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Autore: HeavenIsInYourEyes    14/03/2015    3 recensioni
Ci sono scene in cui si ributterebbe per riviverle in ogni minimo dettaglio, senza spostare neppure una virgola; altre vorrebbe cancellarle, modificarle, rispondere "Ma" anziché "Beh", dire "Sì" invece di "No".
Mitsui continua a chiedersi cosa sarebbe successo se non avesse abbandonato il basket, se, se… Ne è talmente schiacciato da sentire l’aria mancare e più ci pensa, meno riesce a trovare una via d’uscita.
Ed è così che si sente anche quando apre la porta della palestra; poco, è solo uno spiraglio ma gli basta per sentire la testa girare, il cuore pulsare e tutto il resto farsi effimero.
Il suo "se" più grande se ne sta lì, trasportata dalla musica e leggera come l’aria.
Shibahime è… Da dove può cominciare per descriverla?
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akira Sendoh, Hisashi Mitsui, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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capitolo 1

«Sì, mamma, stiamo bene. Eh? No, Akira sta facendo colazione.» Shiba giocherella con le pieghe della gonna.
Akira sbadiglia sonoramente, la guancia gli scivola dal palmo della mano e per poco la faccia non finisce nella tazza di latte e cereali.
«Sì, ho già finito. Davvero, sto mangiando tutti i giorni!»
Sbircia alla propria destra; la sua ciotola di riso è piena fino all’orlo.
«Mh? Sì, stiamo andando agli allenamenti» la sua voce si incupisce «Perché mai dovrei saltarli?!» sbuffa «Non sto alzando la voce, solo—Sì, va bene.»
Akira copre i suoi sbuffi con le stoviglie, gettandole malamente nel lavabo pieno. Forse dovrebbe pulire, appena tornato dal club.
«Ok… Posso parlare con papà? Ah, già la cena… Sì, sì, ciao.»
Quando Shiba posa la cornetta con così tanta forza, vuol dire che mamma ha chiuso senza neppure salutare. Lo fa sempre quand’è in ritardo o quando un leone li sta per sbranare. O quando qualche scimmia le ha rubato il fermaglio.
Sua sorella compare dopo qualche secondo, la cartella fra le mani e il borsone in spalla. Gli sorride appena e lui non può fare altro, in rimando.
«Ehi, sei pronto?»
«Non hai finito di mangiare.»
Rotea gli occhi «Ti aspetto fuori.»
Fuori è primavera. Shibahime, invece, è il ritratto dell’inverno.

 

Mo Chùisle

Capitolo 1
(Solo per il mare)

      

“Nate: Ho la sensazione che tutto quello che faccio tutto il giorno sia cercare disperatamente di trovare un punto di contatto con le altre persone, ma nonostante la quantità di energia che sprechi per… Per arrivare alla stazione in tempo, per salire su quel treno, non esiste nessuna garanzia che ci sarà qualcuno ad aspettarti, chi verrà a prenderti.”                            

                                                    -Time flies [5.04], Six feet under-

                                                                                    


Akira si sveglia di soprassalto quando la borsa di un’anziana urta contro la sua spalla.
Si è addormentato scompostamente sul sedile del vagone e quando getta lo sguardo pesante fuori dal finestrino, uno sbuffo sonoro gli scappa.
Stazione di Noborito … Ma quanto diamine ha dormito?!
Sbatte la testa sul sedile senza neppure cercare di ricomporsi sperando di catturare l’attenzione di sua sorella, impegnata a scribacchiare sul quaderno.
«Shiba, perché non mi hai svegliato?» si lagna reprimendo uno sbadiglio «Ora arriverò in ritardo.»
Lei solleva lo sguardo e i suoi occhi scuri lo scrutano divertiti, anche se sono attorniati da un’aura di stanchezza che le ha tenuto compagnia per tutto il tragitto da casa alla stazione «Dormivi così bene… Mi si stringeva il cuore a svegliarti.»
«Ma se tu non ce l’hai un cuore…» Shiba ghigna alla sua lapidaria affermazione, si aggiusta gli occhiali da lettura che le cadono sul naso e torna ai proprio appunti «Hai un compito?»
«Di storia. E me ne sono dimenticata.»
«Tutta tuo fratello!» sbrodola orgoglioso, ricevendo un pizzicotto sul braccio.
Scoppia a ridere nell’abitacolo silenzioso, poggiando la mano sulla guancia mentre la ode borbottare minacce di morte o di come terrà in ostaggio il suo adorato pallone da basket se non la smette.
«Sei proprio un demente. Staresti bene allo Shohoku, lo sai? Con i tuoi simili…»
«Nah, il Ryonan è più adatto a me. Mi lasciano dormire in classe senza dirmi niente.»
«Solo perché sei la star della squadra di basket.»
«O forse perché sono a-do-ra-bi-le—»
«Sei odioso, ecco cosa sei!» lo interrompe scocciata, celandogli un sorrisetto dietro il palmo della mano. A lui non sfuggono le sue guance sollevate e la piega a mezza luna che hanno assunto i suoi occhi dal taglio occidentale «E ora lasciami studiare!»
Sendoh si accuccia e osserva le case e i palazzi srotolarsi davanti a sé. Scenderà alla prossima fermata e, come al solito, se la farà di corsa fino a scuola maledicendo Shiba che, come al solito, non l’ha svegliato.
Lo sguardo cade irrimediabilmente su di lei e sulla concentrazione che le costringe i lineamenti delicati del volto in una maschera di seccatura. Shiba odia storia, l’ha sempre odiata e per di più con le date fa schifo -a malapena si ricorda quand’è il compleanno di Madoka-.
I capelli neri e legati in un perfetto chignon le conferiscono un’aria matura, la invecchiano di almeno cinque anni. 
E’ appassita rispetto alla bambina che lo seguiva in capo al mondo quando fingevano di essere supereroi impegnati nel salvataggio della Terra. Ricorda con nostalgia i suoi fiammanti capelli raccolti in alti codini che dondolavano durante le corse per strada o al parco giochi, il suo continuo chiamarlo
«Acchan!» per richiamare la sua attenzione mentre lo seguiva senza riuscire a stargli dietro, piombandogli davanti col fiatone e con le ginocchia sbucciate perché era inciampata nei propri piedi.
La Shibahime di allora era tutta sorrisi e risate.
«A che ora ce l’hai la partita, domani?» si massaggia la fronte e toglie gli occhiali, segno che per una manciata di secondi si prenderà una pausa.
«Alle 10.00… Verrai a vedermi?»
Alza le spalle «Sai che mi annoiano le partite di basket.»

Una volta non era così…, lo pensa piano, ha il timore che Shiba possa leggere il flusso dei suoi pensieri.
Lei però riprende a scrivere e Sendoh si sente un po’ più tranquillo «Oh, andiamo. Non muori dalla voglia di vedere com’è diventata la squadra?»
«Tanto li straccerete. A parte Akagi e quel tizio là, Kazawa, non è che ci siano grandi elementi.»
«Kazawa?»
«O era Karuwa? Ad ogni modo, ci tengo alla mia pelle. Se scoprono che sono lì per te, come minimo mi immolano in palestra. Tu non hai idea di quanto siano decerebrati quelli del club di basket!» le labbra di Akira traballano «Che cosa ridi, idiota?!»
«Non credi di star esagerando?»
«Domani conoscerai Hanamichi Sakuragi e sarai costretto a ricrederti… Comunque ho gli allenamenti, non credo farò in tempo.»
«Ma domani è sabato.»
«
Vallo a dire a Nana-chan.»
Akira sbatte le folte ciglia ma Shiba tronca con un grugnito ogni suo tentativo di farla cedere «Andiamo, se vieni farai felice Hikoichi» le tira una piega della gonna, ignorando la venuzza che pulsa sulla sua tempia «Credo abbia una cotta per te, lo sai?»
«Per te, semmai. L’ultima volta che sono venuta a prenderti, ha continuato a farmi domande su di te. Mi spieghi a cosa gli serve sapere quante volte ti fai la doccia?!»
Akira ride senza freni, smette solo quando Shiba gli dà un pizzicotto sulla mano che continua a torturare la sua povera divisa.
«Prima o poi dovrai venire a vedermi. Una volta ti piaceva il basket.»
«Mi piaceva anche sniffare la colla.»
Akira getta la testa indietro e ride, scivolando di più sul sedile; ha le gambe talmente lunghe che rischia di colpire il tizio vestito elegante davanti a lui «Mamma si arrabbiava sempre quando ti beccava col tubetto fra le mani.» se solo ci pensa può ancora udire la sua voce risuonare alta fra le quattro mura della villa mentre una Shiba appena approdata nella loro famiglia replicava candidamente
«Ma all’orfanotrofio me lo lasciavano fare.»
«Poi ha smesso di arrabbiarsi e ci ha rinunciato.» aggiunge atona, il pugno chiuso sulla tempia, lo sguardo disperso sul foglio.
Akira osserva la linea ricurva dei suoi occhi, delle sue labbra… Si chiede quando la sua Shiba ha smesso di essere il suo piccolo Sole ma il cambiamento ha radici così profonde e ben radicate, che a malapena riesce a trovare un inizio.
Semplicemente, un giorno si è spenta e vane sono state le sue buone intenzioni di tornare a farla brillare.
Shibahime è sempre stata in perenne fase di eclissi, piena di luci e ombre.
«Questa mattina ti ha rimproverata perché non mangi, mh?» è la sua implacabile sentenza, adagiatasi nel silenzio che gli dà in risposta «Sai che è apprensiva. Lo fa per il tuo bene.»
Sua sorella smette di scrivere e lo guarda con frustrazione «E sentiamo: com’è che a te non ti rimprovera mai perché dormi troppo?»
Alza le spalle «Dormire cinque minuti in più non uccide.» rimbrotta con placidità.
Shiba si rintana in uno dei suoi soliti mutismi, posando lo sguardo oltre il finestrino. Il treno comincia a rallentare e lei ne approfitta per salvarsi «Se scendi qui, magari riesci ad arrivare in tempo per l’appello» giocherella con una ciocca corvina sfuggita alle forcine, lo guarda confusamente «Oi, a che pensi?»

Scuote la nuca e recupera il borsone per gli allenamenti, elevandosi in tutta la sua statura. Le sorride, ricevendo in cambio un aggrottamento di sopracciglia.
Pensavo che rossa eri decisamente più bella…
«Pensavo che passerò la prima ora in corridoio. Di nuovo.»



Shiba sospira di sollievo quando la campanella suona, annunciando la pausa pranzo.
Si stiracchia, si lascia beare dal vociare concitato dei compagni di classe che si perdono in isterici OhSantoBuddha lo sapevo che era la C la risposta giusta!, ma sa bene che
è poco il tempo per starsene tranquille a rimuginare su quanto schifo abbia fatto…

«Itou, a te com’è andata?»
«Nh, è stato un gioco da ragazzi.»

Nanaka Itou, aka La Regina delle clavette, aka L’Oni della squadra di ginnastica ritmica, si volta in sua direzione con mento sollevato e aria di chi ha sicuramente preso 100/100 nel compito di storia. Del resto, non può aspettarsi altro dalla secchiona della terza sezione 3.
Shiba trattiene un sospiro e sfoggia un sorriso stiracchiato mentre si lascia scrutare in religioso silenzio.
Nana giocherella con la punta della lunga treccia corvina, arricciando le labbra mentre osserva i suoi capelli che, dopo il compito, saranno sicuramente simili ad un nido di rondini.
«Quando ti deciderai a ritornare rossa?» la voce di Nanaka è sgradevole, soprattutto dopo un estenuante test. E’ seria, la fissa arcigna e le sue dita che tamburellano senza sosta sul banco sembrano metterle fretta.
«Mi piace questo colore.» mugugna toccandosi la testa, conscia che quello è solo l’ennesimo modo per snervarla ulteriormente.
Non ha ancora capito perché, ma la coetanea si è erta a paladina della sua salute mentale -che comunque non è mai stata granché a posto- marciando su argomenti che per lei sono ormai un tabù e, subdolamente, tenta di far riaffiorare ricordi che Shiba ha bandito da anni.
«A me piacevi di più prima.»
«Sì, ma pensaci… Potrebbero scambiarmi per la sorella di Sakuragi.» sbotta lapidaria, vedendo le sue labbra contrarsi in un sorrisetto.
La mano di Nana scivola sinuosa nello zaino e ne recupera il bento: dentro c’è solo del riso e qualche verdura, Shiba avverte la bile salirle in gola al pensiero che il proprio contiene le stesse identiche cose.
«Non mangi?»
«Ho dimenticato il pranzo a casa» mente distogliendo lo sguardo, conscia che l’altra riuscirebbe a scovare ogni traccia di bugia «E poi ho lo stomaco chiuso. Non avrei comunque mangiato.»
«Sarà l’ansia per il compito… Come credi sia andato?» addenta quello che dovrebbe essere un broccolo e la Sendoh si chiede perché si ostini a mangiarli se la sua faccia si contrae sempre per il disgusto.
«Come quando mangi i broccoli…» Nana si ferma, la contempla con un sopracciglio elegantemente arcuato «Uno schifo.»
Il suo sospiro è pesante come un macigno, le schiaccia la testa ora china sul banco su cui giacciono fogliettini strappati e cartacce. Shiba solleva appena lo sguardo e quando viene trafitta dai suoi occhi blu scuro, opta per il silenzio.
Mai far incazzare Nanaka Itou quando sta già ribollendo di rabbia.
«Sendoh--»
«Pure per cognome, fantastico--»
«Ti ricordo che se vuoi continuare a gareggiare, devi mantenere una buona--»
«Una buona media scolastica, lo so...»
Nana annuisce «Sai che abbiamo bisogno anche di te. Questo è il nostro ultimo anno!» solleva il pugno, il fuoco arde nei suoi occhi… Shiba vorrebbe tanto che il suo entusiasmo la trascinasse,  ma non è così.
«Avete già vinto l’anno scorso.»
«E dobbiamo farlo anche quest anno. Sai, ho sentito che il Kainan ha delle nuove ginnaste che promettono bene. Non possiamo lasciarci sconfiggere, non da loro.»
Shiba scuote la nuca «Sei andata ancora a spiare i loro allenamenti?»
«No…» Oh, sia lodato il cielo-- «Ho mandato la Murosaki e la Watanabe.»
Shiba spalanca gli occhi scuri, guardandola sconvolta «Tu cosa?! Ma—Ma sono solo due matricole!»
«E allora?» alza le spalle mentre ingoia l’ultimo broccolo «Anche io facevo queste cose per la mia senpai.»
Shiba si massaggia le tempie, esasperata «Sei orribile, lo sai?»
«Sto solo cercando di sondare il terreno.»
«Orribile. Or-ri-bi-le!
»
Nana le regala un ghigno da Stronza Con Lode e per quanto sia tentata di andare avanti con quella cantilena, il vociare concitato delle loro compagne di classe le distrae; sono tutte ammassate alla porta, sbraitando in direzione dell’idolo della scuola che sta sfilando indifferente sotto i loro occhi a forma di cuore.
«Se non guarda per terra, rischia di scivolare sulla loro bava…»
«Disgustose.» sibila la Itou guardandole con rassegnazione.
Shiba vorrebbe dirle di aver visto anche la testolina bionda della Murosaki in mezzo al gregge che pascola dietro lo stangone, ma preferisce tacere; se venisse a saperlo, sarebbe capace di legarla alla trave e lasciarla lì per tutta la notte.
«Andiamo, non puoi negare che Kizawa sia un bel ragazzo.»
Nana inclina il capo «Si chiama Kaede Rukawa. Kizawa è il nano del club di tennis» la Sendoh sta per farfugliare qualcosa come Abbiamo un club di tennis?, ma la ragazza seguita imperterrita «E comunque sono esagerate. E’ come se ogni volta che venissi a casa tua, mi ritrovassi a sbavare per tuo fratello.»
«Oh, ti prego. Possibile tu debba sempre usare Akira come esempio?! E’--»
«Disgustoso?» le sue labbra si incurvano in un sorrisetto sornione, Shiba manda giù una sonora imprecazione.
Si volta in direzione della matricola, studiando il suo profilo elegante che lo fa sembrare uno di quei principi che da piccola sognava di continuo. Alti, belli, forti e impavidi, di quelli che non si fermano di fronte a nulla e nessuno pur di salvare la bella dalle grinfie del perfido stregone che l’ha ridotta in schiavitù.
Shiba distoglie lo sguardo; ha smesso di credere a queste cazzate quando si è accorta che i suoi principi azzurri amano più il basket di lei.
«Resta comunque un bel ragazzo.»
«Mi piace soprattutto il suo sorriso» ironizza la Itou rigirando le bacchette nel riso «Mh, a proposito… So che domani gareggeranno in un’amichevole con il Ryonan» sembra indifferente, disegna cerchi nel riso per poi rimescolare il tutto «Non hai intenzione di andare a vederli?»
«Ci sono gli allenamenti.» replica senza pensarci, vedendo i suoi occhi brillare.
E’ solo questione di un attimo però, perché subito torna alla carica «Quindi non intendi chiedermi se posso lasciarti andare? Nemmeno una corruzione piccina piccina?»
«Credevo saresti stata felice di sapermi agli allenamenti. Di sabato. Sabato mattina.» c’è fastidio nella sua voce bassa.
«Già… Ma se sei con la mente da un’altra parte, non mi servi» ribatte brusca, sorridendole leggermente prima di poggiare il mento sui pugni chiusi «Nh, ma tanto non ti avrei lasciata andare.»
Shiba reprime una risatina, la guarda con un pizzico di gratitudine per non essersi intrufolata in discorsi più grandi di lei «Lo sapevo.»
Le due tacciono, Shiba porta una mano sullo stomaco per placare i crampi che ha per la fame. Forse dovrebbe mangiare qualcosa, giusto per non rischiare di svenire in palestra come la settimana precedente.
Al pensiero che anche per cena ci sarà riso, però, subito lo stomaco le si chiude, costringendola a piegarsi sul tavolo mentre sogna di addentare un bel Cheesburger. Nh, ormai nemmeno si ricorda più che sapore abbia…

Quando alza la nuca, l’odore di curry le fa girare la testa. Nana le dà le spalle, le ha lasciato il riso che ha avanzato.
«Tra poco inizia letteratura. Vedi di mangiare qualcosa…»
«Aha.»
«E torna rossa. E riccia.»

 
«Quello è il tuo letto.»
«Vuoi dire divano.»
«Accontentati e non rompermi i coglioni» Tetsuo sparisce in quel buco che chiama cucina, l’unico suono che giunge è quello del frigo che si apre e delle bottiglie che tintinnano «Ti va una birra?»
«Sì, sì.»
Le molle del divano malandato scricchiolano quando ci cade sopra con pesantezza.
«Vedi di non spaccarmelo. È l’unico che ho.»
«Sarebbe ora di cambiarlo. Fa cagare.» tasta il tessuto ruvido, cosparso qua e là di bruciatura di sigarette. Sa di stantio, il pensiero che dovrà dormirci per chissà quanto altro tempo gli fa salire la bile ma è l’unico posto che gli rimane, visto che dai suoi non ha intenzione di tornare.
Le urla di sua madre gli fanno sempre venire il mal di testa ma la cosa peggiore sono gli sguardi di suo padre: sono pregni di delusione, non riesce a leggervi alcun'altra emozione.
All’inizio gli facevano male, ora gli danno solo a noia.
«Perché non chiedi un prestito ai tuoi? A quelli i soldi escono dal culo.» gli porge la bottiglia, si butta sulla poltrona sfondata e si accende una sigaretta.
«Io con quelli non ci parlo.» categorico, toglie il tappo e inizia a bere.
«Non vorrai mica restare qui per molto, vero? Ho una vita privata, se non lo sapessi.»
«Cazzate.» ghigna il più giovane, ricevendo un medio alzato in risposta.
«Se dormi qui, dove porto le mie donne?»
«Le tipe puoi portartele in motel. O in camera da letto.»
La cenere cade sul tappeto sporco e pieno di mozziconi «Continua di questo passo e ti sbatto fuori a calci in culo» si alza «Ma perché mi sono preso questa rottura di coglioni?» sbotta strofinandosi i capelli scuri.
Mitsui scoppia a ridere ma il dolore allo stomaco è talmente forte da farlo tossire. Per poco non si strozza con la birra, finita sul tappeto.
«Ehi, non sporcarmelo.»
«Non dovrebbe essere pulito, prima?!» sbotta caustico, massaggiandosi dappertutto. Porco cane, è appena uscito dall’ospedale e ancora si sente di merda. È tutto rotto, teme che un passo sbagliato possa frantumargli le ossa già doloranti.
Istintivamente porta una mano sul ginocchio sinistro; è sempre la prima parte che controlla, è più forte di lui. Non pulsa, non brucia, non duole… Incredibile come il problema sembri essersi sistemato mentre tutto il resto sta andando a farsi fottere.
«Certo che doveva essere proprio un bestione quello che ti ha ridotto in questo stato.» è il serio commento di Tetsuo.
Lo sguardo adombrato di Mitsui si riveste di rancore. Vorrebbe dirgli che in realtà è stato un pigmeo alto quanto un bonsai a spedirlo all’ospedale ma sa che le sue prese per il culo, a quel punto, diventerebbero infinite. Tace, limitandosi ad un secco «Non mi va di parlarne.» che Testuo accoglie con un’alzata di spalle.
«Tsk, non è che tu sia questo gran lottatore.»
«Risparmiami, Muhammad Ali
«Se sei una donnicciola quando si tratta di botte, non è colpa mia.»
«Disse l'uomo dalla chioma fluente.» freccia con un ghigno, scoppiando a ridere quando quell’altro si mette a smadonnare in aramaico.
A modo suo, Tetsuo è in grado di fargli dimenticare per un attimo quanta merda abbia sparso in giro da quando ha detto bye bye al basket.
Già, il basket… Gli viene da ridere al pensiero che, un tempo, è stato uno dei più grandi giocatori che Kanagawa avesse mai avuto, conteso da un sacco di scuole prestigiose. Sembra passata una vita, invece sono solo due gli anni che gravano sulle spalle scricchiolanti.
«Cos’hai da ridere, si può sapere?» Tetsuo si vota a tutti i Santi Protettori dei Teppisti per ricevere pazienza e non strozzarlo «Mi sa che quello ti ha fottuto anche il cervello, quando ti ha preso a calci.»
Mitsui continua a ridere.
Tetsuo smadonna.
«Coglione, smettila di ridere. Cazzo, senza quei denti davanti sembri mia nonna!»


Akira si ferma per riprendere fiato.
Sotto lo sguardo vigile di Taoka, si pulisce la fronte con la maglietta bianca «Continuate a correre!» intima severo, fissandoli uno ad uno.
Hikoichi ansima poco più indietro, ripetendo esausti «Perché non mi sono candidato come manager? Perché?!» strappandogli una risata svagata che viene accolta dal coach con un grugnito e una sequela infinita di rimproveri.

Stupidone, è così che lo chiama quando commette qualche errore, arriva in ritardo o semplicemente prende gli allenamenti sotto gamba.; si ritrova a sorridere quando viene appellato con quel nomignolo, gli ricorda i bonari rimproveri che sua madre gli rifilava quando era piccolo.
«Sendoh, smettila di sognare ad occhi aperti!» Taoka porta le mani vicino alla bocca, per poco non strozza una matricola che si è prostrata ai suoi piedi per chiedergli pietà e acqua.
Akira ride, Koshino gli si affianca e gli tira un calcio sul polpaccio.
«Smettila o ci farà fare il doppio dei giri!» esala a fatica, fulminandolo con lo sguardo.
«Speriamo ce li faccia fare sulla spiaggia.» è la sua pacata risposta.
«… Tu sei tutto scemo!»
Già, decisamente è uno scemo.
Lo Scemo.
Glielo dice sempre anche Nanaka, magari
quando si lascia andare a qualche smanceria di troppo non prevista dai loro patti, quando insegue Spock per tutta casa andando a sbattere contro ogni mobile o quando si lascia graffiare da quella scorbutica palla di pelo.
«Non capisco che cacchio ci sia di così bello nel correre sulla spiaggia. È faticoso!» seguita Koshino prima di superarlo, borbottando come una teiera.
Akira si ferma, lo sguardo perso lungo la costa che si staglia alla propria destra. 
Gli piace, è più forte di lui e non può farci niente.
Ai suoi non l’ha mai detto, ma ha scelto il Ryonan solo per il mare.


Il rientro in casa è la parte peggiore della giornata.
Nanaka ha smesso di annunciarsi con un quieto «Sono tornata.» all’età di tredici anni, quando si è accorta che il silenzio non le avrebbe mai risposto.
La porta si chiude dietro le sue spalle, lascia scivolare il borsone vicino l’ingresso e appende la felpa all’appendiabiti, ignorando il caos che regna in salotto. Suo padre è di nuovo in viaggio d’affari in compagnia della giovane segretaria poco più che venticinquenne e sua madre non l’ha presa bene, di nuovo. 
Si chiede perché ad ogni telefonata, quella debba per forza sfasciare il soggiorno; distruggere tutti i vasi di sua nonna, non riporterà il suo matrimonio all’antico splendore di venti anni fa.
Un tintinnio cattura la sua pigra attenzione, interamente dedicata al setaccio della stanza messa a soqquadro, fino a che non scorge un batuffolo di pelo acquattato sotto il tavolo in cucina.
«Oi, allora ci sei…» lo guarda con un accenno di sorriso, grata del suo miagolio che riga l’aria densa di spettri di urla, recriminazioni e amabili parole «Spock, non ora. Levati!» il suo lento strusciarsi sui polpacci è fastidioso, le fa il solletico e più tenta di allontanarlo con leggeri colpetti con la punta dei piedi, più quello si accanisce con miagolii perforanti.
Il suo gatto è una divetta buona a nulla.
Zampetta via solo quando la voce metallica della segretaria rompe il silenzio, lasciando poi spazio a quella ombrosa di sua madre che le dice che farà tardi, che nel frigo le ha lasciato del ramen da riscaldare e di mettere a posto il soggiorno perché è un vero disastro.
Non fa più caso ai Ti voglio bene che non si registrano mai, è stanca di piangerci come una cretina.
Si lascia cadere sul divano, crogiolandosi nella calma. Si aspetta di udire strani e ovattati rumori provenire dalla camera da letto, sorrisi che brillano al buio e rincorse disperate per catturare la diva con la coda lunga e folta ma i minuti passano e ogni aspettativa finisce col diventare una certezza: oggi non verrà.

Spock le sale sulle gambe, miagola stridulamente e si guarda attorno circospetto prima di acciambellarsi sulle cosce, apparentemente indispettito.
«Viziato…» borbotta Nana carezzandolo «Lo Scemo oggi non viene.»



Note noiose finali (d’obbligo):
E anche questo primo, vero capitolo è andato. È di un’inutilità scandalosa ma dovevo dare uno scorcio di quelli che saranno i protagonisti e questo era l’unico modo.
So che le scene sembrano buttate lì a caso ma ammetto che è per un mio gusto personale; non volevo qualcosa in stile “Dopo gli allenamenti…” o “Dopo le lezioni...”; preferivo entrare subito “nel mezzo” della scena. Spero non faccia venire il mal di mare @.@
Di seguito i classici punticini che mi preme segnalare (ma che ovviamente non siete costretti a leggere xD):

· La stazione di Noborito esiste ma non ho idea se si trovi prima o dopo quella del Ryonan (che stando a mie ricerche, dovrebbe essere la stazione di Kamakura). Il succo comunque è: ai fini della trama non è poi così importante dove si sveglia Akira quindi chiudiamo tutti gli occhi e facciamo finta di nulla XD

· Gestire degli OC non è mai facile e ho sempre il timore di creare delle Mary Sue, quelle classiche e bellissime personcine che ti spingono a dire: ma alla fine della storia quelle schiattano, vero? So bene che al momento la loro caratterizzazione è pressoché nulla (siamo solo al 1° capitolo, del resto) ma se doveste sentirne l’odore di sandali e lillà fatemelo notare senza alcun problema :) I giochi sono fatti e non posso farci granché ma posso sempre migliorarmi ;)

· Sendoh e Mitsui sono OOC? Non ne ho idea, lo ammetto. Non mi sembra di essere andata troppo oltre quello che è il loro carattere ma se così dovesse essere, aggiungerò la nota senza alcun problema.


Direi che è tutto, quindi passerei ai ringraziamenti a quelle sante lettrici che hanno speso cinque minuti per me: a ReginaMills89, kanagawa, pinkjude e Ice_DP va tutta la mia gratitudine. Siete state squisite e per una che non si aspettava un’accoglienza così calorosa, beh, vi meritereste più di un banale grazie ♥
Ringrazio inoltre i lettori silenziosi e chi ha inserito la storia fra le seguite/preferite.
Se avete tempo/voglia e vi andasse di lasciarmi detto cosa ne pensate 
di tanta inutilità, mi rendeste felice :)

Alla prossima!
HeavenIsInYourEyes

 

   
 
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