Akira
sbadiglia sonoramente, la guancia gli scivola dal palmo della mano e
per poco
la faccia non finisce nella tazza di latte e cereali.
«Sì,
ho già finito. Davvero, sto mangiando tutti i
giorni!»
Sbircia
alla propria destra; la sua ciotola di riso è piena fino
all’orlo.
«Mh? Sì, stiamo andando agli
allenamenti» la sua voce si incupisce
«Perché mai dovrei saltarli?!» sbuffa
«Non sto alzando la voce, solo—Sì, va
bene.»
Akira
copre i suoi sbuffi con le stoviglie, gettandole malamente nel lavabo
pieno.
Forse dovrebbe pulire, appena tornato dal club.
«Ok…
Posso parlare con papà? Ah, già la
cena… Sì, sì, ciao.»
Quando
Shiba posa la cornetta con così tanta forza, vuol dire che
mamma ha chiuso
senza neppure salutare. Lo fa sempre quand’è in
ritardo o quando un leone li
sta per sbranare. O quando qualche scimmia le ha rubato il fermaglio.
Sua
sorella compare dopo qualche secondo, la cartella fra le mani e il
borsone in
spalla. Gli sorride appena e lui non può fare altro, in
rimando.
«Ehi,
sei pronto?»
«Non
hai finito di mangiare.»
Rotea
gli occhi «Ti aspetto fuori.»
Fuori
è primavera. Shibahime, invece, è il ritratto
dell’inverno.
Capitolo
1
(Solo
per il mare)
“Nate:
Ho la sensazione che tutto
quello che
faccio tutto il giorno sia cercare disperatamente di trovare un punto
di
contatto con le altre persone, ma nonostante la quantità di
energia che sprechi
per… Per arrivare alla stazione in tempo, per salire su quel
treno, non esiste
nessuna garanzia che ci sarà qualcuno ad aspettarti, chi
verrà a prenderti.”
-Time flies [5.04], Six feet under-
Akira
si sveglia di soprassalto quando la borsa di un’anziana urta
contro la sua
spalla.
Si
è addormentato scompostamente sul sedile del vagone e quando
getta lo sguardo pesante fuori dal finestrino, uno sbuffo sonoro gli
scappa.
Stazione
di Noborito … Ma quanto diamine ha dormito?!
Sbatte
la testa sul sedile senza neppure cercare di ricomporsi sperando di
catturare
l’attenzione di sua sorella, impegnata a scribacchiare sul
quaderno.
«Shiba,
perché non mi hai svegliato?» si lagna reprimendo
uno sbadiglio «Ora arriverò
in ritardo.»
Lei
solleva lo sguardo e i suoi occhi scuri lo scrutano divertiti, anche se
sono
attorniati da un’aura di stanchezza che le ha tenuto
compagnia per tutto il
tragitto da casa alla stazione «Dormivi così
bene… Mi si stringeva il cuore a
svegliarti.»
«Ma
se tu non ce l’hai un cuore…» Shiba
ghigna alla sua lapidaria affermazione, si
aggiusta gli occhiali da lettura che le cadono sul naso e torna ai
proprio
appunti «Hai un compito?»
«Di
storia. E me ne sono dimenticata.»
«Tutta
tuo fratello!» sbrodola orgoglioso, ricevendo un pizzicotto
sul braccio.
Scoppia
a ridere nell’abitacolo silenzioso, poggiando la mano sulla
guancia mentre la
ode borbottare minacce di morte o di come terrà in ostaggio
il suo adorato
pallone da basket se non la smette.
«Sei
proprio un demente. Staresti bene allo Shohoku, lo sai? Con i tuoi
simili…»
«Nah,
il Ryonan è più adatto a me. Mi lasciano dormire
in classe senza dirmi niente.»
«Solo
perché sei la star della squadra di basket.»
«O
forse perché sono a-do-ra-bi-le—»
«Sei
odioso, ecco cosa sei!» lo interrompe scocciata, celandogli
un sorrisetto dietro
il palmo della mano. A lui non sfuggono le sue guance sollevate e la
piega a
mezza luna che hanno assunto i suoi occhi dal taglio occidentale
«E ora
lasciami studiare!»
Sendoh
si accuccia e osserva le case e i palazzi srotolarsi davanti a
sé. Scenderà
alla prossima fermata e, come al solito, se la farà di corsa
fino a scuola
maledicendo Shiba che, come al solito,
non l’ha svegliato.
Lo
sguardo cade irrimediabilmente su di lei e sulla concentrazione che le
costringe i lineamenti delicati del volto in una maschera di seccatura.
Shiba
odia storia, l’ha sempre odiata e per di più con
le date fa schifo -a
malapena si ricorda quand’è il compleanno di
Madoka-.
I
capelli neri e legati in un perfetto chignon le conferiscono
un’aria matura, la
invecchiano di almeno cinque anni.
E’ appassita rispetto alla bambina che lo
seguiva in capo al mondo quando fingevano di essere supereroi impegnati
nel
salvataggio della Terra.
La Shibahime di allora era tutta sorrisi e risate.
«A
che ora ce l’hai la partita, domani?» si massaggia
la fronte e toglie gli
occhiali, segno che per una manciata di secondi si prenderà
una pausa.
«Alle
10.00… Verrai a vedermi?»
Alza
le spalle «Sai che mi annoiano le partite di
basket.»
Una
volta non era così…,
lo pensa piano, ha il timore che Shiba possa leggere il flusso dei suoi
pensieri.
Lei
però riprende a scrivere e Sendoh si sente un po’
più tranquillo «Oh, andiamo.
Non muori dalla voglia di vedere com’è diventata
la squadra?»
«Tanto
li straccerete. A parte Akagi e quel tizio là, Kazawa, non è che ci siano
grandi elementi.»
«Kazawa?»
«O
era Karuwa? Ad ogni modo, ci tengo
alla mia pelle. Se scoprono che sono lì per te, come minimo
mi immolano in
palestra. Tu non hai idea di quanto siano decerebrati quelli del club
di
basket!» le labbra di Akira traballano «Che cosa
ridi, idiota?!»
«Non
credi di star esagerando?»
«Domani
conoscerai Hanamichi Sakuragi e sarai costretto a
ricrederti… Comunque ho gli
allenamenti, non credo farò in tempo.»
«Ma
domani è sabato.»
«Vallo
a dire a Nana-chan.»
Akira
sbatte le folte ciglia ma Shiba tronca con un grugnito ogni suo
tentativo di
farla cedere «Andiamo, se vieni farai felice
Hikoichi» le tira una piega della
gonna, ignorando la venuzza che pulsa sulla sua tempia «Credo
abbia una cotta
per te, lo sai?»
«Per
te, semmai. L’ultima volta che sono venuta a prenderti, ha
continuato a farmi
domande su di te. Mi spieghi a cosa gli serve sapere quante volte ti
fai la
doccia?!»
Akira
ride senza freni, smette solo quando Shiba gli dà un
pizzicotto sulla mano che
continua a torturare la sua povera divisa.
«Prima
o poi dovrai venire a vedermi. Una volta ti piaceva il
basket.»
«Mi
piaceva anche sniffare la colla.»
Akira
getta la testa indietro e ride, scivolando di più sul
sedile; ha le gambe
talmente lunghe che rischia di colpire il tizio vestito elegante
davanti a lui «Mamma si arrabbiava
sempre quando ti beccava col tubetto fra le mani.» se solo ci
pensa può ancora
udire la sua voce risuonare alta fra le quattro mura della villa mentre
una
Shiba appena approdata nella loro famiglia replicava candidamente
«Ma all’orfanotrofio me lo lasciavano fare.»
«Poi
ha smesso di arrabbiarsi e ci ha rinunciato.» aggiunge atona,
il pugno chiuso
sulla tempia, lo sguardo disperso sul foglio.
Akira
osserva la linea ricurva dei suoi occhi, delle sue labbra…
Si chiede quando la
sua Shiba ha smesso di essere il suo piccolo
Sole ma il cambiamento ha radici così profonde e
ben radicate, che a
malapena riesce a trovare un inizio.
Semplicemente,
un giorno si è spenta e vane sono state le sue buone
intenzioni di tornare a
farla brillare.
Shibahime
è sempre stata in perenne fase di eclissi, piena di luci e
ombre.
«Questa
mattina ti ha rimproverata perché non mangi, mh?»
è la sua implacabile sentenza,
adagiatasi nel silenzio che gli dà in risposta
«Sai che è apprensiva. Lo
fa per il tuo bene.»
Sua
sorella smette di scrivere e lo guarda con frustrazione «E
sentiamo: com’è che
a te non ti rimprovera mai perché dormi troppo?»
Alza
le spalle «Dormire cinque minuti in più non
uccide.» rimbrotta con placidità.
Shiba
si rintana in uno dei suoi soliti mutismi, posando lo sguardo oltre il
finestrino. Il treno comincia a rallentare e lei ne approfitta per
salvarsi «Se
scendi qui, magari riesci ad arrivare in tempo per
l’appello» giocherella con una
ciocca corvina sfuggita alle forcine, lo guarda confusamente
«Oi, a che pensi?»
Pensavo
che
rossa eri decisamente più bella…
«Pensavo
che passerò la prima ora in corridoio. Di nuovo.»
♠
Shiba
sospira di sollievo quando la campanella suona, annunciando la pausa
pranzo.
Si
stiracchia, si lascia beare dal vociare concitato dei compagni di
classe che si
perdono in isterici OhSantoBuddha lo sapevo
che era la C la risposta giusta!, ma sa bene che è
poco
il tempo per starsene
tranquille a rimuginare su quanto schifo abbia fatto…
«Nh,
è stato un gioco da ragazzi.»
Shiba
trattiene un sospiro e sfoggia un sorriso stiracchiato mentre si lascia
scrutare in religioso silenzio.
Nana
giocherella con la punta della lunga treccia corvina, arricciando le
labbra
mentre osserva i suoi capelli che, dopo il compito, saranno sicuramente
simili
ad un nido di rondini.
«Quando
ti deciderai a ritornare rossa?» la voce di Nanaka
è sgradevole, soprattutto
dopo un estenuante test. E’ seria, la fissa arcigna e le sue
dita che
tamburellano senza sosta sul banco sembrano metterle fretta.
«Mi
piace questo colore.» mugugna toccandosi la testa, conscia
che quello è solo l’ennesimo modo per snervarla
ulteriormente.
Non
ha ancora capito perché, ma la coetanea si è erta
a paladina della sua salute
mentale -che comunque non è mai stata granché a
posto- marciando su argomenti che
per lei sono ormai un tabù e, subdolamente, tenta di far
riaffiorare ricordi
che Shiba ha bandito da anni.
«A
me piacevi di più prima.»
«Sì,
ma pensaci… Potrebbero scambiarmi per la sorella di
Sakuragi.» sbotta
lapidaria, vedendo le sue labbra contrarsi in un sorrisetto.
La
mano di Nana scivola sinuosa nello zaino e ne recupera il bento: dentro
c’è
solo del riso e qualche verdura, Shiba avverte la bile salirle in gola
al
pensiero che il proprio contiene le stesse identiche cose.
«Non
mangi?»
«Ho
dimenticato il pranzo a casa» mente distogliendo lo sguardo,
conscia che
l’altra riuscirebbe a scovare ogni traccia di bugia
«E poi ho lo stomaco
chiuso. Non avrei comunque mangiato.»
«Sarà
l’ansia per il compito… Come credi sia
andato?» addenta quello che dovrebbe
essere un broccolo e la Sendoh si chiede perché si ostini a
mangiarli se la sua
faccia si contrae sempre per il disgusto.
«Come
quando mangi i broccoli…» Nana si ferma, la
contempla con un sopracciglio
elegantemente arcuato «Uno schifo.»
Il
suo sospiro è pesante come un macigno, le schiaccia la testa
ora china sul
banco su cui giacciono fogliettini strappati e cartacce. Shiba solleva
appena
lo sguardo e quando viene trafitta dai suoi occhi blu scuro, opta per
il
silenzio.
Mai
far incazzare Nanaka Itou quando sta già ribollendo di
rabbia.
«Sendoh--»
«Pure
per cognome, fantastico--»
«Ti
ricordo che se vuoi continuare a gareggiare, devi mantenere una
buona--»
«Una
buona media scolastica, lo so...»
Nana
annuisce «Sai che abbiamo bisogno anche di te. Questo
è il nostro ultimo anno!»
solleva il pugno, il fuoco arde nei suoi occhi… Shiba
vorrebbe tanto che il suo
entusiasmo la trascinasse, ma
non è
così.
«Avete
già vinto l’anno scorso.»
«E
dobbiamo farlo anche quest anno. Sai, ho sentito che il Kainan ha delle
nuove
ginnaste che promettono bene. Non possiamo lasciarci sconfiggere, non
da loro.»
Shiba
scuote la nuca «Sei andata ancora a spiare i loro
allenamenti?»
«No…»
Oh, sia lodato il cielo-- «Ho
mandato la
Murosaki e la Watanabe.»
Shiba
spalanca gli occhi scuri, guardandola sconvolta «Tu cosa?!
Ma—Ma sono solo due
matricole!»
«E
allora?» alza le spalle mentre ingoia l’ultimo
broccolo «Anche io facevo queste
cose per la mia senpai.»
Shiba
si massaggia le tempie, esasperata «Sei orribile, lo
sai?»
«Sto
solo cercando di sondare il terreno.»
«Orribile. Or-ri-bi-le!»
Nana
le regala un ghigno da Stronza Con Lode e per quanto sia tentata di
andare avanti con quella cantilena, il vociare concitato delle loro
compagne di classe le distrae; sono tutte ammassate alla porta,
sbraitando in direzione
dell’idolo della scuola che sta sfilando indifferente sotto i
loro occhi a
forma di cuore.
«Se
non guarda per terra, rischia di scivolare sulla loro
bava…»
«Disgustose.»
sibila la Itou guardandole con rassegnazione.
Shiba
vorrebbe dirle di aver visto anche la testolina bionda della Murosaki
in mezzo
al gregge che pascola dietro lo stangone, ma preferisce tacere; se
venisse a
saperlo, sarebbe capace di legarla alla trave e lasciarla lì
per tutta la
notte.
«Andiamo,
non puoi negare che Kizawa sia un
bel
ragazzo.»
Nana
inclina il capo «Si chiama Kaede Rukawa. Kizawa è
il nano del club di tennis»
la Sendoh sta per farfugliare qualcosa come Abbiamo
un club di tennis?, ma la ragazza seguita imperterrita
«E comunque sono
esagerate. E’ come se ogni volta che venissi a casa tua, mi
ritrovassi a
sbavare per tuo fratello.»
«Oh,
ti prego. Possibile tu debba sempre usare Akira come esempio?!
E’--»
«Disgustoso?»
le sue labbra si incurvano in un sorrisetto sornione, Shiba manda
giù una
sonora imprecazione.
Si
volta in direzione della matricola, studiando il suo profilo elegante
che lo fa
sembrare uno di quei principi che da piccola sognava di continuo. Alti,
belli,
forti e impavidi, di quelli che non si fermano di fronte a nulla e
nessuno pur
di salvare la bella dalle grinfie del perfido stregone che
l’ha ridotta in
schiavitù.
Shiba
distoglie lo sguardo; ha smesso di credere a queste cazzate quando si
è accorta
che i suoi principi azzurri amano più il basket di lei.
«Resta
comunque un bel ragazzo.»
«Mi
piace soprattutto il suo sorriso» ironizza la Itou rigirando
le bacchette nel
riso «Mh, a proposito… So che domani gareggeranno
in un’amichevole con il
Ryonan» sembra indifferente, disegna cerchi nel riso per poi
rimescolare il
tutto «Non hai intenzione di andare a vederli?»
«Ci
sono gli allenamenti.» replica senza pensarci, vedendo i suoi
occhi brillare.
E’
solo questione di un attimo però, perché subito
torna alla carica «Quindi non intendi
chiedermi se posso lasciarti andare? Nemmeno una corruzione piccina
piccina?»
«Credevo
saresti stata felice di sapermi agli allenamenti. Di sabato. Sabato
mattina.» c’è fastidio nella sua voce
bassa.
«Già…
Ma se sei con la mente da un’altra parte, non mi
servi» ribatte brusca,
sorridendole leggermente prima di poggiare il mento sui pugni chiusi
«Nh, ma
tanto non ti avrei lasciata andare.»
Shiba
reprime una risatina, la guarda con un pizzico di gratitudine per non
essersi
intrufolata in discorsi più grandi di lei «Lo
sapevo.»
Le
due tacciono, Shiba porta una mano sullo stomaco per placare i crampi
che ha
per la fame. Forse dovrebbe mangiare qualcosa, giusto per non rischiare
di
svenire in palestra come la settimana precedente.
Al
pensiero che anche per cena ci sarà riso, però,
subito lo stomaco le si chiude,
costringendola a piegarsi sul tavolo mentre sogna di addentare un bel
Cheesburger. Nh, ormai nemmeno si ricorda più che sapore
abbia…
Quando
alza la nuca, l’odore di curry le fa girare la testa. Nana le
dà le spalle, le
ha lasciato il riso che ha avanzato.
«Aha.»
«E
torna rossa. E riccia.»
♠
«Quello è il tuo letto.»
«Vuoi dire divano.»
«Accontentati e non rompermi i
coglioni» Tetsuo sparisce in quel buco che chiama cucina,
l’unico suono che
giunge è quello del frigo che si apre e delle bottiglie che
tintinnano «Ti va
una birra?»
«Sì, sì.»
Le molle del divano malandato
scricchiolano quando ci cade sopra con pesantezza.
«Vedi di non spaccarmelo. È l’unico che
ho.»
«Sarebbe ora di cambiarlo. Fa cagare.»
tasta il tessuto ruvido, cosparso qua e là di bruciatura di
sigarette. Sa di stantio, il pensiero che dovrà dormirci per
chissà quanto altro tempo gli fa
salire la bile ma è l’unico posto che gli rimane,
visto che dai suoi non ha
intenzione di tornare.
Le urla di sua madre gli fanno sempre
venire il mal di testa ma la cosa peggiore sono gli sguardi di suo
padre: sono
pregni di delusione, non riesce a leggervi alcun'altra emozione.
All’inizio gli facevano male, ora gli
danno solo a noia.
«Perché non chiedi un prestito ai
tuoi? A quelli i soldi escono dal culo.» gli porge la
bottiglia, si butta sulla
poltrona sfondata e si accende una sigaretta.
«Io con quelli non ci parlo.»
categorico, toglie il tappo e inizia a bere.
«Non vorrai mica restare qui per
molto, vero? Ho una vita privata, se non lo sapessi.»
«Cazzate.» ghigna il più giovane,
ricevendo un medio alzato in risposta.
«Se dormi qui, dove porto le mie
donne?»
«Le tipe puoi portartele in motel.
O in camera da letto.»
La cenere cade sul tappeto sporco e
pieno di mozziconi «Continua di questo passo e ti sbatto
fuori a calci in culo»
si alza «Ma perché mi sono preso questa rottura di
coglioni?» sbotta
strofinandosi i capelli scuri.
Mitsui scoppia a ridere ma il dolore allo
stomaco è talmente forte da farlo tossire. Per poco non si
strozza con la
birra, finita sul tappeto.
«Ehi, non sporcarmelo.»
«Non dovrebbe essere pulito, prima?!» sbotta
caustico, massaggiandosi dappertutto. Porco cane, è appena
uscito dall’ospedale e
ancora si sente di merda. È tutto rotto, teme che un passo
sbagliato possa
frantumargli le ossa già doloranti.
Istintivamente porta una mano sul
ginocchio sinistro;
è sempre la prima parte che
controlla, è più forte di lui. Non pulsa, non
brucia, non duole… Incredibile
come il problema sembri essersi sistemato mentre tutto il resto sta
andando a
farsi fottere.
«Certo che doveva essere proprio un
bestione quello che ti ha ridotto in questo stato.»
è il serio commento di
Tetsuo.
Lo sguardo adombrato di Mitsui si
riveste di rancore. Vorrebbe dirgli che in realtà
è stato un pigmeo alto quanto
un bonsai a spedirlo all’ospedale ma sa che le sue prese per
il culo, a quel
punto, diventerebbero infinite. Tace, limitandosi ad un secco
«Non mi va di
parlarne.» che Testuo accoglie con un’alzata di
spalle.
«Tsk, non è che tu sia questo gran
lottatore.»
«Risparmiami, Muhammad Ali.»
«Se sei una donnicciola quando si
tratta di botte, non è colpa mia.»
«Disse l'uomo dalla chioma fluente.» freccia con un
ghigno, scoppiando a ridere quando quell’altro
si mette a smadonnare in aramaico.
A modo suo, Tetsuo è in grado di
fargli dimenticare per un attimo quanta merda abbia sparso in giro da
quando ha
detto bye bye al basket.
Già, il basket… Gli viene da ridere al
pensiero che, un tempo, è stato uno dei più
grandi giocatori che Kanagawa
avesse mai avuto, conteso da un sacco di scuole prestigiose. Sembra
passata
una vita, invece sono solo due gli anni che gravano sulle spalle
scricchiolanti.
«Cos’hai da ridere, si può
sapere?»
Tetsuo si vota a tutti i Santi Protettori dei Teppisti per ricevere
pazienza e
non strozzarlo «Mi sa che quello ti ha fottuto anche il
cervello, quando ti ha
preso a calci.»
Mitsui continua a ridere.
Tetsuo smadonna.
«Coglione, smettila di ridere. Cazzo,
senza quei denti davanti sembri mia nonna!»
♠
Akira si ferma per riprendere fiato.
Sotto lo sguardo vigile di Taoka, si
pulisce la fronte con la maglietta bianca «Continuate a
correre!» intima
severo, fissandoli uno ad uno.
Hikoichi ansima poco più indietro,
ripetendo esausti «Perché non mi sono candidato
come manager? Perché?!»
strappandogli una risata svagata che viene accolta dal coach con un
grugnito e
una sequela infinita di rimproveri.
Stupidone,
è così che lo chiama quando commette qualche
errore, arriva in ritardo o
semplicemente prende gli allenamenti sotto gamba.; si ritrova a
sorridere quando viene
appellato con quel nomignolo, gli ricorda i bonari rimproveri che sua
madre gli
rifilava quando era piccolo.
«Sendoh, smettila di sognare ad occhi
aperti!» Taoka porta le mani vicino alla bocca, per poco non
strozza una
matricola che si è prostrata ai suoi piedi per chiedergli
pietà e acqua.
Akira ride, Koshino gli si affianca e
gli tira un calcio sul polpaccio.
«Smettila o ci farà fare il doppio dei
giri!» esala a fatica, fulminandolo con lo sguardo.
«Speriamo ce li faccia fare sulla
spiaggia.» è la sua pacata risposta.
«… Tu sei tutto scemo!»
Già, decisamente è uno scemo.
Glielo dice sempre anche Nanaka, magari
quando
si lascia
andare a qualche smanceria di troppo non prevista dai loro patti,
quando insegue Spock per tutta casa andando a sbattere contro ogni
mobile o quando
si lascia graffiare da quella scorbutica
palla di pelo.
«Non capisco che cacchio ci sia di così bello nel
correre sulla spiaggia. È faticoso!» seguita
Koshino prima di superarlo, borbottando come una teiera.
Akira si ferma, lo sguardo perso lungo
la costa che si staglia alla propria destra.
Ai suoi non l’ha mai detto, ma ha
scelto il Ryonan solo per il mare.
♠
Nanaka ha smesso di annunciarsi con un
quieto «Sono tornata.» all’età
di tredici anni, quando si è accorta che il
silenzio non le avrebbe mai risposto.
La porta si chiude dietro le sue
spalle, lascia scivolare il borsone vicino l’ingresso e
appende
la felpa all’appendiabiti, ignorando il caos che regna in
salotto. Suo padre è di nuovo
in viaggio d’affari in compagnia della giovane segretaria
poco
più che
venticinquenne e sua madre non l’ha presa bene, di nuovo.
Si chiede perché ad ogni telefonata,
quella debba per forza sfasciare il soggiorno; distruggere tutti i vasi
di sua nonna, non riporterà il suo matrimonio
all’antico splendore di venti
anni fa.
Un tintinnio cattura la sua pigra
attenzione, interamente dedicata al setaccio della stanza messa a
soqquadro,
fino a che non scorge un batuffolo di pelo acquattato sotto il tavolo
in
cucina.
«Oi, allora ci sei…» lo guarda con un
accenno di sorriso, grata del suo miagolio che riga l’aria
densa di spettri di
urla, recriminazioni e amabili parole «Spock, non ora.
Levati!» il suo lento
strusciarsi sui polpacci è fastidioso, le fa il solletico e
più tenta di
allontanarlo con leggeri colpetti con la punta dei piedi,
più quello si
accanisce con miagolii perforanti.
Il suo gatto è una divetta buona a
nulla.
Zampetta via solo quando la voce
metallica della segretaria rompe il silenzio, lasciando poi spazio a
quella
ombrosa di sua madre che le dice che farà tardi, che nel
frigo le ha lasciato
del ramen da riscaldare e di mettere a posto il soggiorno
perché è un vero
disastro.
Non fa più caso ai Ti voglio bene
che non si registrano
mai, è stanca di piangerci come una cretina.
Si lascia cadere sul divano,
crogiolandosi nella calma. Si aspetta di udire strani e ovattati rumori
provenire dalla camera da letto, sorrisi che brillano al buio e
rincorse
disperate per catturare la diva con la coda lunga e folta ma i minuti
passano e
ogni aspettativa finisce col diventare una certezza: oggi non
verrà.
«Viziato…» borbotta Nana carezzandolo
«Lo Scemo oggi non
viene.»
♠
Note
noiose
finali (d’obbligo):
E
anche questo primo, vero capitolo è andato. È di
un’inutilità scandalosa ma dovevo dare uno scorcio
di quelli che saranno i
protagonisti e questo era l’unico modo.
So che le scene sembrano buttate lì a caso ma ammetto che
è per un mio gusto
personale; non volevo qualcosa in stile “Dopo gli
allenamenti…” o “Dopo le
lezioni...”; preferivo entrare subito “nel
mezzo” della scena. Spero
non faccia venire il mal di mare @.@
Di seguito i classici punticini che mi preme segnalare (ma che
ovviamente non
siete costretti a leggere xD):
· La
stazione di Noborito esiste ma non ho idea se si trovi prima o dopo
quella del
Ryonan (che stando a mie ricerche, dovrebbe essere la stazione di
Kamakura). Il
succo comunque è: ai fini della trama non è poi
così importante dove si sveglia
Akira quindi chiudiamo tutti gli occhi e facciamo finta di nulla XD
· Gestire
degli OC non è mai facile e ho sempre il timore di creare
delle Mary Sue,
quelle classiche e bellissime personcine che ti spingono a dire: ma
alla fine
della storia quelle schiattano, vero? So bene che al momento la loro
caratterizzazione è pressoché nulla (siamo solo
al 1° capitolo, del resto) ma
se doveste sentirne l’odore di sandali e lillà
fatemelo notare senza alcun
problema :) I giochi sono fatti e non posso farci granché ma
posso sempre
migliorarmi ;)
· Sendoh
e Mitsui sono OOC? Non ne ho idea, lo ammetto. Non mi sembra di essere
andata
troppo oltre quello che è il loro carattere ma se
così dovesse essere,
aggiungerò la nota senza alcun problema.
Direi che è
tutto, quindi passerei ai ringraziamenti a quelle sante lettrici che
hanno
speso cinque minuti per me: a ReginaMills89,
kanagawa, pinkjude e Ice_DP va
tutta la mia gratitudine. Siete state squisite e per una che non si
aspettava
un’accoglienza così calorosa, beh, vi meritereste
più di un banale grazie
♥
Ringrazio
inoltre i lettori silenziosi e chi ha inserito la storia fra le
seguite/preferite.
Se avete
tempo/voglia e vi andasse di lasciarmi detto cosa ne pensate di
tanta inutilità,
mi rendeste felice :)
HeavenIsInYourEyes