Capitolo Primo
Di coppie, di trii e
di progetti futuri
- No, signora – replicò, annoiata, picchettando nervosamente
con le dita sulla superficie lucida del tavolo – non siamo più la
Mairon&Melkor Snc, per questo non ci trova sull’elenco. No, non le sto
mentendo, abbiamo approfittato della crisi per rinnovare la società e garantire
migliori servizi… - dall’altro capo del telefono, la vecchietta riprese a
protestare, con voce stridula e concitata.
Tari Scale, responsabile delle pubbliche relazioni per la
Sauron Srl, trangugiò in un sorso il caffè bollente, poi tornò a concentrarsi
sull’anziana presumibilmente arteriosclerotica che si preoccupava che la
società con cui collaborava da decenni collassasse all’improvviso.
- Signora, se vuole la posso mettere in comunicazione con il
nostro ufficio legale. Il signor Erag (*) sarà più che lieto di trasmetterle
tutti i dati commerciali della nostra azienda. –
- Oh grazie cara. – cinguettò la vecchietta, confortata
- E’ stato un piacere aiutarla. – rispose Tari, sorridendo a
denti stretti anche se la sua interlocutrice non poteva vederla. S’illudeva
che, tirando le labbra fino a rompersele, sarebbe riuscita a trattenere la
replica offensiva a cui pensava da quando aveva sollevato il ricevitore.
Mise giù il telefono con uno sbuffo scocciato.
Un tempo aveva lavorato in proprio. Aveva una piccola
impresa, un ufficio più simile ad uno scantinato che ad uno studio, un
inventario limitato ed una linea che era quasi sempre libera, ma le cose
funzionavano. Stava crescendo rapidamente quand’era inciampata in quei bastardi
della Mirkwood Snc. Dopo la disfatta si era quasi rassegnata a tornare a casa,
in quella sperduta cittadina canadese in cui avrebbe fatto la cameriera nel
ristorante dei suoi genitori, quando aveva incontrato il Capo.
“Mi ricordo di te” le aveva detto, versandole una tazza di
raffinato the bianco “stavamo per farti una proposta e sederci al tavolo delle
trattative per l’acquisizione, ma poi hai dichiarato bancarotta. Un vero
peccato.”
Lei aveva storto il naso ed aveva ingoiato un sorso di the,
controvoglia, incurante del fatto che fosse ancora bollente. Il Capo era
sprofondato nella poltrona di pelle nera, congiungendo le punte delle dita.
“Anche noi abbiamo avuto i nostri dissapori con la Mirkwood Snc,
e spero che prima o poi riusciremo a farli chiudere definitivamente. Sarebbe un
piacere averti a bordo, fino a quel momento.”
Tari aveva alzato la testa, improvvisamente interessata a
quella conversazione che fino a poco tempo prima sembrava solo un vuoto
esercizio di retorica.
“Dove devo firmare?” aveva chiesto. Le labbra del Capo si
erano rilassate in un sorriso soddisfatto.
Tari accantonò i ricordi con un cenno della mano, quando un
post-it rosa fluorescente attirò la sua attenzione. Era stato lasciato
sull’angolo dello schermo del computer, probabilmente proprio allo scopo di
essere notato, e recava la svolazzante firma di Destiny, la segretaria del
Capo, una ragazza dall’aria svampita con la brutta abitudine di indossare
solamente abiti rosa. Era un tripudio di rosa che camminava, andando a sbattere
contro tutte le porte semichiuse.
Il biglietto ricordava a Tari che, alle undici, aveva un
appuntamento in direzione. Il Capo voleva parlarle.
La donna sbuffò sonoramente, lanciando uno sguardo all’orologio
alla parete. Aveva ancora il tempo di rifarsi il trucco, ma era l’intenzione a
mancarle. Quasi senza accorgersene, si accarezzò la fronte. Aveva una sottile
cicatrice che le solcava la pelle, appena sopra l’occhio. Le dava ancora
fastidio, quando pioveva.
Niphredil agitò il barattolo vuoto dello zucchero, con un
sospiro desolato.
- Abbiamo finito lo zucchero. – rilevò – non capisco come
sia possibile, ma abbiamo di nuovo
finito lo zucchero. Ne porterò un altro pacco da casa, altrimenti l’ufficio non
va avanti. –
Thranduil Oropherion, amministratore delegato della Mirkwood
Snc, sollevò lo sguardo dal plico di resoconti che stava controllando e fissò
la propria fidanzata.
- Sai che io sto cercando di lavorare, vero? – le chiese,
con uno sbuffo
- E tu sai che non posso affrontare una riunione coi
fornitori, senza il mio quotidiano litro di the? – ribatté Niphredil,
appoggiando il barattolo vuoto e raggiungendo la scrivania di Thranduil. Si
sedette sull’angolo del tavolo, accavallando le lunghe gambe – mi sembri di
cattivo umore. – rilevò, dopo qualche istante.
- Sai a che ora è tornato a casa Legolas, stanotte? –
Niphredil si strinse nelle spalle: - non lo so, a quel punto
dormivo della grossa. –
- Alle quattro del
mattino! – esalò Thranduil, accartocciando l’ennesima fotocopia illeggibile –
se scopro che è stato di nuovo a far baldoria con quell’imbecille del suo amico
Gimli… -
- Dai, Legolas ha ventitré anni, lascia che si diverta un
po’. E poi Gimli non è così pessimo.
– Thranduil inarcò un sopracciglio, con aria scettica ma, bontà sua, preferì
non replicare. Era una discussione persa in partenza, soprattutto considerato
che il padre di Gimli era il miglior amico di Niphredil, un tipo ben piantato
con una folta barba ed una preoccupante dipendenza dalla birra.
- E comunque – riprese, con un sospiro – le riunioni coi
fornitori non piacciono nemmeno a me. E poi il tipo della LagoLungo sembra sempre
piuttosto alticcio. Sarò io, ma è irritante. –
Niphredil rise, per poi sdraiarsi sulla scrivania. Sentì il
rumore di un portapenne che cadeva a terra, ma lo ignorò, e appoggiò le dita
sotto al mento di Thranduil.
- Che programmi hai per stasera? – chiese, accarezzandogli
il collo
- Dovrei revisionare il bilancio – rispose lui. Si chinò in
avanti e baciò Niphredil sulle labbra, a lungo, passandole una mano fra i
capelli – ma in fondo non è una scadenza così
pressante. –
Lei sorrise, strusciando il naso contro quello di lui: - no –
mormorò, suadente – non lo è affatto. Appurato questo, te lo chiedo di nuovo…
che programmi hai per stasera? –
- Pensavo di spegnere il cellulare, aprire una bottiglia di
vino ed andare a berlo a letto, assieme alla mia fidanzata. Possibilmente
senza niente addosso e… -
E fu allora che la luce verde dell’interfono si illuminò e
la voce di Luinil, la segretaria, invase l’ufficio.
- Signore, c’è uno della Scudo-di-Quercia Spa che sbraita
sull’altra linea. Che devo fare? –
Thranduil sospirò: - di nuovo?
– esalò, massaggiandosi le tempie – che altro vuole? –
- Non l’ha detto – rispose la segretaria, evidentemente a
disagio, mentre Niphredil posava la fronte sul piano della scrivania e
tratteneva una risata – o, per meglio dire, ha detto qualcosa di estremamente
offensivo che suonava come “verrò a sputare sulle vostre tombe”, però nient’altro.
–
Thranduil si alzò in piedi e sbuffò: - dì al signor Durin di
prendere un appuntamento. Ma se quel caparbio idiota insiste ancora a
comportarsi come un cavernicolo, giuro che l’accordo salta. –
Sinag Grey (*) si accese una sigaretta ed aspirò a fondo.
- Signore – ritentò – le ho detto che la situazione è sotto
controllo. Certo, quei bastardi della Scudo-di-Quercia ci hanno soffiato l’appalto
per Dimrill Dale, ma ci stiamo riprendendo in fretta e progettiamo degli
incrementi patrimoniali a breve term… -
- Sinag – lo interruppe il Capo. La sua voce era cupa e
preservava la sua aura minacciosa anche attraverso l’etere – la mia non era una
proposta. Stiamo progettando un
grande ritorno e la sede del Gundabad ha un ruolo fondamentale in esso. Quindi
ho deciso di mandarti un aiuto. –
- Signore, se posso permettermi… -
- Non puoi – lo freddò il Capo. Sinag sbuffò una nube di
fumo, poi gettò la sigaretta a terra e la schiacciò sotto il tacco della scarpa
– la signorina Scale ti raggiungerà a giorni e sarà la mia rappresentante,
oltre che i miei occhi e le mie orecchie. Non sottovalutarla e ti sarà utile.
Non deludermi, Sinag. –
- No, Signore – cedette l’uomo. La sua voce era sottomessa,
ma i suoi occhi erano pozzi di furia.
Quando finalmente il Capo mise giù il telefono, Sinag dovette
impegnarsi al massimo per combattere il desiderio di scagliare il cellulare
oltre il parapetto, per vederlo sfracellare al suolo, cinque piani sotto.
Un irritante cinguettio (doveva cambiare quella fottuta
suoneria, non la sopportava più) lo avvertì che il Capo gli aveva inviato un
messaggio, con l’orario d’arrivo dell’aereo della signorina Scale.
- ‘fanculo –
borbottò Sinag, appuntandosi di mandare qualcuno a prendere la donna.
Ne aveva sentito parlare. Era un cacciatrice solitaria, che
disertava sistematicamente gli incontri di team-building e che era l’incubo
dell’ufficio per le pubbliche relazioni. Molti, nella Sauron Srl, si chiedevano
perché il Capo si fosse intestardito a tenerla come collaboratrice e perché le
avesse affidato dei compiti tanto sciocchi, quasi di facciata, se era davvero un elemento tanto valido.
Di Tari Scale, si diceva che avesse il fuoco, nel cuore.
Sinag si accese la seconda sigaretta. Lavorava per la Sauron
Srl da anni, ormai. Sopportava ogni
giorno la concorrenza delle altre compagnie (che sembravano coalizzarsi
costantemente per mettere loro i bastoni fra le ruote), la faccia da cane
bastonato di Erag, all’ufficio legale, l’incompetenza dei suoi diretti
sottoposti e, ovviamente, l’ossessione del Capo per tenere per sé tutti i propri
piani. Il coordinamento fra le varie sedi secondarie della Sauron era pessimo,
praticamente i vari institori – Sinag compreso – lavoravano nella completa
ignoranza del fine ultimo.
L’uomo sbuffò ed aspirò, stavolta lentamente, assaporando l’aroma
acre della sigaretta.
Sorrise, fra sé, e cercò di vedere il lato migliore della
situazione. Forse collaborare con la signorina Scale sarebbe stato un passo
avanti. Forse avrebbero davvero fatto dei progressi. Forse il Capo avrebbe
smesso di comportarsi come un sociopatico e, forse, questa collaborazione non
sarebbe stata tanto atroce, da sopportare.
In fondo, il fuoco gli era sempre piaciuto.
Niphredil ripose il telefono ed il volantino del take away
giapponese.
Finalmente, la giornata era finita.
La casa era silenziosa, a parte lo scrosciare della doccia,
al piano di sopra.
Un post-it giallo fluo, attaccato al frigorifero, comunicava
telegraficamente: “Passate una bella
serata, papà e Niph, io dormo da Gimli.”.
Niphredil lanciò uno sguardo svogliato al tavolo. Era
sommerso di fogli, cartacce, i libri di Legolas e persino una pedina degli
scacchi, infilata nella fruttiera per scopi non meglio precisati. La donna
sospirò, mentre la sua coscienza la tormentava. Avrebbe dovuto sparecchiare,
prima che arrivasse il ragazzo delle consegne.
… oppure avrebbe potuto lasciare tutto là e mangiare sul
divano, comodamente raggomitolata contro Thranduil, come avevano fatto per le
ultime tre cene.
Una piccola Niphredil con l’aureola dibatté a lungo contro
la sua collega con cornina e forcone, ma alla fine dovette arrendersi e battere
in ritirata.
La donna sorrise, poi si sfilò la camicia e salì di corsa le
scale, slacciandosi anche i jeans.
- Amore, sei ancora sotto la doccia? – domandò, bussando
alla porta del bagno – fra l’altro temo che Legolas abbia di nuovo finito il
balsamo per i capelli –
- Me ne sono accorto – replicò Thranduil, seccato – e
comunque avresti potuto avvisarmi un po’ prima. –
- Che posso farci? – scherzò Niphredil, appoggiandosi al
muro per sfilarsi i pantaloni – Mi piace dirti le cose mentre sei nudo. –
- Lo so che è una forma di vendetta perché ho sottovalutato
la tua astinenza da zucchero –
Niphredil rise, poi aprì la porta e scivolò nella stanza,
richiudendola alle proprie spalle. Si tolse gli slip ed il reggiseno,
lanciandoli sulla lavatrice. Lanciò uno sguardo alla propria immagine, riflessa
nello specchio appannato dal vapore, poi scostò la tendina della doccia.
- Se volessi vendicarmi – disse – non sarei qui, ma starei
al telefono con Glòin per organizzare una cena con lui e suo figlio. –
Sorrise, mentre Thranduil la prendeva fra le braccia. La sua
pelle era calda e bagnata.
Da qualche parte, al piano di sotto, il telefono squillava,
ma era destino che nessuno rispondesse.
Legolas mise giù il cellulare e si strinse nelle spalle.
- Non rispondono – decretò – sarà un segno del destino. –
- Mi pare giusto! – esultò Gimli, senza alzare lo sguardo
dal complesso lavoro che lo teneva impegnato.
- Dio – esalò Legolas, levando gli occhi al cielo – se lo
scopre mio padre sono un uomo finito. –
Il suo amico ridacchiò, poi sollevò trionfante un oggetto
lungo e sottile.
- Beh, di certo non sarò io a dirglielo. E se riesci a non
incontrarlo prima di lavarti i capelli, l’odore se ne andrà senza incidenti.
Su, su, adesso non fare il fifone. –
Legolas sorrise, divertito, poi bevve un sorso dalla
bottiglia di birra. Ancora non era certo se il sapore della birra gli piacesse
o meno, però Gimli era categorico. “No birra, no party” diceva sempre, di
solito mentre rovistava nel cassetto alla ricerca di un apribottiglie.
- Va bene – acconsentì, mentre Gimli gli tendeva l’oggetto e
l’accendino e riprendeva ad armeggiare con il telecomando del lettore dvd.
- Non cominciate senza di me! – li richiamò una voce
femminile, dalla cucina
- Sbrigati, Lu! – gridò Gimli – e non mangiare tutta la
pizza! –
Legolas accese la sigaretta (che era – come dire – piena di
cannabis, oltre che rollata in modo pessimo) e sprofondò nel vecchio divano,
mentre Luinil usciva dalla cucina, con un enorme cartone di pizza in mano.
- Bene – esclamò Gimli, battendola sulla spalla una pacca
talmente forte da sembrare dolorosa –
e la maratona di Game of Thrones può
avere inizio! –
-- La Coda
(*): non ho saputo resistere
(*2): non ho letto “cinquanta sfumature di grigio”, però non
voglio immaginare Sinag alle prese con cera bollente, manette e altre cose. No,
no, no, le mie cellule cerebrali stanno già soffrendo.
Sì. Lo so. Lo so che dovrei impegnarmi su Niphredil – che già
i miei aggiornamenti hanno il singhiozzo – ma questa storia mi frulla in testa
da settimane e non potevo non condividerla con voi J
E soprattutto tu, Kanako91, sentiti in colpa per aver
portato alla creazione di questo racconto, perché il tuo shippare Tari e Sinag
mi si è attaccato addosso, e per questo ti detesto e ti adoro!
Detto questo, premetto che non sarà una storia lunga e dalla
trama complessa (anche perché le mie conoscenze di diritto societario si
limitano ad un isterico sfogliare i miei appunti di università) e che il suo
scopo principale sarà far ridere. E far stare insieme Thranduil e Niph. Sono
sedici capitoli che sopravviviamo a flash-back, prendete tutto ciò come un
ringraziamento per la pazienza!
Spero abbiate apprezzato!
A presto
- La Matta