Per la mia Beta.
Spero ti piacerà perché è proprio così che io mi immagino tutto.
Ti voglio davvero bene.
Quella mattina si svegliò con una strana sensazione in
corpo.
"Probabilmente un sogno particolare" pensò.
Si stropicciò gli occhi con le mani, si alzò e si diresse verso la
cucina per
prepararsi quel nettare divino che adorava. Guardò distrattamente
l'orologio e
notò l'ora. Doveva essere in facoltà tra poco meno di sessanta minuti. Il caffè gli andò di traverso e si
tuffò letteralmente nel box doccia per un'insaponata veloce.
Quella sensazione persisteva, non la abbandonava anche se in tutta
sincerità
non sapeva veramente di cosa si trattasse.
Una volta preso il suo accappatoio, rigorosamente con degli unicorni,
vi si
avvolse e si truccò leggermente. Non era mai stata una persona
particolarmente
attenta al look, "il minimo indispensabile per la decenza" le
ripeteva una sua amica, leggermente più fissata. "Tanto quando arriverà
quello giusto mi dovrà vedere nei modi più impensabili: struccatissima,
con lo
chignon sfatto sulla testa, con i pantaloncini rosa corti del pigiama
indossati
di fretta e le ciabatte a testa di panda" ribetteva lei. Sorrise al
ricordo. Ragion per cui indossò del pantacollant neri con degli shorts
di jeans
e vi abbinò sopra la sua immancabile felpa bordeaux di Hogwarts.
Sciarpa, giacchetta non troppo pesante e finalmente uscì di casa,
arrivando in
facoltà puntuale.
La sensazione continuava a starle addosso come un secondo sottilissimo
strato
di pelle.
Lì, davanti al bar, come al solito c'era il suo gruppo di amici che la
aspettava per prendere il sacro caffè prima della lezione di inglese.
Quando si
accomodarono nella piccola classe, occupando tutta l'ultima fila si
girò verso
la sua amica e iniziarono a ciarlare come al solito degli argomenti più
disparati.
Le due si erano incontrate ad ottobre e avevano instaurato questa sorta
di
amicizia che più buffa non poteva essere; erano due persone
completamente
diverse: dai gusti musicali, Beatles lei, Tiziano Ferro l'altra, alla
visione
del mondo, realista e con i piedi ben piantati per terra lei, romantica
ed
estremamente sognatrice l'altra. Insomma era solita smontare alla sua
amica
ogni film, ogni storielle ridicola che si inventava o portava avanti
con
convinzione, ogni piano malefico per conquistare il mondo, ma in
qualche modo
si erano trovate e affezionate, raccontandosi periodi della propria
vita non
esattamente lieti e gioiosi per entrambe.
Ognuna, infatti si sentiva capita e compresa dall'altra e questo era
uno dei
capisaldi di quello strambo legame: comprendere e ascoltare fino in
fondo.
"Sei più pensierosa del solito oggi, Beta" chiese la bionda.
"No, è solo una strana sensazione. Non so come spiegartelo ma è da
quando
ho aperto gli occhi stamattina che sento qualcosa di diverso
nell'aria",
rispose. "Davvero? Eppure è una giornata così ordinaria" ribatté
l'altra. Le sembrò di vederla sghignazzare leggermente ma non vi fece
caso.
Come già detto, da eterna sognatrice qual era la sua amica, chissà
quale film
stava girando il suo cervello. Decise di non indagare oltre. "Però è
così
strano che non mi tempesti di domande" si chiese tra sé. "Come se
sapesse ... " Tuttavia, cosa c'era da sapere? Era solo un
presentimento,
il suo.
Conclusa la lezione si buttarono sul prato, stendendo sotto di loro un
telo e
iniziarono a mangiare vista l'imminente lezione che incombeva.
Di nuovo le cose si ripeterono: pranzo, caffè, entrata nell'aula magna,
inizio
della spiegazione che quel giorno sarebbe durata tre ore.
Quando la professoressa chiamò la pausa dopo più di due ore passate a
spiegare
la rossa esordì: "Frozen io me ne vado, sono stanchissima e devo
tornare
con i mezzi". Giurò di vedere la sua amica sbiancare in un attimo e
riprendersi un secondo dopo: "No, non puoi". Categorica. "Ma
come no? Sì Frozen, non rompermi", "Ho detto di no, ti riporto io a
casa" "Tu? Scusa devi andare dall'altra parte" "No, non è
un problema. Ci penso io, o meglio i miei. Davvero" "Sei
sicura?" "Sì ti ho detto, ora vatti a fumare una sigaretta e non
scocciarmi".
La sensazione si faceva sempre più forte, o forse era lei più paranoica
del
solito quel giorno.
La lezione finì e le due raccattarono le proprie cose per metterle
nella borsa.
Lei si sbrigò mentre osservava la sua amica temporeggiare. "Scusa, non
ci
dobbiamo muovere visto che ci sono i tuoi che aspettano?" "Oh sì sì
ma devo fare pausa bagno" La guardò male. "Muoviti, io intanto faccio
pausa sigaretta qua fuori" .
Vide gli occhi della sua amica brillare. "Perfetto, mi sbrigo allora"
e fuggì dalla classe peggio di Usain Bolt nei cento metri.
Uscì dall'aula, attraversò il corridoio e aprì la porta che l'avrebbe
condotta
nel cortile.
Come attirata da qualcosa alzò lo sguardo dritto davanti a sè e il suo
cuore si
fermò.
Non c'era nessuno, eccetto una persona.
Proprio quella persona che aveva giurato a se stessa di non vedere mai
più.
LUI lì. Lui che non vedeva da quattro anni. Lui che non aveva mai
voluto
ascoltarla. Lui che l'aveva fatta soffrire. Soffrire era un eufenismo.
A causa
sua aveva imparato davvero cosa volesse dire essere distrutti dal
dolore.
Ed ora era lì, proprio davanti a lei, dopo tutto quel tempo.
Lui la guardò, lei lo guardò.
Ecco cosa aveva sentito durante tutta la giornata.
Lei sapeva che lui doveva tornare.
L'aveva sempre saputo, l'aveva sempre sentito.
Poi un pensiero nella sua mente: "Cazzo, la mia Beta-Frozen mi ha
fottuto
un'altra volta!".