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Autore: cherfifina96    16/03/2015    1 recensioni
Dal testo:
"La prima cosa che ricordo di quel giorno, è l'odore della macchina dell'assistente sociale che mi stava accompagnando per l'ennesimo primo giorno, nell'ennesima nuova scuola. Quell'odore di libri nuovi, che nessuno ha mai aperto e di caramelle alla menta."
Un assassino da scovare, una ragazza speciale.....
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo 13

 

L'aria sembrò congelarsi.

Sul viso di tutti i presenti lessi lo stupore.

<< Vedo che mi assento per qualche mese per risolvere un caso e qui scoppia il pandemonio. >> disse l'uomo mentre si avvicinava a me e a Donna.

<< Nipotina; ti ho affidato la centrale. Non dovresti farti prendere dal panico. >>

<< Hai ragione, zio >> sussurrò lei.

Lui rise fragorosamente, poggiando la mano sul capo di Donna, forse con un po' troppa irruenza.

Quando si ricompose, i suoi piccoli occhi grigi come i suoi baffi si posarono su di me.

<< Tu devi essere la famosa Aida! Piacere di conoscerti! Io sono Gilbert Rhodes, lo zio acquisito di Donna! >>

Lo fissai in silenzio e lui rise di nuovo.

<< Taciturna, eh? Comunque sia; credo che tu sia una ragazza coraggiosa. Io approvo la tua idea. A patto che indosserai un localizzatore in modo che possiamo seguirti da lontano, ma non troppo. >> Annuii con fermezza.

Il signor Rhodes batté le mani << Bene. Domani cattureremo questo Nesso >>

 

 

Sulla via del ritorno, Donna non mi rivolse la parola, mentre suo zio guidava e cantava come se nulla fosse le canzoni trasmesse dalla radio locale.

Il tragitto sembrò infinito e ringraziai il cielo quando raggiungemmo il vialetto di casa.

<< Allora, Aida. Ho sentito molto parlare di te. Come ti trovi? >> chiese gioviale l'ispettore capo.

Alzai le spalle con fare indifferente.

L'uomo sospirò e, in silenzio, ci avviammo verso il portone.

<< Allora! Stasera cucino io! >> esordì, gioviale, lo zio di Donna entrando in cucina, ma né io né lei rispondemmo.

<< Ascolta >> cominciò, rivolgendosi a sua nipote << So che sei preoccupata per ciò che potrebbe accadere domani, ma non devi. Terremo questa fanciulla al sicuro >>

Donna annuì, sconfitta e io inarcai il sopracciglio.

<< Fanciulla? >>

 

**

 

La cena si svolse senza intoppi e tutti e tre ci infilammo sotto le coperte molto presto, in vista del giorno successivo.

Mentre stavo sdraiata nel mio letto a fissare il soffitto, mi misi a riflettere sull'ispettore capo.

Da ciò che avevo avuto modo di capire, il signor Rhodes aveva adottato Donna quando aveva 15 anni e da allora avevano sempre vissuto nella casa dove tutt'ora stavamo.

Avevo la sensazione di potermi fidare di quell'uomo dai folti baffi bianchi e dal sorriso facile.

Sorrisi fra me e me, chiudendo gli occhi e addormentandomi serena. Forse anche troppo, poiché il risveglio non fu affatto piacevole.

 

Mi risvegliai in un luogo buio e freddo. Le mie mani, legate dietro la schiena con una corda, stavano lentamente perdendo sensibilità.

Respirai profondamente per non farmi prendere dal panico e mi guardai intorno. Il mio occhio destro, scoperto, non percepiva nessun pensiero. Ero sola.

Nessun rumore. Solo il mio respiro e il mio cuore.

Poi un fruscio, come quello degli altoparlanti quando vengono accesi.

<< Ben svegliata, mia Horo! >>

 

**

 

Sbarrai gli occhi per la sorpresa.

Horo?

<< Mia cara Dea, non essere spaventata. Presto il tuo occhio sarà completo. Per questo ti ho portata qui. Per proteggerti! >> continuò la voce sconosciuta. Lo psicopatico che mi aveva rapita aveva pensato bene di alterare la sua voce e renderla irriconoscibile.

Accidenti.

<< Il mio occhio? >>

<< Sì, mia cara. Ancora qualche frammento e potrai riavere il tuo occhio e spazzare via i tuoi nemici! Guarda! So tutto su di te! Ho raccolto tutto su questa parete! >>

A quelle parole, l'oscurità che mi avviluppava si diradò tutto d'un tratto, illuminando il muro di fronte a me.

Fogli, foto, articoli di giornale e pezzi di stoffa. Tutto su di me.

Scorsi il mio certificato di nascita, il mio viso da bambina, l'orfanotrofio.

La voce riprese: << Povera Horo. Ancora non ricordi? Beh.. Te lo ricorderò io >>

<< Che cosa mi ricorderai? >> chiesi cercando di restare calma. L'ansia e la paura mi stavano lacerando lo stomaco.

<< La tua nascita! >>

 

 

Sbigottita e confusa.

Nessun'altra parola potrebbe descrivere meglio il mio stato d'animo a quelle parole.

<< Lascia che ti spieghi, mia dolce Dea. All'epoca io ero alla ricerca di un lavoro; con la mia laurea, non avevo molte possibilità, ahimè. Fu allora che incontrai questo team di scienziati.

Volevano provare a creare “l'uomo superiore”, un essere incapace di qualunque menzogna, forte, praticamente invincibile, attraverso una soluzione chimica. Un unico problema si poneva sulle loro strade. Gli esperimenti sulle persone non possono esistere. Perciò escogitai un piano. Far passare i miei colleghi per medici qualunque e trovare una coppia in attesa di un figlio. Fu così che trovammo i tuoi genitori. Vennero per un controllo e ti somministrammo il siero attraverso la placenta, facendo credere ai tuoi che fosse una cura speciale. Aspettammo con pazienza la tua nascita e poi uccidemmo tua madre dopo il parto facendolo risultare come “complicazioni”. Implorava di risparmiarti. Tuo padre fuggì portandoti con sé e ti nascose nell'orfanotrofio in cui sei cresciuta. Povero sciocco; credeva che non ti avremmo trovata. Che non ti avrei trovata. Come se non bastasse quegli scienziati idioti guardavano solo la sfera scientifica, ma io capii che eravamo di fronte a una divinità. Così ti sorvegliai, aspettando che fossi abbastanza grande per poter accrescere il tuo potere e governare il mondo! >>

 

Calde lacrime sgorgarono dai miei occhi. Una cavia da laboratorio. Non ero altro che questo;

<< Non piangere, mia cara. Non ne hai motivo. Nessuno di quegli uomini cattivi è ancora vivo. >> riprese con una nota di soddisfazione nella voce.

Nel contempo, sentii dei passi avvicinarsi.

Con il tuo potere governeremo il mondo”

Questo l'unico pensiero.

L'uomo misterioso si avvicinò ancora, mostrandomi il suo volto; e non riuscii a credere ai miei occhi.

 

**

 

I miei singhiozzi si fecero di minuto in minuto più forti.

<< Non piangere, cara... >> disse il mio rapitore con fare rassicurante. << Non voglio farti del male >>

<< Perché dovrei fidarmi di lei? Ci ha presi in giro tutti! >> urlai tra le lacrime.

<< Oh, no! Ti sbagli, mia Dea. Vi ho dato informazioni importanti, in modo che capissi che siamo dalla stessa parte... >>

Alzai lo sguardo con astio.

Mi diedi mentalmente della stupida per non averlo capito prima. Eppure era così chiaro, in un certo senso.

Davanti a me, con un sorriso che avrebbe voluto essere rassicurante ma che a me provocò un misto fra disgusto e terrore, c'era il preside Hamilton.

<< Non dovrai preoccuparti di nulla >> riprese ignorando il mio sguardo. << Non appena gli ispettori si avvicineranno a questo luogo li ucciderò e sarai libera. Tra l'altro il mio tentativo di depistaggio alla piscina ha funzionato molto bene. Credevano davvero che volessi ucciderti! >> concluse, sparendo dietro ad una pesante porta di metallo lasciandomi sola.

Pensa, Aida, pensa.” mi ripetevo.

Nella stanza non c'era nulla che potessi usare. Nulla che potesse farmi uscire da lì.

Le corde strette attorno ai miei polsi mi stavano facendo impazzire, così cercai di liberarmi, ma senza nessun risultato.

Buffo pensare che mi ero sempre basata su me stessa per non dover contare sugli altri, e in quel momento non potevo far altro che cavarmela da sola o...

Distolsi l'attenzione da quel pensiero. Non potevo farmi prendere dal terrore. Dovevo reagire; ma come?

  
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