In bilico
Clara
Oswald aveva due vite. Una era un punto fisso, stabile, sicuro e controllabile.
L’altra era imprevedibile, ingovernabile ma della quale non poteva fare a meno.
Clara
a volte si sentiva come in bilico tra due mondi, due Universi incompatibili ma
che voleva assolutamente tenere sotto controllo. Non ci riusciva sempre, ma per
certo sapeva due cose.
Una
cosa che sapeva era che amava Danny, la sua dolcezza, il suo essere
sicuro di ciò che lo circondava, disilluso ma con i piedi per terra e
consapevole di cosa significasse vivere sulla Terra alle prese con tasse e
problemi vari e reali. Compreso avere a che fare con la morte.
L’altra
cosa che Clara sapeva, però, era che non poteva rinunciare al Dottore. Perché
era vero che le faceva vedere posti bellissimi, le meraviglie dell’Universo, i
suoi idoli storici vissuti in epoche lontane; ma era vero soprattutto che non
poteva rinunciare a quell’uomo brontolone che nascondeva un Universo infinito
ed indescrivibile di emozioni intense e contrastanti, un uomo con tanti amici
ma sempre solo che si lasciava toccare e leggere dentro soltanto da lei.
**
A
volte Clara si svegliava di soprassalto, tremante, sudata e spaventata, con un
vuoto allo stomaco e la sensazione opprimente e nauseante di essere caduta da
una grande altezza; a volte piangeva senza rendersene conto, mentre cercava di
regolarizzare il respiro. Il cuore in quei momenti le sembrava volesse
esploderle nel petto ed il rumore tamburellante nelle sue orecchie sembrava
volesse assordarla, tanto quello le batteva forte. Danny accanto a lei si
svegliava e la abbracciava, la stringeva forte al suo petto sussurrandole che
era solo un sogno, non poteva farle del male. Ma Clara sapeva che non era vero,
che i sogni a volte sono echi di vite passate e dolore inciso a lettere
incandescenti nell’anima.
“E’
successo ancora, vero?”
Il
Dottore lo capiva quando Clara ricordava, anche se lei non glielo diceva.
Perché se la sua Ragazza Impossibile gli leggeva dentro era anche vero il
contrario, e forse lui sapeva farlo meglio di quanto le lasciasse intendere.
“Dove
eravamo stavolta?”
E
Clara raccontava. Di invasioni Cybermen, di alieni mai incontrati, a volte di
luoghi che ricordavano Gallifrey e poi di pianeti che scomparivano nel nulla, navi
Dalek e doppi dottori, di TARDIS lanciati a bruciare in nuclei infuocati dopo
che lei, con uno schiocco di dita, ne aveva chiuso le porte perché lei era un
fantasma, l’ombra un passo dietro Donna e
quello era l’unico modo per salvare il Dottore. Lei lo sentiva. Lei sapeva
sempre come e quando, anche se lui non la vedeva mai.
Il
Dottore non parlava, ma le stringeva la mano. La guardava con i suoi grandi
occhi tristi e le chiedeva scusa senza voce ma solo con lo sguardo. Clara poggiava
la testa contro la sua spalla senza rompere il silenzio e sospirava. Il suo
modo di dirgli che non era colpa sua, che lo aveva scelto lei. Restavano fermi
così per attimi brevi o interminabili, il tempo non aveva più misura in quei
momenti in cui, per l’uno, la presenza dell’altra era necessaria tanto quanto l’aria
lo era ai polmoni, o un supporto vitale ed una dose di morfina per un moribondo
in preda agli spasmi dolorosi di un trauma letale.
Quel
contatto in quel momento era come dividere in due un peso pressante e costante
che mai li avrebbe abbandonati e che nessuno oltre loro avrebbe mai capito. In
quei momenti erano in due ad avere duemila anni e tante vite vissute.
**
Clara
col tempo aveva imparato a mentire. A Danny, al Dottore… il suo stesso cuore le
mentiva continuamente.
Quando
le bugie si erano dissolte ed i veli caduti, alla sua vista tutto ciò che la
vita aveva di positivo era scomparso e la cruda realtà che le si mostrava era
un buco nero che risucchiava ogni emozione ed ogni speranza.
Amava
Danny, il suo punto fisso.
Amava
il Dottore, il suo uomo impossibile.
Ma
li aveva persi entrambi e lei altro non era che un involucro vuoto senza anima
e senza scopo, con una voragine al posto del cuore ed acqua gelida che le
scorreva nelle vene.
**
Il
ricordo di Danny faceva male, ma col tempo le sferzate che le laceravano la
carne dall’interno sapeva sarebbero diventate vento fresco di un piacevole
ricordo dei tempi in cui con lui era stata felice. Col Dottore di nuovo al suo
fianco tutto era più facile, era un po’ come ingannare la vita e le sue frustate
e questo controllo sull’angoscia che le era dentro le andava bene. Anche dire
finalmente la verità le piaceva, ammettere apertamente ciò che provava per il
suo uomo impossibile la faceva stare bene, le dava la sicurezza e la stabilità
di cui aveva bisogno in quel momento di puro e profondo sconvolgimento. Anche
se aveva posto lei stessa i limiti, anche se aveva chiarito che sarebbe stato
impossibile aver qualcosa di più.
**
Clara
sapeva dell’esistenza di un Universo Alternativo; non conosceva i dettagli, ma
era come un eco di una sua vita passata confusa col ricordo della sua
adolescenza. A volte era come se avesse vissuto due o più vite nello stesso momento
e la sua mente vacillava, dimenticava le cose per tenerla sana e non farla
impazzire. Scordava i dettagli, ma nella nebbia onirica dei ricordi incoerenti
le sorgevano delle domande. Sulla se stessa di quella dimensione, su Danny,
sulle differenze eventuali e le similitudini certe.
“Era
un Universo simile, ma con tante differenze. Piccoli particolari diversi che
però portano le persone a scelte differenti e lo rendono un posto… difficile,
duro in cui vivere. Ed era anche un Universo senza Dottore.”
La
voce del Dottore era calma, ma profonda e triste.
Clara
non gli aveva mai chiesto dei suoi compagni passati, lui non ne aveva mai
parlato prima e nemmeno in quel momento lo stava facendo. Sapeva che non le
piacevano i paragoni, e lui sapeva ancora di più che Clara era Clara, la sua
Clara.
Non
le aveva raccontato di Rose. Non le aveva raccontato della sua Meta Crisi,
anche se nei suoi ricordi sfocati lei avrebbe potuto averli visti in una
qualche occasione, uno dei suoi ‘sogni’.
Clara
restava in silenzio, guardando un punto indefinito oltre le spalle del Dottore
prima di sorridere e prendergli la mano.
“Quindi…
in quell’Universo non ci sono neanche io.”
Il
pensiero di una qualche versione di Clara felice con Danny si stava sgretolando
e faceva male. Ma faceva ancora più male l’idea di una qualche versione di
Clara senza un Dottore a farle scoprire quanto possa essere meraviglioso
lasciarsi andare, fidarsi ed affidarsi completamente a qualcuno, perdere il
controllo ogni tanto e lasciare che sia qualcun altro a farlo per te.
Le
labbra del Dottore si mossero come per dire qualcosa, un tentativo forse di
dissolvere la tristezza dallo sguardo di Clara e quell’ombra che le scuriva gli
occhi quando pensava a Danny. Ma un dito della ragazza sul labbro inferiore
dell’uomo gli impose di non parlare.
Una foglia con
una specifica forma, portata via dal vento ad una specifica velocità ed in uno
specifico momento per creare qualcosa di speciale; basterebbe cambiare un solo
particolare e…
“Una
foglia mi ha portata in questo mondo. Sono nata per salvare il Dottore, ma se
il Dottore non esiste… non esisto nemmeno io.”
Per
un attimo Clara credeva di aver trovato il suo posto. Poi c’erano sempre quei
cinque minuti al giorno che le facevano capire che, si, lei esisteva in un solo
Universo, sempre la mano stretta in quella del suo migliore amico ad infondersi
a vicenda sicurezza, fiducia e protezione,
ma sempre divisa. E forse, in fondo, un po’
diviso come lei lo era anche il Dottore.
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Nota:
Quando parlo di Clara come 'fantasma' e 'ombra un passo dietro Donna' faccio riferimento a Journey’s end, momento in cui le porte del Tardis si chiudono misteriosamente intrappolando Donna al’interno poco prima che esso venga lanciato nel nucleo incandescente dai Dalek per essere distrutto. E’ una mia idea (o giustificazione del buco che RTD non ha mai chiarito e quindi dico che con Clara lì Moffat gli ha salvato le chiappe xD) che un qualche eco di Clara possa averlo fatto ^^