Punto fermo.
Skye misura a passi la cella in cui ha deciso di rinchiudersi con le sue
mani; venti passi in larghezza, venticinque in lunghezza. È più grande del
cassone del suo caro furgoncino, ma decisamente farebbe a cambio anche subito con
quella sistemazione che puzzava di cibo cinese andato a male.
Ora capisce perché Ward, per non impazzire e
strapparsi la carne a morsi, passava il tempo facendo ginnastica e meditazione.
Movimento. Libertà. La sensazione, sempre sottovalutata, di non avere nessun
collare a strangolarla. È questo di cui
sente un disperato bisogno da che si è chiusa la porta alle spalle.
Scivola a sedere e infilando la testa
fra le gambe, respira forte dalla bocca nella speranza di calmarsi.
Cal lo aveva detto che sarebbe successo, una parte
del suo cervello non fa altro che ripeterlo. Alla fine dei giochi, per quanto
abbia sempre cercato di fare la scelta giusta, di essere una buona agente e una
brava amica, solo suo padre è rimasto ad amarla.
Lui e forse Coulson.
Nella testa di Skye è un po’ confuso su chi dei due abbia il ruolo di padre.
Entrambi? Nessuno?
Sente le ossa tremare e un rombo di vuoto crescere dentro di lei, da quella
parte dietro il cervello. Preme le mani ai lati della testa e drizza la
schiena.
-No, non di nuovo!-
La porta si spalanca, e Fitz alza gli occhi al
soffitto per poi scendere piano verso di lei.
-Non prendertela, sono solo degli stupidi.-
Skye lo fissa. Lo sente anche lui il terremoto, o è solo lei a
tremare? -Posso abbracciarti?- gli chiede di botto.
Un punto fermo, ha bisogno di un maledetto punto fermo a cui aggrapparsi.
-Vieni qui.-
Skye gattona verso di lui, si aggrappa ai suoi
pantaloni e lo tira giù, con sé. Si acciambella sulle sue gambe ripiegate, la
testa sul petto, sentendolo respirare contro l’orecchio.
Non è mai stata una tipa appiccicosa, ha fatto a meno degli abbracci per tutta
la vita, ma ora come ora, quello che vuole, e passare il tempo sentendosi parte
di qualcuno.
Cerca di sincronizzare il respiro con quello di Fitz,
chiudendo gli occhi, mentre lo sente accarezzarle piano la sommità della testa.
-Sono morta anche io là sotto.-
Fitz chiude gli occhi.
-Non sono uscita da lì, sono ancora là. Questa non sono io.-
L’impressione di essere un fantasma, di vivere una vita al limbo dove nessuno
l’ascolta, è così forte che si ritrova stringersi con più forza a Fitz per non gridare. Strattona la stoffa della sua
camicia, mentre si spinge contro il suo petto.
Dio, lo sta usando come se fosse un peluche, ma non glie ne importa nulla.
-Anche io lo pensavo, sai?-
Skye alza la testa.
-Quando non riuscivo a formulare una frase di senso compiuto, e … e…- chiude
gli occhi -… Sbavavo quando ci provavo. -
I primi giorni dopo il risveglio dal coma di Fitz, Skye li ricorda come una battaglia continua fra il far
avvicinare Simmons al suo letto, e far si che Fitz non
le scacciasse. Era furioso, ma allo stesso tempo, ogni volta che veniva
lasciato solo, prima di chiudere la porta, Skye lo
vedeva guardarle con uno sguardo che
pregava di non venire abbandonato.
Era come lei, cambiato, ma impossibilitato a dire quanto, perché nemmeno lui
era in grado di capire cosa fosse successo nella sua testa.
-Non è la tua morte questa, anche se hai la sensazione di stare vivendo in un
limbo dove ogni tuo peccato è stato
decuplicato e trasformato in una condanna.-
Skye si copre il viso con le mani.
-È solo l’inizio della seconda parte della tua vita.-
Skye scrolla la testa -Non la voglio questa vita,
voglio tornare a quella di prima!-
Fitz sospira sopra la sua testa e contro la sua
guancia.
-Rivoglio la vecchia me stessa. Rivoglio Ward .
Rivoglio i vecchi FitzSimmon. Non voglio vivere così.
Sola, scacciata, considerata un mostro da tutti!-
Di nuovo quel tremore, quel senso di vuoto nella testa che sembra scuotere ogni
parte del suo corpo. Le luci sfarfallano, la plafoniera sfrigola e si spegne,
ma Fitz non si muove. Anzi, la stringe a sé con più
forza, tirandosela fra le braccia, come una bambina.
-Io non ti considero un mostro, parti da questo, e vai avanti. Gli altri
capiranno di essere una manica di stupidi e ti chiederanno scusa prima o poi.-
-Non posso vivere così.-
-Imparerai.-
-Ne sei sicuro?-
-Sicurissimo.-
Skye affonda il viso nell’incavo del collo di Fitz, respirando forte dal naso il suo odore per calmarsi.
Lo stridore dentro di lei si quieta. Diventa prima un ronzio, poi un sussurro
di dolore, e poi, di colpo, tutto tace, lasciandola spossata come dopo una
maratona.
Nessun torcere e tirare, nessun dolore oltre la coscienza; solo braccia che la
stringono e un cuore che batte tranquillo contro la sua guancia.
Il respiro di Skye si regolarizza, torna ad appoggiarsi su quello di Fitz, che le impone
un ritmo da seguire con una mano fra le scapole.
-Come sei riuscito a spegnermi?- gli chiede stupefatta guardandosi attorno.
-Avevi solo bisogno di un punto fermo.-
Fitz sorride
imbarazzato, toccandosi il retro della testa con una mano –Non guardarmi così,
dai. Ho solo fatto un tentativo.-
-Sei fantastico.-
-Non dirlo in giro o ti prenderanno anche per pazza, oltre che per un fenomeno
da baraccone.-
FINE.