Piccola introduzione prima di lasciarvi alla lettura.
Questa storia è stata tradotta dalla sua versione originale che avevo scritto
in inglese tempo fa. Credo si sia ormai persa ogni traccia dell’originale (leggete
pure: “l’ho fatta sparire dalla faccia del web xD),
poco matura dal punta di vista stilistico. La ripropongo quindi qui, su questo
sito, sperando vi piaccia (altrimenti mi ritirerò nell’angolo della vergogna).
Nel caso, ripubblicherò anche altre dopo il dovuto restyling.
Questa storia non ha una trama vera e propria, piuttosto descrive
piccoli momenti (slices of life, come si suol dire) quindi non me ne vogliate.
Le recensioni sono sempre super gradite! Lasciatene pure quante ne
volete! xD
Psyer
I miei pensieri, i miei ricordi affogavano nel silenzio
profondo della valle senza trovare un appiglio alla ragione che aveva reso
possibile la distruzione. L’umidità discendeva a gocce dal cielo cinereo prima
di asciugarsi al calore del fuoco che riscaldava il mio cuore già morto, le mie
membra stanche e il banchetto di corpi a cui ero stato invitato.
«Ne vuoi?» Domandò in un gorgoglio di risa il grosso guerriero. I bagliori delle fiamme lustravano la sua nuca
pelata, mentre mi lanciava un pezzo di carne arrostita. Era quasi nudo, ma
pareva non aver freddo tanto la sua anima doveva aver raffreddato anche il suo
corpo massiccio. Pareva a suo perfetto agio. La sua sicurezza s’incrinò non
appena arrivò l’altro. Lo chiamò Vegeta, il cui sguardo fu percorso da una
leggero fremito indomito.
Lo vedevo adesso per la prima volta, piccolo, giovane e
apparentemente innocuo. Si accostò all’altro; non si fiondò subito sul cibo,
notò prima com’io ne assaporavo un pezzo.
«Ti piace?»
Annuii, inghiottendo, «È molto saporito.» Farfugliai, chiedendomi
perché proprio io ero stato scelto per restare in vita. Avevo combattuto con
ardore, era vero, guadagnandomi forse il diritto ad una seconda opportunità. Una
seconda opportunità di vendetta.
«Gli piace.» Fece eco Vegeta, rivolto al grosso; «Che aspetti,
Nappa, servigliene ancora!»
Assaporai un'altra porzione di questa carne ottima, che mai prima
d’ora avevo avuto su questo mio pianeta infranto; mi rincuorava sapere che mi
ritenessero inoffensivo al punto da volermi nutrire. Avrei aspettato il momento
opportuno con maggior lena, li avrei uccisi in seguito, nel sonno.
«Vegeta, non vorrai dargliela tutta!»
«È nostro ospite, Nappa; sono sicuro saprà come restituire il
favore. Non è per questo che l’hai invitato?» Disse infine, tanto calmo da far
paura al compagno.
«Perché avete invaso il mio pianeta?» Sentii il diritto di azzardare,
rivolgendomi al meno bestiale dei due. Il fuoco gli scintillava negli occhi
neri e senza smettere di guardarlo decise infine di sedersi.
«Non mi pari molto affranto.»
«Non ho rimorsi. Ho combattuto come meglio ho potuto.» Mai avrei
reso noto il mio risentimento, le parole non sarebbero bastate; solo le azioni
avrebbero reso giustizia al mio reale dolore.
Vegeta non rispose che con labbra affilate in un ghigno. Non
mostrava segni di lotta, né la sua corazza era sporca di sangue come quella
dell’altro.
«Ma sentilo, com’è ringalluzzito non appena sei arrivato tu,
Vegeta.»
«Deve avere capito che sono meno animale di te, Nappa.»
Nappa. Così si chiamava. Ora sapevo il nome che avrei
pronunciato uccidendolo, gli dei mi avrebbero apprezzato.
«Questo pianeta è un insulto alla mia potenza! Nessuno che valesse la
pena di battere.»
«Io invece mi sono divertito molto!» Si eccitò l’altro, pulì il muso
sporco con il dorso di una mano inguantata di nero, sui baffi rimasero dei
residui di cibo.
«Ho smesso di divertirmi da un pezzo. Io sono il Principe dei Sayan, sono nato per battermi contro i guerrieri più forti
dell’universo, non per fare ciò che sul mio pianeta avrei ordinato ad uno come
te.»
Nappa, anche questa volta, non colse l’insulto; in quel silenzio
notai la sua subordinazione. Il Principe, invece, morse la sua porzione
di arrosto, con una svogliatezza del tutto estranea al suo essere irruento.
Strana creatura, era. Colsi la sua forza nell’alterigia del suo
fiero temperamento; c’era qualcosa, in quegli occhi neri, che mancava al suo
compagno: una cieca consapevolezza della delusione della sua esistenza.
«Che hai da guardare?», Tuonò nella mia direzione.
Non sembrava contento di essere qui, arguii. Cercavo di capire se
risparmiarlo o meno, quanto avesse avuto a che fare con la desolazione in cui
versava questa mia terra intrisa del sangue dei suoi stessi figli. Erano
entrambi molto forti, ma persino la forza immensa di una teroicha
si assopisce nel sonno.
«Perché avete distrutto questo pianeta, allora, se non vi interessava?»
Riformulai la domanda prima ignorata. La vacuità del loro gesto ribollì nelle
mie vene pressate di rabbia.
«Vuoi stare zitto, una buona volta?!» Sbraitò il gigante, «Mi sei già
indigesto!» Aggiunse prima che la sua risata gutturale scoppiasse ancora nel
silenzio di questa triste notte.
«Perché…» Rispose, invece, colui che si professava principe, «Ne avevamo
il potere. Come una bestia feroce che azzanna una più piccola. È una regola
della natura. Le prede sopperiscono al cacciatore.» Si alzò in piedi, e tremai
per l’inflessione cinica della sua voce mentre parlava della morte dei miei
cari. «Ma io, il grande Vegeta, non accetterò mai di essere preda!»
Restai vivo per un’istante mentre la sua mano si avvitò intorno al
mio cuore battente un secondo prima di strapparmelo dal petto. Le sue iridi
nere furono l’ultima cosa che vidi prima del buio eterno.
Vegeta sentì in bocca il sapore viscido e caldo di
quell’organo che aveva invano battuto vendetta. Ne sputò a terra un grosso
pezzo, il sangue gli colava sul mento, «Puah, ha un sapore disgustoso. Avevi
ragione Nappa: ci resterà indigesto!»
«Ed era l’ultimo, non avresti dovuto dargli altro da mangiare.»
«Lasciami divertire. Peccato non si sia accorto di chi
stava mangiando. Piuttosto, hai notizie di Radish?»
«Credo stia atterrando adesso sulla Terra.» Accese lo scouter per attivare la conversazione con il sayan mancante.
…Allora la gente di questo pianeta è ancora viva.
Che popolo debole…
«Eccolo, infatti. Cosa ne pensi, Vegeta?»
Pensava che doveva essere ormai arrivato al limite della sopportazione,
se la disperazione l’aveva spinto ad affidarsi ad un idiota come Radish. Tuttavia, si sentiva eccitato da un flebile
presentimento di vittoria.
Cosa significa questo, quel tizio ha forse a che fare con Goku?
Nessuno avrebbe più osato considerarlo uno psyer,
a cominciare dai suoi sudditi.