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Autore: aniasolary    15/03/2015    12 recensioni
Natalie Truman, diciannove anni, buone intenzioni e scarsa capacità a far andare le cose come vorrebbe, non ha paura della vita. Tra sogni difficili, l’amore per un ragazzo irraggiungibile, impropri pasticci e situazioni imbarazzanti, il desiderio di diventare grande e sentirsi grande si fa sentire, rendendo il suo nido famigliare sempre più opprimente.
Il mondo è ai suoi piedi.
Al tempo stesso, quel mondo può caderle addosso.
L’unico modo per affrontarlo è cominciare a camminare con le proprie gambe, sperando di non inciampare nelle sue stesse scarpe.
«Un po’ per volta, il dolore se ne andrà. Non dimenticherai niente, ma starai bene. È un po’ come ricominciare a scrivere una melodia, ma senza cancellare le note precedenti. Con l’esempio del vecchio, puoi metter su davvero qualcosa di nuovo e migliore.»
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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EPILOGO
 
Chi mi parla non sa
che io ho vissuto un’altra vita –
come chi dica
una fiaba
o una parabola santa.

Perchè tu eri
la purità mia,
tu cui un’onda bianca
di tristezza cadeva sul volto
se ti chiamavo con labbra impure,
tu cui lacrime dolci
correvano nel profondo degli occhi
se guardavano in alto –
e così ti parevo più bella.
 
 
L’ascensore del mio palazzo è ancora rotto, per arrivare in alto bisogna armarsi di pazienza e camminare con le proprie gambe. Sono felice di dire che io l’ho fatto e continuo a farlo, anche con una valigia pesante che mi trascino con una sola mano. Scale in marmo, pannelli di legno rovinato sul muro, anni di usura e tempo vissuto, persone prima di me, persone dopo di me.
«La porto io.»
«Me la cavo da sola.»
«Lo so.» Uno sbuffo. «E lo so anche bene.»
Ewan mi sorride: il suo borsone in spalla, la tastiera nell’altra mano, i rumori dell’aereoporto a riempire il nostro silenzio. Nessuna voce roca che canta d’amore come sottofondo, niente roba da film: siamo solo noi.
Io e lui.
Natalie ed Ewan.
Manca giusto qualche scalino per arrivare al mio pianerottolo quando la valigia mi scivola di mano, mi mordo la lingua, faccio per afferrarla.
Inciampo e vado a finire contro il suo petto.
«Devi essere maldestra anche sulle scale mobili?»
Mi chiedo come può un sorriso essere così intenso da aprirmi il cuore in due, come con un colpo di lama affilata.
«Non sono sempre maldestra.»
«Quando sei nervosa, lo sei.»
«Quando ho paura di sbagliare.»
«E mentre pensi a non sbagliare, sbagli.»
Sono riuscita ad afferrare la valigia, da sola e con le mie forze. Un punto per me in questa marea di fuorigioco, cartellini rossi e cadute. Non so proprio giocare, non so proprio vincere.
Non so proprio vivere.
La porta dell’appartamento del signor Zot si apre ed appare lui, imbacuccato in un cappotto lungo e scuro, con una sciarpa e un cappello bianchi come neve. Fa un sorrisone che mi mostra tutti i suoi denti ingialliti da tanti anni di bevute.
«Buon Natuale, Natalui!»
«Non è ancora Natale, signor Zot,» ridacchio. «Ma auguri in anticipo. Per la vigilia torno a Liverpool quindi non ci vedremo per un po’.»
«Io torno in Ruessia e non ci vuedremo per muolto tempuo, Natasha,» mi corregge lui, e spinge fuori la valigia fino a pochi secondo fa dietro di lui. «Non ti dispuace se ti chiamo cuome si fa nella mia tuerra, vero?»
Faccio un’alzata di spalle colta dalla sorpresa. «No che non mi dispiace… ci torna per le feste?»
«Per suempre.»
La valigia mi cade di nuovo di mano, fa un tonfo sul pavimento e temo che in questo salto suicida l’abbia accompagnata anche la mia mascella.
Il signor Zot mi si accivina, apre le braccia, inclina la testa: gli occhi celestini gli brillano di una luce allegra ma consapevole, che non può appartenere alla vodka. Viene dalla sua coscienza.
«Io onuorato di avere conosciuto volpe di Liverpool.»
Mi abbraccia, profuma di tabacco e prociutto arrosto ed io mi lascio stringere, la mia vita è davvero cambiata dopo tutte queste partenze, tutti questi imprevisti e inciampi.
Dopo tutti questi addii.
«Forse dovresti smettere di stringermi,» gli sussurro contro la spalla.
Il venticinque dicembre duemilaquattordici aprirà il concerto di Moby a Central Park. Indosserà un abito elegante, una camicia bianca che gli lascerà il collo scoperto. Questi giorni di distanza cancelleranno i segni che gli ho lasciato sulla pelle. Il tempo cancellerà qualunque segno e graffio gli abbia lasciato.
«Non voglio smettere di stringerti.»
I suoi occhi nei miei, improvvisamente.
Lucidi d’acqua di mare; ciglia nere e folte, lunghe.
Mi prende il viso tra le mani e una scarica di adrenalina mi fa vibrare le vene. Profuma di caffè, lo stesso che mi preparava al mattino nel nostro appartamento di Londra; facevamo finta di non vederci, ci cercavamo con la coda dell’occhio, avevamo bisogno di sapere che non era ancora troppo tardi. Io avevo bisogno di lui per spezzare il mio dolore.
Ma non devo più avere bisogno di lui, per amarlo.
Una voce fuoricampo: volo 67589 per New York è in partenza dalla sezione sei…
Stringo le palpebre contro la sciarpa bianca del signor Zot.
Zot smette di abbracciarmi e prende in mano il suo bagaglio, si stringe nelle spalle e mi dà un bacio sulla guancia. Mi ritrovo a chiudere gli occhi, a sospirare, a ricordare qualcosa che fa ancora male.
«Addio, Natalui di Liverpool.»
Un saluto definitivo, fatto di gioia, soddisfazione e attesa.
Faccio un sospiro di dolce rassegnazione.
«Addio, Zot di San Pietroburgo.»
***
Meravigliosa, splendente Londra piena di stelle, luci, auguri. Ti fa dimenticare che la polvere brillante che invade le strade proviene dalla crepa che hai nell’anima, che anche se è fatta di ferro rimarrà sempre ferita, ammaccata, forata dai proiettili del dolore.
Entro nel bar della signora Faryland e scorgo Suzanna da lontano, con il suo solito ghembriule rosso ed un cappello da Babbo Natale a tema.
Le faccio un gran sorriso. «Suzanna!»
«Ciao, Nat!» Mi sorride anche lei, seppur con meno entusiasmo. «Scusami, durante le feste c’è davvero tanto lavoro… sì, con i cupcakes, arrivo!»
«È una cosa veloce,» le spiego, mi avvicino al bancone. «Devo solo darti il mio regalo di Natale.»
Inarca le sopracciglia. I suoi occhi si illuminano, vividi: un’esplosione di felicità accompagnata dalla voce di Mariah Carey che alla radio canta una canzone di feste.
«Ma non dovevi…»
«Era più di un dovere.» Mi siedo allo sgabello ed apro la borsa. «Sei mia amica, la prima amica che ho avuto qui… te lo meriti.» Le porgo la busta da lettere e lei, con le mani tremanti, la afferra.
«Ragazza della montagna!» la chiama la signora Faryland.
Suzanna strappa la busta e sul bancone cade il mio assegno. Suzanna lo sfiora con i polpastrelli e non riesce nemmeno a leggere il numero della cifra.
«È abbastanza per cambiare la tua vita,credo,» le dico.
Scuote la testa, sotto shock. «Natalie, io non posso accettarlo.»
«Certo che puoi accettarlo. Puoi fiondarti anche all’aereoporto, come dire, in questo preciso momento. C’è qualcuno che sta partendo e forse potrebbe rimandare…»
«Suzanna!» La signora Faryland ci viene incontro con i suoi orecchini pesanti e gli occhiali a fondo di bottiglia. «Sei per caso diventata sorda? »
«No, no, io stavo solo…» comincia Suzanna.
«Signora Faryland!» Attiro la sua attenzione. «Oh, quanto sono sbadata… ho dimenticato il suo regalo di Natale nella nuova sede della rivista.»
La signora Faryland mi fa gli occhi dolci. «Davvero?»
La trascino fuori dal locale e la faccio salire sul taxi per poi seguirla. In magazzino troverò sicuramente qualche cianfrusaglia per lei.
L’auto parcheggia, apro lo sportello e mi incammino verso il palazzo in cui avrà sede La Volpe di Liverpool una volta terminati tutti i lavori. Oltrepasso un barbone e sento il cuore fermarsi per un secondo infinito. L’uomo steso solleva il cappello e riconosco Reginald, il secondo barbone con cui ho intrattenuto una conversazione – anche se breve – nella mia vita.
Mi fa un sorrisone. «Bonne Noel, madamoiselle! » esclama.
Reginald fa una risata ubriaca, mi gratto la testa e non so cosa dire a parte Buon Natale anche a lei, Reginald, e mi chiedo dove mangerà a pranzo, se anche lui avrà una cena di Natale…
Poi volta la testa a guardare la signora Faryland e spalanca gli occhi all’improvviso. La signora Faryland ha la sua stessa reazione, le cade la borsetta in una pozzanghera e mi schizza del fango sul cappotto bianco.
«No!» esclamo. «Era Chanel, per i sette dèi!» Ci passo sopra la mano ma il cappottino mi si imbratta ancora di più. « … porca di quella puttana di tua zia…»
«Bernardine? » chiama Reginald, con una voce sognante che io non avrei mai accompagnato ad un nome del genere. «Sei davvero tu?»
«Che cosa ci fai qui?» gli chiede la signora Faryland, con la stessa voce stridula con cui tante volte mi ha gridato più veloce con quei vassoi, ragazza di Liverpool!
«Ero qui per trovare Gabriel per mia sorella… Ha detto che non l’ha mai amata ed io non potevo tornare in Francia e dirglielo così… e non sapevo dove trovarti… non sapevo se tu avresti voluto vedermi di nuovo…»
La signora Faryland si china su di lui, gli fa un sorriso che la fa sembrare addirittura bella nonostante gli anni, nonostante sia la signora Faryland.
«Che estate era, quella in cui ci siamo incontrati?» gli chiede.
«Era il millenovecentosettantacinque,» risponde subito lui. Reginald ride grattandosi la barba. «Quanto sei bella quando sorridi, Berny mia. L’ho sognato le notti che ho passato sotto la pioggia, quel sorriso…»
«Ma chi credi di avere davanti? Non mi faccio mica prendere in giro così! E poi Berny mia lo dici all’amica con cui mi hai tradito, mascalzone!» gli soffia contro.
«Non mi vuoi dare nemmeno un bacino?»
La signora Faryland alza il volto verso di me e mi sembra di guardarla per la prima volta. E forse è l’effetto dell’amore, questo: mi fa conoscere ogni cosa un’atra volta, per la prima volta; mi fa capire quanto vale tutto quello che possiedo oggi, di nuovo e ancora. Perché l’amore che porto nel cuore mi basterà per tutta la vita, vale altre mille vite.
Reginald carezza il volto della signora Faryland e lei lo allontana dicendo qualcosa come via le tue manacce da me. Poi si ricompone: «Ma quel tuo amico, quello coi capelli rossi… alla fine si è sposato?»
Mi volto per dar loro la privacy che meritano e scopro che non puoi lasciare niente alle spalle, se quel niente vuole continuare a seguirti.
Niente, eravamo noi.
Nessuno, era per me.
«Non ci diremo addio… Sarebbe troppo struggente,» gli dico.
Una persona qualunque.
Un pianista.
Il  ragazzo di cui mi sono innamorata.
Chiudo gli occhi. I suoi polpastrelli callosi contro le mie guance, il palmo aperto a mantenermi il viso, ad abbracciare il mio respiro, a cullarmi quasi stessi per addormentarmi, svegliarmi in un altro tempo, in un altro posto.
La sua voce mi avvelena nella sua sfrontatezza. «Tanto io non ti bacerò, Natalie.»
Sorrido, le palpebre leggere ma serrate, le ciglia piegate per la tensione perché il sorriso si esaurisce, finisce in una risata chiara e triste.
«Non volevo assolutamente che tu mi baciassi.» Apro gli occhi, gli prendo le mani tra le mie. E forse non saprà mai quanto lo amo e l’ho amato, non saprà mai quanto mi costa tutto questo, non saprà mai che la più grande dimostrazione d’amore di un’egoista come me è salvarlo così, salvando me stessa.
Mi sporgo sul suo petto, la mia bocca sulla sua, una scintilla di fuoco che si espande e ancora brucia, e fa ancora male.
La mia voce è bassa e incrinata in se stessa. «Dovevo farlo io.»
Solo dal suo sguardo posso capire quanto mi stia odiando, quanto odia se stesso.
Perché il nostro tempo è scaduto.
La scia del suo aereo sarà candida nel cielo terso di questo dicembre dublinese; sembrerà schiuma di latte, spuma incoerente su un mare di calma piatta.
Ewan mi confonderà con i suoi ricordi.
Io sarò la scia bianca che si lascia indietro nel suo percorso.
***
Mi abbottono il cappotto e mi guardo un’ultima volta allo specchio. Sembro quasi normale. Sembro quasi la stessa ragazza dell’anno scorso. Gli occhi marrone scuro, caffè espresso in un bar della Napoli di mia nonna, una coperta calda per proteggere ogni segreto.
«Natalie,» mi chiama mia madre, che mi appare nello specchio quasi si trovasse nello specchio stesso. «Aspettaci, così andiamo in macchina insieme.»
«Non verrò alla cena di Natale dei Benkinson.» La oltrepasso e faccio per scendere le scale. «Quest’anno no. Non ho intenzione di fare la carina con quei falsi sorrisi…»
«Ci sarà anche Arthur!»
Arthur, deglutisco. Arthur che non sarà mai solo Arthur, che mi ha guardato dormire in una culla e poi tuffarmi e nuotare in questo mare di ingiustizie.
E che non riesco a guardare in faccia.
«Fagli gli auguri da parte mia.»
Mia madre mi prende per il braccio, mi costringe a guardarla negli occhi così simili ai miei, scuri e selvatici. «Sei sicura di quello che stai facendo?» mi chiede, l’apprensione nella sua voce.
Mi si attorciglia lo stomaco, la sensazione viscida si intensifica quando si fa fredda, di ghiaccio.
La probabilità più che plausibile di non arrivare fino in fondo.
«Sto facendo del mio meglio, mamma.»
***
La porta di casa di Claire è aperta. Arrivo con una busta di pasticcini per sdebitarmi della cena che mi offriranno, a mio agio in jeans e maglioncino.
Ci sono tante persone che non mi riconoscono, non mi guardano, parlano e ridono tra loro sul sottofondo di canzoni di Michael Boublé; c’è odore di canditi, tacchino, crema alla vaniglia ed io so di essere davvero fortunata.
Claire Lynch mi ha scelto come amica.
Non ha idea di quanto sia una privilegio per me.
«Nat! » Hatomi mi viene incontro e mi lascia due baci sulle guance, il bambino che tiene in braccio mi fa dei risolini addosso.
«Ciao! Ho portato dei dolci,» le dico, indugio sul piccolino che tiene tra le braccia.
«Lui è Chikao, mio nipote.» Hatomi mi fa un sorriso appena accennato, ma accecante nel suo biancore. «Scambio equo.»
Le porgo la busta con una mano e lei fa in modo che io prenda in braccio il bimbo, una pallina bianca e nera con gli occhi scurissimi, grandi ma allungati, da giapponesino. Il bambino mi mostra le gengive a mo’ di sorriso.
«Dio, sei così carino ma ti prego non ruttarmi in faccia,» gli sussurro sul nasino. Il bambino fa dei versi incomprensibili e si mette un pugnetto in bocca, gli sfugge una risatina dalla gola. Parlo tra me e me: «Non farò mai dei figli».
«Perché lo dici?» La voce di Claire, chiara e decisa e melodiosa alle mie spalle. Mi volto, il profumo di talco e vaniglia del bambino è avvolgente e rassicurante, eppure non posso che considerarla un’illusione. Claire, sorriso furbo e un cappello di babbo Natale in testa, mi si avvicina piano.
Non ho nemmeno un fidanzato, adesso.
«Perché non smetterò mai di essere una bambina,» ridacchio, l’imbarazzo nascosto in un angolo della mia mente. «Se non cresco io come posso far crescere qualcun altro?» le chiedo.
Il sorriso di Claire si allarga mentre mi prende il bambino dalle braccia. «Be’, saresti un’ottima compagna di giochi,» ammicca.
«Dello spumante per ubriacarci per bene! » esclama Pamela subito dopo essere entrata, i capelli ricci che le vengono fuori dal cappellino, il sorriso che è una mezzaluna luminosa. Leo la segue sorridendomi a sua volta.
«Volpe,» mi fa lui.
«Salve!» esclamo io.
Pamela mi salta addosso come un felino e mi abbraccia, posso già immaginarla con gli occhi chiusi a forza come ogni volta in cui mi tiene stretta, ogni volta in cui l’ho vista abbracciare Leo. Le è inevitabile perdersi nei momenti in cui dimostra il suo amore.
«Davvero lo trasmettono in televisione?» mi chiede all’orecchio.
«Sì, Pam.»
«Diventerà famoso come te?»
Chiudo gli occhi contro la sua spalla, anche se per un motivo diverso. È che gli eventi della vita si accumulano sulle tue spalle e arriva un momento in cui pensi solo che sei stanca. Tanto stanca, eppure non puoi lasciare che sia la corrente della vita a trasportarti: devi essere tu a remare.
Parlo a bisbigli. «Si merita di andare tanto lontano.»
I nomi di chi mi si è presentato, i nomi delle persone a cui io mi sono presentata, il mio stesso nome, qualunque cosa abbia una definizione si aggrega in un punto imprecisato dello spazio: come la nascita dell’universo al contrario c’è una massa informe e incandescente che, dentro di me, implode, esplode e balena in un miraggio di nuove, brucianti stelle.
Ewan – l’abito blu scuro ed elegante dev’essere di lana vergine e chissà quanto farà freddo e Dio come si muove –  è impacciato sul palco e sorride e pare un bambino ed è il mio Ewan anche se non è più mio. Mi sporgo sulla sedia come se così potessi raggiungerlo, come se così potesse vedermi.
E lui, Ewan, suona another place di fronte a un milione di persone.
Another place raggiungerà milioni di persone nel mondo.
Another place, ancora una volta, fa liquefare la mia corazza di ferro, mi scava nel cuore, mi tocca l’anima, la attraversa e me la accartoccia e le dà un’altra forma, sempre la stessa, sempre diversa.
«È mio fratello!» esclama Claire, stritolando il braccio di Hatomi, e anche lei sembra più piccola, una bambina di fronte al suo regalo, una sorella fiera. «È proprio lui…»
Devo trattenere le lacrime.
Qualcuno suona al campanello ma io continuo a guardare Ewan, ad ascoltare.
Devo trattenere le lacrime.
«Chi può essere a quest’ora?» chiede Hatomi impettita.
«Vado io,» dico subito. Così almeno potrò distrarmi per un attimo da tutto questo.
Percorro il corridoio correndo ed apro la porta, mi ritrovo a sorridere senza motivo anche se è Natale, ed è un motivo sufficiente per sorridere in ogni parte della Terra. Sulla soglia c’è un uomo sulla cinquantina, con i capelli neri, alto e piuttosto robusto.
Solleva il viso a guardarmi e fa un colpo di tosse.
«Sto… sto cercando Claire Lynch.»
I suoi occhi da lontano sembrano neri. Ma quelli di quest’uomo sono neri davvero, ed hanno un’intensità nello sguardo che ho scorto solo in un’altra persona.
«Signor Lynch?» gli chiedo.
Annuisce, in imbarazzo.
«Ho sbagliato indirizzo?»
«Natalie, chi è?» La voce di Claire. I suoi passi che si fanno sempre più vicini. Quando mi volto è solo a pochi centimetri da me. «Bambini che cantano canzoncine?» mi chiede.
Ma poi guarda fuori e sembra congelarsi sul suo posto e pare ancora più pallida, gli occhi fatti di vene e vene intrecciate in un profondo blu.
«Papà? » chiama lei con un filo di voce, e mi viene accanto. L’uomo la guarda  per un attimo e china di nuovo il capo, si passa una mano sulla fronte, sulla fronte quella mano resta ed io penso a suo figlio, penso a quanto si può somigliare a qualcuno essendo un’altra persona.
 «Stamattina la mamma ha chiamato,» aggiunge Claire, con l’affanno.
«Arrivo sempre tardi,» mormora l’uomo.
Claire lo guarda per un attimo lunghissimo, ci passa all’interno una vita intera, dolore misto a impazienza, ai momenti in cui non sappiamo ancora chi siamo e proprio per questo possiamo fingere e sognare e essere qualunque cosa.  E poi arriva il momento in cui capiamo chi siamo, chi non possiamo evitare di essere e come vogliamo esserlo.
Il signor Lynch alza gli occhi su di lei. «So che mi odi tanto.»
Claire si morde le labbra. «Odio di più odiarti. Sono stanca di odiarti.»
Quando Claire gli corre incontro e lo abbraccia e piange, anche l’uomo ha fatto un passo verso di lei e l’ha stretta tra le sue braccia e le lacrime gli rigano il volto mentre chiude le palpebre. Il singhiozzo che rimbomba nella sua gola di uomo mi fa vibrare il cuore e sono grata che Hatomi sia dietro di me, adesso, silenziosa.
Perché sarà lei a raccontarlo ad Ewan, un giorno.
***
Ci sono tanti modi per essere coraggiosi.
È coraggioso chi resta, è coraggioso chi va via.
È coraggioso chi guarda alla verità.
È coraggioso chi ammette di avere paura.
Poche volte sono stata in casa Benkinson se non per occasioni speciali: alle cene di Natale mi ha sempre colpito lo sfarzo esagerato, il lusso sfrenato nelle decorazioni, nel cibo, nelle divise dei camerieri. In momenti del genere mi sono resa conto quanto possiamo essere ridicoli quando facciamo finta di essere felici. Perché è impossibile non essere felici, quando c’è tutto. Quando non manca niente.
Ignorando che manca qualcuno.
La domestica mi conduce allo studio in cui Arthur ha passato gran parte del suo tempo a studiare dalla prima infanzia. Mi perdo tra i corridoi di questa grande casa, immacolata e perfetta, lucida di pulito e profumata di lavoro. Come se la vita fosse la punta di mina di una matita, la signora Benkison fa in modo che ogni segno del loro passaggio venga cancellato.
Arthur è alla finestra. Con una sigaretta tra le dita, il fumo viene fuori morbido dalle sue labbra schiuse imbrattandogli il volto con una carezza.
Si volta verso di me e mi lancia uno sguardo verde e sorpreso.
«Non ti aspettavo,» mi dice, e si appresta a spegnere la sigaretta nel posacenere dorato sulla scrivania. «Scusa, so che ti dà fastidio l’odore del fumo.»
Il rumore della porta che sbatte: la domestica è uscita.
«Sei a casa tua, non ti devi preoccupare per me,» gli rispondo.
«Mi preoccupo sempre per te,» sussurra, parlando quasi a se stesso. Piccoli fili di fumo si innalzano dalla sigaretta spenta come incenso. Mi avvicino a lui con una calma forzata, misurata, così studiata da farmi tremare – forse si vede appena, forse è solo suggestione – mentre poso la mano sulla sua ed Arthur mi guarda e riconosco l’uomo della mia vita.
«Non devi più farlo,» comincio. «Da quando sono nata, questo è stato il primo Natale che non abbiamo passato insieme. Sono cambiate tante cose,» continuo. « E quel giorno, dopo il funerale di Jade, mi hai promesso che non mi avresti mai abbandonata. Hai mantenuto la tua promessa nel modo migliore e sei stato coraggioso.» Un sospiro. «Ma ora voglio che tu sia libero.»
Mi passa una mano tra i capelli, sembra che gli richieda uno sforzo immane. «Natie…»
Sarò sempre la sorellina della ragazza che amavi.
«Ora sei libero. Avevo bisogno di non essere lasciata sola, mi sei stato vicino. Sei stato tutto quello di cui avevo bisogno.» Faccio un respiro profondo. «Ma ora ho bisogno di saperti lontano, ho bisogno che viaggi e conosci e ami ancora. Ho bisogno che ti ricordi di me vivendo al di fuori di me.»
«Mi stai dicendo che non vuoi vedermi più? »
«Certo che ci vedremo, ci sentiremo, solo… metto in chiaro le cose.»
Scuote la testa, incredulo. «Perché stai facendo questo?»
«Perché è arrivato il momento di restare in piedi senza pilastri a sorreggermi. Ho bisogno di stare in piedi da sola e tu meriti lo stesso.»
È strano come i miei bisogni coincidino con il bene delle persone che più amo al mondo, almeno per questa volta.
Doveva arrivare il giorno in cui questo sarebbe accaduto.
Doveva arrivareil giorno in cui sarebbe andato tutto bene.
Lo guardo, ci impiego un attimo eterno, subdolo e indispensabile: lascio Arthur Benkinson, splendido, davanti a un mare di nuove possibilità.
 
Cosa comporta avere nuove possibilità? Sostare davanti un bivio con due strade diverse, che portano ad altre strade ed altre strade ancora in un circuito sconosciuto, imprevedibile, inatteso? Ogni cosa nella mia vita è un inciampo che non avevo previsto, un incontro non premeditato, un sogno vago. Ed oggi, nella fine di questo freddo dicembre, vengo a cercarti.
Non sei in quel cimitero, non sei nelle vecchie foto, nemmeno nei ricordi vividi che mi hai lasciato – com’è la tua voce? Squillante, dolcissima, alta eppure calda nei sussurri… a volte temo di dimenticarla e cerco una vecchia cassetta per risentirla e piango quando mi canti buon compleanno. Another place è un posto solo mio ed io qui ti trovo, sorella mia. Solo io frugavo tra le tue cose senza che tu lo volessi, ti chiedevo di giocare con me e farmi bella con i tuoi trucchi, pettinarmi con le tue spazzole e leggermi le storie dei tuoi libri di donna. Ho imparato da sola perché amavi tanto Madame Bovary, Anna Karenina, la regina Maria Antonietta…
Adesso tu frughi in me.
Disegni lasciati a metà, progetti ultimati, amori finiti, grandi speranze, sentimenti sospesi sul nastro su cui faccio l’equilibrista senza avere alcun senso d’equilibrio.
Il mio cuore è più leggero o pompa meno sangue?
Con lentezza, respiro. Oltrepasso le statue di another place, riservo loro uno sguardo distratto e ci riconosco quel che sono stata, quel che sono ancora. Mi chino sull’acqua, calma piatta di un freddo che non fa più male. Ci immergo le mani, a coppa, mi beo della sua trasparenza: mi aiuta a leggere dentro di me senza che lo faccia qualcun altro al mio posto.
Ho dato alla mia vita un’altra possibilità, liberando tutti. Ho liberato persino te, lontana, dalle mie catene di dolore. Ho trovato l’unico modo per farti tornare alla vita… mi sono fatta letto di fiume e ti ho incanalato in me stessa – sei come acqua dal colore di giada, sei giada come acqua di fiume.
Mi sono liberata.
Sono diventata l’animale selvatico con cui mi ha chiamato il ragazzo che amo. Il mio cuore non è più in gabbia, non più circondato né dai ferri dell’amore né da quelli del dolore, ma avevo bisogno di sostare in entrambe le prigioni per riconoscere a pieno la preziosità di tutto quello che c’è.
Una foresta così fitta in cui devo correre e correre per trovare il posto in cui culminano i raggi del sole. Devo correre, Jade, e ho corso. Dovevo essere sola, per fare questo salto. Per capire che non sono né speciale né comune, eppure qualcosa di unico lo posseggo anch’io.
Io ho imparato a vivere.
Essendo codarda ho imparato ad essere coraggiosa.
Odiando ho imparato ad amare.
Ignorando ho capito che dovevo conoscere.
In questa foresta, adesso, fatta di mare e città, statue e persone, alberi e palazzi, vita che viene, vita che va avanti, potrei valcare le più alte montagne – senza dimenticare gli stivali da trekking, naturalmente – tenendo conto che potrei ancora cadere, ancora ferirmi, ancora pentirmi. Allora ecco il mio avvenire: notti bianche passate a disegnare gli abiti dei miei sogni, pomeriggi incredibili con la mia Pamela, domeniche agrodolci con i miei bizzarri genitori, viaggi e lavoro, lavoro e viaggi, sarò colma di desideri compiuti e mi colmerò di nuovi desideri e, dopo agognati riposi, avrò albe rosate con nuvole ubriache di memorie, palpebre che si chiuderanno lente e pioggia sottile delle mie lacrime al pensiero dei miei amori perduti. Immagino un universo in cui sarei stata preparata a tutto quello che mi è accaduto.
Eppure non esiste vita in cui si cada, ci si faccia male, ci si penta dei propri errori.
Perché laddove si cade e ci si ferisce e si sbaglia, si vive. È un altrove che è l’unico posto in cui posso ancora sperare.
Un altro posto.
Un’altra possibilità.
E ti amo così tanto che farò in modo, attraverso me, che tu abbia tutto questo.
Il tuo posto.
La tua possibilità.
Io ti darò
«Non ce la faccio da sola!» L’orologio segna un’ora qualunque, un giorno qualsiasi in cui la realtà mi scaraventa, ricordandomi che il tempo è passato anche se, quando lo scrivo, mi sembra che accada sempre, eternamente nell’eternità. Non mi costa nulla abbassare lo schermo del mio computer portatile e correre in salotto, una parte del cuore ferma nelle parole che ho da dedicarti, l’altra per lei, perché così ho avuto davvero modo di capire che l’amore non è una gabbia.
L’amore è il modo più puro di esercitare il nostro libero arbitrio.
«Che cosa non riesci a fare da sola?» le chiedo.
«Non la capisco,» si lamenta lei, passandosi una mano sui capelli castano rossicci e ondulati che aveva mio padre quando era un giovane studente di Giurisprudenza, prima che i problemi e gli anni gli facessero venire i capelli bianchi. Mi avvicino a lei, me la metto sulle gambe con una fatica che mi impegno a nascondere e mi perdo a guardare la marea di numeri sul suo quadernino.
«Proviamo insieme, d’accordo?»
Mi guarda di traverso e mi fa una linguaccia degna di sua madre.
«Mamma, ma non sei tu che mi aiuti a fare i compiti! Non sei capace.»
«Ehi, signorina…»
«Tu sei brava a giocare! Vieni a giocare?»
Mi dà un bacio sulla guancia, il suo nasino puntellato di lentiggini contro il mio, la pelle bianca di neve come un tempo l’hai avuta tu, amore e caldi inverni di sorrisi, guance impiastricciate di colori e impasti di torte ancora da infornare tra una sfilata e l’altra, sonni pesanti di notte quando sei stanca per pensare e non per amare.
«Hai già chiesto a papà se ti aiuta lui?»
È così che scappa via. Scivolandomi via tra le braccia come se fosse un giocattolo di pezza che credevo di riuscire sempre a tenere con me, ma che poi si è rivelato di vita propria.
Ogni cosa appartiene a se stessa, piccola peste di sei anni dalla vera coda di volpe, la sua intelligenza acuta, la sua abilità a salvarsi da sola anche se le ho insegnato a non esitare a chiedere aiuto quando ce n’è bisogno.
Anche chiedere aiuto è un atto di coraggio.
«Jade!» la richiamo.
Le ho dato il tuo nome, so che lei non è te e tu non sei lei. Ma è un’altra vita, un altro posto, un’altra possibilità e tu sei qui. Ogni volta che la nostra Jade apre gli occhi e mi corre incontro e mi racconta la sua giornata e mi impedisce di finire una frase quando scrivo e mi fa lasciare un modello nel bel mezzo della sua realizzazione per riempirmi di baci e chiedermi di giocare alle principesse e raccontarle le fiabe della buonanotte e farle tenere in braccio i gemellini.
Mi alzo dalla sedia.
Clarice e Tony hanno due anni di pazza gioia di vivere e scoperte da avventurosi condottieri, splendidi e diversissimi pur essendo venuti al mondo insieme. Quando sono nati ed erano rossi del contrasto della protezione del mio ventre contro l’aria del mondo, Jade si è chinata sulla loro culla ed ha allungato le sue mani, ha lasciato che entrambi le stringessero l’indice ed ha sorriso come una donna ed è sorto il sole a notte fonda e ogni cosa ha rivelato il suo senso.
Mentre sfioro la porta del salotto con l’orecchio chiudo gli occhi ed è la piccola Jade ad apparirmi, sfuggente e meravigliosa, castagne e blu di mare, acqua salata che proviene da un ricordo e da un posto, un altro posto.
E allora la prima nota che la mano di mia figlia suona al pianoforte invade la stanza e raggiunge il mio orecchio dalla porta socchiusa. Apro di nuovo gli occhi, spingo leggermente la porta, scorgo la luce nelle ombre che prendono vita, danno corpo e anima ad Another place, a te, a me.
Arthur c’è stato, c’è ancora.Ha guardato Jade, cinquanta centimetri e mano chiusa a pugno, addormentata sul mio petto. Ti ha cercata senza trovarti eppure nel suo sguardo c’era una quiete gentile. Gli si è svelata un’altra vita senza che lo volesse, senza che decidesse, ed io sono grata a questo destino, a questo cuore che sa fare decisioni più giuste, a volte, di quelle che faremmo noi con la mente.
Una parte di me non smetterà mai di amarlo, perenne come il relitto troppo pesante di una nave sul fondo. Ma quel fondo, le pietre, l’oceano intorno, tutto quello che resta ama Ewan Lynch.
L’aria, l’atmosfera, l’Universo conosciuto e sconosciuto spettano a me stessa. Il doppio, il triplo, il quadruplo di quell’Universo è per Jade, Clarice e Tony.Un’enorme galassia per la delizia che è Pamela, la sua famiglia, mia madre e mio padre…
«Che ci fa la mia giada preziosa in sala prove?» chiede una voce calda dall’angolo della stanza. Si è fatta più grave col tempo, a poco a poco, mentre da ragazzo diventava uomo con me.
Eppure quello che siamo non è cambiato, da quel giorno a Dublino.
Mi allontano da lui.
«Prima di andare devo chiederti una cosa,» mormora. La sua voce scende ruvida sulla mia pelle eppure è così dolce. Ed io non riesco a rispondergli. Non so come fare per non rompere quest’incantesimo in cui io e lui ci troviamo nello stesso posto.
Poggio una mano sul bordo della sedia nella sala d’aspetto dell’aereoporto, le gambe mi dolgono, mi tremano, anche il mio sguardo trema e c’è lui, a guardare verso il basso, a guardare me. Devi sbrigarti ad andare, gli vorrei dire. Non puoi restare.
Si gusta bene il mio silenzio terrorizzato.
«A cosa stai pensando?» Ewan sorride a metà. «Sai già di che si tratta.»
«Mhm?»
«Che lavoro fai?»
Sbatto le palebre alle prese con la mia perplessità. «Io… la stilista. Disegno vestiti.»
«Bene, è questo che ti chiedo.»
La perplessità non mi abbandona, eppure non ho la forza nemmeno di ribattere. «Ehm. Uh. Beh. Okay.» Un vero monologo da Oscar. «Un… vestito, d’accordo, un completo… Per quando deve essere pronto?»
«Non è questo il punto.» Ewan fa qualche passo verso di me e mi travolge la cecità della paura, del desiderio mentre guardo negli occhi la sua bellezza pungente, che mi ferirà sempre. «È per te.»
Ma una volpe non resta calma per sempre. «Smettila di prendermi in giro, ti stai divertendo solo tu.» Mi ritrovo a sospirare perché quel sorriso mi ha accecato e  graffiato, è una lama fredda nel cuore ed ha agito come l’ago che fa andare in circolo una medicina, mi ha guarito ed ha annullato ogni mia folle ragione. «E potresti perdere l’aereo, scemo!»
Ride con una meraviglia che mi fa tuonare tutti i battiti del cuore, mentre ogni parte del mio corpo pulsa con dolore di fronte all’amore della mia vita.
Si avvicina, ancora e ancora, fino a quando non mi sono sento il suo respiro sulla pelle. «Per quando deve essere pronto questo vestito?» mi scimmiotta, le sue dita sulla mia pelle ed il fuoco in me, due pietre che si scontrano con forza sovrumana e così nasce una fiamma rossa e bluastra. «Con te ho imparato ad essere paziente, perché quello che sento non ha scadenza,» dice, chiaro come il mattino. «Hai bisogno di te stessa, adesso. Non di me, non di Arthur, non di Pamela, non dei tuoi genitori, non di Jade… Di te.» Resto senza respiro e lui continua a parlare, instancabile. «Pensi che non riesco a capirlo? Io so come sei. Ed hai ancora addosso gli stracci sporchi di quello che eri. Ti vanno troppo stretti per quello che sei ora e se vai avanti così non riuscirai più a muoverti, anche se potrei prenderti in braccio e trasportarti. Ma sei una volpe, santo Iddio, e le volpi scappano e corrono e tu devi scappare e correre! Scappare e correre! Non importa se vai via da me… non importa che non tornerai più da me… ma se non te lo chiedo morirò prima del tempo: torna ad amarmi, se ancora mi vorrai, quando non sarai più stretta in te stessa, » gli trema la voce, un terremoto nell’anima. «Quando riuscirai a respirare senza nessuno a schiacciarti il cuore, quando ti sveglierai e starai bene con quello che sei perché io ti amo e scusami,» continua, vicino al mio orecchio. «Scusami per essere così ostinato nei miei sentimenti.»
Chiudo gli occhi travolta dai miei, di sentimenti.
Non piangere, stupida volpe e ossimoro vivente che non sei altro!
Mi sento contorcere il viso per trattenere le lacrime.
«Ti scuso.»
Ringrazio questa vita che toglie e dà tanto per togliere e dare ancora.
Rigrazio di essere libera, perché solo senza catene avrei potuto raggiungerlo.
Correndo.
Respirando a pieni polmoni.
Dove culminano i raggi del sole sono riuscita a trovare la mia strada.
Lo devo a te.
Lo devo alla forza che ho messo nel muovere il primo passo verso tutto questo.
Lo devo a me stessa.
Così è accaduto.
Mi lascio cullare dalla musica di Jade Lynch mentre Ewan, che le si siede accanto, le scosta i capelli dal volto.
Ho imparato a suonare bene la mia canzone.
 
And I will find my strength to untame my mouth
When I used to be afraid of the words
But with you I've learned just to let it out

Now my heart is ready to burst
Cause I, I feel like I'm ready for love
Yours – Ella Henderson
O velo
tu – della mia giovinezza,
mia veste chiara,
verità svanita –
o nodo
lucente – di tutta una vita
che fu sognata – forse –
oh, per averti sognata,
mia vita cara,
benedico i giorni che restano

La vita sognata –Antonia Pozzi
***
 
Non è Natalie a parlare, adesso, ma sono io, Arianna, Ania, Aniasolary, qualunque nome tu preferisca per pensare a me, alla diciottenne che ha scritto la prima parola di questa storia e alla stessa ragazza che ne ha scritta anche l’ultima, ora diciannovenne. In quanto me stessa, lettore o lettrice che tu sia, io ti ringrazio per aver letto questa storia, perché le hai dato una possibilità ed hai dato una possibilità a me, hai dato una possibilità alla mia Natalie, alla sua vita e a tutte le persone che ne hanno fatto e ne fanno parte.
Avevo bisogno di raccontarti questa storia.
Avevo bisogno di scriverla con tutto quello di cui sono fatta.
Avevo bisogno di te perché tu, leggendo, dessi magia alle mie parole per farle vivere davvero.
Allora grazie per avermi regalato così tanto.
 
 
Stefania: sei per me quello che Pamela è per Natalie e quel che Natalie è per Pamela. Grazie per ascoltare sempre le mie parole, grazie per farlo da sette anni a questa parte, grazie per essere qualcuno in cui posso riflettermi ritrovando sempre e solo te, che sei la mia migliore amica. Grazie infinite *.* ti voglio tanto bene.
Mary: sei una delle cose più belle che questa storia mi ha portato, piccola donna e sorellina a distanza. Sei l’espressione dell’energia, dell’arte, della vita. Un vero regalo a me e a Nat. Sei davvero una ragazza fantastica, inimitabile, incredibile. Un angelo dall’aspetto da gitana <3 ti voglio bene.
Cherry: la nostra pazza scelta universitaria ci ha fatto incontrare ed io sono veramente contenta di poter condividere con te, fan dei Paramore, snowina e Lannister, qualcosa che io amo così tanto. Mi fido di te e sei tanto importante. Grazie *-*, sei davvero speciale.
Virginia: la mia mogliA, che è con me dai tempi della mia prima fan fiction, Destiny Heart. Che cosa posso dire? Sei una presenza costante, che mi rassicura, che mi scalda il cuore. Un giorno verrò nella tua Siena e potrò abbracciarti… sei stupenda e ti ringrazio per tutto <3
Delilah Boston: sono onorata di avere l’amicizia di questa meravigliosa ragazza. Condividere con te questa storia è stato bellissimo, il tuo sostegno è fondamentale e mi fai sempre sentire capita. La tua segnalazione alle storie scelte mi fa commuovere di gioia. Mi hai emozionato e dato il tuo affetto, anche se da lontano, e questo è tantissimo per me. Grazie di cuore. <3
Hanna Lewis: sei davvero talentuosa e il tuo apprezzamento per me vale davvero tanto, sei sempre dolcissima  e il tuo entusiasmo è impareggiabile. Sei una fantastica persona e sono davvero felice di averti incontrata, grazie davvero… per tutto quanto <3
Mitsy: la volpe non sarebbe la volpe se non l’avessi letta tu, che l’hai arricchita di riferimenti di certo poco ortodossi, ma caspita quanto mi sono divertita! Ed è stato bello chiacchierare in chat di tante cose, essere letta da te è stato bello.Ti ammiro tanto… grazie <3
Patrice Walsh: sei adorabile, buon sangue non mente. Mi hai scritto recensioni bellissime e mi hai fatto tanto sorridere, ti sono grata per tutto :3
Federica I: tu che hai creduto in Arthur ancora prima che chiunque altro cominciasse a farlo… hai un merito meraviglioso, di aver visto in lui tanto di quello che c’era da vedere. Sei una ragazza fantastica, grazie <3
Federica Von sexron: sei una ragazza davvero deliziosa e sono davvero contenta della tua presenza. Grazie :3
Controcorrente: mi hai letto dall’inizio e dall’inizio mi hai lasciato i tuoi sinceri e apprezzatissimi pareri. Le tue parole mi hanno sempre sostenuto, reso felice, fatto gongolare di soddisfazione. Sei una lettrice davvero speciale, grazie <3
Astrid: mi hai lasciato delle recensioni uniche. È stato bellissimo, per me, vedere te stessa in qualcosa che ho scritto io… è stato magico. Grazie per avermi regalato un po’ di te, leggendomi. Ti sono davvero grata.
Dreamwritten: quello che mi hai scritto mi ha fatto nascere un sorriso nel cuore che è durato per giorni, e c’è ancora adesso insieme agli occhi lucidi per l’emozione. Hai capito Natalie, hai capito tutto e tutti. Hai capito me, semplicemente, nonostante il velo di una storia a nascondermi. Ti ringrazio davvero tantissimo <3
Nat: sei davvero una ragazza adorabile e questo prescinde dal fatto che hai lo stesso nome della protagonista. Eppure tu me la ricordi tantissimo. Ogni cosa che di positivo lei ha, l’ho visto anche in te, ed io ti ringrazio tantissimo per il sostegno che mi hai dato <3
Lucius: carissimo imperatore, sono orata perché 1) la mia storia è stata letta da un imperatore e 2) sei il primo ragazzo che si è apprestato a leggere la mia storia e 3) ti sta anche piacendo molto e il fatto che tu sia un ragazzo e che tu abbia una visione molto oggettiva delle cose rende le tue parole bellissime un mezzo per farmi provare una gioia davvero intensa. Sei un ragazzo davvero in gamba, grazie di cuore.
Bonjovi93: quello che mi hai scritto mi ha emozionato molto, perché hai visto questa storia esattamente per quello che è, perché hai riconosciuto in Natalie tutti i suoi meriti e le sue paure, perché il dolore ci costringe a crescere ma da quella crescita si può imparare tanto della vita. Perché leggendo questa storia hai visto un  pezzo della mia anima. Ti ringrazio tantissimo **
Giovanna: sono veramente grata al fatto che tu mi abbia trovata, che la volpe ti abbia trovata, perché con le tue parole mi hai regalato dei momenti di felicità che mi resteranno sempre, insieme alle nostre piacevolissime chiacchierate. Grazie per avermi guardato nel cuore.
Catherine Gray: carissima collega <3 grazie mille per aver letto questa storia e di essere andata contro il tempo per lasciarmi le tue parole, non immagini quanto le tue recensioni e la tua lettura mi faccia piacere **
Pollon: sei una ragazza simpaticissima e brillante, che tante volte mi ha regalato dei sorrisi. Mi hai regalato dei sorrisi anche con le tue fantastiche  recensioni ed io sono felicissima che la storia della mia Nat ti abbia presto tanto, mi hai regalato tanta gioia.
Rose6: le tue parole mi hanno riscaldato il cuore, il fatto che tu abbia capito Nat così bene, che tu abbia amato il suo amore con Ewan, che tu ti sia rivista nella protagonista, tutto questo mi ha reso veramente tanto felice e ti ringrazio infinitamente per questo <3
Arianna D: sei una ragazza davvero speciale, forte, ed io sono così felice che tu mi abbia letto, sono davvero grata di aver avuto il tuo prezioso sostegno nonostante il tempo che è sempre poco. Grazie, davvero *-*
Rivka: la prima cosa che mi hai scritto è stata “adoro questa storia come il cioccolato”… sei stata la prima a recensire, la prima a dirmi qualcosa di bello che mi ha fatto commuovere per la gioia e la sorpresa. Grazie per aver sognato insieme alla mia Nat.
Maria Blackie: grazie per esserci stata, perché sapevo che c’eri ancora prima che tu me lo dicessi. Grazie perché sei una ragazza fantastica, mi regali il tuo tempo, mi regali le tue emozioni, il tuo sostegno… sei speciale e grazie per tutto quanto, per esserci dall’inizio.
Mariangela C: quello che mi hai scritto su watt pad è semplicemente meraviglioso ed emozionante, non ho potuto fare a meno di leggere le tue parole con le lacrime agli occhi. Ti auguro il meglio per tutto e grazie infinite <3 
Domenica C: sono davvero contenta che Mariangela ti abbia portato a leggere questa storia. Una delle cose più belle della lettura è condividere delle emozioni con gli altri, questo ci unisce ancora di più. Ti ringrazio di cuore per avermi dato questa possibilità :3
Free_dreams: il tuo urlo di dolore alla fine del capitolo ventisette mi ha fatto ridere sotto i miei baffi inesistenti e con le lacrime agli occhi… a te il merito di avermi fatto sentire un’autrice molto cattiva! Ma spero di essermi fatta perdonare… grazie.
Shiner: sono davvero felice che tu abbia scoperto questa storia, che ti ha portato a me, che ti ha portato alla mia Nat. Il fatto che questa storia ti abbia coinvolto tanto mi riempie il cuore di gioia, le parole che mi hai scritto sono semplicemente favolose. Ti sono veramente grata.
Angelmary90: hai letto la storia in pochissimo tempo e questo mi ha fatto tantissimo piacere, ancor di più il fatto che ti sei rivista in Nat, nelle sue gioie e nei suoi dolori. Questo per me è importantissimo e bellissimo… mi hai fatto tanto felice e te ne sono grata <3
Fox: mia carissima conterranea, grazie per esserci, per arrivare, per sostenermi.
___gaimaninthetardis: le tue recensioni mi hanno fatto camminare tre metri da terra per quanto mi hanno fatto piacere i tuoi complimenti. Grazie di cuore, davvero, e spero che anche arrivata alla fine la storia ti piaccia :3
Vieniellum: i tuoi commenti sono stati esilaranti e commuoventi, mi resteranno sempre nel cuore come ci resterai anche tu. Grazie infinite <3
Arianne Carstairs: sei una delle prime persone che ho conosciuto in questo pazzo mondo e sono grata che tu ci sia ancora… sono grata per la tua amicizia <3
Claudio: sei un ragazzo davvero simpatico e in quanto ragazzo la tua opinione positiva mi ha fatto veramente tantissimo piacere! Sono contenta di averti conosciuto in quel gruppo ed è sempre bello parlare con te :D
Aven90: un altro ragazzo! Una specie rara! Un panda! <3 grazie mille anche a te per aver dato una possibilità a questa storia :D
Elyforgotten: sei una personacina adorabile, te lo dice una Lannister d’aspetto con Stark e Martell nel cuore. Sono davvero felice che tu mi abbia letta.
Miriam: quello che mi scrivi in chat mi ha tante volte fatto toccare il cielo con un ditto per la gioia infinita, per i tuoi complimenti, per le tue emozioni, per il tempo che mi regali. Sei una ragazza fantastica ed io sono onorata dal fatto che tu mi legga <3
Jakefan: ti devo tanto, ti voglio bene, ti penso tante volte anche se il tempo è nemico. Ringrazio me stessa per aver letto la tua Rising Sun, ti ringrazio per essere mia amica, ti ringrazio per quel che è stato e per quel che è oggi. Ti ringrazio perché mentre divento a poco a poco più grande tu ci sei ed io sono con te. Ti ringrazio per condividere con me l’amore per l’immaginazione, ti voglio bene <3 <3 <3 
Noemi: sai che avevo bisogno del tuo parere per questo tentativo miseramente fallito di commedia romantica, ma il fatto che tu mi abbia dato l’okay per me significa tantissimo… grazie per il fangirling libresco, telefilmico e tutto ciò che ne comporta, ti voglio bene <3
Theskyismylimit: ti ringrazio tanto per aver dato una possibilità alla mia storia, anche se all’inizio non ti conviceva… poi la verità si è svelata e la tua opinione positiva mi ha fatto tanto piacere :3
Carmen B: ti ringrazio tantissimo per aver dato un occhio a questa mia storia nonostante il poco tempo e il tanto lavoro da fare, chi insegue i propri sogni ha trovato la via della felicità… penso a te e credo che tutto questo valga la pena. Grazie mille (di cuore!) <3
Livingmydaydream: hai letto questa storia in pochissimo tempo e questo mi ha lusingato tantissimo, davvero. Ti ringrazio tantissimo per aver sognato insieme a me <3
Ma un grazie enorme e sentito anche a Leen, Ornella, BrokeRay, Sofja, Valentina I, Addison, Claudia Fulmineo, Viola Cat, Veronika Carstairs, Beatrice, LeTempimmoble, hicetnunc95, Aeltanin, Ladymoonlight, Perfect Stranger, Shinkari, Myntha, Watchmeburn anche per una, un paio di recensioni, per qualche mi piace e chiacchierata su facebook :3
 
 
Lo so che hai cercato il tuo nome per non leggerlo tutto! E non ti biasimo per questo, ho scritto un papiro XD e ne sono sorpresa, perché mi rendo conto che siete proprio tanti.
E qui ringrazio te, lettore silenzioso, lettore che mi hai votato su wattpad o hai semplicemente letto. Sei importante per me, perché come gli altri hai fatto vivere quest’incantesimo.
Per questo grazie alle 108 persone che hanno seguito questa storia, ai 51 che hanno preferito, ai 17 che hanno ricordato… per le 4800 visite e i 211 voti su wattpad, per me sono davvero dei numeri esorbitanti.
 
Non avevo grandi pretese con questa storia, non ne ho nemmeno ora. Volevo  fuggire per un po’ dal mondo e da me stessa, eppure scrivendo ho ritrovato lo stesso mondo e tanto di quello che sono. Ho scoperto che la scrittura è un vicolo cieco travestito da strada principale, quando la imbocco mi intrappola sempre tra mura fatte di specchi in cui mi ritrovo a riflettermi. Non so se questa è la mia strada ma amo tanto percorrerla e, se alla fine di ogni vicolo cieco ci siete voi, non potrei essere più felice. Voi siete meravigliosi, speciali e importanti.
Se questa storia vi mancherà, tempo un mese e pubblicherò, subito dopo l’epilogo, dei missing moments, ovvero dei capitoli extra sul passato, sul presente, anche sul futuro, che verranno narrati da personaggi quali Arthur Benkinson, Ewan Lynch, Pamela Jefferson, la mamma di Nat e l’ispirazione mi dirà chi altro :3
Ed è in cantiere, non so se per vostra fortuna o sfortuna, un’altra storia intorno ai sette capitoli, con Arthur Benkinson come protagonista, ambientata un po’ di tempo dopo l’ultimo dialogo tra lui e la nostra volpe.
Grazie. Grazie. Grazie. Per le lacrime e i sorrisi e le risa e i sogni e i dolori e le gioie e i ricordi e qualunque emozione vi abbia travolti e mi abbia travolta.
G R A Z I E.
Aniasolary <3 ©
 
P.s Se vi farà piacere parlare con me – e contateci che a me farebbe tantissimo piacere – potete trovarmi su facebook cercando Aniasolary Finch.
Questo è il gruppo dedicato alla storia. Per qualunque cosa ci sono i messaggi privati, che potete mandarmi cliccando sull’icona a forma di lettera in alto a sinistra nel mio profilo autore qui su efp e lo stesso vale anche per wattpad :3

  Potete trovare online il prequel de La volpe di Liverpool, il passato di Arthur ed il preludio a quella che sarà la sua storia in questo presente, che prenderà il nome de La Fenice di Rio.
 
   
 
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