Always
(Consiglio
di leggere la song-fic accompagnata dalla canzone
su cui è stata
scritta: Qui per Always, dei Saliva.)
Correre.
Correre finché i piedi non fanno male, finché
l'aria del cazzo di
South Side non ti mangia i polmoni, finché le guance non si
arrossano, finché gli occhi non smettono di bruciare.
Mickey si
sente l'aria frustare il viso, i muscoli lo stanno massacrando
– ma
non si ferma.
Fermarsi
equivarrebbe a farsi raggiungere dal pensiero di Gallagher e lui non
può permetterselo. C'è già troppo e
fottutamente dentro, perché
Mickey si è innamorato e quando ha saputo che Ian se ne
sarebbe
andato a morire in un posto del cazzo, a rimettere il culo per un
paese che l'avrebbe voluto morto piuttosto che felice, Mickey l'ha
capito. Ha capito che più volentieri che vivere
ciò che prova si
sarebbe ingoiato un proiettile.
Mickey ama. Ama male e ama
troppo.
I
hear... a voice say "Don't be so blind"
it's
telling me all these things
that
you would probably hide.
___
Ian
ripone i suoi pochi effetti personali sul suo comodino. Una foto di
Mandy e una di lui coi suoi fratelli, nient'altro. Non ha Mickey con
sé, anche se il suo cazzo di fantasma è
lì, ancora, a pungolargli
il cuore con quel ghigno a culo e le dita tatuate come una brutta
copia di un gangster nero.
Ha pianto troppo, Ian, e schiacciato
il suo cuore per un cazzone qualunque, che non vale niente. Ha detto
basta.
E ora è solo. Si guarda intorno e poi digrigna i denti,
stringe i pugni e le nocche impattano forte contro la parete. Gli
sfugge un gemito di dolore e sulla pelle si apre un sorriso rosso, di
sangue, che – sul serio – lo sta prendendo per il
culo.
Si
passa nervosamente una mano tra i capelli rasati e ansima e si morde
l'interno di una guancia finché un sapore metallico non lo
colpisce
con la forza di una cannonata.
“Non partire, Ian.”, non
chiedeva tanto. E Mickey è un idiota che non sa mettere in
fila tre
parole.
“Non...” e “solo...”. Ecco cosa
è riuscito a
strappargli a forza di bocca dopo tre anni di tentativi, di baci non
dati, carezze fermate, parole abortite.
Anche Ian ama. Ama male e
ama troppo. Ma ha avuto la forza di preservare quel che resta di
sé.
Polvere, probabilmente, o poco più, ma Ian è sul
ciglio di un
burrone e deve provare a salvarsi facendo un passo indietro.
I
feel... like you don't want me around
I guess I'll pack all my
things
I guess I'll see you around
___
Le
lacrime alla fine sono arrivate agli occhi –
perché quel fottuto
Gallagher anche a distanza è capace di disintegrarlo. Mickey
Milkovich non ha ricordi di sé che piange. Almeno, non prima
dell'arrivo di Gallagher, venuto a prenderlo per il culo e a
svuotarsi le palle.
E cazzo, perché del sesso non andava bene?!
Perché non erano rimasti a delle semplici scopate?! Ad uno
stato in
cui a malapena si parlavano, a malapena si ricordavano i nomi
dell'altro! Sarebbe tutto schifosamente e meravigliosamente facile
–
e invece no!
Dai, Milkovich, buttatici dentro a capofitto.
Affogaci, dona di te il cuore, il fegato, i fottuti polmoni e la
dignità ed anche il cervello, già che ci sei.
Rimani invischiato in
quella merda, strappati la pelle di dosso finché non pensi
di
esserti tolto la sensazione di Ian dentro, fuori e intorno. E poi
corri ancora, Milkovich, perché non c'è modo di
scappare. Perché
di tutto ciò che hai detto è rimasto niente,
tutto ciò che hai
dato ora è di Gallagher.
Am
I... your one and only desire?
Am I the reason you breath?
Or
I'm the reason you cry?
___
Ian
si aggancia l'ultimo bottone dei pantaloni militari e si infila tra i
suoi commilitoni. Nessuno si parla, nessuno si guarda. Ian si
è
svuotato. Ian Gallagher, Firecrotch, è rimasto su quel
comodino e in
quella lieve traccia di sangue che le sue nocche, la notte prima,
hanno lasciato sul muro colpito.
Ora è un soldato. Non ha neanche
un nome, perché non si chiama Lip.
Il suo bagaglio, quello che ha
ogni persona, è lontano, e va bene così. Amore,
affetto, dolore; li
ha chiusi in una camera blindata che non aprirà per un bel
po'.
Se
è tornato a respirare? No.
Steso a terra, il sudore si mischia
con la terra polverosa, un AK47 in mano, una sagoma di una persona
davanti a sé.
Non tornerà a respirare.
Spara e un foro si
disegna sulla fronte del bersaglio. Gli ha beccato il cervello in
pieno.
Sicuramente, però, mentre la cartuccia cade a terra e
carica di nuovo, alzarsi la mattina dal letto è diventato
più
facile.
Mira. Un colpo alla gola.
It's
all... been bottled up until now
As I walk out your door
All I
hear is the sound.
___
«Ehy,
succhiacazzi di merda!»
Mickey l'ha ringhiato in un modo da non
riconoscersi. Ha il viso bagnato di sudore e lacrime e il naso
è
umido e ha freddo, ma non si ferma. Le guance rosse, la pelle bianca
sporcata da un livido giallognolo sulla mascella.
Un ragazzo si
volta, fuori dal gay club che ha raggiunto.
Mickey non lo guarda
mentre si lancia contro di lui e gli è sopra in un secondo,
i pugni
chiusi che infieriscono su quel volto. Tumefatto, una maschera di
sangue, la cui unica colpa è essere sulla rotta di
collisione di
Mickey e Ian. Perché quando due corpi si scontrano, ci sono
sempre
effetti collaterali.* E quel ragazzo steso a terra non ha colpe,
mentre Mickey lo massacra senza alcun motivo apparente. Mentre tutto
in lui va in pezzi, si sbriciola e un alito di vento lo porta
lontano. In un campo d'addestramento militare del cazzo, da un
cadetto del cazzo, da una divisa del cazzo, da una guerra del cazzo.
E per quanto Mickey ci provi ad incolpare l'esercito di merda, sa di
essere lui stesso ad essersi sabotato.
Perché Ian non capisce
quant'è difficile amare quando si è abituati alla
rabbia costante.
Questo Mickey è. Era.
Un concentrato di rabbia, una struttura cresciuta in modo
aggrovigliato e deviato sotto i colpi e le minacce di Terry.
Non
è affetto, Mickey. È odio. Tolto quello, cosa gli
rimane? Mickey
deve imparare a vivere da solo e solo Ian può
insegnarglielo. Ma Ian
non c'è.
Rifila ancora un pugno sul viso del finocchio prima che
lo allontanino a forza da quel corpo.
I
love you,
I hate you,
I can't get around you.
I breathe
you,
I taste you,
I can't live without you.
___
La
spina dorsale si fa rigida mentre uno dei suoi superiori passa in
mezzo a due file di ragazzi sull'attenti, in riga, con un piede su
una mina e l'altro a casa loro.
Ian ha scoperto che annullarsi
gli rimane semplice, di giorno. È quando è a
letto il problema,
quando ha tempo per pensare. Quando può tornare Ian.
Si è
trovato, la notte prima, a farsi una fottuta sega, le labbra strette
tra i denti, come un quindicenne del cazzo. A pensare a Mickey e a
quel suo culo così
stretto
e al delizioso suono con la gola che emette quando sta per venire e
ai morsi che gli lasciava sulle clavicole e al suo sapore di birra e
– cazzo, sperma. E a quel punto si era venuto nelle mutande.
Si
è detestato, in quel momento. Il giorno dopo aveva corso in
testa al
gruppo talmente tanto e velocemente, la respirazione così
scorretta,
fino a dover vomitare per lo sforzo esagerato.
Si è detestato
ancora di più.
Sta dritto sul posto, mentre gli sfilano davanti.
Gli ordinano di cominciare a fare le flessioni e lui esegue. Non
guarda nessuno, lo sforzo lo rincoglionisce, ma quando il pensiero
corre all'addestramento militare improvvisato sul tetto sotto al
fuoco di Mickey, Ian si ferma un istante solo. Uno di troppo.
Si
detesta ancora.
I
just can't take anymore,
this life of solitude.
I guess that
I'm out of the door,
And now I'm done with you.
___
A
quanto pare quel frocio aveva un ragazzo ed alcuni amici.
Hanno
finito con Mickey, promettendogli di finirlo di ammazzare,
sputandogli addosso prima di allontanarsi da lui.
Ed ora Mickey è
a terra. I sensi vanno e vengono, si è ritrovato un dente
sotto la
lingua, strappato alla gengiva. Soffoca nel suo stesso sangue, ha
difficoltà a respirare, la costola gli urla.
È impegnativo
anche solo pensare di alzarsi ed andare a chiedere un fottuto aiuto,
perciò non si muove neanche. Resta lì, gli occhi
spalancati per
quanto le botte gli permettono, vacui sul cielo che sta schiarendosi.
È lì da... boh, è lì e
basta e un brivido lo investe e
nessuno lo guarda, perché Mickey è invisibile. Si
sente invisibile
e spera ardentemente di esserlo davvero e lo è.
Sembra morto e
solo il fatto che continui a pensare lo tradisce. Continua a pensare
a quanto schifo si faccia, a quanto gli serva Ian, a quanto sia
fottuto, a quanto preferirebbe vivere in un altro stato, un altro
continente, un'altra vita.
Si chiede se Ian lo pensa mai. Si
chiede se è già un eroe del cazzo morto per
nulla. Si chiede se lo
rivedrà mai e la risposta che si dà è
no. Il fatto che ci sia quel
“ti amo” sospeso sul suo collo come una cazzo di
ghigliottina non
cambia niente – anzi, cambia: lo rende ancora più
miserabile di
quel che già è.
Esala un sospiro che sibila tra le labbra
gonfie e spaccate in più punti ed è faticosamente
che si volta di
lato, in posizione fetale, su quel marciapiede bagnato che puzza di
piscio e vomito e alcool e sangue. Si racchiude su se stesso,
appallottolandosi.
Nessuno lo vede, nessuno l'aiuta, nessuno si
ferma. Nessuno sa che guarda il vuoto davanti a sé senza
neanche più
piangere.
Si
spogliano velocemente nelle docce. Le cinture saltano insieme ai
bottoni e le cerniere si abbassano e Ian glielo infila dentro tutto,
senza prepararlo, senza curarsi di lui. Davanti a sé ha una
nuca
color castano chiaro.
Ancora parzialmente vestiti, i pantaloni
calati fino alle caviglie.
Spinge. Spinge e spinge e lo sente
gemere di dolore, perché quel che cerca è una
scopata che lo farà
venire. Non gli interessa dell'altro e non lo sfiora neanche, se non
per fotterlo come una puttana ferma in un vicolo.
Affonda dentro
quel corpo, sbuffando sospiri corti tra le labbra, le dita piantate
nel fianco del suo commilitone.
Ci mette poco ad aumentare le
spinte, a farle diventare scoordinate. Non cerca l'angolazione, non
cerca di farlo godere, non l'ascolta, non lo guarda.
Ian si è
annullato ed ora scopa perché è munito di un
cazzo e perché ha
voglia di venire dentro qualcuno e non in una mano.
Ha smesso di
essere un illuso: sa che non glielo farà dimenticare,
né che
troverà quel sesso particolarmente soddisfacente o di valore.
Lo
scopa perché ne ha bisogno e deve.
Dopo quel che ha sperimentato
con Mickey è l'apoteosi dello squallido, se ne rende conto,
perché
non si sente un tutt'uno con lui, connesso con lui, vicino a lui. E
per quanto chiamarlo sesso fosse semplice, Ian sa che ciò
che faceva
con Mickey era amore. Tuttavia non ci fa caso e spinge ancora
finché
non viene con un gemito incastrato tra i denti scoperti dalle labbra
piene, tendendosi e rabbrividendo nello stesso momento.
Spalanca
le palpebre e si trova di nuovo la nuca castana del suo commilitone,
che ora si sta segando in modo febbrile. Quel tizio si viene in mano
e Ian non può trattenere un conato mentre si rende conto,
un'ennesima volta, che il suo cervello, mentre si accartocciava nella
distrazione perfetta dell'orgasmo, ha prodotto sempre lo stesso nome:
Mickey.
È rapido a tirarsi su i pantaloni e scappare da quella
stanza, sotto lo sguardo vagamente confuso dell'altro ragazzo.
È nei
bagni, ora, la schiena schiacciata contro la parete. Scivola a terra,
i gomiti appoggiati alle ginocchia.
È a quel punto che realizza
che nessuna distanza potrà mai proteggerlo da Mickey, che
anche da
lontano, gli è entrato fin dentro le ossa.
I
love you,
I hate you,
I can't live without you.
I just can't
take anymore
this life of solitude.
I pick myself off the
floor
and now i'm done with you.
Always,
Always,
Always.
Walking_Disaster's
corner:
* frase del professor Moriarty in Sherlock Holmes,
a Game of Shadows (di G. Ritchie).
Hi, people. :3
Dopo
mesi che non riuscivo a buttare giù tre righe decenti
è arrivato un
nuovo telefilm, con una nuova sezione di EFP da riempire e una nuova
ship: la Gallavich. La canzone già la conoscevo, ma per
quanto mi
riguarda è la loro colonna sonora, perciò
– perché no? Usiamola
per una robetta angst, di quelle che piacciono alla sottoscritta. E
niente, eccola qui. Sono abbastanza soddisfatta, anche
perché... ho
scritto dopo mesi! ** Awawaw-
Piccola precisazione: i paragrafi
di Mickey sono uno la continuazione del precedente, quindi seguiamo
la linearità degli avvenimenti che avvengono la sera del
giorno in
cui Ian parte – 3.12, quindi. Per quanto riguarda Ian,
invece, ho
preferito scrivere di più momenti e più episodi
mentre lui è al
campo.
Altra cosa: non ho la minima idea se alle reclute fanno usare gli AK47.
Credo sul serio di no, ma... datemela per buona, perché di
'ste cose non so niente, quindi fate finta di nulla.
Se mi lasciate scritto che ne pensate mi fate una donnina
felice.
Spero vi piaccia, gente, e grazie per aver letto.
Un
bacino,
WD