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Autore: MavStories    10/03/2015    0 recensioni
Terzo esperimento della raccolta "Phototeller" di MavStories.
Special Guest di questo episodio: Dean O'Gorman.
“Perché fotografi ponti e strade?” gli chiede ad un certo punto, interrompendo il suo discorso.
Dean abbassa lo sguardo pensieroso, poi si ridisegna il contorno del mento facendo scorrere pollice e indice tra
la barba rossiccia:
“Perché sono collegamenti, luoghi di passaggio… Ma non hai la certezza che domani restano.
Con le foto almeno sai dove trovarli!”.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dean O'Gorman, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NDA: Terzo esperimento creativo della serie “Phototeller”.

Dopo “Point of View” (Special Guest: Lee Pace)

e “Raining Dreams Circus” (Special Guest: Tenth Doctor - David Tennant)

MavStories è lieta di presentarvi “Solo se rimani”.

Questa volta abbiamo come ospite Dean O’Gorman, Fili de Lo Hobbit.

Il bel nano kiwi nella vita reale è anche un fotografo e questa oneshot vuole trattarlo sotto questo punto di vista.

Ancora una volta tutti i fatti narrati, come nella consuetudine di Phototeller, sono ispirati alle 5 immagini che troverete sparse nel testo.

Vi auguro una buona lettura e continuate a seguire il nostro esperimento creativo :)

A presto, buona lettura!

 

M. di MavStories

 

 

Solo se rimani

 

Il rumore delle dita che scorrono veloci lungo la

tastiera anima il tavolino.

Proviene dal suo datato computer portatile, ne conosce a

menadito pregi e difetti, ciò che non sa è la direzione

che vogliono prendere le parole appena digitate sullo

schermo.

Alza lo sguardo dubbioso e ripone da parte gli occhiali.

D'altronde ha scelto quel posto proprio per farsi venire

un barlume d’ispirazione.

Si tratta di un piccolo bar in centro, la grande vetrata

dell’ingresso affaccia direttamente sulla strada

principale. Una manciata di tavolini rotondi la precedono

e confinano con un piccolo palco rialzato, su cui dei

tecnici improvvisati, proprietario compreso, sembrano

coinvolti in una specie di operazione chirurgica.

Lo sfortunato “paziente” del caso pare essere un

microfono, un modello vintage, alla Sinatra per

intenderci.

Secondo le proteste del proprietario doveva essere nuovo,

ma Ebay a volte può trarre in inganno.

Certo, se ci fosse presente in sala qualcuno realmente in

grado di installarlo farebbero prima, pensa la ragazza

del tavolino all’angolo, scuotendo la testa contrariata.

Il suo nome è Arianna, scrittrice solo per diletto. Se ce

ne fosse occasione ne farebbe un lavoro, ma per ora è

fiera di qualche suo articolo pubblicato sul sito del

giornale locale e dell’impiego ufficiale da supplente.

Si reca in quel bar nelle sere libere, proprio per

scrivere. Come dice Bukowski: “La gente è il più grande

spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto”.

“L’operazione chirurgica” viene momentaneamente

accantonata, i camerieri si disperdono, è giunta l’ora

dell’aperitivo e il bancone si riempie di festaioli.

Arianna volge un’ultima occhiata al Sinatra che si erge

fiero, riflettendo la luce calda ed inebriante del

locale.

…Una cantante.

Si, potrebbe scrivere di una cantante!

Il tamburellio sulla tastiera riparte e si trasforma in

una decina di righe di testo.

Pausa, risolleva lo sguardo oltre la cornice rettangolare

dello schermo, qualcosa è cambiato: tra la marmaglia di

bevitori spicca un grande zaino quadrato, da cui

fuoriescono in alto un mucchio di tubi scuri e dal basso

un paio di gambe fasciate di jeans.

Il maxi zaino si protende in avanti sul bancone

richiamando l’attenzione del proprietario. La folta barba

di quest’ultimo si apre in un sorriso, i due scambiano

una calorosa stretta di mano che finisce con una spallata

amichevole. Poi il proprietario annuisce entusiasta e lo

zaino indietreggia facendosi largo con difficoltà, per

lasciare il locale.

Arianna tra tutte quelle persone riesce a scorgere solo

un riccio ciuffo biondo che naviga nella folla.

Attende qualche istante che lo strano visitatore

attraversi il lato della strada che affianca la vetrata,

ma non è così, perciò torna a concentrarsi sullo schermo

luminoso.

Lo spunto della cantante si rivela molto buono, ama da

sempre la musica e si immedesima a fondo con il

personaggio.

Soffermandosi qualche istante per cercare il sinonimo di

una parola, sposta l’attenzione vacua sulla strada, ma lì

incontra un ostacolo visivo nuovo.

C’è una figura oltre il vetro, pare una grossa scatola

sospesa sulla testina di un treppiede.

Strabuzza lo sguardo perché non ci crede, non aveva mai

visto uno strumento così professionale da vicino. Si

tratta infatti di un banco ottico, ma al momento pare del

tutto abbandonato sul marciapiede.

Lo sta ancora ammirando attonita, quando dall’alto

un’ombra incombe sull’apparecchio fotografico: un

tendaggio si dispiega lentamente dalla parete esterna del

locale, per volere dello stesso proprietario, il quale

regola il tutto con un’asta agganciata ad una manovella.

Ad amministrare l’operazione vi è un secondo ragazzo,

anche lui col mento barbuto all’insù. Arianna ne

riconosce i jeans a sigaretta un po’ larghi, ma ora può

associarvi anche un busto e un viso, non solo uno maxi

zaino ingombrante.

Costui ha l’aria di chi sa con precisione quello che

vuole, chiede all’amico di stendere il tendone con una

accuratezza millimetrica e infine lo ringrazia ancora

calorosamente.

Quando fa per tornare nella direzione della spettatrice,

verso la sua attrezzatura professionale, Arianna

distoglie lo sguardo di scatto, fingendo di esser

ricaduta in un lampo d’ispirazione improvvisa. Ma non sa

dimenticare facilmente l’immagine di quel viso. Continua

ad aleggiare nell’etere, sospesa tra lei e lo schermo,

per molti minuti a venire, anche senza guardare oltre il

vetro.

Nel frattempo Arianna s’interroga sul favore chiesto al

proprietario del bar.

Effettivamente ha piovuto molto quella sera, le luci di

semafori e insegne si riflettono sull’asfalto fattosi

specchio e lassù ha tutta l’aria di averne ancora in

serbo per dopo.

Se il fotografo in questione ha intenzione di rimanere a

lungo su quel punto del marciapiede, deve essersi

premurato per tempo di non inzupparsi come un pulcino.

La ragazza non resiste, torna a guardare fuori!

Il fotografo è ancora lì, di profilo, i riccioli chiari

scompigliati sulla fronte dal cattivo tempo, il busto

riparato solo da un pesante maglione di lana nero.

Il suo chiaro sguardo è fermo, assorto nel mirino,

calcolatore, mentre le mani viaggiano sull’apparecchio

fotografico, estraggono gli chassis, regolano i parametri

della macchina, sembrano le sue di quando scrive.

Al di là della vetrata Arianna distoglie lo sguardo, ma

solo per mascherare un largo sorriso.

Rilegge cosa ha scritto nel corso della serata, poi dà

un’occhiata all’orologio: è quasi tempo di rientrare,

domani ha lezione a scuola. Ma prima un’ultima curiosità,

vuole sapere qual è il soggetto della foto.

Fuori, sul marciapiede, il ragazzo si è leggermente

distanziato dalla vetrina. Definisce ancora qualche

dettaglio compositivo, ma la protagonista della foto è

ben definita: si tratta della strada stessa.

Arianna può vederla intrappolata nel mirino, sottosopra.

Poi il ragazzo estrae con la sicurezza del professionista

lo chiassis impressionato di luce, ripone tutto nel

grande zaino che al suo arrivo ne mascherava il resto del

corpo e infine prende parte alle ombre dei passanti, non

prima di rivolgere un ultimo cenno di saluto al bancone

del bar.


***

 

Giovedì, otto in punto. Non un’altra noiosa mattinata tra

i banchi di scuola, bensì giorno di gita!

Gli studenti sono accalcati ai piedi del pullman già da

una mezz’ora buona, formando un serpentone di piumini

colorati, chiacchiere, schiamazzi, zaini del pranzo a

sacco e lagnose raccomandazioni dei genitori.

Arianna, con solo qualche mese di esperienza in più,

potrà finalmente far parte del trio astioso davanti alle

porte scorrevoli del mezzo a due piani, anche a distanza

visibilmente infastidito. Rispettivamente: Geografia,

scienze ed educazione fisica.

Per ora, infatti, lei è una supplente di italiano, nonché

l’insegnante più giovane della scuola.

In genere una supplente non dovrebbe fare da

accompagnatore ai ragazzi, ma dopo i colloqui con i

genitori di qualche settimana fa, ci sono state numerose

richieste riguardo la sua presenza per la gita alle

cascate. Molti di loro ripongono in lei una cieca fiducia

riguardo all’affidamento dei figli undicenni.

E per Arianna non è difficile indovinare il motivo, visto

che, mentre si assicura di aver chiuso entrambe le

portiere della sua auto, sente Geografia starnazzare

dalla parte opposta del parcheggio.

“Puntualità, il principio fondamentale della puntualità

dico io. Se non ha almeno questo, non oso immaginare come

guidi!” si lamenta.

Arianna avvicinandosi distingue chiaramente il caschetto

nero e occhialuto di Geografia agitarsi come il piumino

della polvere di una casalinga indaffarata.

Dalle luci interne spente, le porte ancora chiuse e

l’espressione annoiata dei presenti, l’autista non deve

ancora essersi presentato.

Per un attimo aveva temuto che si lamentasse

ingiustamente di lei in sua assenza.

La nube di silenzio imbarazzato che aleggia tra i

genitori si dissolve all’arrivo della supplente di

italiano, per tramutarsi in tanti “buongiorno”

entusiasti.

Arianna già armata di registro ricambia e nota che

l’atmosfera si rilassa quando un signore panciuto con

giacca e berretto blu si precipita al sedile del

guidatore, con un grande bicchiere di caffè in mano.

Geografia vorrebbe infierire su di lui per il leggero

ritardo, ma viene trattenuta dal professore di Educazione

Fisica, anche oggi in tuta sportiva di servizio

nonostante l’assenza di lezioni, arricchita da un paio di

scarponcini da trekking.

La prof di Scienze affianca Arianna alla seconda entrata

del pullman per l’appello e gli studenti già scandagliati

iniziano a popolare i sedili disponibili di entrambi i

piani.

Il viaggio è tranquillo, anche perché Geografia sceglie

di vigilare il piano inferiore.

Arianna si riserva un posto in vista panoramica al

secondo piano e si gode la guida tranquilla con un sola

cuffia dell’mp3 nell’orecchio, l’altro rimane attento e

di guardia sui gridolini entusiasti degli studenti.

Giunta a destinazione la scolaresca rimane abbagliata

dall’incanto del paesaggio, reso quasi mistico da un

leggero tocco di nebbia.

Le cascate naturali non sono molto alte, ma la densa

umidità del posto impedisce allo spettatore di vederne

l’inizio e la fine. Sembrano quasi sospese tra due strati

impalpabili di cielo.

Il sito è un luogo molto affollato, perché oltre alla

visita offre la possibilità di poter svolgere svariate

attività sportive, off-limits per i ragazzi in quanto

potenzialmente pericolose per la loro età.

Il parcheggio è infatti gremito di gente che trasporta

attrezzatura voluminosa come canoe, barche, elmi,

rampini, zaini da campeggio, remi, giubbotti di

salvataggio e cordame da arrampicata.

La scolaresca viene divisa in due gruppi a cui si

raccomanda ugualmente di rimanere uniti, ma sorvegliati

da un docente in testa e uno in coda.

Il primo gruppo ha al comando Scienze e in chiusura la

scoppiettante Geografia. Il secondo è guidato da Italiano

e chiuso da Educazione Fisica.

I ragazzi mostrano entusiasmo e curiosità all’arrivo

della guida, la più indisciplinata, incredibile a dirsi,

è proprio Geografia. Quest’ultima continua a riprende i

ragazzi per delle sciocchezze, come ad esempio il fatto

di non tenersi per mano durante gli spostamenti o di non

aver indossato scarpe adatte alla gita, rallentando la

fila e perdendo la sua posizione di supervisore.

“C’è solo un modo per i visitatori di avvicinarsi il più

possibile alle cascate senza scalare la parete di roccia

o ricorrere ad una piccola imbarcazione ed è attraverso

il nostro circuito di ponti panoramici!”spiega la guida a

gran voce, una volta usciti dalla biglietteria.

I ponti quindi sono l’alternativa migliore per porre i

ragazzi in sicurezza al cospetto di questi fenomeni

naturali, per raggiungerli superano una lunga scalinata

metallica che li innalza a livello delle cascate.

Prima di proseguire oltre ai ragazzi e agli insegnanti

vengono distribuite delle allegre mantelle di plastica da

indossare in prossimità delle cascate. Arianna ne sceglie

una rosso acceso.

I ragazzi sono così entusiasti del gadget che chiedono

alla prof di italiano una foto di gruppo. Arianna prende

in mano una piccola fotocamera digitale, inquadra il

gruppetto e scatta. Non ha il tempo di accorgersi sullo

sfondo di qualcuno a lei già noto, perché la voce

squillante di Geografia richiama velocemente i ragazzi

all’ordine, non prima di rivolgerle un’ occhiata di

disappunto attraverso gli occhiali rotondi a fondo di

bottiglia.

Il piazzale di ritrovo è il punto di partenza, ovvero

dove si unisce il circuito dei ponti.

Questi hanno tutti una struttura metallica a griglia

attraverso la quale si intravede il corso d’acqua

sottostante attraversato da barche, pagode e canoe.

Il nodo metallico costituito dai ponti è esattamente al

centro delle cascate che lo incorniciano circolarmente,

alternate da estese pareti rocciose, su cui degli

scalatori esperti praticano l’arrampicata sportiva.

Prima di raggiungere lo snodo metallico, tre o quattro

studenti del suo gruppo si avvicinano con sguardo

implorante ad Arianna: “Prof, possiamo andare al bagno?”.

Meglio adesso di quando saremo sospesi a 80 metri

sull’acqua.

Arianna acconsente e avverte i colleghi che si sta

allontanando.

Durante il tragitto verso la casetta di legno della

toilette, i ragazzi rivelano che avevano un certo timore

a domandarlo a quella di Geografia.

All’esterno quest’ultima sta tendo una lezione noiosa

quanto necessaria sulle caratteristiche del circondario,

ma non tutti sembrano ascoltarla.

Un gruppetto di studenti, per evitare un ingorgo causato

da dei visitatori intenti a prendersi una pausa dalla

camminata, è costretto momentaneamente a sparpagliarsi,

sfuggendo in parte allo sguardo attento di Scienze.

Educazione Fisica ne recupera due facendoli rimettere in

fila, ma non nota gli altri al di là del gruppo di

persone.

I dispersi passano nei pressi di un punto di collegamento

tra un ponte e una parete rocciosa.

Alcuni si divertono a calciare dei sassolini sparsi

attraverso le griglie del parapetto.

Ad un certo punto uno di loro si accorge di un punto

nella rete di recinzione che ha ceduto e si avvicina per

guardarvi attraverso.

Quest’ultimo è uno studente mingherlino, il piumino verde

lo fa sembrare più grande, ma il corpo rimane molto

esile.

La rete di proiezione si è allentata per una piccola

frana della roccia a cui era affrancata e adesso è

ripiegata verso l’esterno.

Il ragazzino allunga il braccio fino alla parte scoperta

della rete, riesce a dire con una punta di orgoglio:

“Guardate, io da qui ci passo!”.

E’ allora che Scienze chiama il gruppetto ad unirsi a

tutti gli altri.

Arianna esce dal bagno con i quattro studenti che aveva

accompagnato, nel piazzale non c’è più nessuno della sua

classe, gli ultimi alunni rimasti indietro stanno

correndo verso la prof di scienze.

Con un colpo d’occhio vede tutti gli altri in lontananza

su uno dei ponti dello snodo.

Indica ai ragazzi il punto da raggiungere, ma lei rimane

indietro a sorvegliarli.

Non sa bene il perché, ma ha come la sensazione di

doversi trattenere ancora in quel punto.

Il piazzale è pacato, circondato da una nuvola di vapore

acqueo, reso rumoroso solo dallo scroscio dell’acqua che

si infrange sulle rocce del fondale. Ma c’è un

particolare che colpisce il suo sguardo.

Un sacchetto di plastica, no. Una mantellina gialla, di

taglia piccola, impigliata sulla rete al principio del

parapetto.

Arianna sgrana gli occhi, un nodo allo stomaco. Si

avvicina per controllare.

Non è niente, è solo volata via a qualcuno ed è rimasta

impigliata qui… Rassicura sé stessa correndo in quella

direzione.

Raggiunge la rete e libera il pezzo di plastica, se lo

rigira tra le mani per distenderlo, e il suo timore si

rivela fondato: è una mantellina.

Non vuole farlo, ma deve esserne certa, così nonostante

il corpo pesante e i piedi che sembrano non voler

sottostare al suo comando, compie meccanicamente qualche

passo verso il parapetto.

Entrambe le mani si stringono tremanti attorno alla

balaustra e a fatica Arianna si affaccia verso il vuoto.

Sotto di lei la furia dell’acqua, ma prima, appena un po’

più a destra, una zolla di terra e roccia costituisce

l’ultimo lembo di appoggio per l’architettura metallica.

In quel punto, aggrappato a fatica ad un mucchio di terra

friabile, un piumino verde famigliare.

Le gambe di Arianna per un momento cedono, la presa

attorno alla balaustra si stringe, diventando una stretta

e dalla sua gola fuoriesce in un urlo disperato:

“Maaaaaark!”

Cosa deve fare?

Si deve buttare anche lei?

Certo che no…

Ma come può raggiungerlo?

E lui riuscirà a rimanere aggrappato lì ancora a lungo?

La mente si svuota per lasciare posto al panico,

boccheggia, non riesce a distogliere lo sguardo dal

precipizio che aspetta il piumino verde.

L’udito si annulla, diventa tutto un mormorio sordo, ma

forse qualcuno capisce la situazione e chiede aiuto.

L’unica cosa che è avverte è un rumore metallico, al suo

fianco. A pochi centimetri dalla sua mano qualcosa urta

con un colpo secco la balaustra e poi emette uno scatto.

Arianna girandosi ha solo il tempo di vedere un elmetto

blu, schiacciato su una chioma ondulata e una fotocamera

a tracolla, lungo la schiena, inglobata in una custodia

di plastica trasparente, per renderla impermeabile

all’acqua.

La figura di un corpo agile racchiuso in una tuta nera

salta nel vuoto, al suo fianco.

La ragazza lo guarda scomparire allibita davanti ai suoi

occhi, poi si accorge che chi è appena intervenuto è

legato ad una fune, affrancata con un moschetto metallico

alla balaustra del ponte.

Riaffacciandosi di nuovo verso il vuoto tutto torna: la

fune si tende quasi subito, perché chi la comanda la

blocca, pochi metri più sotto.

In un attimo arriva all’altezza del ragazzino,

indolenzito e spaventato, ma aggrappato con tutte le sue

forze all’ultima speranza franosa che possiede.

Il soccorritore affianca Mark, poi solleva lo sguardo per

stabilire quanta parete dovranno scalare per ritoccare

terra ed è in quel momento che Arianna, dall’alto,

capisce di aver già visto quell’uomo, anche se da una

prospettiva diversa.

Era di spalle la sera precedente, fuori dal locale,

indaffarato a fotografare una strada.

Il fotografo si rivolge al ragazzo, con un largo sorriso,

come se in quel momento si trovassero seduti

tranquillamente alla panchina di un parco: “Hey, come va?

Io sono Dean!” si presenta al cospetto dello sguardo

terrorizzato del ragazzino. “Tu sei…?”continua le

presentazioni minimizzando la gravità della situazione,

forse per rassicurare chi ha di fronte che si trova

ancora in pericolo.

“M-M-Mark” risponde quello singhiozzando.

“Giusto… Credo che tutti qui l’abbiano sentito poco fa”

dice Dean tra sé e sé lanciando un’occhiata distratta

verso l’alto, evidentemente riferita all’urlo straziante

di Arianna.

“Senti Mark, adesso devi essere coraggioso quanto lo sei

stato prima ed allungare un braccio verso di me. Forza,

ce la puoi fare!” Lo fa subito sembrare facile, al punto

che Mark non mostra tanto indugio.

“Bravissimo, così… Punta un po’ i piedi, non guardare

giù!” lo guida passo passo, tendendosi quanto può più

verso di lui.

Arianna segue dall’alto tutti gli spostamenti, coprendosi

la bocca serrata in una smorfia di stupore e terrore, ma

non permette che la tensione prenda il sopravvento.

Nel frattempo è stata raggiunta dal docente di Educazione

Fisica, anche lui sotto shock per l’accaduto.

Intanto Mark con pochi sforzi raggiunge il soccorritore,

il quale lo assicura a sé con delle cinghie legate al

giubbotto della tuta e infine risale verso il ponte,

scalando la corda.

Lo sciocco incidente si risolve con una sirena

d’ambulanza, non per coloro che sono stati direttamente

coinvolti, ma per Geografia che con l’accaduto tocca

definitivamente il livello massimo di esaurimento

nervoso.

Dopo lo scalpore iniziale, tutta la brutta vicenda si

risolve alla tavola calda delle cascate.

Dean è seduto ad una panchina della sala, attorno a lui

Scienze, Educazione Fisica e alcuni visitatori che hanno

assistito al salvataggio e lo riempiono di pacche sulla

spalla e complimenti.

Lì accanto il piccolo Mark: una tazza gigante di

cioccolata calda in mano, e l’aria un po’ colpevole, ma

tuttavia sollevata.

Mentre Arianna si avvicina al gruppetto sente Dean

scagionarsi da tutte le lodi per affibbiarle al ragazzino

seduto vicino a lui.

La guida del sito delle cascate giunge in contemporanea

con Arianna e annuncia a gran voce: “Ho avvertito i

genitori del piccolo e sono già in viaggio per

raggiungerci!”.

“Gentilissima, la ringrazio. Vieni Mark! –lo esorta

Scienze- Ma lei intanto non se ne vada signor O’Gorman,

credo che i genitori del ragazzo vorranno senza dubbio

conoscere e ringraziare il loro eroe”dice l’insegnante

prima di lasciare la tavola calda, in compagnia del

fortunato protagonista di tutta la vicenda e il suo

seguito.

Solo Arianna rimane dinanzi al prode fotografo-scalatore,

fissandolo con sguardo indagatore.

Ormai si è ripresa anche lei dallo sconvolgimento, ma

avverte ancora una volta una vertigine quando gli occhi

dell’uomo dinanzi a lei incrociano l suoi, adesso per la

prima volta.

Per smorzare l’imbarazzo, allunga verso di lui una delle

due tazze fumanti che sostiene, mormorando il più fermo

“Vuoi?” che le riesce.

Dean assottiglia un po’ lo sguardo, ma solo per

sorriderle di rimando.

“Basta che non ti sedi qui anche tu per uscirtene con sta

storia dell’eroe” la ammonisce divertito.

Arianna accetta il patto e si siede per gustarsi il suo

tè bollente.

“Scommetto che il mercoledì sera frequenti spesso un bar

dove vai per scrivere…” esordisce dopo qualche sorso,

inclinando la schiena verso di lei.

Arianna arrossisce di riflesso, ma tenta di celarlo

nascondendosi dietro la tazza.

“Invece tu a quanto pare sei anche un indovino!” replica

lei riacquistando coraggio e sfrontatezza.

“No, per ora mi occupo solo di fotografie –dice facendo

scorrere la tracolla per portare la macchina fotografica

sul davanti- Ma mi stai consigliando di darmi ai

tarocchi?” domanda retorico con un cipiglio talmente

buffo da far scoppiare a ridere entrambi.

“Allora perché tutto questo armamentario da scalatore?”

chiede Arianna ancora più incuriosita.

“Beh, oggi era mia intenzione fotografare i ponti qui

fuori da una prospettiva un po’ diversa… Ero indeciso se

dall’acqua sottostante o dalla parete di roccia.” inizia

a spiegare entusiasta.

Arianna ascolta rapita le parole di Dean, ammira la

passione coinvolgente con cui le parla del suo lavoro.

Le tazze di tè si svuotano lentamente, Arianna lo inonda

letteralmente di domande, ma è una risposta in

particolare a colpirla:

“Perché fotografi ponti e strade?” gli chiede ad un certo

punto, interrompendo il suo discorso.

Dean abbassa lo sguardo pensieroso, poi si ridisegna il

contorno del mento facendo scorrere pollice e indice tra

la barba rossiccia: “Perché sono collegamenti, luoghi di

passaggio… Ma non hai la certezza che domani restano. Con

le foto almeno sai dove trovarli!” spiega con semplicità,

lasciando intendere però quanto sia complesso il discorso

da lui intrapreso.

Arianna una cosa certa la sa: d’ora in poi vuole davvero

scavare fino in fondo al meraviglioso sguardo verde mare

che ha di fronte.

“…E un ritratto a me lo faresti?” propone di getto

incuriosita.

Dean è sorpreso, ma intrigato dalla richiesta. La sua

bocca sorride e gli occhi ammiccano, poi a voce bassa

dice: “Solo se rimani!”.

   
 
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