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Autore: Walking_Disaster    15/03/2015    0 recensioni
Song fic sulle note di Always - Saliva. Consiglio vivamente di leggerla mentre la canzone è in riproduzione.
Gallavich, post 3.12 e partenza di Ian.
La fic racconta ciò che è trito e ritrito a POV alternati: la reazione di Mickey alla partenza del suo Firecrotch e per quanto riguarda Ian vediamo i giorni successivi al suo arrivo al campo; Cosa pensano, cosa fanno, come si sentono. Completamente introspettiva, tanto angst e il dover affrontare un mondo che va loro stretto e in cui sono irrimediabilmente bloccati.
Dal testo: "Mickey ama. Ama male e ama troppo.
[...]
Anche Ian ama. Ama male e ama troppo. Ma ha avuto la forza di preservare quel che resta di sé."
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mickey Milkovich
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Always


(Consiglio di leggere la song-fic accompagnata dalla canzone
su cui è stata scritta: Qui per Always, dei Saliva.)




Correre. Correre finché i piedi non fanno male, finché l'aria del cazzo di South Side non ti mangia i polmoni, finché le guance non si arrossano, finché gli occhi non smettono di bruciare.
Mickey si sente l'aria frustare il viso, i muscoli lo stanno massacrando – ma non si ferma.
Fermarsi equivarrebbe a farsi raggiungere dal pensiero di Gallagher e lui non può permetterselo. C'è già troppo e fottutamente dentro, perché Mickey si è innamorato e quando ha saputo che Ian se ne sarebbe andato a morire in un posto del cazzo, a rimettere il culo per un paese che l'avrebbe voluto morto piuttosto che felice, Mickey l'ha capito. Ha capito che più volentieri che vivere ciò che prova si sarebbe ingoiato un proiettile.
Mickey ama. Ama male e ama troppo.


I hear... a voice say "Don't be so blind"
it's telling me all these things
that you would probably hide.


___


Ian ripone i suoi pochi effetti personali sul suo comodino. Una foto di Mandy e una di lui coi suoi fratelli, nient'altro. Non ha Mickey con sé, anche se il suo cazzo di fantasma è lì, ancora, a pungolargli il cuore con quel ghigno a culo e le dita tatuate come una brutta copia di un gangster nero.
Ha pianto troppo, Ian, e schiacciato il suo cuore per un cazzone qualunque, che non vale niente. Ha detto basta.
E ora è solo. Si guarda intorno e poi digrigna i denti, stringe i pugni e le nocche impattano forte contro la parete. Gli sfugge un gemito di dolore e sulla pelle si apre un sorriso rosso, di sangue, che – sul serio – lo sta prendendo per il culo.
Si passa nervosamente una mano tra i capelli rasati e ansima e si morde l'interno di una guancia finché un sapore metallico non lo colpisce con la forza di una cannonata.
“Non partire, Ian.”, non chiedeva tanto. E Mickey è un idiota che non sa mettere in fila tre parole.
“Non...” e “solo...”. Ecco cosa è riuscito a strappargli a forza di bocca dopo tre anni di tentativi, di baci non dati, carezze fermate, parole abortite.
Anche Ian ama. Ama male e ama troppo. Ma ha avuto la forza di preservare quel che resta di sé. Polvere, probabilmente, o poco più, ma Ian è sul ciglio di un burrone e deve provare a salvarsi facendo un passo indietro.



I feel... like you don't want me around
I guess I'll pack all my things
I guess I'll see you around



___


Le lacrime alla fine sono arrivate agli occhi – perché quel fottuto Gallagher anche a distanza è capace di disintegrarlo. Mickey Milkovich non ha ricordi di sé che piange. Almeno, non prima dell'arrivo di Gallagher, venuto a prenderlo per il culo e a svuotarsi le palle.
E cazzo, perché del sesso non andava bene?! Perché non erano rimasti a delle semplici scopate?! Ad uno stato in cui a malapena si parlavano, a malapena si ricordavano i nomi dell'altro! Sarebbe tutto schifosamente e meravigliosamente facile – e invece no!
Dai, Milkovich, buttatici dentro a capofitto. Affogaci, dona di te il cuore, il fegato, i fottuti polmoni e la dignità ed anche il cervello, già che ci sei. Rimani invischiato in quella merda, strappati la pelle di dosso finché non pensi di esserti tolto la sensazione di Ian dentro, fuori e intorno. E poi corri ancora, Milkovich, perché non c'è modo di scappare. Perché di tutto ciò che hai detto è rimasto niente, tutto ciò che hai dato ora è di Gallagher.



Am I... your one and only desire?
Am I the reason you breath?
Or I'm the reason you cry?


___



Ian si aggancia l'ultimo bottone dei pantaloni militari e si infila tra i suoi commilitoni. Nessuno si parla, nessuno si guarda. Ian si è svuotato. Ian Gallagher, Firecrotch, è rimasto su quel comodino e in quella lieve traccia di sangue che le sue nocche, la notte prima, hanno lasciato sul muro colpito.
Ora è un soldato. Non ha neanche un nome, perché non si chiama Lip.
Il suo bagaglio, quello che ha ogni persona, è lontano, e va bene così. Amore, affetto, dolore; li ha chiusi in una camera blindata che non aprirà per un bel po'.
Se è tornato a respirare? No.
Steso a terra, il sudore si mischia con la terra polverosa, un AK47 in mano, una sagoma di una persona davanti a sé.
Non tornerà a respirare.
Spara e un foro si disegna sulla fronte del bersaglio. Gli ha beccato il cervello in pieno.
Sicuramente, però, mentre la cartuccia cade a terra e carica di nuovo, alzarsi la mattina dal letto è diventato più facile.
Mira. Un colpo alla gola.


It's all... been bottled up until now
As I walk out your door
All I hear is the sound.


___



«Ehy, succhiacazzi di merda!»
Mickey l'ha ringhiato in un modo da non riconoscersi. Ha il viso bagnato di sudore e lacrime e il naso è umido e ha freddo, ma non si ferma. Le guance rosse, la pelle bianca sporcata da un livido giallognolo sulla mascella.
Un ragazzo si volta, fuori dal gay club che ha raggiunto.
Mickey non lo guarda mentre si lancia contro di lui e gli è sopra in un secondo, i pugni chiusi che infieriscono su quel volto. Tumefatto, una maschera di sangue, la cui unica colpa è essere sulla rotta di collisione di Mickey e Ian. Perché quando due corpi si scontrano, ci sono sempre effetti collaterali.* E quel ragazzo steso a terra non ha colpe, mentre Mickey lo massacra senza alcun motivo apparente. Mentre tutto in lui va in pezzi, si sbriciola e un alito di vento lo porta lontano. In un campo d'addestramento militare del cazzo, da un cadetto del cazzo, da una divisa del cazzo, da una guerra del cazzo. E per quanto Mickey ci provi ad incolpare l'esercito di merda, sa di essere lui stesso ad essersi sabotato.
Perché Ian non capisce quant'è difficile amare quando si è abituati alla rabbia costante. Questo Mickey è.
Era. Un concentrato di rabbia, una struttura cresciuta in modo aggrovigliato e deviato sotto i colpi e le minacce di Terry.
Non è affetto, Mickey. È odio. Tolto quello, cosa gli rimane? Mickey deve imparare a vivere da solo e solo Ian può insegnarglielo. Ma Ian non c'è.
Rifila ancora un pugno sul viso del finocchio prima che lo allontanino a forza da quel corpo.



I love you,
I hate you,
I can't get around you.
I breathe you,
I taste you,
I can't live without you.


___



La spina dorsale si fa rigida mentre uno dei suoi superiori passa in mezzo a due file di ragazzi sull'attenti, in riga, con un piede su una mina e l'altro a casa loro.
Ian ha scoperto che annullarsi gli rimane semplice, di giorno. È quando è a letto il problema, quando ha tempo per pensare. Quando può tornare Ian.
Si è trovato, la notte prima, a farsi una fottuta sega, le labbra strette tra i denti, come un quindicenne del cazzo. A pensare a Mickey e a quel suo culo
così stretto e al delizioso suono con la gola che emette quando sta per venire e ai morsi che gli lasciava sulle clavicole e al suo sapore di birra e – cazzo, sperma. E a quel punto si era venuto nelle mutande.
Si è detestato, in quel momento. Il giorno dopo aveva corso in testa al gruppo talmente tanto e velocemente, la respirazione così scorretta, fino a dover vomitare per lo sforzo esagerato.
Si è detestato ancora di più.
Sta dritto sul posto, mentre gli sfilano davanti. Gli ordinano di cominciare a fare le flessioni e lui esegue. Non guarda nessuno, lo sforzo lo rincoglionisce, ma quando il pensiero corre all'addestramento militare improvvisato sul tetto sotto al fuoco di Mickey, Ian si ferma un istante solo. Uno di troppo.
Si detesta ancora.



I just can't take anymore,
this life of solitude.
I guess that I'm out of the door,
And now I'm done with you.



___



A quanto pare quel frocio aveva un ragazzo ed alcuni amici.
Hanno finito con Mickey, promettendogli di finirlo di ammazzare, sputandogli addosso prima di allontanarsi da lui.
Ed ora Mickey è a terra. I sensi vanno e vengono, si è ritrovato un dente sotto la lingua, strappato alla gengiva. Soffoca nel suo stesso sangue, ha difficoltà a respirare, la costola gli urla.
È impegnativo anche solo pensare di alzarsi ed andare a chiedere un fottuto aiuto, perciò non si muove neanche. Resta lì, gli occhi spalancati per quanto le botte gli permettono, vacui sul cielo che sta schiarendosi.
È lì da... boh, è lì e basta e un brivido lo investe e nessuno lo guarda, perché Mickey è invisibile. Si sente invisibile e spera ardentemente di esserlo davvero e lo è.
Sembra morto e solo il fatto che continui a pensare lo tradisce. Continua a pensare a quanto schifo si faccia, a quanto gli serva Ian, a quanto sia fottuto, a quanto preferirebbe vivere in un altro stato, un altro continente, un'altra vita.
Si chiede se Ian lo pensa mai. Si chiede se è già un eroe del cazzo morto per nulla. Si chiede se lo rivedrà mai e la risposta che si dà è no. Il fatto che ci sia quel “ti amo” sospeso sul suo collo come una cazzo di ghigliottina non cambia niente – anzi, cambia: lo rende ancora più miserabile di quel che già è.
Esala un sospiro che sibila tra le labbra gonfie e spaccate in più punti ed è faticosamente che si volta di lato, in posizione fetale, su quel marciapiede bagnato che puzza di piscio e vomito e alcool e sangue. Si racchiude su se stesso, appallottolandosi.
Nessuno lo vede, nessuno l'aiuta, nessuno si ferma. Nessuno sa che guarda il vuoto davanti a sé senza neanche più piangere.




Si spogliano velocemente nelle docce. Le cinture saltano insieme ai bottoni e le cerniere si abbassano e Ian glielo infila dentro tutto, senza prepararlo, senza curarsi di lui. Davanti a sé ha una nuca color castano chiaro.
Ancora parzialmente vestiti, i pantaloni calati fino alle caviglie.
Spinge. Spinge e spinge e lo sente gemere di dolore, perché quel che cerca è una scopata che lo farà venire. Non gli interessa dell'altro e non lo sfiora neanche, se non per fotterlo come una puttana ferma in un vicolo.
Affonda dentro quel corpo, sbuffando sospiri corti tra le labbra, le dita piantate nel fianco del suo commilitone.
Ci mette poco ad aumentare le spinte, a farle diventare scoordinate. Non cerca l'angolazione, non cerca di farlo godere, non l'ascolta, non lo guarda.
Ian si è annullato ed ora scopa perché è munito di un cazzo e perché ha voglia di venire dentro qualcuno e non in una mano.
Ha smesso di essere un illuso: sa che non glielo farà dimenticare, né che troverà quel sesso particolarmente soddisfacente o di valore.
Lo scopa perché ne ha bisogno e deve.
Dopo quel che ha sperimentato con Mickey è l'apoteosi dello squallido, se ne rende conto, perché non si sente un tutt'uno con lui, connesso con lui, vicino a lui. E per quanto chiamarlo sesso fosse semplice, Ian sa che ciò che faceva con Mickey era amore. Tuttavia non ci fa caso e spinge ancora finché non viene con un gemito incastrato tra i denti scoperti dalle labbra piene, tendendosi e rabbrividendo nello stesso momento.
Spalanca le palpebre e si trova di nuovo la nuca castana del suo commilitone, che ora si sta segando in modo febbrile. Quel tizio si viene in mano e Ian non può trattenere un conato mentre si rende conto, un'ennesima volta, che il suo cervello, mentre si accartocciava nella distrazione perfetta dell'orgasmo, ha prodotto sempre lo stesso nome: Mickey.
È rapido a tirarsi su i pantaloni e scappare da quella stanza, sotto lo sguardo vagamente confuso dell'altro ragazzo. È nei bagni, ora, la schiena schiacciata contro la parete. Scivola a terra, i gomiti appoggiati alle ginocchia.
È a quel punto che realizza che nessuna distanza potrà mai proteggerlo da Mickey, che anche da lontano, gli è entrato fin dentro le ossa.



I love you,
I hate you,
I can't live without you.
I just can't take anymore
this life of solitude.
I pick myself off the floor
and now i'm done with you.
Always,
Always,
Always.






Walking_Disaster's corner:
* frase del professor Moriarty in Sherlock Holmes, a Game of Shadows (di G. Ritchie).

Hi, people. :3
Dopo mesi che non riuscivo a buttare giù tre righe decenti è arrivato un nuovo telefilm, con una nuova sezione di EFP da riempire e una nuova ship: la Gallavich. La canzone già la conoscevo, ma per quanto mi riguarda è la loro colonna sonora, perciò – perché no? Usiamola per una robetta angst, di quelle che piacciono alla sottoscritta. E niente, eccola qui. Sono abbastanza soddisfatta, anche perché... ho scritto dopo mesi! ** Awawaw-
Piccola precisazione: i paragrafi di Mickey sono uno la continuazione del precedente, quindi seguiamo la linearità degli avvenimenti che avvengono la sera del giorno in cui Ian parte – 3.12, quindi. Per quanto riguarda Ian, invece, ho preferito scrivere di più momenti e più episodi mentre lui è al campo.
Altra cosa: non ho la minima idea se alle reclute fanno usare gli AK47. Credo sul serio di no, ma... datemela per buona, perché di 'ste cose non so niente, quindi fate finta di nulla.
Se mi lasciate scritto che ne pensate mi fate una donnina felice.
Spero vi piaccia, gente, e grazie per aver letto.
Un bacino,
WD

   
 
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