrare le mie tanto attese nozze. Sono davvero felicissima al pensiero, e lo divento ancora di più quando penso che, dopo aver compiuto quest’importantissimo passo, io e Jackson diventeremo ufficialmente marito e moglie. Quando l’ho conosciuto, dentro di me ho subito sentito che sarebbe stato il ragazzo perfetto, e così ci siamo fidanzati. Adesso però, dopo tutto quello che abbiamo passato, sono fermamente convinta che sarà anche un ottimo marito. Lui, anche se non lo dimostra, è felice almeno tanto quanto me, se non di più, all’idea di prendermi in sposa. È mattina presto, e ormai, all’attesissima cerimonia nuziale, mancano solo poche ore. Io mi sono assicurata di svegliarmi di buon’ora, in modo da avere tutto il tempo di prepararmi a ciò che mi aspetta fra poco, evitando così, pressioni o dimenticanze dell’ultimo minuto. Come recita l’adagio, la fretta è cattiva consigliera, ed è per questo che non lascio mai che essa stessa mi assalga assieme ai dubbi. Intanto, le ore passano, e manca davvero pochissimo all’inizio della cerimonia. Come previamente stabilito, mi farò accompagnare in chiesa da mio padre che è a dir poco felicissimo di farlo. Io non sto più nella pelle al pensiero che fra poco, mi sposerò, e così facendo, creerò un legame sentimentale ancora più forte con Jackson. Ad ogni modo, il tempo inizia a stringere, così mi è venuto in mente di chiedere a mio padre di accompagnarmi in chiesa un po’ in anticipo, per evitare di fare tardi. Lui ha accettato, facendomi subito salire in macchia e accompagnandomi nel luogo della cerimonia in pochi minuti. Ora, l’unica cosa che mi rimaneva da fare, era aspettare con pazienza l’arrivo di Jackson, che, qualche minuto dopo di me ,arrivò accompagnato dai genitori e dal fratello. Avevamo chiesto a entrambe le nostre famiglie di presenziare alla cerimonia, e ovviamente, hanno accettato di buon grado. La cerimonia sembrava svolgersi fluida, senza inconvenienti, e forse l’unica pecca era che io, per l’emozione tremavo come una foglia. Ma la cosa non sembrò essere poi così rilevante, poiché, a conti fatti, penso che qualunque altra donna nella mia stessa e identica situazione, avrebbe lasciato che le emozioni provate in quel momento, prendessero il sopravvento su di lei. A un certo punto della cerimonia stessa, eravamo entrambi giunti all’altare, e dopo il tradizionale scambio delle fedi, arrivò il momento culminante, cioè quello del bacio alla sposa. Dopo aver suggellato con un bacio la nostra ufficiale unione coniugale, Jackson mi guardò, e mi sussurrò che ero bellissima, nel mio abito bianco colmo di pizzi e merletti. Con la fine della cerimonia si diede inizio al ricevimento, durante il quale, ebbi l’occasione di andare a salutare la mia famiglia. Tutti quanti, nessuno escluso, continuavano a ripetermi che ero davvero bellissima, perfino le piccole Emily ed Elizabeth, tenute in braccio, fino  a quel momento, da mia sorella. Mi concessi un momento per abbracciarle, dopodiché decisi di tornare da Jackson, che ne approfittò per farmi salutare i suoi genitori, che non vedevo da un bel pò di tempo. Anche loro erano entusiasti del fatto che io mi fossi sposata, e mi augurarono tutto il meglio, compreso un matrimonio lungo e duraturo.  I genitori di Jackson non lo dimostravano, ma era chiaro come il sole che erano orgogliosi anche del loro stesso figlio, che, finalmente, si era sposato con la donna che amava. L’intera giornata fu a dir poco meravigliosa, e a migliorarla, c’era il fatto che ora che eravamo diventati ufficialmente marito e moglie, io e Jackson avevamo tutte le carte in regola per continuare a vivere la nostra vita come una famiglia, ora unita più che mai. Come si può facilmente evincere, durante la vita ci vengono proposte miriadi di sfide differenti, che però siamo chiamati ad affrontare per dimostrare quanto valiamo come persone, e per capire se siamo abbastanza forti e determinati per superarle. Alcune volte, queste sfide si superano, e molte altre, si falliscono, ma il punto è che non ci si deve mai e poi mai lasciar abbattere da una semplice e banale sconfitta, non importa quanto quest’ultima ci abbia potuto intristire o demoralizzare. Si deve, in un modo o nell’altro andare avanti. Nella vita, ognuno di noi affronta giornalmente le proprie difficoltà e le proprie tempeste, riuscendo con molta determinazione e forza di volontà a superarle. Quando quest’ultima manca, poi, non ci si deve dimenticare che chiedere aiuto a qualcuno di cui ci fidiamo, e che siamo certi non ci abbandonerà mai, non è sbagliato, bensì è la cosa più giusta che si possa fare quando ci si smarrisce, non si sa proseguire, o si è troppo spaventati per farlo. Chiedendo aiuto, non si mostra un lato debole di se stessi, al contrario, si mostra quello più forte, poiché quando si cade e subito dopo ci si rialza, sprezzanti del dolore, della paura, dell’indecisione e delle difficoltà, ci si dimostra molto più forti, potenti e valorosi rispetto a coloro che, durante le loro battaglie quotidiane, si vantano di non essere mai caduti, di non essersi mai piegati di fronte alle avversità della vita stessa, e di non essersi mai sentiti deboli, indecisi o addolorati. Molti affermano scioccamente che forti e valorosi si debba nascere, e che non essendolo sin dalla propria venuta al mondo, non si può assolutamente nulla contro le sfide, gli enigmi e le trappole che la vita ci tende, ma io credo che sia proprio il dolore provocato dai fallimenti a forgiare il carattere di una persona. Si deve saper imparare dai propri errori in modo da uscire fortificati dalla sconfitta subita. Il dolore provocato dalle profonde ferite emotive causate dai fallimenti e dalle sconfitte, spinge le persone deboli e gracili di carattere, a cambiare e a diventare progressivamente più forti, in modo da imparare ad affrontare le difficoltà con paura e indecisione molto minori rispetto all’inizio. Nella vita, a seconda di ciò che ci capita, a quel che ci succede, e a ciò che dobbiamo affrontare per continuare a vivere e a mostrare il nostro attaccamento alla vita stessa, si cresce e si cambia, imparando, al termine di ogni sfida, superata o meno, qualcosa di nuovo, apprendendo nuove maniere e nuovi espedienti per affrontare la vita stessa così come ci si presenta. Mettendo da parte il modo in cui si decide di affrontare la vita, l’importante è intraprendere, proprio come me, le proprie scelte, scegliendo autonomamente come far proseguire la propria vita. Quel che conta, sostanzialmente è fare scelte ponderate e ragionate, senza affrettarsi né esagerare, cercando di evitare in tutti i modi, scelte pericolose o sbagliate, proprio come io ho fatto durante la mia vita e la mia storia d’amore, che, ora come ora, è perfetta cosi com’è. Sto benissimo, circondata da tutti i miei affetti e senza alcuna paura o timore circa ciò che l’avvenire mi riserva. Ho uno splendido marito, due adorabili bambine e una famiglia meravigliosa, e so che tutto fa parte della vita che mi sono creata. Una vita che tutt’ora, alla giovane età di ventidue anni, vivo felice e senza alcun tipo di problema o rimorso, sapendo che questa è la mia vita. Una vita in cui io, ho intrapreso le mie scelte.
 
 
 
 

 

 
Salve a tutti, miei cari lettori. Quella che avete appena letto era la mia prima storia in assoluto. Spero che la favola d'amore di Jackson e Carly vi sia piaciuta. Un grazie a tutti quelli che hanno avuto il tempo di leggere. Sentitevi liberi di recensire.
 

 
Emmastory :)
   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Emmastory