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Autore: Lady_Olor    14/03/2015    3 recensioni
-E il precedente Cancer, vecchio? Dov’è? –
Sage sorrise aspettando che Manigoldo arrivasse alla risposta. Si occupò personalmente di educarlo alla cultura e alla lotta. Ma non lo cambiò mai perché lo vedeva perfetto così com’era. I mesi passavano, e poi gli anni, e considerava sempre più Manigoldo un figlio. Lo adottò ufficialmente. Il futuro cancro non lo sapeva ma poteva intuirlo. Era un legame non certo segreto ma neppure manifestato. Lo sapevano e basta. Certo era che, nonostante si fosse addolcito in fondo al cuore, Manigoldo restava una peste. Era normale sentire un qualche urlo del gran sacerdote la mattina. Il nome dell’allievo divenne molto famoso… Eh già, il vecchio non si risparmiava mai un intonato e possente…
-MANIGOLDO!!-
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cancer Manigoldo, Cancer Sage
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Figlio di puttana.-

I ragazzi ben vestiti lo guardavano male, qualcuno addirittura sputò per terra. Lo disprezzavano. Così sporco, così brutto, così… Indomabile. 

-Figlio di puttana, eh? Allora avete conosciuto mia madre! Quelle sono le vostre ? –

Arrossirono, erano pieni di rabbia. Il bambino seduto per terra aveva indicato degli uomini ben vestiti che facevano acquisti. Continuò a giocare con quei figli di papà : - Su, andate a chiamarli! Babbo, babbo, un ragazzino magro e sporco che non mangia da giorni minaccia me e i miei cinque amici! Ahahahahaha voglio assistere ! –

Non sapevano cosa ribattere. Avevano detto quelle parole sentendosi adulti, lo sapeva bene. Forse non sapevano neppure chi era, una puttana. Mentre erano distratti da quelle parole agì in un unico scatto, afferrandone uno per la collottola e strappandogli la sacca di alimenti affidatagli dai genitori. Lo sentì piangere mentre scappava. Non provò rimorso: era quella, la vita. E il bambino ben vestito dagli amici ben vestiti era spazzatura come lui. Non si sentiva mai in colpa quando rubava perché alla fine sarebbe finita uguale per tutti.

La spazzatura viene sempre ripulita…

-Fermo-.

Una voce possente di un uomo adulto. Era alto e occupava l’unica via d’uscita del vicolo. Lo conosceva, era un vagabondo di quel villaggio.

Spazzatura…

-Fammi passare, dai, sono inseguito! –

L’uomo indicò la sacca. Aveva fame e quella era la legge del mondo. Dietro di sé la prigione e davanti la fame. Una sola chance. Il vicolo aveva strette pareti e molte finestre. Fece un controllo veloce. –Be’, destino schifoso, a quanto pare ti ho fottuto ancora!- Rise, sentiva le voci avvicinarsi e l’uomo in tutta la sua bruttezza lo guardava minaccioso. Gli tirò la sacca in mano tenendo per sé un pezzo di pane. Poi cominciò ad arrampicarsi.

–Ecco, dev’essere quello il ladro!-

Tutto come previsto. Lo aveva incastrato e aveva la cena. L’urlo del vagabondo squarcio il silenzio: -
MANIGOLDO VIENI QUI! CODARDO! –

Il bambino rise mentre le guardie si interrogavano su dove fosse il bambino descritto al mercato e poi, indisturbato su un tetto, cominciò a mangiare. Eh già, era davvero difficile essere spazzatura. Il pane era fresco, meglio di quello che rimediava a volte, duro e stantio. Lo finì volentieri e poi si cercò un angolo per strada per passare la notte. Pioveva ma non ci fece caso. Era abituato al freddo… Da quei giorni tristi al villaggio… Non l’aveva mai considerata una vera casa ma era ciò di più simile che avesse mai avuto.

Eh già, sua madre era una puttana che non si era degnata di dargli un nome e lui uno sporco ladruncolo che viveva di carità e piccoli furti. Nessuno gli aveva mai offerto un posto per la notte, al suo villaggio. Aveva imparato presto che il mondo era crudele e la morte era essere ripuliti. Perché quello erano tutti gli abitanti dei luoghi dove aveva vissuto … Spazzatura da pulire. 
Dove viveva ora gli piaceva molto di più, anche se si parlava di guerra. Era li da tre anni ormai. Lì aveva preso il nome di Manigoldo.
 
Aveva appena sette anni al suo arrivo. Mentre prima viveva dove lo conoscevano e la pietà dei concittadini impediva che venisse punito, lì era la dura realtà. Era stato picchiato a sangue per aver rubato una mela, una cazzo di mela! E poi era stato lasciato fuori a morire di fame e freddo. Si era arrangiato con i rifiuti dei pasti fuori dalle case e aveva resistito due… tre… O forse quattro giorni… Sempre sotto la pioggia, sempre strisciando come un verme. Poi si era arreso e aveva cacciato uno schifoso piccione, a sassate. Non sapeva come prepararlo e aveva chiesto aiuto.

-Mangialo crudo, ladro schifoso! –

Ci aveva provato ma era stato male, aveva vomitato. E aveva ricominciato a strisciare cercando di riprendere le forze. Sentiva un uomo, nella casa vicina a dove sedeva, piangere e desiderare la morte, implorarla di prenderlo come aveva preso i suoi figli. Se era ciò che desiderava… La casa era calda e asciutta. Era entrato silenziosamente e aveva rubato un coltello. Erano solo… Spazzatura. Solo spazzatura. Donare la morte era un onore. Aveva affondato il coltello nel collo dell’uomo e poi aveva vomitato per tutto quel sangue, perché ora era anche un assassino.

La spazzatura resta spazzatura… Non peggiora e non migliora, pensava. Stava male. Aveva fame. Era un buon prezzo. La dispensa era piena e si saziò, dormì felicemente in un letto caldo. Non si allontanò più da quel coltello. Era un  simbolo di cosa era davvero la vita…
 


Tossì. Stava male, doveva avere la febbre, ma si trattenne dal vomitare per l’improvvisa nausea. Il buon pane che aveva a fatica rimediato doveva restare dov’era o avrebbe avuto bisogno molto presto di altro cibo. Quel villaggio non faceva più per lui, pensò amaramente. Le guardie avevano imparato a conoscerlo. Pensò a un negozio di cibo dove non avesse rubato e non lo trovò. Merda… Con la febbre e così magro non poteva viaggiare. E quella “guerra” di cui tanto si parlava era vicina.
E così, una mattina di quell’inverno, la guerra arrivò. Manigoldo ebbe paura. Non di morire, quello no in fin dei conti… Ma ebbe paura di quello che vedeva a ogni morto, quelle lucine blu fluttuanti che urlavano e supplicavano e che, a quanto pareva, solo lui poteva vedere. Si raccoglievano nel suo palmo e le riconosceva, riconosceva il vagabondo e i bambini ben vestiti, li aveva tra le dita come gli dei avevano tra le dita gli umani. Si stava divertendo. Qualcuno provò a ucciderlo quella notte. Chiunque alzasse le mani moriva, e Manigoldo rideva ad ogni nuovo fuocherello con cui divertirsi. Il villaggio bruciò, le case crollarono e fino a sue giorni dopo, quando finalmente sarebbe scesa la pioggia, l’aria sarebbe stata satura di un odore di cadavere intenso e fastidioso.

Ma al ragazzino non importava, non gli importava nulla. Giocava con la spazzatura, davvero uno sporco bambino di strada, e la sua spazzatura erano il fornaio e il ricco, il bambino e il vecchio.
-Solo… Spazzatura…- Era felice. Avrebbe cercato dell’oro per il villaggio o del cibo. Era tutto suo… E allora perché stava così male?

Era arrivato in poco tempo quel vecchio con la veste bianca e la collana d’oro. Avrebbe mangiato mesi e mesi con quella. Lo guardò, mosso da pietà. Odiava quello sguardo e sembrò capirlo. Non voleva pietà. Era un ladro, un assassino,  uno spietato messaggero di morte e sventura. Non cercava comprensione o gentilezza.  Cercava di sopravvivere. Gli parlò. Era un gold saint, ne aveva sentito parlare. Vide la sua armatura e lui gli propose di seguirlo. Il suo modo di parlare lo affascinava. Era tentato di corrergli subito dietro…

-Dimmi il tuo nome. –

Si fermò, apparentemente non infastidito dall’aver ricevuto un ordine. – Sono Sage. –
Ne aveva sentito parlare… Era… Era il gran sacerdote!!

-E ora dimmi: Che ne sarà di me? –

Sage gli sorrise e si abbassò alla sua altezza: -Questo, Manigoldo, sarai tu a deciderlo.
 


Gli dissero che il vecchio aveva deciso di addestrarlo di persona. Lo sfotté appena entrò nel suo ufficio, così, tanto per, dato che era stato miracolosamente ripulito e sembrava troppo un bravo ragazzo: -Ehi, vecchiaccio! Siete un vero pezzo da novanta voi! –

Lo guardò impassibile e tornò ai suoi documenti. Parlò dopo qualche minuto, cosa che lo infastidì, perché stava per uscire a importunare sacerdotesse.

-Sei più bello da ripulito. –

Ridacchiò.

-Si ma ora non fate strani giochi, sono piccolo per una relazione e poi voi siete… -

Rise ancora, mentre Sage lo guardava con disappunto.

-Voi siete UN VECCHIO! –

Non si arrabbiò ma continuò a guardarlo, così intensamente da fargli abbassare lo sguardo e addirittura da farlo scusare. Quella fu la prima sconfitta di Manigoldo.
Conobbe altri futuri saint e scoprì per quale armatura lottava: Cancer…

-E il precedente Cancer, vecchio? Dov’è? –

Sage sorrise aspettando che Manigoldo arrivasse alla risposta. Si occupò personalmente di educarlo alla cultura e alla lotta. Ma non lo cambiò mai perché lo vedeva perfetto così com’era. I mesi passavano, e poi gli anni, e considerava sempre più Manigoldo un figlio. Lo adottò ufficialmente. Il futuro cancro non lo sapeva ma poteva intuirlo. Era un legame non certo segreto ma neppure manifestato. Lo sapevano e basta. Certo era che, nonostante si fosse addolcito in fondo al cuore, Manigoldo restava una peste. Era normale sentire un qualche urlo del gran sacerdote la mattina. Il nome dell’allievo divenne molto famoso… Eh già, il vecchio non si risparmiava mai un intonato e possente…

-MANIGOLDO!!-

E lo puniva severamente.


Una volta chiese all’allievo se vedeva cambiamenti nel suo carattere. Manigoldo non esitò, sorridente come sempre nonostante il durò addestramento:
-Maestro-. Non lo aveva chiamato vecchio, quindi Sage si preparò ad un Manigoldo miracolosamente serio.
-La vita non è spazzatura. E io, ora, quando sorrido non lo faccio con malizia o per divertimento temporaneo… lo faccio perché sono davvero felice. Lo faccio perché mi piace questa mia nuova vita…-
Sage sapeva che i cavalieri morivano giovani… Ma la gioia e la passione nell’addestrarsi del figlio lo rendevano felice. Non era la vita di un cadetto quella… Non era un destino triste e amaro… Era una nuova esistenza nata in quel giorno in cui gli aveva detto di seguirlo. Era fiero di Manigoldo.


 
Sono entrambi lì, davanti a Thanatos, alla morte stessa. Manigoldo la prende a pugni, ribelle, e si prende gioco di lei. Combattono, spalla contro spalla. Poi Cancer attacca e Sage sa che non lo rivedrà. Incrocia il suo sguardo, lo sguardo di quel bambino che rubava per vivere, che uccise per sopravvivere, e ora dava quella vita per lui e per Atena. Il messaggio negli occhi del sacerdote è chiaro.

Voglio solo che tu viva…

Manigoldo sorride. Si dissolve, lasciando solo l’armatura al suo vecchio padrone. Mentre muore si ricorda di quei bambini ben vestiti, si ricorda del vagabondo che aveva incastrato e della guerra, di tutti quei morti. Si ricorda di ogni istante col suo nuovo genitore, ricorda l’investitura e il sorriso genuino di Atena. Legge il messaggio negli occhi del sacerdote:

Voglio solo che tu viva…

Deve disobbedirgli un’ultima volta. Non potrà scusarsi subito purtroppo… Ma Sage dovrebbe aver imparato che lui è un ribelle. Mentre muore sente il familiare urlo del gran sacerdote, quell’urlo che fa quando si arrabbia davvero molto per i suoi guai. Suona così affettuoso ora…

-MANIGOLDO!-

Ora capisce tante cose, ora è un’anima fra tante e percepisce un nuovo mondo fatto di pensieri. Infine comprende che il maestro lo raggiungerà presto. Gli dispiace ma in fondo quel vecchiaccio ha vissuto tanto, no? Sage ha vinto, lo sente, ma sta per raggiungerlo. Ora che Thanatos è più debole può comunicare con lui.

-Va a farti fottere per aver ucciso il mio maestro-.

Non da rispetto al dio. Perché lui, inutile negarlo, è e sempre resterà Manigoldo, cavaliere di Cancer, figlio di Sage, valoroso discepolo di Atena. Lui che rubò e uccise ancora bambino…  
Le parole del vecchio gli tornano alla mente ora:

-Sono le persone che nessuno immagina possano fare certe cose, quelle che fanno cose che nessuno ppuò immaginare-*

È davvero una persona speciale… Tutto scompare, ora. La sua anima e quella del maestro sprofondano nell’Ade, insieme e con coraggio un’ultima volta.
 
 
*Questa è una citazione dal film Imitation Game.

 
ANGOLO DELL’AUTRICE: Allora, non so come mi sia venuta fuori questa One-Shot, fatto sta che è venuta e io ho deciso di pubblicarla. Vi prego di recensire e grazie di aver letto! Perdonate eventuali errori di ortografia, ma il mio pc rompe! Mi raccomando, recensite!!
 

  
   
 
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