14/03/2015
3 recensioniNote: ambientata durante "Percy Jackson e la battaglia del Labirinto"; spero di non essere andata troppo OOC (><); doveva essere una cosa allegra, ma poi non lo è stata più; NO BETA e riletta fino a un certo punto, quindi segnalatemi qualsiasi svista, strafalcione e/o altro.
(Ceci, guarda, SONO TORNATA A SCRIVERE SU FANDOM CHE CONDIVIDIAMO. /o/)
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Di inviti e altre guerre
- Non dovresti essere qui - lo accoglie sulla porta con un sorriso tutt’altro che inospitale.
È bella come l’ultima volta che l’ha vista al trionfo di quel fesso di Percy Johansson e dei suoi amici. E Dioniso non lo ammetterà mai, ma quello è stato l’unico momento in cui ha pensato che, ehi!, forse quei patetici eroi potevano avere anche un’utilità oltre a quella di rovinargli quotidianamente la giornata con tutte le loro beghe e le loro imprese da quattro soldi. Ma si è ricordato subito che se non fosse esistito nessun eroe, non sarebbe mai stato condannato all’esilio in quel posto dimenticato da Zeus che è il Campo Mezzosangue e quindi… poi ha pensato solo ad Arianna, al candore della sua pelle, alla luce nei suoi occhi, quando si posavano su di lui, e al suono che faceva la sua risata quando si scontrava contro la sua pelle.
Sono passati millenni e certe cose sembrano non passare mai.
L’uomo fa spallucce. Ha il volto paffuto e le guance arrossate di sempre, ma ha preferito sacrificare la maglietta hawaiana e le scarpe da ginnastica in favore di un completo scuro. Zeus l’ha mandato a fare un lavoro più serio che occuparsi di una banda di pessimi eroi pieni di acne e di sudore e anche Dioniso sa quando è il momento di cambiare abbigliamento.
- Tuo padre non ne sarà felice – continua lei con la fronte corrugata e gli angoli della bocca tesi da un sorriso che Arianna non ha alcuna intenzione di lasciarsi sfuggire.
Non è davvero arrabbiata. Come potrebbe? C’è una guerra alle porte e suo marito è lontano da decenni ed Arianna sa quale sia il suo dovere, ma sa anche che è felice di vederlo – sa anche che potrebbe essere l’ultima volta che lo vede e che è felice.
- Il vecchio ha altro a cui pensare. E vuole che mi assicuri della fedeltà delle divinità minori e anche tu sei una divinità minore – la informa, puntandole l’indice in fronte.
Arianna si morde le labbra, cercando di trattenere la risata che minaccia di zampillarle tra i denti bianchi; di trattenere l’istinto di prendergli giocosamente il dito tra le labbra.
- La mia fedeltà – dice, facendo un passo verso l’uomo e posandogli una mano sul petto. – E, di grazia, marito, come vorresti accertarti della mia fedeltà? – gli chiede con un sorriso malizioso e, oh, così invitante.
(Morfeo ha tentato di farlo addormentare per sfuggirgli, quando si è presentato alla sua dimora oscura come l’antro di certe caverne senza considerare che lui è il dio del vino e della sbronza e ne sa qualcosa di sonni così densi da sembrare un coma, grazie tante; Ecate è sparita in chissà quali altri corridoi del Labirinto ed entrambi i volti di Giano hanno scelto di tradire l’Olimpo.
Anche un dio ha bisogno, certe volte, in certe sere in cui il vino è troppo poco – grazie tante, Zeus! - , che gli si ricordi che ci sono ancora patti che non vengono infranti, che ci sono ancora certezze che Crono non gli ha strappato.)