NDA: Terzo esperimento creativo della serie “Phototeller”.
Dopo “Point of View” (Special Guest: Lee Pace)
e “Raining Dreams Circus” (Special Guest: Tenth Doctor - David Tennant)
MavStories è lieta di presentarvi “Solo se rimani”.
Questa volta abbiamo come ospite Dean O’Gorman, Fili de Lo Hobbit.
Il bel nano kiwi nella vita reale è anche un fotografo e questa oneshot vuole trattarlo sotto questo punto di vista.
Ancora una volta tutti i fatti narrati, come nella consuetudine di Phototeller, sono ispirati alle 5 immagini che troverete sparse nel testo.
Vi auguro una buona lettura e continuate a seguire il nostro esperimento creativo :)
A presto, buona lettura!
M. di MavStories
Solo se rimani
Il rumore delle dita che scorrono veloci lungo la
tastiera anima il tavolino.
Proviene dal suo datato computer portatile, ne conosce a
menadito pregi e difetti, ciò che non sa è la direzione
che vogliono prendere le parole appena digitate sullo
schermo.
Alza lo sguardo dubbioso e ripone da parte gli occhiali.
D'altronde ha scelto quel posto proprio per farsi venire
un barlume d’ispirazione.
Si tratta di un piccolo bar in centro, la grande vetrata
dell’ingresso affaccia direttamente sulla strada
principale. Una manciata di tavolini rotondi la precedono
e confinano con un piccolo palco rialzato, su cui dei
tecnici improvvisati, proprietario compreso, sembrano
coinvolti in una specie di operazione chirurgica.
Lo sfortunato “paziente” del caso pare essere un
microfono, un modello vintage, alla Sinatra per
intenderci.
Secondo le proteste del proprietario doveva essere nuovo,
ma Ebay a volte può trarre in inganno.
Certo, se ci fosse presente in sala qualcuno realmente in
grado di installarlo farebbero prima, pensa la ragazza
del tavolino all’angolo, scuotendo la testa contrariata.
Il suo nome è Arianna, scrittrice solo per diletto. Se ce
ne fosse occasione ne farebbe un lavoro, ma per ora è
fiera di qualche suo articolo pubblicato sul sito del
giornale locale e dell’impiego ufficiale da supplente.
Si reca in quel bar nelle sere libere, proprio per
scrivere. Come dice Bukowski: “La gente è il più grande
spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto”.
“L’operazione chirurgica” viene momentaneamente
accantonata, i camerieri si disperdono, è giunta l’ora
dell’aperitivo e il bancone si riempie di festaioli.
Arianna volge un’ultima occhiata al Sinatra che si erge
fiero, riflettendo la luce calda ed inebriante del
locale.
…Una cantante.
Si, potrebbe scrivere di una cantante!
Il tamburellio sulla tastiera riparte e si trasforma in
una decina di righe di testo.
Pausa, risolleva lo sguardo oltre la cornice rettangolare
dello schermo, qualcosa è cambiato: tra la marmaglia di
bevitori spicca un grande zaino quadrato, da cui
fuoriescono in alto un mucchio di tubi scuri e dal basso
un paio di gambe fasciate di jeans.
Il maxi zaino si protende in avanti sul bancone
richiamando l’attenzione del proprietario. La folta barba
di quest’ultimo si apre in un sorriso, i due scambiano
una calorosa stretta di mano che finisce con una spallata
amichevole. Poi il proprietario annuisce entusiasta e lo
zaino indietreggia facendosi largo con difficoltà, per
lasciare il locale.
Arianna tra tutte quelle persone riesce a scorgere solo
un riccio ciuffo biondo che naviga nella folla.
Attende qualche istante che lo strano visitatore
attraversi il lato della strada che affianca la vetrata,
ma non è così, perciò torna a concentrarsi sullo schermo
luminoso.
Lo spunto della cantante si rivela molto buono, ama da
sempre la musica e si immedesima a fondo con il
personaggio.
Soffermandosi qualche istante per cercare il sinonimo di
una parola, sposta l’attenzione vacua sulla strada, ma lì
incontra un ostacolo visivo nuovo.
C’è una figura oltre il vetro, pare una grossa scatola
sospesa sulla testina di un treppiede.
Strabuzza lo sguardo perché non ci crede, non aveva mai
visto uno strumento così professionale da vicino. Si
tratta infatti di un banco ottico, ma al momento pare del
tutto abbandonato sul marciapiede.
Lo sta ancora ammirando attonita, quando dall’alto
un’ombra incombe sull’apparecchio fotografico: un
tendaggio si dispiega lentamente dalla parete esterna del
locale, per volere dello stesso proprietario, il quale
regola il tutto con un’asta agganciata ad una manovella.
Ad amministrare l’operazione vi è un secondo ragazzo,
anche lui col mento barbuto all’insù. Arianna ne
riconosce i jeans a sigaretta un po’ larghi, ma ora può
associarvi anche un busto e un viso, non solo uno maxi
zaino ingombrante.
Costui ha l’aria di chi sa con precisione quello che
vuole, chiede all’amico di stendere il tendone con una
accuratezza millimetrica e infine lo ringrazia ancora
calorosamente.
Quando fa per tornare nella direzione della spettatrice,
verso la sua attrezzatura professionale, Arianna
distoglie lo sguardo di scatto, fingendo di esser
ricaduta in un lampo d’ispirazione improvvisa. Ma non sa
dimenticare facilmente l’immagine di quel viso. Continua
ad aleggiare nell’etere, sospesa tra lei e lo schermo,
per molti minuti a venire, anche senza guardare oltre il
vetro.
Nel frattempo Arianna s’interroga sul favore chiesto al
proprietario del bar.
Effettivamente ha piovuto molto quella sera, le luci di
semafori e insegne si riflettono sull’asfalto fattosi
specchio e lassù ha tutta l’aria di averne ancora in
serbo per dopo.
Se il fotografo in questione ha intenzione di rimanere a
lungo su quel punto del marciapiede, deve essersi
premurato per tempo di non inzupparsi come un pulcino.
La ragazza non resiste, torna a guardare fuori!
Il fotografo è ancora lì, di profilo, i riccioli chiari
scompigliati sulla fronte dal cattivo tempo, il busto
riparato solo da un pesante maglione di lana nero.
Il suo chiaro sguardo è fermo, assorto nel mirino,
calcolatore, mentre le mani viaggiano sull’apparecchio
fotografico, estraggono gli chassis, regolano i parametri
della macchina, sembrano le sue di quando scrive.
Al di là della vetrata Arianna distoglie lo sguardo, ma
solo per mascherare un largo sorriso.
Rilegge cosa ha scritto nel corso della serata, poi dà
un’occhiata all’orologio: è quasi tempo di rientrare,
domani ha lezione a scuola. Ma prima un’ultima curiosità,
vuole sapere qual è il soggetto della foto.
Fuori, sul marciapiede, il ragazzo si è leggermente
distanziato dalla vetrina. Definisce ancora qualche
dettaglio compositivo, ma la protagonista della foto è
ben definita: si tratta della strada stessa.
Arianna può vederla intrappolata nel mirino, sottosopra.
Poi il ragazzo estrae con la sicurezza del professionista
lo chiassis impressionato di luce, ripone tutto nel
grande zaino che al suo arrivo ne mascherava il resto del
corpo e infine prende parte alle ombre dei passanti, non
prima di rivolgere un ultimo cenno di saluto al bancone
del bar.
***
Giovedì, otto in punto. Non un’altra noiosa mattinata tra
i banchi di scuola, bensì giorno di gita!
Gli studenti sono accalcati ai piedi del pullman già da
una mezz’ora buona, formando un serpentone di piumini
colorati, chiacchiere, schiamazzi, zaini del pranzo a
sacco e lagnose raccomandazioni dei genitori.
Arianna, con solo qualche mese di esperienza in più,
potrà finalmente far parte del trio astioso davanti alle
porte scorrevoli del mezzo a due piani, anche a distanza
visibilmente infastidito. Rispettivamente: Geografia,
scienze ed educazione fisica.
Per ora, infatti, lei è una supplente di italiano, nonché
l’insegnante più giovane della scuola.
In genere una supplente non dovrebbe fare da
accompagnatore ai ragazzi, ma dopo i colloqui con i
genitori di qualche settimana fa, ci sono state numerose
richieste riguardo la sua presenza per la gita alle
cascate. Molti di loro ripongono in lei una cieca fiducia
riguardo all’affidamento dei figli undicenni.
E per Arianna non è difficile indovinare il motivo, visto
che, mentre si assicura di aver chiuso entrambe le
portiere della sua auto, sente Geografia starnazzare
dalla parte opposta del parcheggio.
“Puntualità, il principio fondamentale della puntualità
dico io. Se non ha almeno questo, non oso immaginare come
guidi!” si lamenta.
Arianna avvicinandosi distingue chiaramente il caschetto
nero e occhialuto di Geografia agitarsi come il piumino
della polvere di una casalinga indaffarata.
Dalle luci interne spente, le porte ancora chiuse e
l’espressione annoiata dei presenti, l’autista non deve
ancora essersi presentato.
Per un attimo aveva temuto che si lamentasse
ingiustamente di lei in sua assenza.
La nube di silenzio imbarazzato che aleggia tra i
genitori si dissolve all’arrivo della supplente di
italiano, per tramutarsi in tanti “buongiorno”
entusiasti.
Arianna già armata di registro ricambia e nota che
l’atmosfera si rilassa quando un signore panciuto con
giacca e berretto blu si precipita al sedile del
guidatore, con un grande bicchiere di caffè in mano.
Geografia vorrebbe infierire su di lui per il leggero
ritardo, ma viene trattenuta dal professore di Educazione
Fisica, anche oggi in tuta sportiva di servizio
nonostante l’assenza di lezioni, arricchita da un paio di
scarponcini da trekking.
La prof di Scienze affianca Arianna alla seconda entrata
del pullman per l’appello e gli studenti già scandagliati
iniziano a popolare i sedili disponibili di entrambi i
piani.
Il viaggio è tranquillo, anche perché Geografia sceglie
di vigilare il piano inferiore.
Arianna si riserva un posto in vista panoramica al
secondo piano e si gode la guida tranquilla con un sola
cuffia dell’mp3 nell’orecchio, l’altro rimane attento e
di guardia sui gridolini entusiasti degli studenti.
Giunta a destinazione la scolaresca rimane abbagliata
dall’incanto del paesaggio, reso quasi mistico da un
leggero tocco di nebbia.
Le cascate naturali non sono molto alte, ma la densa
umidità del posto impedisce allo spettatore di vederne
l’inizio e la fine. Sembrano quasi sospese tra due strati
impalpabili di cielo.
Il sito è un luogo molto affollato, perché oltre alla
visita offre la possibilità di poter svolgere svariate
attività sportive, off-limits per i ragazzi in quanto
potenzialmente pericolose per la loro età.
Il parcheggio è infatti gremito di gente che trasporta
attrezzatura voluminosa come canoe, barche, elmi,
rampini, zaini da campeggio, remi, giubbotti di
salvataggio e cordame da arrampicata.
La scolaresca viene divisa in due gruppi a cui si
raccomanda ugualmente di rimanere uniti, ma sorvegliati
da un docente in testa e uno in coda.
Il primo gruppo ha al comando Scienze e in chiusura la
scoppiettante Geografia. Il secondo è guidato da Italiano
e chiuso da Educazione Fisica.
I ragazzi mostrano entusiasmo e curiosità all’arrivo
della guida, la più indisciplinata, incredibile a dirsi,
è proprio Geografia. Quest’ultima continua a riprende i
ragazzi per delle sciocchezze, come ad esempio il fatto
di non tenersi per mano durante gli spostamenti o di non
aver indossato scarpe adatte alla gita, rallentando la
fila e perdendo la sua posizione di supervisore.
“C’è solo un modo per i visitatori di avvicinarsi il più
possibile alle cascate senza scalare la parete di roccia
o ricorrere ad una piccola imbarcazione ed è attraverso
il nostro circuito di ponti panoramici!”spiega la guida a
gran voce, una volta usciti dalla biglietteria.
I ponti quindi sono l’alternativa migliore per porre i
ragazzi in sicurezza al cospetto di questi fenomeni
naturali, per raggiungerli superano una lunga scalinata
metallica che li innalza a livello delle cascate.
Prima di proseguire oltre ai ragazzi e agli insegnanti
vengono distribuite delle allegre mantelle di plastica da
indossare in prossimità delle cascate. Arianna ne sceglie
una rosso acceso.
I ragazzi sono così entusiasti del gadget che chiedono
alla prof di italiano una foto di gruppo. Arianna prende
in mano una piccola fotocamera digitale, inquadra il
gruppetto e scatta. Non ha il tempo di accorgersi sullo
sfondo di qualcuno a lei già noto, perché la voce
squillante di Geografia richiama velocemente i ragazzi
all’ordine, non prima di rivolgerle un’ occhiata di
disappunto attraverso gli occhiali rotondi a fondo di
bottiglia.
Il piazzale di ritrovo è il punto di partenza, ovvero
dove si unisce il circuito dei ponti.
Questi hanno tutti una struttura metallica a griglia
attraverso la quale si intravede il corso d’acqua
sottostante attraversato da barche, pagode e canoe.
Il nodo metallico costituito dai ponti è esattamente al
centro delle cascate che lo incorniciano circolarmente,
alternate da estese pareti rocciose, su cui degli
scalatori esperti praticano l’arrampicata sportiva.
Prima di raggiungere lo snodo metallico, tre o quattro
studenti del suo gruppo si avvicinano con sguardo
implorante ad Arianna: “Prof, possiamo andare al bagno?”.
Meglio adesso di quando saremo sospesi a 80 metri
sull’acqua.
Arianna acconsente e avverte i colleghi che si sta
allontanando.
Durante il tragitto verso la casetta di legno della
toilette, i ragazzi rivelano che avevano un certo timore
a domandarlo a quella di Geografia.
All’esterno quest’ultima sta tendo una lezione noiosa
quanto necessaria sulle caratteristiche del circondario,
ma non tutti sembrano ascoltarla.
Un gruppetto di studenti, per evitare un ingorgo causato
da dei visitatori intenti a prendersi una pausa dalla
camminata, è costretto momentaneamente a sparpagliarsi,
sfuggendo in parte allo sguardo attento di Scienze.
Educazione Fisica ne recupera due facendoli rimettere in
fila, ma non nota gli altri al di là del gruppo di
persone.
I dispersi passano nei pressi di un punto di collegamento
tra un ponte e una parete rocciosa.
Alcuni si divertono a calciare dei sassolini sparsi
attraverso le griglie del parapetto.
Ad un certo punto uno di loro si accorge di un punto
nella rete di recinzione che ha ceduto e si avvicina per
guardarvi attraverso.
Quest’ultimo è uno studente mingherlino, il piumino verde
lo fa sembrare più grande, ma il corpo rimane molto
esile.
La rete di proiezione si è allentata per una piccola
frana della roccia a cui era affrancata e adesso è
ripiegata verso l’esterno.
Il ragazzino allunga il braccio fino alla parte scoperta
della rete, riesce a dire con una punta di orgoglio:
“Guardate, io da qui ci passo!”.
E’ allora che Scienze chiama il gruppetto ad unirsi a
tutti gli altri.
Arianna esce dal bagno con i quattro studenti che aveva
accompagnato, nel piazzale non c’è più nessuno della sua
classe, gli ultimi alunni rimasti indietro stanno
correndo verso la prof di scienze.
Con un colpo d’occhio vede tutti gli altri in lontananza
su uno dei ponti dello snodo.
Indica ai ragazzi il punto da raggiungere, ma lei rimane
indietro a sorvegliarli.
Non sa bene il perché, ma ha come la sensazione di
doversi trattenere ancora in quel punto.
Il piazzale è pacato, circondato da una nuvola di vapore
acqueo, reso rumoroso solo dallo scroscio dell’acqua che
si infrange sulle rocce del fondale. Ma c’è un
particolare che colpisce il suo sguardo.
Un sacchetto di plastica, no. Una mantellina gialla, di
taglia piccola, impigliata sulla rete al principio del
parapetto.
Arianna sgrana gli occhi, un nodo allo stomaco. Si
avvicina per controllare.
Non è niente, è solo volata via a qualcuno ed è rimasta
impigliata qui… Rassicura sé stessa correndo in quella
direzione.
Raggiunge la rete e libera il pezzo di plastica, se lo
rigira tra le mani per distenderlo, e il suo timore si
rivela fondato: è una mantellina.
Non vuole farlo, ma deve esserne certa, così nonostante
il corpo pesante e i piedi che sembrano non voler
sottostare al suo comando, compie meccanicamente qualche
passo verso il parapetto.
Entrambe le mani si stringono tremanti attorno alla
balaustra e a fatica Arianna si affaccia verso il vuoto.
Sotto di lei la furia dell’acqua, ma prima, appena un po’
più a destra, una zolla di terra e roccia costituisce
l’ultimo lembo di appoggio per l’architettura metallica.
In quel punto, aggrappato a fatica ad un mucchio di terra
friabile, un piumino verde famigliare.
Le gambe di Arianna per un momento cedono, la presa
attorno alla balaustra si stringe, diventando una stretta
e dalla sua gola fuoriesce in un urlo disperato:
“Maaaaaark!”
Cosa deve fare?
Si deve buttare anche lei?
Certo che no…
Ma come può raggiungerlo?
E lui riuscirà a rimanere aggrappato lì ancora a lungo?
La mente si svuota per lasciare posto al panico,
boccheggia, non riesce a distogliere lo sguardo dal
precipizio che aspetta il piumino verde.
L’udito si annulla, diventa tutto un mormorio sordo, ma
forse qualcuno capisce la situazione e chiede aiuto.
L’unica cosa che è avverte è un rumore metallico, al suo
fianco. A pochi centimetri dalla sua mano qualcosa urta
con un colpo secco la balaustra e poi emette uno scatto.
Arianna girandosi ha solo il tempo di vedere un elmetto
blu, schiacciato su una chioma ondulata e una fotocamera
a tracolla, lungo la schiena, inglobata in una custodia
di plastica trasparente, per renderla impermeabile
all’acqua.
La figura di un corpo agile racchiuso in una tuta nera
salta nel vuoto, al suo fianco.
La ragazza lo guarda scomparire allibita davanti ai suoi
occhi, poi si accorge che chi è appena intervenuto è
legato ad una fune, affrancata con un moschetto metallico
alla balaustra del ponte.
Riaffacciandosi di nuovo verso il vuoto tutto torna: la
fune si tende quasi subito, perché chi la comanda la
blocca, pochi metri più sotto.
In un attimo arriva all’altezza del ragazzino,
indolenzito e spaventato, ma aggrappato con tutte le sue
forze all’ultima speranza franosa che possiede.
Il soccorritore affianca Mark, poi solleva lo sguardo per
stabilire quanta parete dovranno scalare per ritoccare
terra ed è in quel momento che Arianna, dall’alto,
capisce di aver già visto quell’uomo, anche se da una
prospettiva diversa.
Era di spalle la sera precedente, fuori dal locale,
indaffarato a fotografare una strada.
Il fotografo si rivolge al ragazzo, con un largo sorriso,
come se in quel momento si trovassero seduti
tranquillamente alla panchina di un parco: “Hey, come va?
Io sono Dean!” si presenta al cospetto dello sguardo
terrorizzato del ragazzino. “Tu sei…?”continua le
presentazioni minimizzando la gravità della situazione,
forse per rassicurare chi ha di fronte che si trova
ancora in pericolo.
“M-M-Mark” risponde quello singhiozzando.
“Giusto… Credo che tutti qui l’abbiano sentito poco fa”
dice Dean tra sé e sé lanciando un’occhiata distratta
verso l’alto, evidentemente riferita all’urlo straziante
di Arianna.
“Senti Mark, adesso devi essere coraggioso quanto lo sei
stato prima ed allungare un braccio verso di me. Forza,
ce la puoi fare!” Lo fa subito sembrare facile, al punto
che Mark non mostra tanto indugio.
“Bravissimo, così… Punta un po’ i piedi, non guardare
giù!” lo guida passo passo, tendendosi quanto può più
verso di lui.
Arianna segue dall’alto tutti gli spostamenti, coprendosi
la bocca serrata in una smorfia di stupore e terrore, ma
non permette che la tensione prenda il sopravvento.
Nel frattempo è stata raggiunta dal docente di Educazione
Fisica, anche lui sotto shock per l’accaduto.
Intanto Mark con pochi sforzi raggiunge il soccorritore,
il quale lo assicura a sé con delle cinghie legate al
giubbotto della tuta e infine risale verso il ponte,
scalando la corda.
Lo sciocco incidente si risolve con una sirena
d’ambulanza, non per coloro che sono stati direttamente
coinvolti, ma per Geografia che con l’accaduto tocca
definitivamente il livello massimo di esaurimento
nervoso.
Dopo lo scalpore iniziale, tutta la brutta vicenda si
risolve alla tavola calda delle cascate.
Dean è seduto ad una panchina della sala, attorno a lui
Scienze, Educazione Fisica e alcuni visitatori che hanno
assistito al salvataggio e lo riempiono di pacche sulla
spalla e complimenti.
Lì accanto il piccolo Mark: una tazza gigante di
cioccolata calda in mano, e l’aria un po’ colpevole, ma
tuttavia sollevata.
Mentre Arianna si avvicina al gruppetto sente Dean
scagionarsi da tutte le lodi per affibbiarle al ragazzino
seduto vicino a lui.
La guida del sito delle cascate giunge in contemporanea
con Arianna e annuncia a gran voce: “Ho avvertito i
genitori del piccolo e sono già in viaggio per
raggiungerci!”.
“Gentilissima, la ringrazio. Vieni Mark! –lo esorta
Scienze- Ma lei intanto non se ne vada signor O’Gorman,
credo che i genitori del ragazzo vorranno senza dubbio
conoscere e ringraziare il loro eroe”dice l’insegnante
prima di lasciare la tavola calda, in compagnia del
fortunato protagonista di tutta la vicenda e il suo
seguito.
Solo Arianna rimane dinanzi al prode fotografo-scalatore,
fissandolo con sguardo indagatore.
Ormai si è ripresa anche lei dallo sconvolgimento, ma
avverte ancora una volta una vertigine quando gli occhi
dell’uomo dinanzi a lei incrociano l suoi, adesso per la
prima volta.
Per smorzare l’imbarazzo, allunga verso di lui una delle
due tazze fumanti che sostiene, mormorando il più fermo
“Vuoi?” che le riesce.
Dean assottiglia un po’ lo sguardo, ma solo per
sorriderle di rimando.
“Basta che non ti sedi qui anche tu per uscirtene con sta
storia dell’eroe” la ammonisce divertito.
Arianna accetta il patto e si siede per gustarsi il suo
tè bollente.
“Scommetto che il mercoledì sera frequenti spesso un bar
dove vai per scrivere…” esordisce dopo qualche sorso,
inclinando la schiena verso di lei.
Arianna arrossisce di riflesso, ma tenta di celarlo
nascondendosi dietro la tazza.
“Invece tu a quanto pare sei anche un indovino!” replica
lei riacquistando coraggio e sfrontatezza.
“No, per ora mi occupo solo di fotografie –dice facendo
scorrere la tracolla per portare la macchina fotografica
sul davanti- Ma mi stai consigliando di darmi ai
tarocchi?” domanda retorico con un cipiglio talmente
buffo da far scoppiare a ridere entrambi.
“Allora perché tutto questo armamentario da scalatore?”
chiede Arianna ancora più incuriosita.
“Beh, oggi era mia intenzione fotografare i ponti qui
fuori da una prospettiva un po’ diversa… Ero indeciso se
dall’acqua sottostante o dalla parete di roccia.” inizia
a spiegare entusiasta.
Arianna ascolta rapita le parole di Dean, ammira la
passione coinvolgente con cui le parla del suo lavoro.
Le tazze di tè si svuotano lentamente, Arianna lo inonda
letteralmente di domande, ma è una risposta in
particolare a colpirla:
“Perché fotografi ponti e strade?” gli chiede ad un certo
punto, interrompendo il suo discorso.
Dean abbassa lo sguardo pensieroso, poi si ridisegna il
contorno del mento facendo scorrere pollice e indice tra
la barba rossiccia: “Perché sono collegamenti, luoghi di
passaggio… Ma non hai la certezza che domani restano. Con
le foto almeno sai dove trovarli!” spiega con semplicità,
lasciando intendere però quanto sia complesso il discorso
da lui intrapreso.
Arianna una cosa certa la sa: d’ora in poi vuole davvero
scavare fino in fondo al meraviglioso sguardo verde mare
che ha di fronte.
“…E un ritratto a me lo faresti?” propone di getto
incuriosita.
Dean è sorpreso, ma intrigato dalla richiesta. La sua
bocca sorride e gli occhi ammiccano, poi a voce bassa
dice: “Solo se rimani!”.