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Autore: aki_penn    09/03/2015    5 recensioni
C’erano stati circa dieci minuti di dramma, la prima volta che si era fermato a dormire da lei perché era convinto che non sarebbe riuscito a dormire senza il proprio cuscino, ma poi si era scoperto che il petto di Lydia era un ottimo surrogato.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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È la mia prima volta in questo fandom e come al solito sono un po’ in apprensione, non c’è molto da dire su questa storia, è una furure!fic senza pretese e senza granché trama, fondamentalmente si potrebbe riassumere tutto in ‘drunk!Stiles’. Accetto sempre volentieri commenti e critiche, se dovete lanciare i pomodori, lanciateli piano, che ho la pelle sensibile! U.U
 
Questa fic è dedicata a Mimi18, perché è una super carina, perché mi ha istigato a guardare Teen Wolf e perché dispensa sempre consigli utili. <3
 
 
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Lydia cercò di infilare la chiave nella toppa senza controllare che fosse quella giusta, ovviamente non lo era. Sbuffò e riprovò, verificando prima che fosse quella che le avrebbe permesso di entrare nel suo monolocale. Con suo grande sollievo, la prescelta entrò, ma lei non fece in tempo a girarla perché qualche cosa di pesante le si appoggiò alla schiena e la spinse in avanti. La fronte sbatté contro la porta di legno bianco e la guancia, subito dopo, vi si appoggiò con poca grazia.
Lydia strizzò gli occhi e ringhiò “Stiles! Stai in piedi da solo!”
Il peso le si levò subito di dosso, seguito da un mugolio e da un rumore di suole di gomma che striscino sul marmo.
Lydia, ancora con una mano stretta alla chiave, si voltò a guardare Stiles che si era allontanato di un paio di passi e la guardava con aria divertita. Aveva la camicia slacciata quasi fino a metà del petto, la giacca stropicciata e la cravatta slegata che gli penzolava dal collo. Le guance erano arrossate, gli occhi lucidi e i capelli scompigliati. Lydia sospirò “Non c’era bisogno che mi accompagnassi fino a casa”
“Volevo essere solo sicuro che arrivassi sana e salva” commentò lui, con un gran sorriso. Lydia alzò le sopracciglia, visibilmente infastidita. “Credo che in queste condizioni saresti potuto cadere vittima di qualsiasi malintenzionato di livello medio-basso. Non ti lascerò mai più bere!” sbottò, guardandolo fisso negli occhi.
Anche i suoi capelli erano un groviglio di nodi, perché – a metà serata – Stiles aveva deciso che voleva farle le trecce. Lydia l’aveva schiaffeggiato sulle mani e si era allontanata, ma non c’era sto verso di fargli tenere le mani al loro posto.
Sospirò pesantemente mentre Stiles si accigliava. “Scusami” piagnucolò, facendo due passi in avanti “Non volevo farti arrabbiare” disse, prima di perdere di nuovo l’equilibrio e di finirle addosso, ancora.
“Stiles!” esclamò, mentre entrambi finivano di nuovo contro la porta, con un tonfo.
La strategia della rabbia non funzionava, a quanto pareva. Lydia alzò le sopracciglia e sospirò a fatica, dato che lui le pesava addosso e con le labbra appoggiate al suo orecchio le chiedeva se ce l’aveva davvero così tanto con lui.
“È tutto a posto, Stiles, ma adesso spostati!” lo pregò, facendosi forza con le dita contro la porta e con l’altra mano aperta contro il petto di lui. La chiave piantata nella toppa le premeva contro la schiena e le faceva male.
“Sei arrabbiata?” sospirò lui, in pena, facendo di nuovo qualche passo indietro.
“Sì, cioè, no… stai buono e lasciami aprire la porta. Non devi vomitare, vero?” si accertò, guardando la chiave che stava girando nella toppa e poi di nuovo lui, in cagnesco.
Stiles scosse la testa e ridacchiò “Io sto alla grande! Sto sempre bene, se stai bene tu” e fece di nuovo un paio di passi all’indietro, per mantenere l’equilibrio. Lydia roteò gli occhi esasperata, a quella serata mancavano davvero solo le frasi da rimorchio da ubriaco.
Sospirò e aprì finalmente la porta del suo monolocale.
“Dai, entra” fece, mettendosi da parte per farlo passare. Stiles obbedì, silenzioso, per poi piantarsi a metà dell’uscio a fissarla.
“Che c’è?” sbottò lei, infastidita. Le scarpe le facevano male, voleva togliersi sia quelle che il vestito. Il reggiseno le strizzava troppo il seno, il trucco le bruciava gli occhi, era tardi e voleva andare a letto e Stiles temporeggiava sul suo zerbino. Per un secondo fu tentata di lasciarlo fuori o di telefonare allo sceriffo per chiedergli di venirsi a riprendere suo figlio. 
“Sei molto bella” decretò con la voce strascicata di chi ha bevuto parecchio. Lydia annuì, senza apprezzare granché il complimento, ma disse “Grazie, Stiles. Ora levati di lì” e lo afferrò per una manica trascinandolo in casa propria, per poi riuscire finalmente a chiudere la porta.
“Allora, vai a lavarti i denti e a metterti il pigiama” gli ordinò, mentre lui si toglieva di dosso la cravatta e la mollava per terra.
“E togliti le scarpe, prima di andare in bagno!” rincarò la dose, prima che Stiles le prendesse il volto tra le mani e la baciasse a stampo con la prepotenza di un bambino che distribuisce baci a labbra serrate.
Lydia mugugnò, incapace di sottrarsi a tanto entusiasmo ed entrambi barcollarono di nuovo contro la porta con un botto.
Con un mugolio indispettito, lo staccò da sé a forza poggiando le mani sulle sue guance e spingendolo indietro. “Stiles, non farmi arrabbiare. È tardi e tu sei davvero ubriaco, vai a lavarti i denti e metterti il pigiama!”
“Ti ho fatto arrabbiare di nuovo?” chiese, preoccupato. Lydia strinse i denti e si trattenne dal tirargli un pugno sul naso.
“No, Stiles. Vai a lavarti i cavolo di denti!” ordinò, con voce controllata e un’espressione plastica. Lui annuì con lo sguardo basso, facendo un paio di passi indietro, togliendosi, con poca grazia, prima la giacca stropicciata e poi la camicia, già slacciata per metà e le lasciò cadere entrambe per terra senza troppa cura, per poi avviarsi verso il bagno, malfermo sulle gambe.
Lydia, che non aveva ancora avuto occasione di togliersi le scarpe col tacco, scattò in avanti e lo afferrò per un orecchio, come si sarebbe potuto fare solo con un bambino in età prescolare “Stiles! Le scarpe prima di andare in bagno!” urlò.
“Che scarpe?” biascicò lui, preso alla sprovvista, sbilanciandosi all’indietro e non finendole addosso per l’ennesima volta per puro miracolo.
“Le tue! Togliti le scarpe, prima di andare in bagno!” sbottò, esasperata. Stiles finalmente ubbidì, silenzioso, mentre lei si passava una mano sulla fronte. Si stropicciò gli occhi, dimentica del fatto di essere truccata e sporcandosi le dita di mascara.
Si sedette su una sedia della cucina per slacciarsi gli stivali col tacco. Toglierseli fu una liberazione, così come appoggiare le piante dei piedi sul pavimento freddo.
Fece un lungo sospiro guardando casa propria, illuminata solo dalla luce sottopensile della cucina.
Era un posto carino, per essere un monolocale: c’era una piccola zona per il pranzo e poi, nascosto da un muretto basso, dove Lydia teneva la fruttiera e qualche rivista vecchia, il letto. In fondo si trovava il bagno cieco dove Stiles era appena sparito, lasciandosi dietro una scia di vestiti stropicciati. Anche i pantaloni erano finiti per terra, anche se Lydia non l’aveva visto mentre se li toglieva.
Si appoggiò allo schienale e chiuse gli occhi per un secondo, sapendo bene che così facendo si allontanava ancora di più il momento in cui avrebbe potuto dormire veramente.
“Con cosa me li devo lavare i denti?” chiese Stiles, dal bagno. Lydia non si preoccupò nemmeno di aprire gli occhi, per rispondergli “Con lo spazzolino e il dentifricio, Stiles. Il tuo è quello arancione”
“Non c’è un dentifricio arancione”
“Lo spazzolino è arancione, non il dentifricio” continuò Lydia, che stava per cedere al sonno seduta sulla sedia della cucina.
“Non lo trovo”
“È sul lavandino, esattamente come al solito” rispose lei, sottovoce. Ci fu uno schianto e un rumore di qualche cosa che si rompeva e Lydia sobbalzò, aprendo gli occhi di scatto.
“Tutto bene?” strillò, alzandosi in piedi così veloce che, per un attimo, le andò via la vista.
“Sì, ma mi sa che ho rotto qualcosa…” rispose Stiles, preoccupato “anche se non so cosa”
Lydia fece un sospirone e si appoggiò al muretto dove teneva la fruttiera “Spero per te che non sia il mio profumo preferito!” sbottò, esasperata, prima di girarsi a raccogliere i vestiti di Stiles da terra, per poi buttarli nel cesto della roba da mettere in lavatrice, che teneva vicino al letto.
In teoria, Stiles non viveva con lei, in pratica sì. Aveva il proprio spazzolino in bagno, il proprio asciugamano e la propria parte di letto, quella più lontana dalla porta.
C’erano stati circa dieci minuti di dramma la prima volta che si era fermato a dormire da lei perché era convinto che non sarebbe riuscito a dormire senza il proprio cuscino, ma poi si era scoperto che il petto di Lydia era un ottimo surrogato. In ogni modo, il cuscino prediletto era stato portato subito dopo al monolocale e la cosa impediva così a Stiles di tornare a dormire a casa propria. Continuava a pagare l’affitto del suo appartamento, ma non ci andava mai.
Lydia gli aveva anche procurato una copia delle chiavi, per togliere entrambi dall’imbarazzo di costringere Stiles a farsene un mazzo per conto suo, come aveva fatto con quelle di casa di Scott.
Fondamentalmente, Lydia e Stiles vivevano insieme.
Lydia si slacciò la cintura sottile e si sfilò il vestito a fiori dalla testa, appoggiandolo distrattamente accanto alla fruttiera. Si sfilò anche il reggiseno, cercando freneticamente i ganci con le dita e sospirò di sollievo nel sentire finalmente che i ferretti non premevano più sotto il seno.
Alzò il cuscino e ne estrasse la casacca del pigiama. Se la infilò velocemente, chiedendosi dove diamine fossero finiti i pantaloni.
“Stiles? Sei pronto?” chiamò, alzando le coperte alla ricerca dei suddetti.
“Mi sono lavato i denti con lo spazzolino blu” commentò una voce divertita e decisamente appartenente a qualcuno che aveva alzato un po’ il gomito. Lydia si voltò a guardarlo e lo trovò completamente nudo, con le gambe divaricate e le mani sui fianchi, che la guardava.
Dichiuse le labbra e boccheggiò, indecisa su cosa arrabbiarsi per primo. “Dove hai messo le mutande?” chiese, lasciando perdere le coperte ed avvicinandosi a lui, camminando in punta di piedi perché il pavimento era freddo. Non voleva andarle a recuperare nel water, sul davanzale della finestra o appese al filo da stendere della vicina.
“Non lo so” dichiarò divertito, prima di baciarla di nuovo. Questa volta a bocca aperta, lei non si oppose, decisamente troppo stanca per chiedergli di nuovo di mettersi il pigiama. In un attimo, però, stavano di nuovo barcollando e Stiles precipitò in avanti, schiacciando Lydia sotto di sé, che esalò un urletto spaventato, cadendo a sorpresa sul letto sfatto. Stiles le diede inavvertitamente una testata e lei strillò un ‘Ahi!’ acutissimo.
Lui strizzò gli occhi e si incupì, per poi cominciare subito a chiedere scusa, incredibilmente mortificato.
Lydia allargò le braccia e distese i muscoli, finalmente comoda dopo tante ore passate in piedi. Stiles le pesava ancora addosso, ma era una cosa al quale era abituata ed era abbastanza piacevole.
Si guardarono negli occhi e lui sembrò riprendere d’un tratto un po’ di lucidità “Lo so che ti ho dato fastidio, questa sera. Mi dispiace tanto” sospirò, con gli occhi lucidi, fissandola con le labbra strette.
“Giuro che domani mi alzerò presto e ti preparerò la colazione” promise.
Lydia fece un sospiro e lo guardò a lungo negli occhi, facendo una smorfia. “Beh, se vuoi puoi farti perdonare anche adesso” propose. Stiles rimase a guardarla con occhi vitrei, ancora sdraiato sopra di lei, puntellato sui gomiti per guardarla in faccia. Lydia sembrava piuttosto divertita dalla situazione, per la prima volta in tutta la sera, con Stiles sdraiato nudo addosso a lei.
“Pensi di riuscire a trovare il mio clitoride?” chiese, interessata.
Stiles alzò le sopracciglia e guardò a destra e a sinistra, indeciso, per poi guardarla negli occhi con luccichio di serietà ed annuire compunto, mentre Lydia gli infilava le dita tra i capelli e glieli tirava un po’.
“Sì, credo di… poterlo trovare” convenne.
“Ottimo!” concordò lei, tirandogli i capelli fino a tirarselo addosso e baciarlo sulle labbra semiaperte.
“Fammi felice…” disse in un sospiro divertito sulla bocca di lui.
Stiles si puntellò di nuovo sui gomiti e si mise sull’attenti come un militare, con la mano tesa sulla fronte “Sissignora!”. Finché Lydia, ancora con la mano tra i suoi capelli, non lo spinse più in basso.
*
Quando Lydia si svegliò, il giorno dopo, Stiles dormiva a bocca aperta con la testa sulla sua spalla e, probabilmente, aveva anche un po’ sbavato. Lydia non avrebbe saputo dire come i propri pantaloni del pigiama fosse finiti addosso a lui, al quale stavano stretti, ma preferì non interrogarsi troppo.
Strizzò gli occhi e si passò una mano tra i capelli senza muoversi più di tanto per non svegliare Stiles. Gli occhi le bruciavano, alla fine non si era struccata né lavata i denti. Prima di mettersi a dormire, a malapena era riusciva a rimettersi le mutande e tirarsi giù la maglietta. La mano di Stiles, tra l’altro, riposava sul suo addome, sotto la casacca del pigiama.
D’un tratto s’accigliò, alzando lo sguardo e notando un piatto sopra il muretto basso che divideva la zona giorno dalla camera da letto, accanto al proprio vestito a fiori. Quello nell’aria era senza dubbio odore di caffè e, meno forte, di pancakes.
“Stiles?” chiamò, questa volta assolutamente disinteressata all’idea di svegliarlo.
Stiles mugugnò, tenendo gli occhi chiusi e facendo schioccare la lingua.
“Hai preparato il caffè e la colazione?” domandò, con voce squillante. Era completamente sveglia, ormai, anche se gli occhi le bruciavano come l’inferno.
Stiles grugnì di nuovo e poi biascicò “Mi sono alzato un’ora fa. Adesso il caffè sarà…” fece un sospirone, continuando a tenere gli occhi chiusi “…freddo”.
Lydia alzò le sopracciglia e mosse il braccio sinistro fino alla testa di lui, per accarezzargli i capelli con tenerezza.
“Beh, allora ti puoi alzare e rifarlo” gli propose, con un sorrisetto che lui non poteva vedere.
“Sissignora” biascicò lui, prima di rimettersi a russare con la testa nell’incavo del collo di Lydia. 
   
 
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